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Autore: robyzn7d    25/07/2021    2 recensioni
“Allora?”, lo incalzò di nuovo. “Rispondimi maledizione… o i miei compagni te la faranno pagare cara!”. Era imperterrita, voleva a tutti i costi conoscere quella scomoda verità. “Perché diamine tieni il mio avviso di taglia nella tasca dei pantaloni?”
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Mugiwara, Trafalgar Law | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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QUELLO SPUDORATO AVVISO DI TAGLIA 
 
 
 
 
 
 
Dopo cena, e dopo le vicende di Wano, insieme agli improvvisati ospiti “non da tutti desiderati”, erano finiti sul ponte in una bizzarra situazione.
La teneva d’occhio attentamente, senza perderla di vista nemmeno per un secondo, mentre, testarda, stava davanti a quell’idiota muscoloso e arrogante coi capelli rossi, imbronciata come una bambina, tesa come una corda di violino, in quel modo particolare che apparteneva solo a lei. Premeva irrequieta il dito indice su quel torace vissuto del pirata, mentre picchiettava il piede sul pavimento in legno della Sunny, in attesa. Nell’altra mano teneva un manifesto ben stretto che per metà svolazzava all’aria.
"Allora?”
La sentiva bene Zoro, non troppo distante da lei. 
“Cosa diavolo significa questa storia?” 
Chiedeva a quell’idiota di Eustass capitano Kidd che di risposta le ringhiava furioso, nascondendo per metà un accennato imbarazzo per essere stato scoperto, e nervoso poiché lei riusciva a tenergli testa senza essere affatto spaventata da lui. Si vedeva che questo lato di Nami lo stava destabilizzando. Lei, con la sua figura così esile di fronte a quell’omone alto venti metri e largo il doppio, che aveva i capelli che le svolazzavano al vento e il vestito nero che seguiva la stessa direzione della brezza. Eustass, continuava a ringhiare, mantenendo però sempre gli occhi su quelli di lei, senza staccarli mai. Zoro, d’altro canto, non smetteva di fissare la scena con il cuore che batteva forte, e il motivo non era quella poca distanza che separava Nami da quell’esaltato. Guardò per un attimo tutt’attorno a loro e cercò con lo sguardo quel maledetto cuoco, che stavolta era zitto e fermo, impietrito, che osservava anche lui la scena con il mozzicone della sigaretta in bocca con la cenere che cadeva senza che lui stesse realmente fumando. Lo sapeva eccome, Zoro, perché quell’idiota non stava reagendo. E lo maledì brutalmente con la mente, imprecando silenzioso.
Ritornò con lo sguardo su Nami, si era distratto anche fin troppo, e la vedeva quanto era più nervosa di prima, a causa di quel cretino di un capitano che non si degnava di rispondere, e allo stesso tempo, nemmeno smetteva di fissarla, ipnotizzato da lei. 
“Allora?” Lo incalzò di nuovo. “Rispondimi maledizione… o i miei compagni te la faranno pagare cara!”.
Era imperterrita, voleva a tutti i costi conoscere quella scomoda verità. 
“Perché diamine tieni il mio avviso di taglia nella tasca dei pantaloni?”
Un altro ringhio da parte di Kidd, diverso però da quello di prima, accompagnato da un sorrisino malizioso. “Chi, quelli?” Indicò con la mano la ciurma di cappello di paglia dietro di lei. 
“Secondo te ci trovi qualcosa di diverso se frughi nelle loro tasche?” 
A Zoro mancò un battito. Che diavolo sta dicendo quell’idiota?
Vide Sanji sbiancare, e Brook nascondersi dietro il pilastro della nave.
Nami si ritrovava essere improvvisamente accigliata, fissando Eustass ancora più agguerrita di prima. 
“Che cosa?” 
