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Autore: Chiara PuroLuce    18/07/2021    11 recensioni
Ernesto scopre un segreto sulla sua vita che gli sconvolgerà completamente l'esistenza... e non solo a lui!
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«E così i nostri nonni erano adepti di una setta!» Esordì Angela.
 
«Una setta che ha imposto loro l’abbandono di nostra madre, ti ricordo» le rispose Daniela.
 
«Mi sembra di stare dentro un incubo e di non riuscire a svegliarmi. Io non ci posso ancora credere eppure…» Bruno scosse la testa, sconsolato.
 
Da quando era tornato, Bruno aveva vissuto emozioni ambigue. La rabbia contro sua madre e il suo toy boy. L’angoscia di non trovare suo padre né a casa né al cellulare. La gioia di vederlo tornare e di conoscere sua zia di persona. Lo sconcerto nello scoprire la doppia vita dei suoi nonni. E ora, la più sconvolgente di tutti, il conoscere la famiglia di zia Elisa e scoprire di avere due cugine poco più grandi di lui. C’era di che impazzire.
Ricapitolando.
Aveva una zia, uno zio e due cugine gemelle che erano anche molto simpatiche. Gemelle sì, ma molto diverse tra loro. Angela aveva i capelli ricci e indomabili della madre, era sportiva e non amava cucinare. Daniela sfoggiava un bel taglio corto, aveva i capelli lisci rossicci ed era una maga in cucina… almeno a giudicare dalla lasagna che aveva preparato loro per pranzo. Una seconda mini teglia era stata fatta apposta per loro due, da portare via. Che grazia.
Avevano trascorso tutto il pomeriggio a conoscersi meglio e il tempo era trascorso troppo velocemente. Ora, si trovavano di ritorno da un’incursione in gelateria ed erano fermi a un semaforo con Angela alla guida, Daniela al suo fianco e lui dietro a guardia del fresco e appetitoso bottino.
 
«Per te, Bruno, deve essere ancora più dura, vero? Voglio dire, di noi tutti sei quello che li ha frequentati e – da quello che ci hai detto – gli eri anche molto affezionato. È stato come una sorta di tradimento per te, o sbaglio?» Gli chiese Angela, guardandolo brevemente dallo specchietto retrovisore.
 
«Hai fatto centro, nuova cugina» le rispose lui facendole ridacchiare entrambe «Purtroppo, non so se riuscirò mai a digerire questa notizia, ma ci spero. Adoravo soprattutto il nonno e pensare a quello che ha fatto, senza avere mai un ripensamento, mi fa stare male. Me ne farò una ragione, ma ormai la loro immagine è stata sporcata» sentenziò con un alzata di spalle.
 
«Com’erano?» Volle sapere Daniela. «Non che quelli che abbiamo non ci piacciano, anzi – credo che presto li conoscerai – ma siamo curiose.»
 
E lui raccontò tutto quello che aveva vissuto con loro. Non per far loro invidia, semmai per farglieli conoscere un po’ meglio ed esorcizzare lo schifo che era costretto a digerire.
 
«Grazie. Sai, mamma avrebbe sempre voluto conoscere i suoi genitori biologici, ma credo che mai – nemmeno per una volta – abbia sospettato che fossero benestanti e ambigui.»
 
«Ti credo, Angela. Papà ci è rimasto ancora più di merda di me e non si dà pace per non avere mai capito o, per lo meno, sospettato qualcosa.»
 
«E adesso cosa accadrà? A pranzo dicevano che sono intenzionati ad andare a trovare questo tizio, Dario, alla casa di riposo di Milano. Ma potrà mai dare loro tutte le risposte che cercano?» Chiese Daniela, sospirando.
 
Bella domanda. Tutto era in stallo al momento. Ma la speranza si diceva non morisse mai e quindi…
 
«Data l’età avanzata, ne dubito, ma potrebbe anche essere che ha una memoria di ferro. Certo che non ci voleva proprio per papà. Prima scopre dei genitori, poi anche di questo Dario che frequentava casa sua e che considerava come uno zio. Ce n’è abbastanza per impazzire, purtroppo.»
 
