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Autore: My Pride    19/07/2021    2 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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A Robin doesn't sing sick Titolo: A Robin doesn't sing sick
Autore: My Pride
Fandom: Batman 
Tipologia: One-shot [ 1773 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Commedia

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort, Accenni Slash
Solo i fori sanno: 6. Bocca di Leone: capriccio
Just stop for a minute and smile: 35. "Non ho mai conosciuto una persona più incoerente di te."


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Robin entrò di soppiatto nel proprio appartamento, sollevando silenziosamente la finestra della camera da pranzo.
    Era stata una lunga nottata e il pattugliamento era stato a dir poco estenuante, e non era certo di che ore fossero quando era tornato a casa, con la manica destra del costume completamente strappata e il sangue che colava dai tagli da artiglio che gli erano stati inferti. Aveva anche dei lividi sul viso e una lente della maschera era spaccata, ma nonostante il dolore fu attento a dove metteva i piedi, cercando in tutti i modi di non svegliare nessuno.

    «Te lo ricordi che ho il super-udito, vero?» esordì una voce nel buio, e Damian imprecò a denti stretti per l'essere stato beccato come un idiota alle prime armi. Tutto il suo addestramento con la Lega degli Assassini diventava completamente inutile, quando si trattava del caro Superboy.
    «Torna a dormire, Jon», rimbeccò lui, trattenendo un sibilo di dolore mentre scavalcava il davanzale e poggiava un piede sul pavimento, sentendo un formicolio correre lungo tutta la sua gamba. Forse la botta che aveva preso era stata peggiore di quanto avesse pensato all'inizio, e roteò gli occhi nel sentire il compagno bofonchiare un «Torna a dormire, Jon» per fargli il verso e i suoi passi che si allontanavano in direzione dell'interruttore della luce. Era letteralmente cresciuto nelle tenebre, non gli serviva vedere per capire ciò che stava facendo.
    Quando la luce si accese, ferendo dolorosamente l'occhio sprovvisto di lente protettiva, Damian udì distintamente Jon che tratteneva un lieve respiro. «Che diavolo hai fatto?» gli chiese, e lui non poté fare a meno di sbuffare mentre le pupille si abituavano e i dintorni diventavano meno sfocati.
    «Il mio lavoro. Che domanda stupida».
    «Il tuo lavoro? Sembra che ti abbiano gettato in un tritacarne, D!», gli rese noto con fare sconcertato, costringendolo a mettersi seduto nonostante le proteste a cui Damian diede vita. E quando finalmente riuscì a farlo accomodare sulla sedia del tavolo da pranzo, Jon gli diede le spalle per dirigersi verso il bagno. «E ha pure il coraggio di dirmi di tornarmene a dormire, l'idiota», riprese a borbottare tra sé e sé, e a Damian non servì possedere quello stupido super-udito per sapere che, anche senza vederlo o sentirlo, gli stava ancora bofonchiando contro chissà che cosa.
    Damian scosse il capo, pentendosene subito dopo quando sentì la testa dolorante e anche un po' appesantita dal sangue che aveva perso. Anche se non lo avrebbe ammesso, era contento di trovarsi seduto, perché l'adrenalina che aveva avuto in circolo stava finendo e lui si sentiva piuttosto stanco e spossato, e si rese conto di avere la vista annebbiata quando si tolse del tutto la maschera ormai inutilizzabile. La gettò per terra, il più lontano possibile da sé, poggiandosi con la schiena contro la sedia nel trarre un lungo respiro. La gola gli bruciava e ammise che quegli attimi gli parvero interminabili, eppure Jon ci mise solo una manciata di secondi per tornare da lui con il kit di pronto soccorso.