Zoro la vide voltarsi verso tutti loro, ma fu una sola frazione di secondo, perché poi tornò a concentrarsi davanti al rosso. Con un gesto improvviso e carico di energia prese i lembi della sua pelliccia e lo strattonò. 
“Non ti permettere.” 
Lo spadaccino buttò giù un groppo che era rimasto incastrato nella sua gola per troppo tempo e mise la mano sull’elsa della Wado pronto ad intervenire se quello lì avesse alzato le mani contro di lei. 
“Controlla le tasche di Trafalgar, almeno!” 
Kidd era così soddisfatto: sorriso accattivante, le braccia incrociate; aveva visto delle strane reazioni da parte dei pirati alle spalle della navigatrice, e aveva deciso il portarli all’inferno insieme a lui. Law, appoggiato al parapetto, alla destra di Nami, con la sua amata spada in mano, fissava la scena divertito; almeno, finché non sentì il compagno supernova immischiarlo nel suo casino. Sgranò gli occhi, ma non fece proprio in tempo a svignarsela. 
Zoro osservò i movimenti di Nami che, appena lasciato Kidd, si era avvicinata a Law.
“Fammi vedere cosa hai in tasca, andiamo.”
La vedeva bene, più che arrabbiata, adesso… sembrava sorpresa.
Osservava la scena infastidito, soprattutto quando, grazie all’aiuto del potere di Robin, riuscì a trovare il manifesto ben piegato in quattro parti dentro la tasca destra del pantalone del chirurgo. 
Zoro sudò freddo. Non ci poteva credere. Anche quel dannato Trafalgar!  Ringhiò, geloso e incontenibile, ma per fortuna nessuno si rese conto di lui. Vide Nami sgranare gli occhi all‘apertura del manifesto, ma senza leggerci la rabbia che aveva visto fino a quel momento. 
“Ti prego”, sentì Trafalgar parlare e guardarla supplichevole senza muovere però nessun muscolo del volto. Sudava freddo ma rimaneva serio e cupo lo stesso.
Zoro era sicuro che ora anche quello si sarebbe preso una bella sfuriata della navigatrice, e nonostante se lo meritasse, aveva un po’ pena per lui. Ma si dovette ricredere, poiché vide Nami fare a pezzi piccolissimi il volantino e gettarlo in mare insieme a quello di Kidd che ancora teneva tra le mani. 
“Grazie!” Furono le parole di Trafalgar che stava nuovamente respirando l’aria intorno. 
Zoro rimase sconcertato, non stava capendo niente: perchè la compagna la stava facendo passare liscia a Law?
Vide nuovamente Nami fare un sospiro profondo e tornare a guardare tutti in faccia, uno per uno. Ma, nuovamente, durò davvero poco quella perlustrazione. 
“Te l’avevo detto, Rossa! Siamo uomini. E tu sei…”. 
Al verde stava ribollendo il sangue in ogni parte del suo corpo. I muscoli che s’irrigidivano, gli occhi stretti in piccole fessure. Detestava quando quel cretino la chiamava “rossa” e stava detestando il fatto che si era avvicinato e l’aveva tirata per un braccio con fare per nulla delicato.
“…e tu sei una bomba.” Le aveva detto avvinghiandola a sé. 
Di nuovo la mano sull’elsa. Ma ringraziò Nami e l’avere quel caratterino poco malleabile, poiché lo aveva scrollato di dosso e gli stava stringendo una mano al collo.
“Chi ti ha dato il permesso di toccarmi?”
Ma Eustass riuscì ovviamente a liberarsi, e sorrideva, eccome se sorrideva! 
“Non ho bisogno del tuo permesso!” 
L’ attirò a sé ancora una volta. Ma finalmente “quel cuoco della malora” si stava riprendendo dallo stato di shock in cui era caduto, così bene da intervenire personalmente.
“Lascia Nami-San o ti prendo talmente tanto a calci nelle palle che diventi un colabrodo.” 
Kidd sorrise, liberandola dalla presa, dal momento che quella continuava a dimenarsi. “Non mi fai paura.” Ma lo sguardo su Sanji durò due secondi, per poi tornare a concentrarsi su Nami e osservarla languido in ogni centimetro di lei. “Sei una tosta tu. E mi ecciti da morire. Per questo ho il tuo manifesto in tasca.”