«Già. Sai, cugino, sono felice che tu sia tornato. Ci mancavi solo tu in questo quadretto strampalato che è diventata la nostra famiglia» gli disse Daniela. «Sono felice di averti potuto conoscere. È un po’ come avere qua davanti nostro zio da giovane, visto che gli assomigli tremendamente. Non lo pensi che tu, Angy?»
 
«Assolutamente. Conosco un paio di amiche che andrebbero pazze per te se ti vedessero. Mi chiedo come tu faccia a essere ancora single. Mistero! Ah, se non fossi tua cugina, ci avrei provato con te e non scherzo.» Rispose lei facendolo imbarazzare. «Per tornare alla questione somiglianza con lo zio… hai inconsapevolmente donato a nostra madre, la possibilità di conoscere suo fratello da giovane e, d’ora in poi, di vederlo crescere, come non ha mai potuto fare. È meravigliosa questa cosa.»
 
Sinceramente a quello non aveva pensato. La cosa, più che meravigliosa, per lui era un po’ inquietante, ma ci stava.
 
«Lo so, sono un figo pazzesco come mio padre. Potevate dirmelo anche senza fare tutti questi giri di parole» disse loro per sdrammatizzare la cosa.
 
Arrivati. Pensava di scendere subito e invece quelle si girarono a guardarlo – modello inquisizione – e poi gli scoppiarono a ridere in faccia. Cosa? Perché? La spiegazione non tardò ad arrivare. Da parte di Angela, e di chi sennò. Era lei la più spudorata delle due gemelle.
 
«Per arrivare ai livelli di figaggine dello zio, devi ancora farne di strada cuginetto. Ma per il momento prometti bene, anche se lui non se ne rende neanche conto di esserlo, a differenza tua. Devi lavorarci un po’ su. E poi sappi che dobbiamo tenerti buono perché potresti sempre servirci come meccanico di riserva, visto che vuoi seguire le orme di tuo padre, come hai detto a pranzo» e poi scese, seguita dalla sorella ridacchiante.
 
Recuperato il gelato, alzò gli occhi al cielo e si accodò a loro. Stava per entrare nel vialetto quando si accorse che le sorelle si erano fermare e fissavano una macchina in particolare nel parcheggio, mormorando tra loro.
 
«Qualche problema?» Chiese loro avvicinandosi. «Wow, non sapevo che vi piacevano le macchine un po’ datate, ma spettacolari come questa. Mi stupite.»
 
In effetti, non capitava tutti i giorni di vedere una Volkswagen Typ 1 del 1968 – meglio nota come Maggiolino – 1200 cv, color nero con le fiancate rosse e tettuccio apribile. Un sogno. Prese a girarle attorno, ammirando le rifiniture, rimanendo incantato dai cerchioni originali, sbirciando gli interni e sospirando.
 
«Cavoli, Bruno, poco poco ti sei innamorato» gli disse Daniela, mentre Angela gli rubava il gelato borbottando che rischiava di sciogliersi per poi sparire in casa.
 
«Puoi dire lo giuro, guarda. Amo quest’auto da sempre. Sai se il proprietario abita qua? Devo assolutamente conoscerlo e farci quattro chiacchiere e… e convincerlo a mostrarmi il motore. Il massimo sarebbe farci un giro, ma non posso chiedere troppo alla fortuna» le rispose tutto entusiasta.
 
«Oh, se è per questo, è presto fatto. Potrai fare tutto quello che hai detto senza problemi» e quando lui fissò la cugina con sconcerto, quella continuò «sono sicura che Gemma sarà felice di accontentarti. Ama anche lei il suo Maggiolino ed è sempre felice e disponibile quando qualcuno glielo elogia.»
 
Gemma? Aveva sentito bene, Gemma? Che fosse… ohhh, ora sì che si sarebbe divertito da matti.
 
«Con Gemma intendi l’amica di tua madre?»
 
«Eh? La conosci di già?» L’interrogò lei con sconcerto.
 
