Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    24/07/2021    0 recensioni
Un innocente furto in cucina si trasforma in un imprevisto: il risultato è un braccio rotto
(ShuxShin)
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, White Blaze
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNO SCIOCCO INCIDENTE
 
 
Colto sul fatto.
Shin non aveva avuto neanche un dubbio quando aveva percepito l’alzarsi di Shu nella notte, il suo scivolare fuori dalla stanza: non importava quanto avesse cercato di fare silenzio, Shin lo aspettava al varco.
L’impazienza di Shu, quando si trattava di cibo, era proverbiale e, dal momento stesso in cui aveva intravisto dei flaconcini di panna occhieggiare dal sacchetto della spesa, non aveva smesso un solo istante di tampinare Shin perché gliene concedesse almeno una spruzzatina, una sola… poca poca…
Il ragazzo di Hagi era stato irremovibile, Shu era appena guarito da un’indigestione.
Inoltre, quella panna gli sarebbe servita tutta.
Per cui avrebbe dovuto attendere un giorno e, solo allora, gli sarebbe spettata la sua razione… e non di più.
Così lasciò passare qualche istante, prima di alzarsi a propria volta e scendere le scale.
Giunto al piano inferiore intravvide, nel buio, la sagoma di Byakuen accucciato sul tappeto.
Era sveglio. Probabilmente aveva già assistito, poco prima, al passaggio di una persona e lo accolse agitando appena le orecchie.
Shin si portò il dito indice alle labbra, per intimarlo al silenzio e strizzandogli l’occhio in segno di intesa.
La tigre comprese ogni cosa, emise un suono gutturale che somigliava in maniera sconcertante ad un ghignetto, poi rimise giù il muso, tornando apparentemente a dormire.
In realtà lo avrebbe fatto con un occhio solo, troppo curioso di godersi la scena che sarebbe seguita.
La porta della cucina era socchiusa, un alone di luce filtrava attraverso lo spiraglio e Shin si accostò, la aprì un poco di più per sbirciare all’interno e lo vide.
Shu attaccato al frigo, la mano già dentro, a rovistare.
Dopo pochi attimi stringeva in pugno, trionfante, il suo bottino, sollevò in alto il tubetto di panna, premette l’erogatore e aprì la bocca preparandosi a ricevere il delizioso contenuto.
Fu in quel momento che, alle sue spalle, si levò una vocetta acuta e stizzita:
«Scimmietta ladruncola, giù le zampe dal frigo!».
Shu sobbalzò con uno strillo, la panna gli cadde dalle mani e si ritrovarono faccia a faccia, Shin le braccia incrociate sul petto, guance gonfie e naso arricciato nel solito modo che aveva quando voleva assumere un’espressione infuriata, Shu intimidito, ma solo per qualche istante, perché quell’espressione non poteva fare paura a lungo.
Si chinò e, un po’ goffamente, raccolse la bomboletta, poi cominciò con i disperati quanto vani e poco fantasiosi tentativi di giustificarsi:
«Vedi, Shin-chan, non è come pensi… io volevo… ecco… ho avuto un calo di zuccheri e…».
Shin alzò gli occhi al cielo poi, a passo di marcia, si avvicinò, i loro nasi si sfiorarono:
«Te lo do io il calo di zuccheri, non mi sembra di avere davanti un panda!».
Il riferimento a Touma fece sbattere le palpebre di Shu, in un moto di perplessità, poi sbuffò fuori dalle labbra una risata e passò a nuovi metodi coercitivi: si avvicinò a Shin, con mosse studiate, che sprizzavano sensualità e anche un po’ di lascivia.
«E su, pesciolino… solo un po’ di panna… anzi… visto che sei arrivato, perché non ti unisci a me?».
Touché.
Il visetto arrabbiato di Suiko si mutò in un broncio decisamente meno furioso, che verteva più all’imbarazzato e, se avesse potuto specchiarsi, avrebbe scorto il velo di rossore che velava le sue gote.
«Vedi? Vedi, fochetta, che in fondo la prospettiva che ti pongo non è così male?».
Strusciatina, piccola spinta ammiccante e Shin fece un passo indietro, muto.
Pesciolino… fochetta…
Quella voce che era tutta un invito suadente…
E lui che si lasciava irretire con fin troppa facilità.
Il suo corpo gli era ormai addosso, troppo addosso e faceva caldo, teneva quel contenitore cilindrico in pugno come se fosse un’arma… e sembrava pure volerlo minacciare con tale arma.
Minacce tutt’altro che spiacevoli, certo… ma pur sempre minacce atte a disarmare lui.
Ma Shin non voleva cedere, Shin era arrabbiato, doveva mantenere l’ordine in casa, doveva farsi obbedire, non poteva dargliela vinta così facilmente.
Allora si ritrasse, respinse la mano armata del nakama e distolse lo sguardo, perché se avesse parlato guardandolo negli occhi temeva che la sua voce sarebbe uscita tutt’altro che convinta:
«Adesso smettila, posa la panna nel frigo e…».
«Vuoi davvero che lo faccia? Non preferiresti che te ne spruzzassi un po’ sulle labbra, un po’ sulla punta del nasino, un po’ sul collo e poi più giù e…».
E intanto ricominciava a sfiorarlo con il suo corpo e a spingere il basso ventre un po’ troppo vicino al suo.
Quando sentiva che la sconfitta era vicina, Shin finiva per reagire con nervosismo e, nel momento stesso in cui Shu cominciò a premere sull’erogatore spruzzandogli un po’ di panna sul viso, spinse via la sua mano malamente e balzò indietro. Il dito di Shu non si staccò subito dall’erogatore, alcuni spruzzi di panna fecero in tempo ad uscire e a finire sul pavimento.
Di sicuro nessuno dei due avrebbe potuto immaginare quanto una piccola lotta giocosa, unita a un alimento succulento e scivoloso finito a terra, potesse rivelarsi un insieme esplosivo, così come Shin non poté prevedere quando esattamente il piede nudo di Shu finì per sdrucciolare sul suo stesso disastro.
Mentre precipitava, Shu si aggrappò istintivamente a lui e Shin sentì solo il colpo, l’urlo di Shu, un po’ troppo acuto per essere provocato da un’innocente caduta e un braccio, il sinistro, che si avvolgeva intorno a lui come per proteggerlo.
Poi ci fu qualche istante di silenzio.
Shin non sapeva spiegarsi perché stesse panicando, era una caduta, una semplice caduta, il corpo morbido di Shu era sotto di lui, accogliente e… e Shu si lamentava… si lamentava troppo.
E fu così che quella notte assunse un’atmosfera imprevista, strana…
Strana e surreale.
***
 