Lo disse in modo rabbioso e senza più peli sulla lingua. 
“Maiale!” Si alzò un coro da parte di Usop, Sanji e Franky.
L’occhio di Zoro sempre più stupito, i denti che tremavano, la mano stretta sull’elsa che cercava di controllare l’impugnatura. 
“E adesso dovrò andare a recuperare un nuovo avviso di taglia, visto che il mio l’hai buttato.” 
Così sfacciato. Ancora. 
“Allora devi pagarmi una tassa, bellimbusto di un maledetto pirata!” 
Nami gli tirò un calcio in mezzo alle gambe, prendendo in parola la promessa di vendetta di Sanji di poco prima, ma Kidd le fermò la gamba a mezz’aria. 
“Hei…Tutto questo mi serve…per te.” 
Una frase che la fece ancora più indemoniare.
Sanji era già partito per la tangente. Zoro voleva intervenire ma lo sapeva che si sarebbe messo troppo in gioco. Come lo avrebbe spiegato poi agli occhi di tutti? Riuscì a stare fermo. E ringraziò Robin che, ancora una volta, stava intervenendo in aiuto di Nami, allontanandola da Kidd una volta per tutte. 
“Adesso basta Eustass. Ti sei eccitato anche troppo per oggi.” Trafalgar, anche lui scocciato, si era messo in mezzo per risolvere la situazione fastidiosa che Kidd aveva creato. “Non hai un nave dove tornare?” 
Zoro iniziò finalmente a calmarsi, stava respirando. Si sentiva un po’ un codardo per non essere intervenuto, per non avere il potere di farlo. Nami non era la sua donna, poteva salvarla solo da reali situazioni di pericolo, che non sempre comprendevano pretendenti perversi. La vide tra le braccia di Robin, con la schiena appoggiata al petto di lei. Ma non era spaventata o arrabbiata, sembrava più che altro…stranita. Un’espressione di chi stava riflettendo, e seguendo il suo sguardo, portava a Kidd. Lo stava guardando anche lei, fissa nei suoi occhi. Che ci avesse, dopotutto, trovato qualcosa di affascinante in lui? Forse in qualche modo l’aveva colpita. Eccola di nuovo, quella rabbia al sol pensiero. Quel sentirsi così codardo, impotente in queste situazioni. 
Quell’idiota capitano Kidd stava ignorando Trafalgar per continuare a fissare Nami negli occhi. La stava spogliando con lo sguardo. Si passava la lingua sulle labbra sfacciatamente. Non gli fregava niente se tutti erano lì, se tutti stavano guardando. E lo notò, quel rigonfiamento nei pantaloni. Non ci poteva credere, lo spadaccino. Quanto era spudorato quell’idiota? Si toccò la fronte, stava sudando. Stava tremando dalla rabbia.
Vide Robin osservarlo preoccupata. E lo aveva capito, la compagna, che Zoro aveva notato quel piccolo dettaglio. Il verde ricambiò la sua occhiata, chiedendole silenzioso un altro aiuto. In un certo senso, voleva farle capire di proteggere più Nami - lei che poteva farlo - di coprirla, di nasconderla da quello sguardo che la stava divorando, lo stesso che lui non poteva più sopportare. Ma poi, finalmente, Zoro sentì il riconoscibile suono di “Room” e…scomparirono. Trafalgar aveva scelto la via più facile, usando il suo potere per allontanare dalla loro nave Kidd e alcuni uomini della sua ciurma che erano con lui. Sapeva sicuramente che non avrebbe potuto parlarci civilmente, specie quando era brillo. 
Zoro poté finalmente rilassarsi, anche se quella sensazione di rabbia non riusciva proprio a togliersela di dosso. 
Diede un’altra occhiata a Nami, era ancora strana. Si stava lasciando cullare da Robin, come se avesse avuto bisogno di quel contatto protettivo femminile.
Si strinse nelle spalle, lui, perché non riusciva a capire se lei si sentisse “violata” o se fosse anche un minimo interessata a quella razza di bestia che era Kidd. 
 