«No, ma mio padre me ne parlava giusto ieri sera e nel farlo mi è diventato tutto bordeaux. Mi ha assicurato che è solo un’amica, ma non ci ho proprio creduto e poi si è eclissato in camera con una velocità impressionante. In pratica è scappato. Che tu sappia si frequentano?»
 
«Cosa? Non mi risulta, no. Però ammetto che è strano trovarla qua proprio oggi. In genere alla domenica non si muove da casa per ricaricare le pile. È una pasticcera e ha una piccola ditta di catering, fa dei dolci meravigliosi. Ti dirò, sarebbe bello se quei due si frequentassero, ma forse a te darebbe fastidio, è sempre tuo padre, per giunta divorziato da tua madre e…»
 
«E sarebbe ora che si desse da fare per trovare qualcuno con cui essere felice. Finora non è stato fortunato in amore. Forza, entriamo. Voglio incontrare questa pasticcera che tanto fa arrossire mio padre e che possiede questa meraviglia qua fuori. Dolci e auto, per quanto mi riguarda, io sono già ai suoi piedi e se mio padre non l’ha ancora fatto… è proprio un cretino» sentenziò divertito e intrigato.
 
E così dicendo, la precedette in casa.
 

 
                                                                      &&&
 

 
«Gemma, Gemma, mi stai pedinando, per caso?»
 
«Oh, ma per favore, Ernesto. Sono solo venuta a trovare un’amica, che ne sapevo che c’eri anche tu?» Gli rispose sedendosi davanti a lui.
 
«Fingo di crederci, ma sappi che non me la bevo.»
 
«Avrai anche un bel faccino, ma con me non funziona» gli disse di rimando.
 
Gli piaceva quella donna doveva ammetterlo e ritrovarsela lì era stata una bella sorpresa. Stava parlando con suo cognato in giardino – in attesa del gelato – quando il campanello aveva suonato ed Elisa, poco dopo, era comparsa con lei al seguito.
Dire che gli aveva fatto piacere era un eufemismo, ma non doveva mostrarsi toppo felice o la sua gemella non gli avrebbe dato più pace e poi ora c’era anche Bruno con lui e già aveva intuito il suo debole per quella donna, era un guaio.
Aveva giurato e spergiurato di non ricascarci più, ma Gemma l’aveva intrigato fin dal primo sguardo e ora che avevano costruito una bella amicizia non voleva rovinare tutto.
 
«Eh, sarà il fascino dei cinquantenni.»
 
«Che tipo che sei» gli rispose facendogli la linguaccia. «Pensa quello che vuoi, ma se credi che sia qua per te, sei fuori strada.»
 
«Ma ne sei proprio sicura?» Le rispose prima di scoppiare a ridere.
 
«Sì, perché avevo una piccola consegna extra da fare in zona – per un’anziana cliente che abita qualche via più in là e non ha un mezzo di trasporto – e mi sono detta: Oh, aspetta che faccio un salto da Elisa che è un po’ che non la vedo. Ed eccomi qua, molto semplice la cosa, no? Non tutte le donne cadono ai tuoi piedi, sai?»
 
«E per fortuna o il Signor Brambilla poi chi lo terrebbe più?» Rispose una voce per lui.
 
Ah, Bruno! E chi altri sennò. Altro che Idelfonso Maria. Già poteva sentire l’interrogatorio spietato che suo figlio gli avrebbe fatto in auto.
 
«Buon pomeriggio, io sono il figlio prediletto di quest’uomo qui che si definisce mio padre. Bruno, piacere.» Si presentò andando a stringerle la mano con forza, che lei ricambiò.
 
«E per forza, sei l’unico!» Lo riprese lui bonariamente, facendola ridere.
 
«Piacere mio, Gemma. Un’amica di…»
 
«Famiglia?» Concluse suo figlio per lei che annuì. «Posso farle una domanda spudorata? È lei la…»
 
Bruno, occhio a cosa dici o questa me la paghi e davvero la sorpresa te la puoi scordare!, pensò.
 
«… fiera proprietaria del Maggiolino qua fuori?» Concluse lui.
 
