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Autore: Doux_Ange    21/07/2021    0 recensioni
So che prendermi la colpa di tutto quello che è successo non cambierà il corso delle cose accadute nel passato e probabilmente nemmeno quelle del futuro, che la verità verrà a galla prima o poi. Ma so anche che è vero che è colpa mia, perché se non avessi fatto quello che ho fatto, oggi non saremmo qui.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OGGI NON SAREMMO QUI

“E ti ho tradita.”

“Io mi sono ripromesso che mai sarei stato come lui, che mai avrei tradito o fatto soffrire… la donna che amo, e invece… alla fine l’ho fatto. Eccomi qui, son diventato come lui.”

“La verità è che tu non cambi mai.”

Le parole si fanno vorticosamente largo nella mia testa come dentro un frullatore, mentre chiudo gli occhi nel tentativo di fermarle insieme al flusso di pensieri che non mi dà tregua da quando sono arrivato qui, al San Matteo degli Infermi, dove lei è ricoverata dopo il conflitto a fuoco in cui è rimasta ferita. Le sue ultime parole, rivolte a me - “Marco, sono io. Ti devo chiedere scusa... Avevi ragione”- sono le stesse che ora rimbombano dentro di me come il colpo di pistola che l’ha condotta qua.

Crede di aver ragione anche quando non ce l’ha. Mai come oggi avrei voluto avere torto, mentre guardo la donna che amo immobile sul letto dell’ospedale di Spoleto. La mia Anna. Fragile, inerme, quasi arresa di fronte al male del mondo. E io qui, in piedi, davanti a questo vetro che mi separa da lei, senza poter fare nulla. Questa è probabilmente la più grande punizione che l’universo potesse rivolgermi. Ho sbagliato tutto in questi mesi. Tranne sul fatto di non fidarmi di Sergio La Cava. Ma veramente mi merito tutto ciò? Non poterla più avere tra le mie braccia, non saperla più mia, vederla con lui, non era già sufficiente come castigo per quello che ho fatto?

E la cosa che più mi fa ribollire il sangue nelle vene è che proprio quel lui, che professava di amarla, di essere diverso da com’è, l’ha condotta qua. Se solo lo avessi di fronte a me una seconda volta, oggi, come quel giorno al motodromo, certamente non gli rivolgerei le stesse parole, anzi. Vorrei mettergli le mani al collo, vederlo implorarmi di non fargli del male. Farlo soffrire come ora sta soffrendo lei. Come io sto soffrendo nel vederla lì distesa, conscio che tutto è partito quel giorno. Quella maledettissima notte che nemmeno ricordo, ci ha condotto tutti fino a qui. Ma io sto espiando la mia colpa. Lui sta fuggendo dalla sua.

Lo avevo pregato di non farla soffrire, perché la vita con Anna si era già accanita fin troppo e perché io stesso le avevo procurato ulteriore dolore che non meritava, in aggiunta a tutto quello già provato. E lui, invece, dietro la sua maschera da finto pentito, già tramava tutto questo. Sì, forse non sapeva che Anna si sarebbe mossa in prima persona per sventare la rapina e che si sarebbe arrivati fino a questo punto, ma a quale prezzo ha giocato con la fiducia e la vita di Anna e di sua figlia Ines? Come può un uomo – se così si può definire un delinquente in fuga - guardarsi allo specchio ogni giorno e non provare alcuna vergogna per quello che sta tramando alle spalle della donna che dice di amare? Per di più sapendo che quella donna ha riposto in lui la fiducia che nessun altro gli avrebbe mai concesso visto il suo passato, mettendo a rischio la sua stessa carriera per lui. Che Anna oggi sia qui, in questo letto di ospedale, perché le cose sono andate male o che lei fosse stata in caserma a fare il suo lavoro perché invece nulla le era successo, non cambierebbe il fatto che Sergio, per ciò che ha fatto, è, e resta un verme. Perché poteva e doveva proteggerla. Aveva avuto più di una occasione per dirle la verità, per mostrarsi diverso da quello che si è rivelato essere. Redimersi davvero. Eppure ha deciso di perseverare, portandosi per di più sua figlia dietro in tutto ciò. E anche quando poteva tirarsene fuori e tornare, su consiglio di Don Matteo, ha preferito continuare la sua fuga. Ha preferito e preferisce la latitanza – costringendo alla stessa anche Ines – piuttosto che mostrarsi maturo e affrontare le conseguenze delle sue deplorevoli azioni.