“Ma come l’hai scoperto del manifesto?” 
 
Robin ruppe i suoi pensieri, rivolgendosi a Nami, che si stava staccando da lei proprio in quel momento, sempre stando pensierosa.
“Perché hai frugato nei suoi pantaloni?” 
 
Ascoltarono tutti, poiché la dinamica non era chiara a nessuno. Come era iniziata questa storia? 
Nami arrossì appena. E lo spadaccino si sentì ancora più morire. In effetti che diavolo era successo? 
“Ecco…” 
Di nuovo quell’espressione da bambina che lo destabilizzava.
 “Volevo rubare il suo lingotto d’oro. Quello che gli avevo visto tenere in mano alla festa.”
Caddero tutti sul pavimento. Zoro sbuffò, demoralizzato. 
“E l’hai preso?” 
Chiese ancora, una Robin curiosa.
Nami continuava però ad essere oltremodo imbarazzata, facendo insospettire tutti. 
“Non era lì…”. 
Nascose il suo viso dallo sguardo dei compagni. 
“Lo sappiamo come sei, che bisogno c’è di vergognarti per questa tua ossessione all’oro proprio adesso.” 
Zoro sentì Usop tuonare alla sua destra, mentre dimenava una mano in aria.
Nami diventò bordeaux.
“E che per sbaglio…” 
Scosse la testa a destra e sinistra scacciando via il pensiero.
“PER SBAGLIO?” 
Sbottarono tutti, nervosi, ma, soprattutto, curiosi. 
“beh…ho sfiorato qualcos’altro. E non era dell’oro.” 
Nell’incredibilità generale, le risate di Robin, la confusione di Rufy, le bocche a terra degli altri, Zoro morì d’infarto.  
“E così poi, al fondo di quella tasca infinita… ho trovato “anche” il manifesto spiegazzato…”. 
E mentre ognuno diceva la sua sulla questione, Nami si ricordò delle parole di Kidd, che rimbombavano nella sua testa come eco fastidioso e irritante, e, dimenticando l’imbarazzo per l’incidente appena confessato, con passo rapido, superò Zoro, superò Rufy e superò anche Chopper. Erano lì, davanti a lei, tutti gli altri membri della sua ciurma.
Lo sguardo indemoniato, le mani sui fianchi.
I poverini iniziarono a sudare freddo.
“Forza.”
Disse convinta. 
Zoro osservava la scena a metà tra il preoccupato e l’arreso. Per oggi il suo cuore aveva sopportato anche troppo. 
“Le tasche!” precisò, con ancora i capelli che svolazzavano all’aria, con il vento che innalzava anche un po’ il vestito scoprendole le gambe. “Vuotatele!” 
Brook era ancora nascosto dietro la colonna in legno, cercava di raggiungere la parte opposta della nave.
“Ti ho visto.”
Nami non aveva bisogno di voltarsi a guardarlo. La sua voce era seria e il tono severo, non avrebbe ceduto mai quella sera. 
Erano tutti in trappola. 
Usop sembrava tranquillo, e infatti vuotò tranquillamente le tasche da cui caddero un cacciavite e delle strane viti a spirale. Era però offeso che Nami avesse dubitato di lui. Incrociò le braccia al petto e la fissò con supponenza. “Hai visto? Sono innocente io.” 
Zoro si passò il polso sulla fronte, asciugando ancora rimasugli di sudore. 
“E tu?” La navigatrice era rivolta a Franky, che, anche lui tranquillo della sua posizione, rivelò solo tasche vuote. “Ok” disse Nami, più tranquilla.
Si voltò a fissare Sanji e Brook, che era ritornato al fianco del biondo. “Voi lo so che siete colpevoli!”.
I due tremarono.
“Prima me li mostrate e prima finisce questa storia.” 
Incitò ancora con la mano a mezz’aria. I poverini, messi alle corde, tolsero fuori i manifesti di taglia della compagna e come reazione si beccarono una bella sfuriata di capo e svariate botte che gli misero k.0.
“Se volete questi manifesti dovete pagarmi!” 
Prese il bottino dei due e lo getto in mare, non prima di aver fatto a pezzetti i fogli. 
Zoro ringhiò sottovoce. Maledetta despota e quei dannati soldi! 
 
“Mi dite che significa tutto questo?” 
Chopper era perplesso e Rufy, invece, se la rideva a crepapelle. 
“I tuoi compagni di equipaggio sono dei porci!” 
La vide allontanarsi dalla scena ed entrare sottocoperta. 
 
 
 
