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Autore: Mahlerlucia    18/07/2021    2 recensioni
{Questa OS partecipa alla #TsukkiYamaWeek2021 || Sequel di “Fai Rumore”}
"... E faccio finta di non ricordare
E faccio finta di dimenticare
Ma capisco che
Per quanto io fugga
Torno sempre a te..."
(Diodato – ‘Fai Rumore’)
[Tsukishima x Yamaguchi || #TsukkiYama]
Day 7: Free day
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Questa One-shot partecipa alla #TsukkiYamaWeek2021
 
18 luglio: Free day ('Fai rumore', un anno dopo)




 
 
Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Intropsettivo, Malinconico, Sovrannaturale.
Rating: giallo
Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Pairing: #TsukkiYama
Avvertimenti: Missing moments, Spoiler!, Tematiche delicate.
Tipo di coppia: Shonen-ai

 
 

 
Torno sempre a te
 
 
 
 
“No, non andrò agli allenamenti.”
 
“Ma Tsukki, è quasi un anno che non ci vai. Così mi fai sentire in colpa...”
 
Già! In effetti è colpa tua, Yamaguchi.
Solo nel momento in cui percepì quel nome uscire direttamente dai suoi pensieri realizzò di parlare nuovamente da solo, come gli aveva lasciato intendere chiunque lo avesse sorpreso in quello stato di delirio negli ultimi tempi.
Ma Kei sapeva bene che nessuno sarebbe stato in grado di vedere il sorriso del suo migliore amico costantemente al suo fianco, per quanto avesse potuto appurare con i suoi stessi occhi che fosse inesorabilmente venuto a mancare. Nessuno tra familiari e amici – compresi gli stessi genitori di Tadashi – aveva mai creduto al fatto che lui potesse ancora comunicare con l’ex capitano del Karasuno e questo non portava altro che nuovo dolore pronto ad accumularsi a quello già esistente.
Mesi addietro Akiteru e sua madre avevano deciso di accompagnarlo da uno psicoterapeuta con la speranza che potesse trovare la chiave necessaria per aiutarlo ad uscire da quell’eterno stato di lutto nel quale sembrava essersi rifugiato per non dover accettare fino in fondo la realtà dei fatti.
 
“... E mi sento già abbastanza in colpa per essermene andato senza volerlo.”
 
Kei restò in silenzio, intento a disporre sulla scrivania i suoi testi universitari.
Se da una parte con la pallavolo sembrava essere rimasto in stand-by, per quanto concerneva lo studio vi erano stati dei piccoli progressi. Aveva ricominciato a seguire le lezioni del secondo semestre con una certa assiduità e si era dato da fare con il costante aggiornamento del proprio Curriculum Vitae per riuscire a trovare quanto prima un’occupazione che potesse distrarlo dalle sue ossessioni quotidiane.
D’altronde, le aule universitarie della sua facoltà non erano certo dei luoghi che aveva avuto modo di condividere con Tadashi, dato che quest’ultimo aveva scelto tutt’altra strada per la sua carriera post-diploma. Ad ogni modo, era stato in grado di dimostrargli fino all’ultimo giorno che non era suo interesse primeggiare su chiunque altro in qualsivoglia campo; ciò che gli stava maggiormente a cuore era non perdere mai i contatti con le persone per lui indispensabili e tirare avanti grazie anche al loro affetto, per quanto talvolta fosse così celato da risultare quasi inesistente. Ma quasi, per l’appunto.

Il lavoro lo avrebbe aiutato ad aprirsi le porte verso un futuro non per forza legato all’ambito sportivo, ossia a ciò che più lo accumunava al ricordo di Yamaguchi. A tal proposito, da diverse settimane ignorava con tutte le sue forze le promesse di ingaggi di livello superiore fatte da Kuroo e i continui messaggi di Koganegawa inviati per lo più per tentare di convincerlo a tornare ad allenarsi; l’obiettivo era sempre quello di portare il Sendai Frogs in prima divisione.
 
