Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Captain Riddle    26/07/2021    0 recensioni
Nel magico regno di Expatempem sono comparsi dei mostri dalla morte degli ultimi discendenti del temuto Re della Morte. Dopo la misteriosa morte del nuovo re, quando salirà al trono suo figlio, questo scatenerà una serie di eventi catastrofici a catena, che rischieranno di causare la distruzione del regno se qualcuno non dovesse intervenire. Scoprite la storia del regno magico attraverso gli occhi di sette protagonisti, dilettatevi con gli intrecci e tenete alta la guardia perché il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Pov:Nomiva

Era giunto il mese di brumalio e la situazione al castello Stablimo era migliorata notevolmente nell'ultimo periodo, da quando era arrivato Teurum quel vecchio castello sembrava un posto diverso, un posto nuovo. Teurum era arrivato solo poche settimane prima eppure si poteva ben dire che avesse conquistato tutti con i suoi incantevoli modi di fare. La signora lo trovava un giovane educato e divertente, oltre che molto intelligente, i contadini e tutti coloro che lavorava nello spiazzale del castello non appena lo vedevano passare si voltavano per salutarlo, sorridendo benevolmente nonostante la stanchezza che si portavano addosso, sperando che il ragazzo si avvicinasse e li facesse ridere come avveniva spesso e Nomiva si trovava nella medesima situazione della madre e di tutta quella gente: adorava Teurum letteralmente. Lei e Teurum potevano già definirsi buoni amici e se Nomiva prima dell'arrivo di lui trovava il castello immensamente noioso, oramai si divertiva talmente tanto che incredibilmente la divertivano anche le lezioni di storia.

Amillia aveva raccontato a Teurum dell'avversione della figlia mezzana per lo studio, in particolar modo per la storia, e il ragazzo aveva stupito la signora quando le aveva annunciato che lui avrebbe risolto il problema. Quando la mattina seguente era entrato nella stanza dove era consuetudine venissero impartite le lezioni, Diodorus e Nomiva l'avevano guardato perplessi, poi durante la spiegazione il ragazzo era intervenuto iniziando a narrare i vari eventi con un coinvolgimento tale da lasciare a bocca aperta lo stesso precettore. Teurum aveva continuato interrompendo le vicende che stava narrando per fare delle imitazioni delle stesse vicissitudini narrate nel libro di storia, simulando discorsi volutamente comici tra i protagonisti degli eventi. Quando Amillia aveva sentito risate provenienti dalla stanza si era accostata alla porta e aveva visto Diodorus e Nomiva che ridevano di gusto, mentre Teurum recitava abilmente un monologo per celebrare la morte del sovrano di turno. Insomma, da quando c'era lui al castello si respirava un'aria di leggerezza e allegria che nemmeno durante i tempi migliori della famiglia Tenebrerus avevano potuto vantare di possedere. Tutti erano grati di avere lì quel ragazzo, talmente grati da considerarlo quasi un dono degli dèi.

Oltre alle lezioni Teurum e Nomiva trascorrevano molto tempo insieme, Teurum faceva sempre ridere Nomiva e le raccontava tutto quello che lei voleva sapere sul misterioso Tempio da cui era giunto. Nomiva stava talmente bene in compagnia di Teurum che era giunta a domandarsi se nutrisse più di una semplice amicizia nei confronti del suo bell'amico, poi però ripensava a Filipphus e si sentiva in colpa anche solo per aver pensato una cosa del genere. Nomiva era innamorata di Filipphus non di Teurum, nonostante amasse trascorrere il suo tempo con il nuovo arrivato a Nomiva bastava ripensare ai tempi felici con Filipphus per capire che era lui quello di cui era innamorata veramente. Durante la prima uscita di nascosto che Nomiva aveva tentato di fare dal castello dopo l'arrivo di Teurum, lui subito l'aveva scoperta. La ragazza così era stata costretta a raccontargli tutto e lui le aveva promesso di non rivelarlo mai a nessuno e, anzi, le aveva assicurato il suo aiuto mentre Nomiva era fuori, l'avrebbe coperta lui, proprio come un tempo erano solite fare Aurilda e Selina. Era stato da allora che Nomiva aveva iniziato a fidarsi veramente di Teurum e in breve tempo la fiducia si era trasformata in un forte sentimento di amicizia e in gratitudine nei confronti del suo nuovo complice, perché sì, il ragazzo era stato di parola e aveva sempre aiutato Nomiva quando era uscita dal castello. Addirittura vedere Filipphus era stato decisamente più semplice grazie all'aiuto prezioso di Teurum, molto più di quanto non fosse mai stato con l'aiuto delle sorelle.

