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Autore: artemide88    20/07/2021    2 recensioni
Isabella Black frequenta la più importante scuola della Virginia e non solo ha ottimi voti, ma sta per diplomarsi con un anno di anticipo. Vuole andarsene, da quella scuola e quella città, il prima possibile perché odia i bulli che la perseguitano. Potrebbe però avere vita più facile se rivelasse un piccolo dettaglio sulla sua vita...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buona lettura. Ci vediamo nelle note dell'autrice. 






EPILOGO

Appoggiai la schiena alla porta chiusa alle mie spalle e mi godetti il silenzio dello studio, le palpebre abbassate, i muscoli rilassati dopo la lunga tensione.
Avevo appena tenuto il mio primo discorso come preside ed ero sopravvissuta a quella folla di adolescenti. Li avevo congedati dopo il loro tiepido applauso e ne ero rimasta insoddisfatta.
Dalla folla si era staccato mio padre che invece si era dichiarato molto soddisfatto del mio discorso e orgoglioso di me. Mi aveva accompagnato al mio studio e mentre passeggiavamo per i corridoi mi aveva fatto notare che metà dei miei studenti non mi avrebbe mai ascoltata, mentre l’altra metà non avrebbe capito il messaggio che volevo comunicare, e che non dovevo essere delusa dall’accoglienza che avevano riservato alle mie parole. Perché dopotutto avevamo a che fare con degli adolescenti. Avevo alzato gli occhi al cielo, riconoscendo che il mio predecessore aveva ragione e molta più esperienza di me. Dovevo solo sperare che qualcuno avesse recepito anche solo un po’ del mio discorso incentrato su giustizia e amicizia. Avevo ripensato al mio terzo anno e avevo trovato lì l’ispirazione per iniziare il mio primo anno come preside.
Promisi a Charlie che una delle sere successive sarei andata a cena da loro e sulla porta dello studio mi concessi di dargli un bacio vicino a quei baffi che avevo sempre adorato. Papà se ne era andato trattenendo una lacrima.
Andai nel piccolo bagno annesso allo studio e mi diedi una rinfrescata dopo quell’impegnativo inizio giornata. Mi permisi di impiegare alcuni minuti davanti allo specchio congratulandomi con me stessa per quello che stavo vedendo, una giovane donna sicura di sé e del suo ruolo. 
Ero nata per essere la preside della White Swan Prep Accademy.
Il lavoro di preside sarebbe stata una vera passeggiata se paragonato ai miei primi anni in quella stessa scuola. Ma la terza liceo era stata la vera svolta, quella che mi aveva reso più forte e determinata. Ripensai con tenerezza a quell’anno. Augurai a ogni ragazzo di trovare la propria strada, così come io avevo trovato la mia, e di percorrerla con degli amici sinceri. Magari meno complottisti dei miei.
Sorrisi e tornai a osservarmi, non potevo essere più diversa dal mio primo giorno di terza liceo. Ricordo bene come mi sentissi una sconfitta davanti allo specchio della mia camera, mentre adesso...adesso ero la preside. 
Allora indossavo una anonima divisa da studentessa, ora portavo con orgoglio la mia stessa pelle. Non erano tanto la giacca grigio antracite che scendeva sul mio corpo, sottolineando la vita stretta, o il fiocco della camicia bianca che dava importanza a tutto l’outfit, a rendermi preside. L’analisi del mio guardaroba era ovviamente opera di Alice, grande esperta di moda e di comunicazione. Oltre che essere una delle mie più grandi amiche. 
No, a fare la differenza, era il mio atteggiamento. Ero il potere e tutti dovevano sapere che lo avrei esercitato da quel giorno e per molti altri a venire. Sarebbe stato un potere giusto e equo che non avrebbe mai accettato l’abuso. E forse sarei stata più tollerante di mio padre con le scappatelle amorose degli studenti.
Il mio sorriso si velò di nostalgia, ripensando alle ultime parole di zia Sue sull’orgoglio della famiglia e sulla gestione del potere. Mi aveva raccomandato di non inciampare nei miei stessi piedi e di camminare sempre a testa alta, portando con fierezza il nostro cognome. Dovevo proprio averla fatta soffrire con la mia decisione infantile di essere Isabella Black. 