“Sai Tsukki, Koganegawa mi dava sui nervi un tempo. Però so bene che siete i giocatori di punta della vostra squadra e forse faresti bene a leggere quello che ti scrive in tutti quei messaggi che continua a inviarti.”
 
“Scrive solo stupidaggini. Ora lasciami studiare, per favore.”
 
Kei cercò di concentrarsi sul nuovo capitolo del manuale di Geologia che era stato affrontato di recente a lezione. Ma per quanto si sforzasse, le parole scorrevano sotto le lenti dei suoi occhiali senza fissarsi nella sua memoria e le illustrazioni esplicative non facevano altro che trasformarsi in piccoli vortici dai colori indefiniti e pronti a scomparire dalla sua mente da un momento all’altro.
Provò con i propri appunti, ma le sue abilità attentive non ne ricavarono alcun beneficio.
 
“Se non te ne vai non riesco a concentrarmi!”
 
“Vuoi davvero che me ne vada?”
 
“... Sì.”
 
… Cioè, no.
Non riuscì a rispondere in maniera decisa, come suo solito. Il suo era stato un ‘sì’ dettato da uno stato d’animo pregno d’angoscia e di desiderio di ritorno alla normalità. Ma ogni volta che tentava di dare una definizione sensata al termine ‘normalità’ finiva inesorabilmente per convincersi che senza Tadashi nulla sarebbe più stato come un tempo. 
La normalità era la sua pazienza nei miei confronti. Ora non esiste più.
 
“Scusami, Tsukki.”

Kei spalancò gli occhi e si alzò d’impeto dalla sedia, lasciandola cadere a terra. Si voltò in direzione di quella voce che si era appena giustificata, ma non vide altro che un letto perfettamente rifatto e una libreria sulla quale spiccavano le sue numerose riproduzioni in scala di dinosauri; alcune di esse erano state suoi regali ai tempi del liceo.
Si rese conto che nonostante la terribile perdita che aveva subito non era riuscito a modificare di una virgola la sua rudezza nei confronti del mondo; al contrario, avvertiva di essersi chiuso in sé stesso in maniera ancora più radicale.

“Kei, tutto bene?”

La voce di Akiteru arrivò senza alcun preavviso dal corridoio esterno. Come succedeva spesso nell’ultimo periodo, la porta della sua camera era stata saldamente chiusa a chiave per evitare ogni intrusione indesiderata, a partire proprio dai principali membri della sua famiglia.
Il minore tra i Tsukishima non rispose, sinceramente provato dalle continue attenzioni mai richieste. Ormai non reggeva più le considerazioni di sua madre che seguivano la falsa riga de ‘la vita deve andare comunque avanti’ o di un ancor più indelicato ‘anche Yamaguchi avrebbe voluto che tu proseguissi la tua carriera nel mondo della pallavolo, non si perdeva una tua partita per niente al mondo’.

Lo so bene, cosa credete? Lasciatemi in pace! Lasciatemi tutti dannatamente in pace!
 
***
 
Era passato fin troppo tempo dall’ultima volta che si era deciso a fargli visita portandogli un dono. Aveva da sempre detestato i cimiteri, ma dal giorno del funerale di Tadashi quel macabro ambiente sembrava essere diventato a lui più consono.
Fu proprio in quel luogo che si ritrovò a parlare per la prima volta con quell’immagine partorita dalla sua mente.
Col tempo arrivò a convincersi che nessuno dei due volesse realmente separarsi dall’altro, per quanto la morte terrena stesse imponendo loro di farlo.
Yamaguchi sapeva ogni cosa di lui, mentre Tsukishima continuava a domandarsi dove si rintanasse e cosa facesse ogni volta che si separavano. Alzò il capo in direzione del cielo mentre puntò lo sguardo oltre le nuvole, sperando con tutto sé stesso che lassù potesse essere più felice rispetto a quando si trovava ancora sulla Terra.
Ma una parte di sé continuava a non accettare che potesse esserne realmente andato per sempre.

