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Autore: butdaddyiloveme    26/07/2021    0 recensioni
Sui documenti era Harry, per gli amici era H, quando era ubriaco diventava Harold, ma per Louis era semplicemente Michelangelo.
Cosa succede quando la vita perfetta nella caotica Roma negli anni 90 diventa lo sfondo di una storia?
Sarà vero che tutte le strade portano alla capitale?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il cielo si stava pian piano colorando di ceruleo mentre la melodia prodotta degli uccelli veniva coperta dai suoi dei clacson e sporadicamente di qualche sirena che tentava di passare in mezzo a tutto quel caos. I raggi di sole arancioni, rimanenti dall'alba di un ' ora prima, entravano dalle imposte bianche e tinteggiavano le pareti sbiadite e spoglie della stanza di un color pesca.
I raggi baciavano il viso dell'angelico ragazzo dormiente sul letto colorando i suoi capelli castani di caramello. Il quale adorava, durante l'inverno gelido, venir accarezzato dal debole calore del sole, amava anche i suoni del traffico: le macchina sfreccianti, le sirene sfuggenti e perfino gli insulti urlati dai finestrini.

Perché questa era la sua città.

La sua Roma.

Purtroppo però un tonfo lo svegliò.

Si alzò di soprassalto per correre in cucina indossando solo un pigiama e i segni del cuscino stampati sulla guancia.

"Liam cosa succede?" Chiese il ragazzo entrando nella piccola cucina rossa.

"Mi è scivolato dalle mani il piatto. Scusami Louis, Ti ho svegliato?"

"Si" Sussurrò posando le mani a spremere le tempie cercando di alleviare il mal di testa lancinante dovuto agli alcolici della sera prima. "Ma che ore sono?"

"Circa le otto ".

"Cazzo Liam, è domenica, come fai a tornare ubriaco alle tre di notte e svegliarti alle sette del mattino?" Sbuffò poggiando la tazza di caffè, passata l'amico, sull'isola della cucina e sedendosi, con non poche difficoltà, su uno degli alti sgabelli neri.

"Non so, penso sia abitudine" disse buttando gli ultimi resti del piatto ormai rotto e affiancandosi silenziosamente all'amico.

"Sei un disastro davvero, non ti sopporto più"

"Impossibile" Sbuffò Liam pizzicandogli il braccio.

Liam per buona parte della vita di Louis era stato una costante, lui e sua sorella abitavano nella casa affianco alla sua ed era sempre sembrato naturale viversi. Dopo vari anni di amicizia e alcuni di lontananza, era sembrato logico scappare a Roma per studiare architettura, così si accontentarono di un piccolo appartamento trasandato. Ed è lì che incontrarono Zayn, un tatuatore che aveva un piccolo studio in una di quelle stradine e il loro duo si trasformò in un trio.

La prima volta che Louis incontrò il nuovo ragazzo ne rimase affascinato: profondi occhi marroni, capelli color pece, tatuaggi sparsi per tutto il corpo e l'attrazione era sicuramente ricambiata ma dopo varie uscite e  diverse notti passate nello stesso letto, si arrese, Louis non era una persona fatta per dare l'esclusiva ed era meglio troncare la storia sul nascere o l'equilibrio che si era da subito creato in quella casa si sarebbe dissolto.
Non era una persona cattiva, non faceva promesse che non manteneva, aveva sempre amato la vita e soprattutto se stesso, amava viversi le persone, non solo fisicamente, estrapolava tutto quello che poteva ma poi?

Poi non c'era più niente da apprezzare.

"Zayn dorme ancora e penso lo farà per il resto della mattina, io devo studiare, vuoi unirti a me?" Domandò Liam alzandosi e dirigendosi verso la porta della cucina.

"No, sai che la domenica mattina è sacra per me" sbadigliò Louis stiracchiandosi "hai detto che è una bella giornata, no? Farò un giro a piedi oppure potrei visitare qualche museo, non l'ho mai fatto da solo"

"Penso sia un'ottima idea. Torni per pranzo?" urlò Liam dal corridoio senza aspettare la risposta dall'amico che si alzò con fatica dalla sedia trascinandosi in bagno e poi in camera pentendosi della sua decisione di uscire.

-

Erano le 10 quando dopo una lunga camminata Louis si trovò davanti all'entrata dei Musei Vaticani, prese il secondo caffè della mattinata da un carretto giallo che si affacciava sulla strada, pagato decisamente troppo.