Mi mancava terribilmente quella vecchia signora in tailleur Chanel. 
Beh, mi mancavano un po’ meno le sue lezioni di bon ton e di ballo. Ma dovevo ammettere che andare al ballo delle debuttanti aveva segnato per me una tappa importante. Ero riuscita a dimostrare a Jessica e a sua nonna che mettersi contro di me, la mia famiglia e i miei amici era molto, ma molto pericoloso. Da quel giorno le donne Stanley avevano perso sempre più consenso negli ambienti che contavano e la famiglia aveva dovuto ridimensionare le proprie pretese. Anche perché il sindaco scoraggiò le pretese matrimoniali del cugino di Jessica, Royce King, per la figlia Rosalie.
Il pensiero di Rosalie, indaffarata con le pappe del suo secondogenito, mi risollevò del tutto il morale. Ero stata un Cupido maledettamente bravo a accoppiarla con Emmett. Quei due litigavano sempre come cane e gatto, ma si amavano profondamente e erano felici.
Vivevano in una piccola casa vicino a quella dei genitori di Rose e mi ripromisi di andare a trovarli appena fosse finita quella giornata. Forse avrei chiesto anche a Alice di unirsi a me e distrarre così la mammina dalle incombenze genitoriali per qualche ora. Alice...sperai solo che non avesse da ridire sui semplici jeans neri che indossavo. Si era autoeletta mia consulente d’immagine. Dopotutto lavorava in un’agenzia di moda e comunicazione.
Alzai gli occhi al cielo, era impossibile contenere il suo entusiasmo. Da quando ero tornata nella mia città natale, il vecchio circolo del bagno femminile del secondo piano, ala nord, si era riformato e non potevo che esserne felice. Jasper aveva anche organizzato un’uscita di gruppo per festeggiare la reunion e sospettavo, per fare una corte serrata a Alice. Dopo il liceo si erano persi di vita, Jasper era andato a studiare a Princeton e era tornato con la moglie, Maria, per dirigere l’impero di famiglia. Il loro era stato un matrimonio breve e intenso e avevano ufficializzato il divorzio dopo neanche un anno. Sospettavo che al biondo generale non fosse mai uscito dalla mente il folletto dal caschetto nero e che Maria odiasse la città e fosse gelosa della rivale.
Sì, mi erano mancati i miei amici, con i loro complotti e piani segreti. Eravamo una bella banda e a New York non avevo ritrovato amicizie così speciali, ma avevo avuto bisogno di iniziare la mia carriera negli istituti scolastici lontano da casa. Ero stata per alcuni anni un’insegnate di letteratura inglese, poi avevo avuto l’opportunità di diventare vice preside di una rinomata scuola femminile. Stavo per accettare una vice presidenza nel liceo più importante della città, quando mio padre mi aveva chiamato.
Nonostante la tradizione che non voleva donne sedute alla scrivania del mio trisavolo, mio padre aveva deciso di lasciarmi il posto. Voleva andare in pensione e Jacob, diventato un ranger forestale, preferiva correre dietro ai grizzly piuttosto che a piccoli teppisti adolescenti. Charlie non avrebbe mai lasciato la scuola a un ramo cadetto della famiglia, quindi ero la sua unica alternativa, anche perché zia Sue gli aveva fatto promettere che sarei stata io il suo successore. E a zia Sue non si poteva mai dire di no. La riunione di famiglia per l’ufficializzazione della mia nomina era stata divertente. In molti si erano opposti, poi papà aveva detto che non gliene fregava niente dei pareri contrari e che io ero la nuova preside. 
E così quella mattina avevo dato il via al nuovo anno scolastico. Uscii dal bagno e inspirai il buon profumo di quello studio che tanto adoravo. Il legno, il cuoio, i vecchi libri...
Bussarono alla porta interrompendo il flusso disordinato dei miei pensieri.
Mi diedi un certo contegno, ma appoggiai il culo alla scrivania per sembrare totalmente rilassata.
“Avanti.”