Zoro era combattuto: da una parte sollevato che Nami non lo avesse sottoposto a perquisizione, dall’altra quasi offeso del fatto che lo aveva scansato a priori da quella perfida lista. Si sentiva affranto, soggiogato dalla rabbia del giorno, dall’essersi sentito un codardo. Ma lui non lo era. E anche se nessuno degli altri poteva saperlo, lo sapeva lui, e tanto bastava. Doveva fare qualcosa, e doveva farla subito; anche se non sapeva cosa. Scelse di ascoltare l’istinto, o non sarebbe più riuscito a guardarsi allo specchio. Senza dare troppo nell’occhio lasciò i compagni sul ponte e, senza dire una parola, si diresse sottocoperta. 
La trovò subito, Nami, in cucina. La osservò nei movimenti. Aveva mosso il collo in maniera così sensuale, scricchiolandolo appena. Con un gesto rapido aveva sfilato le scarpe e le aveva lasciate cadere a terra. La vide, quella sensazione di piacevole liberazione sul volto di lei legata alla leggerezza dei piedi nudi sul legno caldo. Stava lasciando scivolare via tutta la tensione che aveva intrappolato dentro di sé.
E lui non riusciva a smettere di guardarla fare.
Stava dirigendosi verso il frigorifero, infilò una mano nel suo reggiseno e prese una chiave. Aspetta, cosa? E lì che la nasconde? Diventò immediatamente nervoso. Che strega! 
La vide aprire il lucchetto e prendere da bere. Era curioso, cosa avrebbe preso? E quanto ci metteva ad accorgersi di lui? 
Nami optò per una bottiglia di vino rosso e richiuse il frigo rimettendo la chiave in quel posto segreto.
“Lo so che sei li.” 
Zoro sghignazzava, anche se per un attimo aveva sussultato stupito. 
Decise di giocare un po’. “Se lo sai, perché mi hai rivelato il nascondiglio della chiave?” 
Nami sorrise, prendendo il bicchiere e sedendosi al tavolo. Stappò il vino. 
“Cosa ti cambia saperlo?” 
Riempì il calice. 
Il rumore della sostanza rossa che scorreva nel bicchiere echeggiava nella cucina. 
“Non oseresti mai prenderla.” 
Si poggiò il bicchiere sulle labbra e in un attimo scolò tutto il contenuto. Un rivolo di vino scese sul labbro e proseguì fino al collo, continuando la discesa fino alla scollatura. Finito di bere, la rossa si passò il polso sulle labbra, ripulendosi. 
Zoro non era riuscito a togliere gli occhi di dosso da quella goccia di vino che era sparita in un posto così inaccessibile per lui.
Si avvicinò al tavolo. 
“Sai, non fai altro che sopravvalutarmi.”
La guardò con un sorriso sghembo dannatamente fastidioso.
Nami era stranita da quell’affermazione. E Zoro lo sapeva, l’aveva appena incuriosita.
 “Che significa questo?" Si stava riempiendo il secondo bicchiere. 
Ma lui non le rispose, sedendosi davanti a lei e fissandola ancor curioso di scorgere un’altra gocciolina di vino scivolarle sul corpo.
"Allora?” 
Non aveva ancora portato il bicchiere alle labbra per la delusione di lui.
“Come mai stai bevendo da sola? Ti ha turbata quello che è successo là fuori?” Le rispose con un’altra domanda. 
Nami era sbigottita da quella sensibilità. Zoro era un po’ preoccupato per lei?
Fece spallucce. “No.”
Finalmente aveva riportato il bicchiere alla bocca. Finì di sorseggiare il contenuto, ma nessuna gocciolina scese sul collo. Ancora delusione nello sguardo di lui.
“Ogni tanto dimentico di essere circondata da uomini.” 
Era sincera.
“E ti dispiace che pensino a te?” 
Continuava ad aspettare che bevesse ancora. Si stava sentendo un po’ maniaco. 
Nami alzò la testa dal bicchiere di scatto, guardò Zoro dritto negli occhi.
Lo vedeva chiaramente che l’aveva sorpresa di nuovo con quella domanda.
"Zoro!” Le uscì istintivamente, con un tono di rimprovero ma soprattutto stranito. Le guance erano diventate rosse, forse per il vino, forse perché lui era stato così diretto. Ma poi sospirò, forse un po’ sconfitta. “Non penso di volerlo sapere.”
Stava per riprendere la bottiglia, ma lui fu più rapido. Le loro dita si sfiorarono. Zoro era rigido e lei così calda. Si guardarono negli occhi.
“Che fai?” Nami fu la prima a parlare.
Lo sguardo di Zoro era finito sulla bottiglia, ed ebbe la forza di allontanare le dita dalle sue e sfilargliela. “Devo bere anche io.” Senza bisogno di bicchiere si portò la bottiglia alla bocca e tracannò tutto il contenuto in pochissimo tempo. 
Sentiva gli occhi di Nami addosso e avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere a cosa stesse pensando esattamente. 
“Sei sempre il solito.” 
La sentì parlare nonostante era sicuro che il suo battito stava accelerando. 
Con un gesto svelto ed energico riappoggiò la bottiglia sul tavolo, facendo un piccolo tonfo che echeggiò nella cucina.
