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Autore: CedroContento    17/07/2021    0 recensioni
Come ogni storia di Re e Principesse che si rispetti anche questa comincia, come molte altre, con "C'era una volta..."
Quindi, c'era una volta una terra lontana lontana chiamata Avior.
A sud di questo paese altri Cinque Regni più piccoli vivevano in pace sotto la protezione del Re di Avior, Re Karl.
Il giorno in cui il sovrano di Avior dovette decidersi a prender moglie scelse di ospitare a palazzo le principesse in età da marito provenienti dai Cinque Regni, in modo da poter scegliere tra queste la sua sposa.
Astoria, principessa di Tabita, viene così strappata alla sua tranquilla esistenza e catapultata tra gli intrighi di corte, sarà lei a conquistare l'enigmatico Re?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Eltanin, Castello di Neve

 
Cheyenne si sporse dal parapetto sulla punta del veliero che la stava riportando a casa, a Piautos. Diversi metri sotto di lei, dove la prua della nave infrangeva l’acqua del mare sollevando bianchi spruzzi, osservava emergere fugacemente delle pinne grigie. Nonostante la tristezza che le albergava nel cuore da qualche giorno, sorrise quando finalmente uno dei delfini che giocavano con le onde si decise a fare un salto.
Due braccia forti la cinsero alle spalle, riconobbe il tocco di Victor. Le baciò il collo.
“Attenta a non cadere giù, non mi si addirebbe il titolo di vedovo sono ancora troppo giovane” le disse giocherellando affettuosamente con un ricciolo biondo che il forte vento di scirocco le aveva strappato dall’acconciatura.
“Stai meglio?” le chiese poi serio girandola verso di sé.
Cheyenne annuì mesta, trovando conforto nello sguardo adorante che le riservava suo marito. Cominciava a capacitarsi del fatto che i suoi genitori fossero morti. Mentre lei era lontana a rincorrere il suo sogno di viaggiare per il mondo con il suo grande amore, la varicella se li era portati via entrambi.
Ricordò l’ultima volta che li aveva visti. Era piombata improvvisamente a Piautos, in fuga da Re Karl. Suo padre li aveva nascosti senza esitare un attimo e aveva organizzato poi in gran segreto la loro fuga a oriente. I genitori di Cheyenne avevano avuto un un’unica richiesta, che lei e Victor si sposassero, il resto aveva detto il Re di Piautos lo avrebbe risolto lui. Amava così tanto la sua unica figlia che avrebbe fatto di tutto per lei.
E così avevano fatto, un matrimonio veloce prima di imbarcarsi non più in fuga ma per un’inaspettata luna di miele.
Per mesi avevano vagato senza meta per le esotiche terre al di là del mare, per Cheyenne era stato come vivere in un bellissimo sogno ad occhi aperti. Avevano sostato a lungo in una grande e caotica città costiera, famosa per la sua immensa biblioteca. Erano alloggiati in un palazzo che svettava candido da un altipiano sui tetti e i bazar della città da una e delimitato dal vuoto al di sopra di una parete a strapiombo sul mare cristallino dall’altra.
Una volta che si furono stufati di esplorare la città e i suoi dintorni, si erano congedati dai loro ospiti e viaggiato a bordo di grandi pachidermi seguendo il corso verdeggiante del fiume. Si erano poi addentrati nell’entroterra, lì avevano visto la giungla che nascondeva antiche rovine di tempi remoti.
Avevano raggiunto un’altra costa isolata, questa volta sabbiosa e lì erano rimasti per settimane quasi soli, a godersi le bianche spiagge selvagge punteggiate di palme, senza preoccuparsi troppo di cosa sarebbe stato il domani.
Tornati alla civiltà un messo si era messo in contatto con Cheyenne, disse di essere sulle loro tracce da settimane. Fu così che apprese la triste notizia. Il re e la regina di Piautos erano deceduti. Cheyenne era figlia unica, doveva tornare e prendere il posto che le spettava per diritto di nascita. Il destino da cui aveva voluto fuggire con tutta sé stessa l’aveva rincorsa e raggiunta.
Aveva esitato a lungo ma alla fine Victor l’aveva persuasa a prendersi le sue responsabilità e tornare. Si era stupota di sentire quelle parole proprio da lui, anche perché tornare avrebbe voluto dire affrontare il Re di Avior. Victor e Cheyenne gli avevano giocato un colpo basso e Re Karl non era tipo da perdonare un simile affronto. Ma Victor le promise che le sarebbe rimasto accanto ad ogni costo. “E poi visto che sono tuo marito questo fa di me il Re di Piautos, non posso farmi scappare l’occasione di sbatterlo sotto il naso di quel musone!” le aveva detto dandosi scherzosamente un mucchio di arie nel tentativo di strapparle almeno un sorriso.