Com’era già successo in altre occasioni, si era fermato da McDonald’s e aveva fatto incetta di patatine fritte. Ma non si era permesso di toccarne nemmeno una, dato che non erano di certo per lui.

“Riposa in pace, Yamaguchi-kun!”

Kei non aveva mai considerato l’eventuale presenza di un terzo incomodo nelle occasioni in cui decideva di recarsi sulla tomba del suo migliore amico. In realtà era capitato solo una volta, appena un mese dopo il suo decesso; ma in quel caso si trattava della madre. Non si sarebbe mai azzardato ad interrompere le preghiere che stava rivolgendo al suo unico figlio per il proprio, mero egoismo.

Questa volta si ritrovò davanti Yachi, avvolta in un leggero soprabito che risaltava la sua figura minuta e aggraziata.
La vide inginocchiarsi sulla lapide per depositarvi un mazzo di manjushage, come la tradizione nipponica autunnale imponeva per onorare i defunti.
Decise di restare in disparte nel tentativo beffardo di non essere visto; il ché era piuttosto improbabile considerando la sua imponente – e a tratti detestata – altezza.

“Tornerò presto a trovarti, promesso.”

La ragazza si rialzò e fece il suo ultimo inchino, prima di allontanarsi di qualche passo. D’un tratto si arrestò, catturata da un odore di fritto non propriamente tipico all’interno di un camposanto.
Scosse la testa pensando di essere stata semplicemente vittima di un’allucinazione olfattiva dovuta al fatto di non aver ancora pranzato.
Riprese a camminare verso l’uscita, senza mai accorgersi della presenza dell’amico di vecchia data.
 
“Sai che Yachi-kun vorrebbe tanto mettersi in contatto con te ma non trova il coraggio?”

Tsukishima fu colto di sorpresa e sobbalzò. Cercò di non darlo a vedere, ma ormai era troppo tardi. Fu comunque sollevato nel constatare che Yamaguchi lo avesse raggiunto, il ché stava a significare che non se l’era realmente presa per come lo aveva trattato il giorno precedente.
 
“Sei di nuovo qui?”
 
“Beh, i miei resti sono sepolti qui e ogni tanto scendo a controllare che sia tutto a posto. Sapevo che oggi sareste venuti a farmi visita e ho avuto un motivo in più per farlo. Anzi, ben due.”
 
“Lei ti piaceva?”

 
Tadashi si soffermò a osservare l’espressione contrariata dell’amico, così come la mano tremante che reggeva il sacchetto con la celebre emme di colore giallo.
Poco tempo prima di morire gli era capitato di fare lo stesso tipo di pensiero, pensando però che fosse Yachi a provare qualcosa per il centrale. Non che la cosa lo sorprendesse più del dovuto, dato l’aspetto fisico di Tsukishima. Provava giusto un pizzico d’irrimediabile e latente gelosia.
 
“Sì, molto. Era un’ottima compagnia e un’amica su cui si poteva sempre contare. Lo era anche per te e potrebbe esserlo ancora, Tsukki.”
 
“Che ne sai tu?”
 
“Perché non dovrebbe essere così?”
 
“Sta’ zitto, Yamaguchi!”

Tadashi si lasciò andare ad una fugace risatina in memoria dei vecchi tempi. Ogniqualvolta tentasse di spronarlo o di dargli ragione all’interno di un qualunque dibattito – specie con soggetti del calibro di Hinata o Kageyama – il diretto interessato gl’intimava in maniera perentoria di tacere sottintendendo di non aver mai chiesto il supporto di un più che improvvisato avvocato difensore.
 
“Cosa c’è da ridere?”
 