Fiuuu, pericolo scampato. A giudicare dall’occhiata che gli lanciò suo figlio, l’aveva fatto apposta a interrompere la frase a metà. Diabolico. Ma quando era diventato così?
 
«Em, sì, lo sono. Ti piace?»
 
«Lo amo. Posso fare lo sfacciato, ora? Sì? Perfetto. Potrei ammirarla meglio? Intendo dire dentro e poi darei anche una sbirciatina al motore se non le dispiace. Lo so che potrei apparire sfacciato, ma quando mi ricapita un’occasione del genere. Sa, sogno di vedere questa macchina dal vivo da anni.»
 
La reazione di Gemma – che in fondo non conosceva affatto suo figlio – lo sorprese non poco. Raggiunse la sua borsa e tornò in giardino con le chiavi che dondolavano dal suo dito, facendo letteralmente brillare gli occhi di Bruno.
 
«Davvero? Non sta scherzando signora?» Le disse lui con voce strozzata.
 
«Signorina e no, non scherzo mai sul mio Maggiolino. Dimmi, ti piacerebbe farci un giro?» E alla risposta affermativa di Bruno, gli sorrise. «Me lo tratterrai bene? Guarda che ci sono affezionata, l’ho salvato dallo sfascia carrozze anni fa e ci tengo moltissimo.»
 
«Devi considerarlo un onore, Bruno. Gemma ne è gelosissima e non permette a nessuno di guidarlo» s’intromise Elisa.
 
«Specialmente a te che a volte gratti quando cambi marcia e sobbalza tutto. Per non parlare delle tue avventure con la retro…»
 
«Balle, io sono brava a guidare, vero amore?» Chiese al marito che pareva più interessato a togliersi un immaginario pelo del gatto dal pantalone. «Vero, Ernesto?» Tentò anche con lui, inutilmente. Tu guarda, una Ballerina stava attraversando il giardino con grazia. «Vero, ragazze?» Provò infine con le figlie che, senza pietà, scossero la testa con veemenza.
 
Quella scenetta causò ilarità generale. Era vero, Elisa e la guida erano il classico binomio guai, ma non poteva certo dirglielo. Non dopo che stava bonariamente sgridando le figlie per avere mentito, mentre quelle se la ridevano sotto i baffi. Per fortuna ci pensò Bruno a riportare la calma.
 
«Il suo Maggiolino è in buone mani, Gemma. Glielo riporto tutto intero, promesso. E quando torno mi spiega come mai volevano triturarlo.»
 
«Va bene, lungi da me rovinare un sogno giovanile» gli rispose lei dopo averci riflettuto un po’.
 
«Lei è un mito, Gemma. Ecco perché piace tanto a mio padre!» Disse e poi corse fuori, dimentico del gelato e scusandosi con tutti per quel fuori programma.
 
Ehhh? Cosa aveva appena detto Bruno e davanti a tutti poi? Guardò Gemma che era diventata di tutti i colori e aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa, ma che – ed era solo da ammirare – nonostante tutto, scoppiò a ridere.
 
«Ah, i ragazzi» sentenziò con una scrollata di spalle e poi cambiò argomento. «Vostra madre mi ha detto che siete andate a comprare del gelato. Spero per voi che abbiate incluso anche l’amarena o non potrò mai perdonarvi» disse infine rivolta alle gemelle, il riso nella voce.
 
«Ringrazia la golosità di Daniela che ha un debole per quel gusto e ne ha fatto mettere un po’ in una seconda vaschetta più piccola» le rispose Angela.
 
«Ben fatto, mia cara, proprio ben fatto» disse battendo il cinque con lei.
 
Poteva fingere indifferenza quanto voleva, ma Ernesto capiva che qualcosa era cambiato in Gemma, dopo la frase di quel disgraziato linguacciuto di suo figlio Bruno. Sulla via del ritorno gli avrebbe fatto un discorsetto, decise.
Ma quando lui tornò – entusiasta dal giro in auto e ansioso di scoprire la storia che stava dietro al suo acquisto – se ne dimenticò. Era bello averlo a casa, sorridente e vederlo in sintonia con la sua nuova famiglia e Gemma.
Quando di lì a un’ora Gemma se ne andò, lui volle accompagnarla all’auto, gesto che si attirò uno sguardo indagatore da parte di Elisa e uno più biricchino da parte di suo figlio.
 