Una volta che Cheyenne era riuscita ad elaborare il primo impatto della notizia, avevano raggiunto rapidamente le coste occidentali e si erano imbarcati il più rapidamente possibile per tornare a Piautos.
Il capitano che avevano ingaggiato, il signor Gerson, era un uomo di mezza età dall’incrollabile buonumore, promise loro che sarebbero arrivati a destinazione in un battibaleno.
“Si vedono delle vele laggiù” disse Cheyenne riemergendo dai suoi pensieri guardando l’orizzonte limpido davanti a loro.
“Si le vedo anch’io, perfino in mezzo al mare non si riesce a stare soli…” Cheyenne avvertì il corpo di Victor irrigidirsi. D’un tratto la trascinò verso la cabina riservata loro a poppa della nave.
“Victor ma che ti prende?” protestò Cheyenne, le faceva male al braccio a forza di stringere.
Tutto intorno a loro l’equipaggio della nave era in fermento. Cheyenne non si era resa conto dell’agitazione che era andata via via crescendo.
“Ma che succede?” chiese allarmata a Victor.
“Vele nere, sono pirati” rispose lui serio come non lo aveva mai visto.
“Pirati? Credevo non esistessero davvero!”
Victor non rispose, la spinse in cabina e chiuse la porta dietro di sé. Si avviò deciso verso il baule in cui era custodita la sua spada che dopo aver scrupolosamente ispezionato controllandone il filo, rinfoderò e prese ad assicurarsi al fianco con una cinta.
“Cosa pensi di fare?” gli chiese Cheyenne augurandosi che non intendesse veramente affrontare i bucanieri, sperava che Gerson avrebbe semplicemente fatto in modo di aggirarli.
Victor non rispose e tirò fuori due pugnali, ne infilò uno in uno stivale e mise il secondo in mano a Cheyenne, che lo guardò stupita e sempre più spaventata dalla sua aria grave. “Se servirà non esitare a usarlo” le fece promettere guardandola intensamente con i suoi occhi chiari.
La preoccupazione che Cheyenne gli lesse in volto non gli piacque per niente, Victor non avrebbe preso così seriamente la situazione se non fosse stata preoccupante. “Rimani qui” lo pregò.
Victor le sorrise teso, prima di uscire le diede un lungo e dolce bacio “Chiuditi dentro e non aprire per nessun motivo. E stai lontana delle finestre” aggiunse guardando distrattamente l’ampia vetrata che si affacciava sull’estremità posteriore della nave.
“Ti amo” le disse.
“Così mi spaventi Victor…” lui cercò di forzare un tono rassicurante che non la ingannò neanche lontanamente.
“Sarà tutto finito prima che tu te ne renda conto” la baciò ancora una volta cercando di trovare la forza di uscire, si separò a forza dalle braccia di Cheyenne e lasciò la cabina, prima che potesse avere il tempo di pensare ancora.
Cheyenne rimase a lungo rannicchiata a terra, in tensione, sull’orlo delle lacrime. Cercò di distrarre la mente concentrandosi sulle decorazioni del raffinato tappeto rosso, che occupava buona parte del pavimento in legno della stanza. A pugni chiusi stringeva convulsamente il pugnale che le aveva dato Victor.
D’un tratto sentì un forte botto, non aveva mai sentito un fragore del genere. Quasi immediatamente dopo, il legno della nave vibrò scricchiolando sinistramente. Diversi botti seguirono il primo, e ad ogni colpo la nave tremava. Cheyenne si strinse ancora di più le gambe al petto mentre fuori cominciò a sentire il riecheggiare di forti grida. Tese le orecchie cercando di capire cosa stesse succedendo nel trambusto esterno, quando con un fracasso terribile la parete di poppa esplose portandosi via tutta la vetrata.
Cheyenne si buttò ai piedi della porta, coprendosi con le mani per proteggersi dalle schegge di legno e vetro che le piovvero addosso.
Dove prima c’era la parte posteriore dell’imbarcazione, dominava ora un enorme squarcio, si apriva sul mare blu agitato da violente onde causate dal rollio della nave scossa dal bombardamento. Cheyenne decise che quella poteva essere una buona motivazione per uscire dalla cabina.