    «Fortunatamente non hai niente di rotto», esordì il giovane Kent nel posare quella scatola sul tavolo, e Damian lo fissò attraverso la patina annebbiata del suo sguardo per notare gli occhi dell'altro, di un azzurro color ghiaccio da sembrar quasi bianco.
    «Non ti avevo detto... di non usare su di me la tua vista... a raggi X?» 
    «Non mi sembri nella posizione di poter recriminare», bofonchiò Jon, stracciando senza tanti riguardi quel che restava della manica dell'uniforme, senza curarsi della replica sommessa che si lasciò scappare il compagno. «Per una volta sono io a dirti di star zitto, D. Che volevi fare? Prenderti un antidolorifico e metterti a dormire?» chiese scettico mentre afferrava la bottiglia di disinfettante e dell'ovatta per cominciare a ripulirgli quelle ferite.
    Damian trattenne un piccolo sibilo, ma non si lasciò scappare un singolo fiato. Era abituato al dolore, poteva sopportarlo. «Mhnr. È solo qualche... graffio».
    «Qualche graffio un par di pal...» Era rarissimo che Jonathan imprecasse, difatti dovette trarre un lungo respiro direttamente dal naso per darsi una calmata e fulminare il compagno con uno sguardo mentre si occupava di quei tagli che gli percorrevano gran parte del braccio. Era una fortuna che, contro chiunque si fosse battuto, non avesse colpito punti vitali o che non avesse intaccato i nervi, e adesso che poteva controllarlo più da vicino con la sua vista a raggi X, si rendeva conto che non erano nemmeno così profondi come gli erano sembrati all'inizio. Però erano decisamente delle brutte ferite, e probabilmente si sarebbero unite alla vasta schiera di cicatrici che segnavano il corpo di Robin.
    «Non hai più... dieci anni. Puoi imprecare... sai», rimbeccò Damian nello sforzarsi di essere sarcastico, ma con la voce flebile che aveva non riusciva bene nell'intento, visto che ci guadagnò l'ennesimo sguardo scettico da parte dell'altro.
    «Idiota. Perché non mi dici cos'è successo, piuttosto».
    Prendendosi un lungo momento, e stringendo anche un po' i denti mentre sentiva le mani di Jon muoversi sul suo braccio per cominciare a suturarlo - non si era nemmeno reso conto di quando avesse preparato ago e filo, i suoi sensi stavano cominciando a tradirlo un po' troppo -, si ritrovò a guardarlo di sottecchi a quella domanda, deglutendo a causa della gola secca che aveva.
«Croc». Disse quella sola parola, ma dall'occhiata che ricevette capì di dover dare maggiori spiegazioni, così cercò di rimettere insieme i pezzi e continuare. «L'ho beccato mentre... si aggirava nei pressi della banca, era lì con... gli sgherri di Due Facce. Stavano per fare... irruzione. Li ho fermati, ma Croc mi ha... lasciato questo regalino», soggiunse nel reclinare un po' il capo contro la spalla sinistra, faticando a tenere gli occhi aperti.
    «Continua a parlare e resta sveglio, D».
    Sentì Jon spronarlo a raccontare, conscio che cercasse di tenere i suoi sensi il più vigili possibili, anche se non gli era sfuggita la punta preoccupata e un po' arrabbiata che era risuonata nella sua voce.
Così, una volta tanto, fece quanto gli era stato detto e gli disse con voce un po' strascicata come aveva fatto a sventare quella rapina, di come avesse legato gran parte degli uomini di Dent e del momento in cui Croc gli si era avventato contro, della lotta che ne era poi scaturita fino al colpo che gli aveva inferto con una grossa zampata prima di filarsela nelle fogne, rimettendosi completamente nelle mani del compagno mentre continuava a parlare. 
    Non seppe bene cosa accadde dopo ma, quando riaprì gli occhi, si rese conto che era ormai giorno inoltrato, data la luce del sole che filtrava dalle tende lasciate chiuse. Sentiva male dappertutto e il suo corpo faticava a rispondere ai segnali che venivano impartiti ai nervi, ma riuscì comunque a mettersi almeno seduto, seppur a fatica, poggiando la schiena contro la testata del letto con un lungo sospiro prima di voltare un po' il capo verso la sveglia sul comodino. Sgranò gli occhi: erano le diciotto. La nottata era stata peggiore di quanto pensasse.
    «Ehi... finalmente ti sei svegliato».
    La voce di Jon sembrò martellargli la testa, ma tutto sommato fu felice di vederlo e sollevò debolmente la mano sinistra a mo' di saluto, vedendolo avvicinarsi al letto con una bacinella sotto braccio e una bottiglia nell'altra mano.
    «Che... che è successo?» domandò flebile, sentendo la gola terribilmente secca. E, come leggendogli nel pensiero, Jon posò a terra la bacinella e allungò una mano verso il comodino, afferrando il bicchiere lì abbandonato per riempirlo e porgerglielo; Damian bevve avidamente, sentendo quell'acqua scendere piacevolmente nella gola come una panacea.
    «Sei svenuto, genio», gli rese noto Jon, passandogli la pezza bagnata sulla fronte. «Così ho finito di suturarti le ferite e ho chiamato il signor Pennyworth per un controllo più professionale. Ha detto che sei ammaccato, ma che tutto sommato stai bene e che sei peggio del tuo sconsiderato padre. Parole sue».
    Damian grugnì. «Sto alla grande. Non c'era bisogno di chiamarlo».
    «Ah, no?» Jon lo squadrò per un secondo e gli pungolò la gamba sinistra, dove sapeva esserci un grosso livido già divenuto violaceo, infierendo volutamente. E a quel punto Damian imprecò con un lamento, scansandogli la mano con un gesto secco prima di fulminarlo con lo sguardo.
    «Va bene, testa aliena, va bene! Mi fa male, piantala di toccarmi!»
    Jon roteò gli occhi. «Prima dici di stare alla grande e poi ti lamenti che ti fa male. Non ho mai conosciuto una persona più incoerente di te, D, sul serio».
    «Ho capito l'antifona, non rompere e lasciami stare», bofonchiò peggio di un vero e proprio bambino capriccioso, abbandonandosi nuovamente contro il letto per abbassare le palpebre. Sentiva ancora lo sguardo di Jon su di sé, ed era quasi cerco che avesse roteato gli occhi e scosso il capo mentre continuava a bagnargli un po' la fronte, ammettendo che la cosa riusciva a donargli un po' di sollievo. Faceva tanto il duro, eppure ammetteva a se stesso che gli piaceva quando Jon si preoccupava in quel modo e si occupava di lui quando tornava da una ronda estremamente faticosa... ma si sarebbe tagliato la lingua piuttosto che dirglielo in faccia.
    Non si era nemmeno reso conto di aver dormito un'altra ora, aprendo debolmente gli occhi e notando che Jon era stranamente rimasto accanto a lui: quella sera sarebbe dovuto andare a Metropolis, ed era certo che se non fosse stata una faccenda da super non avrebbe lasciato quell'appartamento per nulla al mondo. Difatti lo vide tirarsi su il più silenziosamente possibile, col viso corrucciato come se la sola idea di lasciarlo da solo lo innervosisse, ma sapevano entrambi che quando si trattava di roba da eroi non potevano tirarsi indietro. Era il loro lavoro. Egoisticamente, però, Damian si ritrovò a pensare che avrebbe voluto averlo con sé ancora un po', un capriccio che in altri momenti probabilmente non si sarebbe mai permesso di esprimere, tanto che la bocca si aprì prima ancora che potesse formulare un pensiero coerente. 