Io sicuramente sono l’ultimo che può fare la paternale in questo momento, perché non sono certamente uno stinco di santo: io, che mi ero ripromesso di non fare l’errore di mio padre e l’ho commesso. Io, che avevo già provato sulla mia pelle cosa vuol dire essere traditi e non ho saputo evitare di infliggere lo stesso dolore alla donna che amo. Io, che l’ho tradita e certamente non merito il suo perdono, né forse la sua fiducia incondizionata di prima. Però io sono qua, ad affrontare le conseguenze del mio errore. Lui dov’è?
Se solo le innumerevoli opportunità che ha avuto lui in questi mesi di dimostrare ad Anna - e non solo a lei - che è cambiato le avessi avute io... Certamente non me le sarei lasciate scappare e oggi non saremmo qui.

Se potessi tornare indietro a quella sera di metà marzo in cui ho lasciato l’appartamento infuriato perché mi aveva mentito per due mesi sul lavoro in Pakistan, non esiterei un attimo a cambiare il corso degli eventi. Sì, avrei lasciato che la mia rabbia esplodesse. Avremmo comunque litigato. Avrei bevuto. Ma quando la sera dopo, con quei suoi occhi verdi che hanno sempre saputo leggermi dentro, mi sarebbe venuta a cercare a casa di Cecchini sperando di poter risolvere le cose, oltre a lasciare libera di volare quella farfalla, avrei provato a lottare di più per noi, anche volando con lei in capo al mondo se necessario, invece di uscire dalla porta di casa e chiudermela alle spalle, ferendo ulteriormente sia me stesso che lei. Se lo avessi fatto, oggi non saremmo qui.

È facile parlare col senno di poi. Guardarsi alle spalle e pensare che le cose andavano fatte così e non cosà. La verità è che nella vita si commettono un mare di errori. Alcuni ci aiutano a crescere, altri ci rovinano la vita. Alcuni si risolvono, altri no. Mentre la guardo sdraiata in quel letto, la mano appoggiata al vetro di fronte a me, tesa verso di lei, penso a come il mio errore, quello che oggi più di ieri mi tormenta, ha la particolarità di avere tutte e quattro le caratteristiche in sé.

Perché ho imparato dal mio errore, anche se non l’ho forse dimostrato nel modo giusto finora, soprattutto ad Anna. Ho imparato che non posso vivere una vita senza di lei. Anna è arrivata come un fulmine a ciel sereno nella mia strada, nel momento in cui era più ripida e buia che mai. Non sapevo che quella mattina, in piazza, la mia intera esistenza sarebbe cambiata, che quell’austero Capitano dei Carabinieri sarebbe diventata la donna della mia vita, l’unica in grado di riportare la luce e trasformare la salita in discesa. Ma è successo. Consapevole che la sua presenza nella mia vita oggi è tanto fondamentale come la capacità di poter respirare, sono anche disposto a saperla felice con un altro al suo fianco ma viva, piuttosto che inerme in un letto di ospedale per causa mia. Perché tengo alla vita di Anna più che alla mia. Perché dovrei esserci io in quel letto, non lei. È colpa mia se oggi è qui e non siamo invece a casa nostra, seduti sul divano a parlare del più e del meno, a litigare per il mio arrosto salato o perché io voglio vedere l’ennesima partita di calcio mentre lei vuole vedere un film. Perché è colpa mia, se il matrimonio è saltato e oggi lei non è mia moglie.

Quell’errore ci ha rovinato la vita. Mi ha tolto la cosa più bella che avessi mai potuto desiderare. La donna che è stata in grado di leggermi dentro come nessuno. La donna che mi ha accettato con tutti i miei numerosi difetti e pochi pregi, come nessuno aveva mai fatto. La donna che oggi sarebbe potuta essere a 7000 chilometri da me, ma felice e viva, se io non fossi stato egoista o avessi detto subito la verità e provato a parlarne. O chissà, magari non sarebbe mai partita ugualmente. Magari avrebbe trovato col tempo, nel fondo del suo cuore, un motivo per perdonarmi, per vedere il buono che c’è in me e per capire che quell’errore il suo Marco mai lo avrebbe compiuto volutamente, se solo il destino e lui non si fossero messi lungo la nostra strada. Magari Anna avrebbe ceduto a uno dei miei tanti e maldestri tentativi di riconquistare la sua fiducia con l’aiuto di Cecchini. E oggi non saremmo qui.