Spaventata come non lo era mai stata, aprì la porta e corse verso il parapetto che si affacciava sul ponte della nave. Lì stava infuriando una violenta battaglia.
Uno scuro vascello dalle vele nere si era affiancato al loro e la ciurma aveva fatto irruzione sul loro, alla conquista dell’imbarcazione e del suo carico. Cheyenne fu raggiunta dall’odore nauseante del sangue, che invadeva in ampie pozze il ponte della nave, il frastuono dell’acciaio e le grida erano assordanti.
Si aggrappò forte alla ringhiera quando dopo l’ennesimo botto la nave rollò ancora violentemente. Udì il legno della nave incrinarsi, se fosse andata avanti così sarebbero affondati. Guardò in direzione della nave pirata, le esplosioni capì, erano causate da massicci cilindri di metallo affacciati da aperture sulla sua fiancata, lanciavano verso di loro pesanti palle di metallo, grandi più della testa di un uomo, Cheyenne non aveva mai visto un’arma simile ma non si fermò a studiarla nei dettagli.
Cercò di individuare Victor in mezzo alla ressa “Victor!” urlò quando lo vide. Aveva appena abbattuto un avversario. Victor si girò verso di lei estraendo la spada dal corpo del nemico con un movimento fluido.
“Cheyenne…” un’espressione di sgomento gli si dipinse in volto.
Victor abbassò la testa sul suo stesso ventre, da dove ora spuntava la punta di una sciabola, macchiata di rosso.
“NO!” urlò Cheyenne con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Victor cadeva in ginocchio.
Cheyenne si fiondò nella sua direzione, incurante della battaglia che imperversava attorno a lei e del pericolo che correva di essere colpita a sua volta, nessuno ostacolò la sua corsa disperata. Si buttò a terra accanto a Victor, giusto in tempo per vedere un’ultima volta i suoi bellissimi occhi azzurri, sempre pieni di allegria e amore diventare vacui.
Il vestito le si inzuppò del suo sangue mentre gli stringeva il volto tra le mani incredula, l’ombra dell’ultimo sorriso triste che le aveva regalato indugiava ancora sulle sue labbra, il sorriso che l’aveva fatta innamorare e che ora non arrivava agli occhi che fissavano vitrei il cielo limpido ed indifferente.
“No no…” Cheyenne cullando la testa di Victor non riusciva a dare un senso a quello che stava succedendo “Victor andiamo devi alzarti” disse con la voce soffocata dal pianto che non riusciva più a controllare, mentre la consapevolezza che la vita aveva abbandonato il corpo del suo amato, si faceva strada spietatamente nella sua mente. Cheyenne perse la cognizione di tutto ciò che aveva intorno, non udì più il clangore delle spade, le urla terrorizzate dei marinai mischiate a quelle dei pirati che li stavano trucidando barbaramente, non udì la voce del capitano che le urlava di nascondersi sotto coperta.
Fu riportata brutalmente alla realtà da un pugno che le arrivò violentemente in volto facendole perdere l’equilibrio.
Si ritrovò stesa a terra. Vide arrivare un altro colpo, ebbe l’istinto di proteggersi con le braccia ma prima che potesse alzarle un altro pugno si abbatté sul suo viso, seguito da un altro. “Perdonatemi principessa perdonatemi…” diceva piangendo il suo aggressore mentre infieriva su di lei con nuove percosse, quasi volesse sfigurarla. Cheyenne sapeva a chi apparteneva quella voce, era la voce di Gerson.
Confusa non vide più nulla, il suo bel viso era ormai una maschera di sangue ma sentì appena il dolore, con le sue ultime forze si trascinò verso il punto in cui sapeva esserci Victor. Andò a tentoni finché non trovò il suo corpo che stava diventando freddo. Si accasciò su di lui, sentì un dolore straziante invaderla quando realizzò che, nonostante avesse il viso appoggiato sul suo petto, non percepiva più il cuore battere al suo interno. Senza riuscire a respirare gli si aggrappò con tutta sé stessa, annaspò in cerca d’aria e finalmente i polmoni si liberarono in un grido di dolore.
Pianse finché l’oblio che la chiamava la raggiunse, il suo ultimo pensiero fu il desiderio che la stessa sorte del suo amato si abbattesse prima possibile anche su di lei, facendo smettere quella sofferenza.

 
   
 
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