"Perché non hai guardato anche nelle mie tasche?”
Forse quel pò di alcol era stato necessario per cacciare via quella codardia che lo aveva rapito e portato lontano da se stesso. La bottiglia era sul tavolo ma ancora stretta nella sua mano. Lo sguardo violento su Nami. Aveva riacquistato tutto il suo coraggio.
E la vedeva lei, diventata disordinata nei movimenti, agitata, lo sguardo confuso, le labbra semichiuse, il respiro che forse aveva appena iniziato ad accelerare. 
“M-ma che ti salta in mente?” Riuscì a dirgli, continuando a sostenere lo sguardo.
“Sono un uomo anche io.” 
Lo precisò alzando il tono di voce.
Doveva sentirsi contento che Nami avesse solo pensato bene di lui, e invece si sentiva offeso. Che stupido. Che contraddizione. 
“Dai Zoro…” mise le mani avanti. “Lo so che sei un uomo!” Si alzò in piedi e batté le mani sul tavolo. “Ma questo che c’entra!” 
Lo guardò in cagnesco. Lui stava solo cercando di mantenere sotto controllo le sue pulsazioni, poiché non riusciva a capire cosa stesse provando a proposito della situazione. Ne avrebbe voluta un’altra di bottiglia, ma la chiave era… ebbe quasi un mancamento, ma riuscì a riprendersi in fretta.
"Sei Zoro!” Precisò incrociando le braccia al petto lei. 
Lo spadaccino lasciò cadere la bottiglia che si riversò sul tavolo, per fortuna che era vuota. 
“E questo che diavolo significa?”
Ci provava a calmarsi, ma poi si alterava alla velocità della luce. La situazione era appena diventata tesa. 
Continuarono a guardarsi finché Nami riuscì a calmare il suo stupore. “Senti, lo so che sei un uomo.” 
Lo indicò con la mano aperta, facendo intendere che lo sapeva molto bene, facendo particolare attenzione a sottolineare il suo torace possente.
“Ma tu sei tu… Non penseresti mai a me in quel modo.”
Zoro la osservò. Era un po’ impacciata adesso.
“Ne sei così sicura?” 
Voleva andarci a fondo, ormai non poteva più tornare indietro, ne andava del suo orgoglio. Quello vero. Quello che non lo avrebbe mai voluto vedere come codardo. Quel tono e quella domanda ora l’avevano del tutto destabilizzata. E Zoro la vedeva bene, quella sua paura.
“Allora fallo.” La incitò. “Guarda nelle mie tasche.” 
Nami diventò bordeaux. “Scordatelo!” Era diventata una fiamma ardente. “Non cercherò niente là sotto!” Era così imbarazzata pensando all’incidente di poco prima avvenuto con Kidd. 
Lui quasi non si strozzò, e sentendo una certa pulsione venire dal suo corpo ne convenne che non era proprio la cosa migliore. Riprese a fissarla serio e aspettò che anche le si calmasse. Dopodiché, quando vide che lo stava finalmente guardando di nuovo, si portò la mano in tasca e dopo svariati minuti che stava indugiato, tirò fuori un foglietto piegato in quattro parti. Con un gesto rapido, senza più nessuna remora, lo appoggiò sul tavolo e lo strisciò verso di lei. Allontanò la sua mano dal foglio e aspettò impaziente la reazione. Nami guardò quel pezzo di carta bianco ripiegato su sé stesso per svariati minuti che le sembrano ore infinite. Il respiro corto. L’ansia.
Forse stava tremando? Zoro non ne era certo. Aveva paura, adesso, del suo pensiero: forse la stava offendendo, forse spaventando; l’idea che lei avesse perso fiducia in lui lo avrebbe potuto uccidere, ma ormai non poteva più tirarsi indietro.
La vide, la mano di Nami, avvicinarsi al foglio, indugiare un attimo su di esso e poi prenderlo. Alla fine lo fece, ebbe coraggio, lo aprì. Sgranò gli occhi immediatamente appena lo riconobbe: era davvero il suo manifesto di taglia. Sembrava così consumato nei bordi. Quante volte lo aveva stretto tra le mani, lui? 
Alzò gli occhi verso Zoro. Sapeva che la stava guardando. Che stava aspettando un cenno. 
“Che significa?”
L’aveva capito lui, che lei non aveva più parola. Per una volta Nami non sapeva cosa dire.
“Secondo te che significa?” Ci provò. 
Lei ricacciò il foglio aperto sul tavolo e lo spinse verso Zoro.
"Anche tu m’immagini così.”
Non voleva vederlo più quel manifesto. Ora lo stava detestando.
Si allontanò dal tavolo tra il nervosismo e la delusione.
Zoro lo aveva sentito, come era cambiato il tono della voce e quanta rabbia aveva imprigionato in quel ‘anche tu’. 
“No.” Zoro la fermò con le sue parole. “Quel manifesto é tutto ciò che posso avere, di te.” 
La vide fermarsi a metà strada, vicina all’uscita. E allora continuò a parlare. “Davvero Nami? Davvero non ti sei mai accorta di me?” 
Si voltò lei, lo sguardo imperturbabile. Fece qualche passo incerto verso di lui. La vide che stava pensando, che era totalmente sconcertata dalla situazione. 