Perché alla fine il mio errore si è risolto. O meglio, non si è risolto, ma lei mi ha perdonato. Anche se sono sicuro non del tutto. La cicatrice rimane. Io per primo lo so bene. Ma sono certo che col tempo avremmo ripreso, perlomeno, a parlarci senza farci la guerra, a lavorare insieme come prima, a capirci come prima. Anche se nulla può tornare come prima. Perché l’errore esiste nella mia memoria e soprattutto nella sua, e resterà per sempre indelebile. Ma le cose possono migliorare, se uno lo vuole, se ci crede.

Nonostante tutti i se e perché che avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi, la situazione resta com’è. Anna sta lottando per una possibilità di farcela. Io sono qui, con zero ore di sonno alle spalle e probabilmente altrettante davanti a me, a pregare per la vita di una donna speciale, che non si tira mai indietro, che vede il buono in tutti, anche in chi non lo merita. Che ha ridato colore alla mia vita e senza la quale oggi non sarei ciò che sono. Lei è realmente la parte migliore di me. È il mio Yin. Come posso io, Yang, vivere senza? È come chiedere a un uomo di vivere senza ossigeno. Impossibile.

Quanto vorrei poterle dire tutto ciò che sto provando. Nessuno attorno a me può capirmi, e capire realmente come sto. L’unica che avrebbe potuto farlo è la stessa che giace nel letto ed è la ragione del mio star male. In tanti, in questi mesi, mi hanno fatto la paternale. Altri ancora mi hanno detto che non è realmente colpa mia quello che è successo e che se è capitato, forse è meglio sia andata così. Ma è meglio per chi? Per lei, che ho spinto nelle braccia di un delinquente fino a condurla in un letto d’ospedale? Per me, che da mesi vivo espiando una colpa  per un gesto che mai avrei voluto commettere, perché amo solo e solamente lei? Come può la gente essere così cieca da non vedere la realtà?

Continuo imperterrito a stare in piedi di fronte a questo vetro, nonostante senta io stesso mi manchino le forze. Ma voglio essere qui. Voglio esserci quando si sveglierà. Perché Anna si sveglierà. Voglio restare qui, ad ammirare la sua bellezza, nonostante tutto quello che ha passato e nonostante le lacrime che mi annebbiano la vista. Voglio ammirare la donna forte, determinata, decisa che riposa dopo aver combattuto col destino che al momento sembra aver avuto la meglio. Voglio poter pensare, fosse anche un sogno e un istante fugace, che quando aprirà gli occhi sarà felice di sapere che ci sono.

Non mi importa cosa pensi Sara. So che non crede a nessuna delle mie prese di posizione. So che pensa io stia facendo tutto questo inutilmente, perché Anna non mi ama più. Ma ogni volta che il mio sguardo ricade su di lei, so che sto facendo la cosa giusta. So che prendermi la colpa di tutto quello che è successo non cambierà il corso delle cose accadute nel passato e probabilmente nemmeno quelle del futuro, che la verità verrà a galla prima o poi. Ma so anche che è vero che è colpa mia, perché se non avessi fatto quello che ho fatto, oggi non saremmo qui.
Non mi importa se, al suo risveglio, Anna dovesse comunque scegliere lui a me. Sì, è vero, io non lo farei mai. Probabilmente nessuno perdonerebbe chi lo ha condotto quasi alla morte senza neanche pensare ai rischi. Ma Anna non è tutti e nemmeno posso costringerla ad amarmi se non vuole più. Ciò di cui però mi premurerò, è che non soffra. Ci sarò, anche se non vorrà. Perché solo preservando la parte migliore di me, io stesso posso sopravvivere. E quindi la sua vita, quando lascerà questo ospedale, sarà comunque un po’ la mia e lottare perché sia felice, a discapito di tutto e tutti, anche della mia stessa felicità, sarà l’obiettivo che perseguirò.

Mentre stancamente mi avvio verso l’interno della sua stanza, assicurandomi di essere solo e che non ci siano nemmeno i medici, la osservo, quasi la respiro. Fisso nella mia mente ogni singolo dettaglio di lei, riporto alla luce ogni ricordo di noi.

La prima volta che la vidi e strinsi la sua mano.
La prima volta che litigammo, per lavoro.
La prima volta che fummo d’accordo e mi sorrise genuinamente.
La prima volta che passammo dal lei al tu.
La prima volta che si mostrò fragile.
La prima volta che aprimmo il nostro passato uno all’altra, e viceversa.
Il nostro primo bacio che divenne anche il nostro primo errore.
La prima volta che mi disse, anzi scrisse, ti amo.
La prima volta che io le confessai di amarla.
La magica notte del Natale ad agosto.
La notte in cui le chiesi di sposarmi.