Non aveva mai amato particolarmente l'arte. Il suo interesse era superficiale o legato solamente all'architettura, ma girare fra milioni di statue, dipinti e arazzi gli regalava una sensazione piacevole che riteneva sacra, soprattutto prima di fare qualche esame importante.
Era una routine: lui e Liam vagavano senza meta in qualche museo evitando parlare per calmare la paura di un possibile fallimento.

Mentre aspettava il proprio turno per entrare, gli riaffiorarono alla mente i ricordi della prima volta che visitò quel museo con i suoi amici. Liam si perse, intento a guardare un gruppo di ragazze che cercavano di rinnovare un affresco (non è mai stato chiaro se fosse più interessato all'arte del restauro o alle ragazze stesse) e lo ritrovarono soltanto alla fine della visita.
Zayn, che di arte ne capiva ben poco, si stancò dopo pochi minuti di quel posto sacro e magico, continuando a punzecchiare Louis per tutto il resto del tragitto, senza lasciargli godere il suo momento di pace.

Così tanto assorto nei suoi pensieri che si rese conto fosse il suo turno solamente nel momento in cui una guardia lo risvegliò dal suo stato di trance. Entrò nell'imponente struttura, levandosi gli occhiali da sole poggiati sul naso per infilarli al collo della maglietta blu scuro, un po' scolorita, slabbrata e sicuramente troppo leggera, anche con una giacca, per essere indossata a febbraio inoltrato. Prese il portafogli dalla tasca per pagare il suo biglietto e sorrise alla donna intenta ad indicargli l'entrata del percorso per arrivare alla prima ala.

Percorse i corridoi e le stanze con le mani infilate nelle tasche della giacca sportiva verde. Uscì nel piccolo giardino circolare che non aveva mai notato prima. Una folata di vento gelido si insinuò sotto la leggera maglietta di cotone e, sfiorando i numerosi tatuaggi nascosti, gli provocò un brivido che lo convinse a rigirarsi ma il suo interesse venne immediatamente attirato da una meraviglia che riuscì subito a identificare come il Laocoonte, la rappresentazione del sacerdote troiano assassinato con i suoi figli da due serpenti marini. La scultura, anche se meno imponente di come lo studente se l'era sempre immaginata, era da togliere il fiato: l'espressività di quell'opera riusciva a trasmettere il dolore che quei poveri individui stavano provando, l'attorcigliarsi dei serpenti rendeva la scena realistica e in continuo movimento. L'unica cosa che riuscì a fargli distogliere lo sguardo dopo minuti infiniti fu il freddo che, insinuatosi sotto la pelle, divenne tanto insopportabile da svegliarlo dal suo stato di contemplazione permettendogli di continuare la sua visita.

Tra bambini urlanti che correvano da una parte all'altra delle sale rovinando i suoi attimi di intimità con l'imponente edificio e bambine che arrossivano ogni qualvolta lo sguardo si posava per troppo tempo su una figura nuda, Louis riuscì ad entrare in una delle sue stanze preferite: era un lungo corridoio addobbato da entrambi i lati da cartine geografiche rappresentanti varie zone della penisola, anche se di questo Louis non ne era mai stato davvero certo perché l'unica cosa che aveva sempre ammirato era il soffitto rosso e oro, in contrasto con la semplicità del resto della stanza che raffigurava migliaia di avvenimenti ricchi di dettagli come cerimonie o eventi storico-religiosi. Avrebbe voluto stendersi sopra quel pavimento di marmo con figure geometriche definite da colori basici e freddo come il ghiaccio a guardare quella meraviglia trovando sempre nuove storie da stampare nella mente e inventarci avventure per scriverci racconti nelle lettere che avrebbe spedito alle sue sorelline per farle addormentare.
  Arrivato alla fine del lungo corridoio con il collo leggermente dolorante per la posizione scomoda assunta e gli occhi pieni di bellezza, si guardò un'ultima volta indietro per salutare mentalmente quello splendido capolavoro per raggiungere le ultime stanze prima di tornare al suo spoglio appartamento. Così dopo troppi labirinti entrò, sbattendo il gomito e imprecando rumorosamente nonostante lo sguardo accusatorio di una guardia, nelle famose e uniche stanze di Raffaello, precisamente la stanza della Segnatura che, stranamente quella mattina forse per l'orario inusuale o per il periodo dell'anno, sembrava quasi del tutto vuota, ma non si sarebbe mai aspettato che fra le opere più belle di Raffaello l'unica cosa in grado di attirare la sua attenzione sarebbe stato un ragazzo scolpito da Canova, il quale stava osservando immobile la Scuola Di Atene scrutando ogni singolo personaggio con uno sguardo attento e le mani unite dietro la schiena.