“Lo sai. Si, che lo sai in fondo.” 
Cercava di stare calmo il più possibile. Oramai aveva vuotato ‘le sue tasche’. 
Nami si avvicinò a lui. Era davanti al suo sguardo, lui che era girato con la sedia verso di lei. Zoro l’avvertiva tutta quella agitazione. Aveva appena tolto il coperchio da una scomoda verità che forse lei non avrebbe mai voluto scoprire. Ma non poteva più evitarla.
E poi la sentì parlare. 
“Sei uno stupido.” 
Aveva abbassato lo sguardo sul pavimento tenendo i pugni stretti lungo i fianchi. 
“Posso permettermi solo quel manifesto.” 
Lo ripeteva più a sé stesso, cercando di mantenere il controllo e l’impulso di abbracciarla. Cosa stava provando Nami? Perché aveva sempre queste reazioni strane? 
“Quanto ti sbagli.” 
Si avvicinò ancora di più verso la direzione di Zoro, guardandolo, seppur era sempre così incerta, disordinata in quei movimenti non anticipabili. 
“Io posso permettermi solo quel manifesto...” 
Continuava lui, cercando di divincolarsi dallo sguardo di lei. "...Nami.”
La sentì vicinissima quando allungò il braccio sul tavolo sfiorando le gambe di lui con il corpo per prendere quel dannato foglio tra le mani. 
“Questo è un maledetto foglio di carta”. 
Lo strappò in mille pezzi con foga.
La sua voce era calda e arrabbiata. 
“Io sono qui. In carne ed ossa. Perché non ti sei avvicinato a me e basta?”
Era arrabbiata e lui la sentiva forte e chiaro.
Aveva appena gettato in aria l’ultimo pezzo di quel foglio.
Zoro vedeva che stava cercando di calmarsi. E quanto si era scaldata! E probabilmente aveva anche ragione. Era arrabbiata perché avrebbe voluto che lui si avvicinasse a lei anziché tenere segreta quella foto. Davvero? 
Tornò a guardarlo negli occhi, con un'espressione tra lo stupore e…uno strano sentimento.
"Io sono qui.” Ancora quel fiato corto. “E tu sei un id-“.
Ma non terminò mai la frase. Lui l’afferrò con le braccia portandosela addosso con forza, con un impeto che era venuto fuori da sé stesso, improvvisamente. 
“Hei! Non così!”
Non era riuscito ad essere delicato. Ci aveva provato. O forse no. Aveva seguito l’impulso. Quella presa rozza e sfrontata da bestia selvaggia l’aveva appena fatta incavolare. Gli tirò un pugno sulla nuca ma lui non si fece intimorire.
"Scusa!” Le disse però, mentre cercava di essere più leggero nella sua morsa letale. La fece adagiare sul torace con una mano che le accarezzava i capelli e la schiena. Lei lo lasciò fare, adesso era sicuramente un tocco più appropriato.
"Non ci so fare in queste cose.” Continuò lui, sfiorandole la fronte con le labbra.
“Non importa. Almeno non stai abbracciando una foto!”
Nami rispose sarcastica, socchiudendo appena gli occhi e godendosi quella situazione così improvvisata, che non si sarebbe mai aspettata sarebbe accaduta quella sera. Zoro quasi non la sentiva più respirare, e quando la toccava lei sussultava. Ma era un buon segno. Il corpo di lei reagiva al suo tocco e a lui non poteva che fargli piacere. Così piacere da non rispondere alla provocazione del suo commento. Le sue mani impacciate continuavano a sfiorarla, cercando di essere dolce e delicato. E Nami se lo stava godendo dall’inzio alla fine: sentiva che lui si stava impegnando ad ammorbidire e il suo tocco, e sapeva che stava anche fremendo, nel frattempo. In un certo senso, era uno spasso.
Zoro la vide alzare il viso e avvicinarlo al suo. “Beh?” Lo incalzò. Lui era stranito e la guardò con un punto di domanda. 
Lei sospirò. “Cosa fai di solito con il mio manifesto?”
Lui sgranò l’occhio sano. “Ma sei proprio perfida!”
La vide passare dalla serietà al riso. “Stupido, stupido, stupido!” Gli sfiorò il mento con il suo naso. “Idiota, scemo, testa vuota.” Continuò a strofinarsi arrivando quasi alle sue labbra. Ma indugiò un attimo guardandolo negli occhi.
Stavolta fu lui a sorridere. “E? Non continui?” 
Nami strizzò gli occhi, non voleva cedere a quella provocazione.
”Ti tiri indietro?” Lui era così strafottente.
“Mi chiedevo…” fece finta di pensare. “Ma non è che tu la baciavi pure quella maledetta carta?”
Sgranò ancora l’occhio, irritato e imbarazzato come poche volte. “Maledetta”.
Con un gesto rapido si lasciò nuovamente governare dall’istinto e tenendola con le braccia si gettò sul pavimento della cucina con lei sotto. “Adesso basta” disse, guardandola negli occhi malizioso. “Maledizione a me che ti ho fatto vedere quel dannato foglio.” L’occhio fisso sulle labbra semiaperte di lei che sorrideva appena, stava brillavano a quel contatto, a quell’incontro di corpi.
Lei vedeva che lui stava esitando, ma anche che allo stesso tempo non stava aspettando altro che avere un pezzo di lei.