Mentre prendo la sua mano delicatamente, quasi fosse un bicchiere di cristallo in grado di rompersi al minimo contatto, ripenso anche a tutti gli errori che ho commesso con lei.

La prima volta che la accusai di lasciarsi coinvolgere nelle indagini, ritenendolo un difetto.
La prima volta che non mi fidai di lei, mentre aveva ragione, sulla mia personale vendetta con Simone.
La prima volta che per colpa del pouf e delle mie paure, me la sono lasciata scappare.
La prima e unica volta che, ferito dalla sua bugia, l’ho tradita.
La prima e unica volta che, pur di riaverla accanto a me, le ho mentito sul mio stato di salute, disperato di poter godere, ancora una volta e anche solo per un effimera notte, del suo amore.

Non me la merito, Anna. Non merito che mi riprenda con sé dopo tutto quello che le ho fatto, se realmente non lo vuole lei. Non merito, né ho alcun diritto, di decidere per lei cosa pensare e come reagire a quello che Sergio le ha fatto. Tutto ciò che ora voglio e merito però, è che lei si svegli. Che il mio cuore torni a battere perché i suoi occhi verdi, aprendosi, gli hanno dato il via libera. Voglio rivedere il suo sorriso, in grado di mandare il mio cervello in tilt e farmi restare muto ad ammirarla come uno scemo, aprirsi nuovamente a me e al mondo.

E lo so che sembro matto, che sono folle, che credo e spero in un sacco di cose che probabilmente mai accadranno. Ma non ne posso fare a meno, come non posso fare a meno di lei. Io amo Anna Olivieri. La amerò sempre. Perché non puoi dire al cuore per chi battere.

Mentre riadagio la sua mano sul letto, sospiro pensando a quanto le ho confessato e detto. Riprendo la strada che porta fuori dalla sua stanza, con la stessa inerzia che mi regge ancora in piedi e mi ha condotto dentro, nonostante tutto. Ed è in quel momento che l’ho risentito. Ho risentito il mio cuore battere, all’improvviso.

“Marco, Marco...”

Come se quelle parole fossero state una scarica di adrenalina nel mio corpo, torno indietro da lei. Da quel sorriso debole che riesce a rivolgermi e che ha riacceso il mondo. Si è svegliata.
Non mi importa cosa accadrà da questo momento in poi. Affronterò tutto quello che deve accadere. Ma ora ho capito che se sono riuscito ad affrontare il momento più buio della mia vita, posso affrontare tutto. Perché non c’è nulla di peggio di quando hai bisogno di respirare e ti manca l’ossigeno.
E mentre si apre una nuova finestra sul futuro, che porta nuova aria ai miei polmoni dopo una lunga apnea, ripenso a tutte le cose buone e cattive che ho commesso. Forse era meglio non compierle. O forse è stato giusto così. So solo che senza di esse, oggi non saremmo qui, con lei che mi abbraccia in Piazza Duomo, sperando che dopo la notte più buia ci sia un nuovo inizio. Una nuova alba.
 
Anna e Marco, nelle storie che vi abbiamo raccontato finora, hanno sempre partecipato insieme. Abbiamo ascoltato la voce dell’uno e dell’altra, indagato il loro modo di vedere, e vedersi.
Le eccezioni sono state poche, perché ogni tanto alla sottoscritta veniva l’ispirazione improvvisa, lasciandovi una storia dettata dalla voce di Sara Santonastasi prima, e della sola Anna poi.
Quella di Anna, in particolare, ‘Se solo’, voleva essere una riflessione sui suoi sentimenti e i suoi pensieri dopo gli eventi di DM12. Perché, come voi, non ho mai accettato che lei fosse diventata così passiva nei confronti delle proprie colpe.
Però la controparte sui pensieri di Marco mancava, e com’è giusto che sia ci ha pensato la mia Socia, inviandomi questa nuova riflessione una sera.
Marco, l’abbiamo detto e ridetto infinite volte, ma non fa male ribadirlo, ha espiato per un’intera stagione una colpa che non era soltanto suo ma che lui ha sempre avvertito come tale, tentando fino all’ultimo istante di rimediare. Sacrificando ogni cosa per amore di Anna.
La sua carriera, ma anche la sua stessa felicità.
Ebbene, Martina tutto questo ce lo ha spiegato in maniera sublime.
Sperando che il nostro PM riceva un destino più giusto alla prossima stagione.
 
   
 
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