«Grazie per avere assecondato Bruno» le disse davanti al Maggiolino «piace anche a me questa meraviglia a quattro ruote e capisco il debole di mio figlio. L’ho un po’ invidiato quando gli hai dato le chiavi.»
 
«Se vuoi farci un giro, non hai che da dirmelo e lo metto a tua disposizione» gli rispose, spiazzandolo.
 
«Non è escluso che lo faccia. Magari un giorno sentirai suonare il campanello di casa e sarò io, venuto a reclamare pegno.»
 
«Allora ti aspetto. A patto, però, che mi offri una cena come ringraziamento.»
 
Quello era scontato. Incredibile. Stava davvero pensando di accettare? Come amico, ovvio, che altro.
 
«Consideralo fatto» le rispose tutto sorridente.
 
Poi si chinò, le depose un bacio su entrambe le guance e le strizzò l’occhio. Gemma gli sorrise di riflesso, con gli occhi sgranati dalla sorpresa e arrossì lievemente. Cavoli, era nei guai. La salutò con la mano mentre lei andava via strombazzando, lasciandolo più confuso che mai sul marciapiede.
 
        

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«Ma non dovevamo andare a casa papà?»
 
«Più tardi. E io che pensavo di farti vedere in anticipo la tua sorpresa» gli rispose.
 
«Come? Oddio, davvero? Ci sto eccome. Ma… questa non è la strada per l’officina?»
 
«Quante domande. Per come hai messo in imbarazzo me e Gemma poco fa, non dovrei neanche sognarmi di portarti ora, ma voglio concludere in bellezza questa giornata fantastica.»
 
«Sì, hai ragione, zia Elisa ha davvero una bella famiglia, altro che quella che avevamo con mamma» sentenziò suo figlio. «Le mie cugine sono delle tipe toste e simpatiche, mi piacciono. Per quanto riguarda Gemma… mi piace anche lei, molto, ma non avrei mai detto che un tipo del genere ti potesse piacere tanto.»
 
Come? Ma che andava blaterando ora, Bruno. Decise di non ribattere, ma lo guardò di sottecchi e lui cedette, come sempre quando adottava quella tecnica. L’aveva chiamata Tecnica dell’interrogatorio muto e cavoli, faceva effetto ora sul diciannovenne Bruno, come sul bambino che aveva appena combinato una marachella. Sorrise.
 
«Formosa, bassina, schietta… al vedervi insieme sembrate bilanciarvi bene e formate una bella coppia. E vogliamo parlare del fatto che hai voluto a tutti i costi accompagnarla all’auto e sei tornato poco dopo tutto rosso?»
 
«Ma… ma non è vero e poi noi… noi non siamo una coppia. Siamo solo una coppia di amici, è diverso» rispose lui senza troppa convinzione, mentre parcheggiavano.
 
«Sì, sì e io che ho detto. Siete pur sempre una coppia. Imbranata, ma lo siete. Oh, guarda, siamo arrivati. Forza vecchietto, se non sei troppo stanco, trascina le tue gambe dentro quell’edificio e mostrami questa sorpresa che non sto più nella pelle.»
 
Da quando Bruno era diventato così dispotico e perspicace. Ah, che guaio, o forse no? Scese dall’auto e lo raggiunse. Poco dopo erano sul retro dell’officina, davanti a un telone bianco.
 
«Pronto?» E quando lui annuì frenetico, temporeggiò, piccola vendetta. «Non ho il rullo di tamburi, ma…»
 
«Papà… muoviti e smettila di tergiversare.»
 
E quando lui iniziò a spostare il telo e a rivelare cosa c’era sotto… sentì Bruno lanciare un urlo degno di Tarzan e lo vide iniziare a saltellare attorno al suo regalo, prima di abbracciarlo stretto senza smettere di ringraziarlo.
Era proprio la reazione che voleva, non poteva dirsi che soddisfatto.
 
 
 
   
 
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