«Shin, smettila, non sto morendo e soprattutto non è stata colpa tua».
«Ti sono caduto addosso e prima ti ho praticamente aggredito! E per cosa? Per un po’ di panna?!».
Shu sentì il bisogno di fermare sul nascere quello che si sarebbe rivelato un lacrimoso piagnucolare su quale essere terribile Shin si sentisse, così allungo il braccio sinistro, quello sano, gli mise la mano sotto la nuca e lo attirò verso di sé, per condividere con lui un bacio lungo e appassionato.
Così appassionato che Shin si lasciò trascinare un po’ troppo e gli fu addosso quel tanto che bastò per premere sul braccio appeso al collo e strappargli un lamento.
Balzò indietro come morso da un serpente, più terrorizzato che se avesse visto un serpente in realtà:
«Scusa! Scusascusascusaperdono!».
Shu alzò gli occhi al cielo:
«Non mi hai ancora ucciso, pesciolino, fino a prova contraria».
«E ci mancherebbe solo questo!» sbottò Shin, poi prese il piatto che aveva posato di lato, nel quale campeggiava una fetta enorme di torta con una montagna ragguardevole di panna.
Era risaputo che Shin non aveva le mezze misure: o decideva di tenerlo a dieta, o gli offriva a piene mani tutto quello che c’era in casa.
Shu fece per prendere il piatto, ma Shin glielo impedì:
«Non pensarci neanche, ti aiuto io».
Shu era abbastanza rassegnato, ma poi non che gli dispiacessero i giorni che gli si prospettavano: Shin che si prendeva cura di lui, lo nutriva, lo imboccava, lo…
Lo puliva?
Lo lavava?
E cos’altro?
L’avrebbe fatto, certo che l’avrebbe fatto e Shu si scoprì a non sentirsi umiliato, proprio per nulla, sarebbero state coccole e tanto, tanto tempo da passare insieme.
Così aprì la bocca, lasciò che il nakama gli portasse la forchetta tra le labbra e, quando ebbero finito, siccome qualche goccia di panna si era sparsa lì intorno, Shin prese il tovagliolo, glielo passo sul viso, sulle labbra, sul mento.
Shu sospirò di piacere, sorrise e commentò:
«Se vuoi puoi anche togliermi i residui di panna con la tua boccuccia».
«Baka» borbottò Shin arrossendo.
E Shu non resistette. Con la mano sana gli carezzò una guancia, facendolo arrossire ancora di più, i loro occhi si specchiarono con intensità, erano quei momenti in cui ogni scherzo, ogni frecciatina, perdeva senso ed esisteva solo un sentimento talmente forte da fare male al cuore, da togliere persino la forza di sorridere.
«Promettimi una cosa, Shin-chan…».
«Che… che cosa?».
«Non sentirti in colpa per tutto, almeno non per le sciocchezze, ti prego».
Shin sospirò, gemette, scosse il capo e rispose, poggiando la fronte contro la sua spalla e senza riuscire a nascondere il tremito della propria voce:
«Solo tu puoi definire una sciocchezza l’esserti rotto un braccio e… se io non avessi…».
Shu lo interruppe di nuovo, con foga:
«Allora almeno dividiamoci la colpa, è successo perché siamo due bimbi imbranati e casinisti, lo siamo sempre stati e ai nostri nakama piacciamo così e anche a me… piacciamo così».
Senza cambiare posizione, senza mostrargli il viso per non fargli vedere che stava piangendo, Shin rimase con la fronte sulla sua spalla, un sorriso che nasceva tra le lacrime.
   
 
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