“Sei meravigliosa.” Sorrisi, non c’era giorno in cui Edward non mi ripetesse quando mi amasse e quanto fossi speciale per lui. Mi baciò e passò il dito sui preziosi orecchini che mi aveva regalato per il ballo delle debuttanti. Non li avevo più tolti da quella sera.
“Stasera mio padre mi ha chiesto se andiamo a cena da lui.” Erano ormai quasi quattordici anni che stavamo insieme e sapevo bene quanto fossero ancora contrastanti i suoi sentimenti verso il genitore. Da un lato si era riappacificato con lui tanto che Edward gli aveva dato anche il benestare al matrimonio con Esme, poco prima di partire per l’università. Dall’altro era sempre sulle spine tutte le volte che doveva incontrarlo, anche perché Carlisle non aveva perso occasione per sottolineare come la scelta di Edward di diventare avvocato e non medico lo avesse deluso.
“Seth inizia quest’anno il liceo e magari gli farà piacere parlare con il suo fratellone preferito. Ecco, magari non raccontargli proprio tutto tutto quello che facevi a scuola.” Edward non poteva certo negare quanto gli mancassero i fratelli minori mentre abitavamo a NY. Quasi ogni sera si intratteneva con loro, anche solo per cinque minuti, in una videochiamata. Seth era ormai un adolescente vivace, mentre la piccola Leah era una bimbetta di dieci anni che non stava mai zitta. Adorabile, ma da mal di testa. “Inoltre sai bene che a tuo padre sarò debitrice a vita.” Edward sospirò, ma annuì.
La famiglia Stanley aveva fatto un ultimo disperato tentativo di riconquistare il potere perso e il dottor Cullen aveva aiutato tutta la mia famiglia. Eravamo tutti troppo distratti dal dolore per la perdita di zia Sue, che quasi ci avevano messo nel sacco. Gli Stanley non aspettarono che il corpo della zia fosse freddo per tentare di prendere il posto di quella saggia signora nel consiglio di amministrazione della scuola. Seggio che poteva essere occupato solo da un componente della famiglia Swan o da un genitore di un ex alunno; in caso di più candidati sarebbe stato scelto il parente dell’alunno più meritevole. Nessuno della famiglia era preparato a una simile eventualità e non avevamo trovato un candidato adatto in tempo. Edward aveva esposto i fatti a suo padre che si era presentato, a sorpresa, il giorno delle elezioni e, ovviamente, aveva ottenuto il posto di zia Sue, impedendo che gli Stanley si intrufolassero nella nostra scuola e la distruggessero dall’interno.
Senza pensare ulteriormente ai contrasti padre e figlio, iniziammo a baciarci e ci facemmo travolgere dalla stessa passione di quando eravamo adolescenti. 
“Tornare in questa scuola, mi riporta alle mente piacevoli ricordi.” Il sorriso malizioso di Edward mi fece arrossire.
“Potremmo anche battezzare l’ufficio del preside.” Proposi audace, andando letteralmente a fuoco. I nostri corpi scalpitavano quando stavamo troppo vicini.
“Potremmo...o potremmo fare i bravi.” Sospirando si allontanò da me. “Siamo già fin troppo Yankee per questa città.”
Dovetti concordare con lui. 
Esserci diplomati alla White Swan e laureati a pieni voti a Harvard ci aveva aperto molte opportunità lavorative e avevamo ottenuto entrambi un lavoro nella Grande Mela. Finché abitavamo a New York nessuno aveva avuto da ridire sul fatto che convivessimo senza essere sposati. Eravamo una coppia di giovani brillanti concentrati sulle loro promettenti carriere. Tuttavia, sapevamo che quello non era il nostro posto e il bisogno di tornare in Virginia era ogni giorno più impellente. La chiamata di papà era stata una inaspettata benedizione dal cielo. 
Ci eravamo trasferiti nella vecchia casa di zia Sue, ma mamma mi aveva detto che la comunità non vedeva di buon occhio che non fossimo sposati. Da moralisti quali erano, molti avevano detto che non potevo essere una buona preside, con una etica così discutibile. Qualcuno si era spinto fino a dire che era uno schiaffo al ricordo della defunta signora Clearwater.
“Non hanno ancora visto niente.” Ribattei acida e mi sedetti alla scrivania, imbronciata.
“Forse dovresti...”