    «Jon?»
    «Mhn?» 
    «Fammi... fammi compagnia... solo un altro po'», sussurrò in una specie di strano pigolio, anche se sembrò molto più un borbottio vagamente imbarazzato. Nonostante stessero insieme da anni, non era mai stato tipo da romanticherie o sdolcinatezze di ogni sorta, quindi sembrava essergli costato un po' dire semplici parole come quelle. Ciononostante, Jon sorrise. Era in quei gesti così semplici che vedeva davvero chi fosse il compagno.
    «Avverto che farò un po' tardi», accennò solo, sentendo Damian accoccolarsi timidamente contro la sua spalla.
    Suo padre avrebbe capito.





_Note inconcludenti dell'autrice
E niente, si sa che Damian è un po' scemo e che
«No, Dami, non è soltanto un graffio se continua a sanguinare e stai per diventare blu», quindi meno male che c'è Jon che si prende cura di lui anche se Damian cerca in tutti i modi di far finta che non gliene freghi niente.
L'idea che Jon si prenda cura di lui mi piace troppo - e sopratutto che dopo tutti quegli anni passati insieme omai sia fin troppo abituato a raccogliere i cocci, visto che non può dirgli di smetterla di fare ciò che fa senza smettere a sua volta, o sarebbe ipocrita. Questa fiction è nata proprio con l'intento di rendere centrale questo argomento, quindi spero che vi sia piaciuta.
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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