Zoro sentì le labbra di Nami sulle sue. Lo aveva anticipato, come sempre. Un bacio caldo, ma veloce. Lo aveva fatto per infondergli coraggio, lo sapeva bene.
Quando la vide leggermente imbarazzata non ci vide più: si avventò sulle sue labbra, come aveva immaginato più volte di fare, ma che sapeva non avrebbe mai avuto il coraggio. La divorò quasi, unendosi a lei in quel modo tutto suo, tra il dolce e l’avventato. Le stringeva le labbra con le sue, morsicandole appena quello inferiore. 
Continuarono a scambiarsi quel contatto umido per pochi minuti per poi tornare a respirare insieme. 
“Ricordami”, disse, mentre faceva una pausa tra un incontro di labbra e l’altro. “Che devo fare fuori quel maledetto Eustass capitano Kidd del miei stivali.”
Nami rise sotto di lui, mentre con le mani si reggeva al collo.
“Esagerato.” Disse al suo orecchio. Quando sentì quel tono di voce sensuale perse la bussola -  tanto per cambiare -  e la baciò ancora più bramoso.
 “E poi chiudo Brook in uno sgabuzzino.” 
"Poverino".
Le baciò il collo, sorpreso di sé stesso per essere riuscito a prendersi quella libertà. “Il cuoco lo lego da qualche parte in cucina…” Un succhiotto bramoso sulla pelle, stava ripercorrendo la scia di quella goccia di vino che lo aveva fatto impazzire. “Perché comunque ci serve per mangiare.”
Stavolta fu Nami a baciarlo sul collo, e a morderlo sulla pelle, sprigionando tutta quella energia che da un po’ sentiva di voler liberare. Quanto lo aveva atteso.
“Non essere troppo cattivo con Sanji-Kun.”
Di nuovo quella voce sensuale, di nuovo al suo orecchio.
Lui la guardò un attimo negli occhi. “‘Ma se l’hai pestato appena un attimo fa.”
Nami fece spallucce riportandosi Zoro addosso, tirandolo per il collo con le braccia.
"Hei - ehi” lui fece finta di brontolare, ma era felice di quella presa tornando a baciarla sulle labbra.
Era quello che voleva anche lei, d’altronde. Era chiaro come il sole, adesso. 
“E infine, troverò anche quel diavolo di chirurgo della morte.”
La strinse in vita, accarezzandola con le dita e iniziando una piccola perlustrazione del suo corpo.
Nami ebbe un sussulto. E poi però riuscì a parlare. “No, Zoro.” Rabbrividì quando le sfiorò il petto con entrambe le mani. “Lui non c’entra con noi.” 
Alzò la testa per guardarla ancora, poggiando il mento sul suo aspettando una spiegazione.
“In tasca aveva il manifesto di taglia di Robin.” 
Nami rise, contenta di averlo sorpreso. 
“Dannato bastardo.” Ma Zoro era davvero sollevato, una persona in meno da cui guardarsi le spalle. Sospirò felice, tornando in perlustrazione.
“Ah, ma guarda come sei contento di questo.” Nami gli fermò le mani, quando lui stava per palparla. “Datti un contegno. Siamo pur sempre in cucina.” Gli disse mentre si voltava a guardare la porta.
“Fifona.” Le parlò all’orecchio.”Sto solo cercando la chiave del frigo per prendermi da bere.” 
Che stronzo. 
Lo guardò sorniona e ferita di essere stata fregata da lui.
M lui era così su di giri. 
“Zitto. Non sono certo io quella che è stata scoperta innamorata di un avviso di taglia.” 
Non ci vide più. La bloccò sotto di sé con ancora più peso. Lei mugugnò qualcosa contenta di riuscire a fregarlo sempre di più.
“Perfida, perfida donna …” la guardò negli occhi prima di riprendere a baciarla, stavano brillando, per lui.
Le sue labbra di nuovo così vicine.
"con il maledetto avviso di taglia più sfrontato ed egocentrico di tutti i sette cavolo di mari.” 
 
 
 
 
 
                   ♾
 
 
 
 
Era l’alba. Sanji, svegliatosi presto, era tornato in cucina per preparare la colazione. Prima però, prese un straccio per pulire il tavolo, e quando si avvicinò vi trovò sopra una bottiglia di vino vuota, pezzi carta che, se ricomposti, ricordavano vagamente l’avviso di taglia di Nami e lo Yukata di Zoro sulla sedia, proprio di fronte a tutto quel casino. 
Ci mise un secondo per ricollegare che anche quel dannato spadaccino aveva in tasca…
“BRUTTO BASTARDO DI UN TESTA D’ALGAAA… TI AMMAZZO!”
 
 
 
 
 
 
 
 ......the end
 
 
Eh, c’è anche la scena bonus. 
 
Ciao a tutt*, ho scritto questa one shot in un paio d’ore, poiché ispiratissima da un dettaglio, da una piccola scena che ho avuto nella mente, ma alla fine é rimasta quel che doveva essere: un vaneggio cazzaro temporaneo. Stavolta poco da dire e poche premesse da fare. Tranne che ho avuto un piccolo momento d’interesse verso Kidd, ma che é morto in fretta. Spero che la storia vi abbia scaturito un sorriso. 
A presto. 
Roby 
 
   
 
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