“Non è un anello a definire chi sono o le mie capacità.” Ribattei acida. 
“Ecco, quindi puoi benissimo indossarlo. A me, il mio, piace tantissimo.” Mi mostrò orgoglioso la mano sinistra, dove il cerchietto d’oro brillava al suo anulare.
Arricciai le labbra, ma cercai nel cassetto della scrivania la scatolina di velluto rosso contenente la mia fede e l’anello di fidanzamento e me li misi al dito. Mi alzai dalla mia nuova sedia ergonomica e gli puntai l’anulare sotto il naso.
“Questo potrebbe anche complicare la cena di stasera, lo sai vero?” Sospettai che Edward fosse segretamente soddisfatto di creare scompiglio a Villa Cullen. “Non abbiamo detto niente a nessuno e qui al sud...sai come ragionano.”
“Siamo due Yankee, moglie mia.” Mi baciò la punta del naso. Era così bello sentirmi chiamare moglie e ripensare a quella cerimonia improvvisata che sorrisi.
Un giorno di tre anni prima, mi aveva dato l’anello di sua madre e mi aveva fatto la proposta, dicendomi che ero l’unica che comprendesse le sue due anime, quella Yankee e quella del Sud. 
Volendo essere fedele alla mia intenzione di essere Yankee fino al midollo, stavo per rifiutare, quando Edward mi propose un matrimonio segreto. Nessuno, a parte i testimoni, avrebbero saputo che ci eravamo sposati. Jake, stranamente, fu ben lieto di essere al mio fianco, sostenendo che era da me evitare abito bianco, invitati e festa. Promise anche di mantenere il segreto con il resto della famiglia.
“E poi,” Edward mi abbracciò. “Non pensi che sia venuto il momento di dirlo?”
“A papà verrà un infarto.” Mormorai contro il suo petto. Sapevo che Edward, prima di partire per l’università gli aveva chiesto il permesso ufficiale di frequentarmi, ma da lì ad avere il consenso di sposarmi la strada era ancora lunga. “Magari potremmo pensare di dargli il doppio cognome, così anche il lato Swan della dinastia prosegue.” Già, perché oltre al matrimonio avrei dovuto anche dire a Charlie che sarebbe diventato nonno e che per alcuni mesi avrebbe dovuto interrompere la pensione.
“Ma sì.” Concordò Edward. “Possiamo farlo. Magari tuo padre si ammorbidisce abbastanza da non spararmi.”
“Papà è più vecchio stile, arco e frecce.” Già, stile cavernicolo. “Ma lascerà da parte qualsiasi arma solo se dirai che sono state tutte mie idee.” Lo rassicurai. Non avevo dubbi che Charlie gli avrebbe creduto senza batter ciglio.
“Oh, quello è poco ma sicuro.” Mio marito rise. “Sei il mio Cigno Nero.”
Mi accoccolai di più contro il suo petto, sorridendo felice. 
Sarei stata sempre fedele a me stessa. 
Sarei stata per sempre un Cigno Nero.


FINE



p.s. dell'autrice: eccomi infine alla conclusione di questa storia.  Ho chiuso il file "stupido.docx" per l'ultima volta e una lacimuccia scende solitaria per la sua fine, ma sono molto felice e soddisfatta di questa storia. Ha avuto un naturale sviluppo e questa è la naturale conclusione.
Sono molto soddisfatta non solo per come si è sviluppata, quasi senza intoppi, ma anche (e soprattutto) perchè ha segnato il mio ritorno su questo sito e più in generale alla scrittura. Tornerò, forse no, chi lo sa. Ho moltissime storie in cantiere e voglio prima concluderne una, prima di pubblicarla. Sicuramente non sarà a breve (io spero per settembre, ma mi sembra utopistico) perchè la ff in stato più avanzato è un progetto un pelo più grande e impegnativo di questa storia e ha bisogno di molte e maggiori cure.
Il 2020 stato un anno molto impegnativo per tutti e questa storia nasce dalla voglia di evasione e dal bisogno di sorridere. La mia più grande gioia sarebbe di avervi regalato almeno un sorriso con le avventure di Bella e Edward.
Un abbraccio
Sara

 
   
 
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