“Scusa Tsukki. Pensavo soltanto ai vecchi tempi, visto che mi tratti come allora. Sai, sembra quasi che non sia cambiato niente...”

Il più alto si accostò alla lapide e posò il proprio omaggio affianco ai fiori depositati poco prima dall’ex manager. Avvicinò le mani al petto e restò in silenzio per qualche minuto. Una lacrima solcò la guancia, sino ad arrivare alla superficie liscia di quel marmo gelato che al suo interno ospitava la persona che una tempo vegliava su di lui come nessuno aveva mai osato fare. Yamaguchi era stato l’unico che non si era mai abbattuto di fronte all’apparente risolutezza dell’altro, arrivando persino a reagire animatamente al cospetto della sua incapacità nell’accettare sé stesso e il suo immenso talento.
D’altronde, dopo essere stato lungamente protetto, sarebbe toccato anche a lui proteggerlo... per quanto gli era stato concesso.
 
“Yamaguchi, a me non interessa cosa pensano gli altri. Tu... puoi rimanere?”
 
“Sono io che non riesco ad andarmene... e torno sempre a te.”
 
Kei si sollevò da terra e si asciugò il viso. Ormai non si poneva più alcun problema nel mostrare le proprie emozioni a l’unica persona a cui era mai davvero interessate.
Guardò l’amico negli occhi, sorrise di sbieco e annuì, in puro stile Tsukishima.
 
“Grazie, Tsukki!”
 
Grazie a te.
 
 
 
 
… E me ne vado in giro senza parlare
Senza un posto a cui arrivare
Consumo le mie scarpe
E forse le mie scarpe
Sanno bene dove andare

 
 Che mi ritrovo negli stessi posti
Proprio quei posti che dovevo evitare
E faccio finta di non ricordare
E faccio finta di dimenticare...



Ma capisco che
Per quanto io fugga
Torno sempre a te...










 

Angolo dell'Autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia one-shot! :)

Sequel di ‘Fai Rumore’ ad oltre un anno di distanza. Quale migliore occasione del Free Day della #TsukkiYamaWeek2021?!
Il testo è alquanto ‘sovrannaturale’ poiché abbiamo dialoghi continui tra Tsukki (vivo e vegeto) e Yams (purtroppo trovato senza vita già in ‘Fai Rumore’). Volevo trasmettere la sensazione di un Tsukishima che ancora non riesce a riprendersi dal lutto, nonostante sia passato quasi un anno. Ha ripreso in mano la propria vita solamente parzialmente, soprattutto per quanto riguarda l’università e tutte le questioni in cui Yamaguchi non era direttamente coinvolto. La pallavolo?! Non è ancora il momento. Ma credo che più che le promesse Kuroo o i messaggi di Koganegawa (cioè... ho inserito pure Kogane in una mia ff XD) saranno proprio le parole di quel che resta di Yams a fargli cambiare idea. Ma come dicevo, non è questo il momento.
Come un Eiji che non potrà più dimenticare il suo Ash, Tsukki non potrà mai più vivere ‘normalmente’ senza il suo Yams. Perché si capisce quanto sia stato importante qualcuno solo nel momento in cui lo si perde, purtroppo. *Sigh*

Piccola nota: i manjushage sono i ‘gigli rossi del ragno’, fiori usati in Giappone per onorare i defunti nel periodo che intercorre tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno (dal periodo dell’Obon a metà agosto all’equinozio autunnale, per intenderci).

I dialoghi immaginati da Tsukki sono stati volutamente scritti in maniera più ‘centrata’ nel testo.
Il testo della canzone che riporto nella fine della storia è ‘Fai rumore’ di Diodato (per la precisione, tutta la seconda strofa che ho riportato in parte che nell’introduzione).
Dal brano ho ricavato anche il titolo della one-shot.

Grazie ancora a chiunque passerà di qua. **

A presto,

Mahlerlucia
 
 
 
 


 
   
 
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