Dopo un primo momento di smarrimento Louis lo affiancò, guardando la medesima opera senza fiatare per minuti infiniti finché:

"Non mi piace Raffaello"

"Mi scusi?"

"Ho detto: non mi piace Raffaello" si corresse Louis in inglese senza girarsi.

"A tutti piace Raffaello" ridacchiò il ragazzo sconosciuto spostandosi i lunghi boccoli marroni dal viso con una mano smaltata tiffany abbinato alla sua carnagione chiara. Louis si voltò, sorridendo alla vista degli occhi verdi del giovane, rimanendo stupito dalla sua bellezza che da vicino era ancora più eclatante.

"Allora? Posso sapere la motivazione del tuo odio?" ridacchiò il ragazzo girandosi per continuare a guardare l'affresco.

"Non so, volevo solo parlarti" confessò alzando le spalle e distogliendo lo sguardo facendolo vagare per il resto della sala senza uno fine. Dopo troppi secondi di silenzio senza risposta si rese conto che il ragazzo non era più al suo fianco ma era intento a continuare la sua visita. Decise di seguirlo, finendo per girare varie stanze, alternando lo sguardo dalle opere ai loro corpi, nascondendo sorrisi imbarazzati quando i loro sguardi si incrociavano, fino ad arrivare al corridoio esterno all'edificio che porta alla Cappella Sistina.

"Posso chiedere il tuo nome?" domandò Louis sicuro di sé.

"Harry" sorrise porgendo la mano riempita di anelli che tintinnarono fra loro producendo un rumore metallico.

Harry, poche lettere, abbastanza comune ma a quel ragazzo, che di banale non aveva proprio niente, stava d'incanto.

"Louis" rispose stringendo la mano

"Allora Louis, rimorchi spesso ragazzi nei musei?" chiese allontanandosi, lasciando l'altro interlocutore immobilizzato.

"No, direi di no" rispose a sé stesso sorridendo.

Camminarono silenziosamente fra i corridoi e Louis non riusciva a trovare niente da dire, riusciva solo a contemplare il fisico statuario del ragazzo.
Entrarono nell'imponente stanza, silenziosa e fredda. Louis dimenticò del suo accompagnatore, intento ad ammirare la Creazione Di Adamo finché...

"Michelangelo è più di tuo gradimento?" bisbigliò Harry all'orecchio del liscio che si girò di scatto trovandosi più vicino di quello che avrebbe immaginato.

"Pensavo non sapessi l'italiano" rispose senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi verdi.

L'altro si avvicinò pericolosamente.

"Sono un ragazzo pieno di sorprese"

"Usciamo, andiamo nei giardini" aggiunse voltandosi per uscire dalla piccola porta e senza pensarci Louis lo seguì, osservando la sua camminata composta, ascoltando il suono dei suoi stivaletti neri che sbattevano contro il marmo delle scale a chiocciola e i capelli che ondeggiavano sopra le sue spalle fino ad arrivare agli splendidi giardini.
Per la gioia dell'aspirante architetto, il tempo era migliorato e il sole riscaldava la pelle. I due ragazzi si sedettero su una panchina lontana dai turisti rumorosi che stavano pranzando al bar dei Musei. Louis prese una sigaretta dal pacchetto e l'accese dentro la maglietta per poi girarsi verso Harry per offrirgliene una.

"No grazie, sono vegetariano" disse muovendo una mano per rifiutare l'offerta. Il Louis inarcò le sopracciglia confuso "Cosa c'entra il non voler mangiare animali con il fumo?"

"Sai quanto lavorano la carne? Quanti medicinali nocivi ci sono? Non ha senso non mangiare prodotti trattati e poi fumare" disse muovendo una mano per spostare il fumo che il vento portava sul suo viso.

"Non ha senso"

"Si che ha senso" affermò infastidito, quando notò che l'altro aveva iniziato a ridere "Ti diverte così tanto?"

"Una volta sono uscito con un ragazzo che mi confessò di non bere latte perché l'uomo è l'unico mammifero a berlo dopo il periodo neonatale, non l'ho più richiamato" rispose cercando di rimanere serio ma fallendo miserabilmente quando il suo interlocutore buttò la testa all'indietro riempiendo i giardini silenziosi con una fragorosa risata.

"È un modo carino per dirmi che non ti rivedrò mai più?" disse asciugandosi le lacrime.

"Non so" Louis si girò verso Harry, dopo aver gettato il mozzicone nel cestino verde posizionato affianco alla panchina "Tu vuoi rivedermi?".

   
 
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