Nomiva era riuscita perfino a presentate il suo amico Teurum a Filipphus e quando erano stati tutti e tre insieme si era sentita bene come non si sentiva da tempo, come se i problemi non potessero più tornare. Quel pomeriggio, appena terminato il pranzo, Nomiva grazie agli esiti positivi dei suoi studi aveva avuto la concessione di poter trascorrere il pomeriggio nel modo che più l'avesse allietata. Durante la mattina le lezioni con Diodorus e Teurum erano andate splendidamente, così adesso Nomiva aveva del tempo per sé ed era immensamente lieta della cosa. Nomiva nonostante fosse così felice si sentiva anche abbastanza indecisa sul da farsi, rimanere con Teurum o andare da Filipphus? Quel pomeriggio tirava un vento abbastanza freddo, tanto da farle abbandonare subito l'idea di andare a visitare Filipphus per restare al caldo nel castello a discorrere con il suo amico. Nomiva e Teurum si sistemarono nel salotto a piano terra e iniziarono a conversare serenamente "Ora che non puoi più stare al Tempio, che cosa pensi di fare?" Domandò Nomiva curiosa "Pensò che lavorerò in ambito amministrativo" le spiegò il ragazzo "Penso di cavarmela bene con l'organizzazione di qualsivoglia tipo" "Tu sai fare tutto" disse piano Nomiva, alzando le mani al cielo con un sorriso.

Teurum rise "Certo che so fare tutto" rispose di rimando con un sorriso canzonatorio e provocante, come faceva spesso quando scherzavano insieme "D'altronde qualcuno dovrà pur mostrare al mondo cos'è la perfezione, non credi anche tu, Volpetta?!" Nomiva rise a sua volta, il soprannome affettuoso che le aveva dato Teurum le ricordava tanto quello delle sorelle, infatti la ragazza aveva raccontato di come lei, Aurilda e Selina si fossero soprannominate usando i nomi degli animali che più somigliavano a ognuna di loro, per giunta quando Teurum aveva visto la volpe a nove code che gironzolava intorno a Nomiva le aveva detto che doveva essere un presagio e da allora quando erano soli la chiamava spesso con quel soprannome. "Sei dispiaciuto per non poter più stare al Tempio?" Domandò ancora Nomiva, ma subito Teurum scosse la testa "Sai" iniziò a raccontare "Non ho mai voluto essere un profeta" "Veramente?" Si stupì Nomiva, sporgendosi in avanti "Già" "E allora perché sei andato al Tempio?" Teurum fece una smorfia "Mi hanno costretto" disse mestamente, vagamente tragico "I tuoi genitori?" Continuò Nomiva sempre più curiosa.

"No" rispose lui "I miei genitori sono morti. Mio padre morì prima che io nascessi e mia madre perse la vita dandomi alla luce" "Mi dispiace" disse sincera Nomiva "Mi ha cresciuto un'amica di mia madre e, quando sono diventato abbastanza grande da poter entrare nel Tempio, mi ha portato lì. Ma non era certamente la mia ambizione quella di diventare un profeta". Nomiva lo guardò più attentamente "E cosa volevi fare veramente tu che sei in grado di fare tutto?" Teurum le sorrise brillantemente, scostandosi una ciocca scura che gli era caduta davanti ai meravigliosi occhi color ghiaccio "Quello che voglio fare è molto difficile da realizzare" disse soavemente e Nomiva lo guardò, aveva l'aria vagamente sognate "Talmente difficile che pensi di non poterci riuscire?" Gli domandò ancora lei, mettendosi più comoda per poterlo ascoltare meglio. Teurum si fece più serio, ma senza perdere l'affascinante sorriso che gli increspava lievemente le labbra sottili "Ho sempre trovato sciocche le persone che trascorrono la loro vita inseguendo sogni, ancor più se si tratta di sogni assurdi e talmente ardui da poter raggiungere da apparire irrealizzabili alla moltitudine" le disse, poi si sporse in avanti per scrutarla meglio negli occhi "Ma penso che con il duro lavoro, la persistenza, il talento, tanta furbizia e un pizzico di fortuna siano poche le cose impossibili da realizzare".

Nomiva lo guardò incantata, allora sorrise e lui rispose al sorriso di lei e le strizzò l'occhio "Spero che tu riesca a realizzare il tuo sogno" rivelò Nomiva con estrema sincerità "Se posso fare qualsiasi cosa per aiutarti, non esitare a domandarmelo" continuò "Perché è questo che fanno gli amici, si aiutano l'un l'altro". Teurum annuì piano e le sorrise in modo decisamente enigmatico. Nomiva si domandò il motivo per cui Teurum le avesse rivolto uno sguardo tanto misterioso ed era sul punto di ripartire con le domande, ma lui la anticipò "Tu invece come desidereresti trascorrere la tua vita?" Nomiva restò interdetta, rispondere che avrebbe desiderato trascorrere la vita in una casa in campagna in compagnia di Filipphus le parve estremamente banale, ma fortunatamente un rumore proveniente dalla finestra alle loro spalle li fece voltare entrambi. Filipphus era là fuori, gli occhi arrossati e il volto stanco visibilmente teso per qualcosa. Subito i due si alzarono per andargli incontro "Filipphus" sussurrò Nomiva guardandolo negli occhi, sentendo come se l'avesse tradito abbandonandolo al freddo mentre lei restava con Teurum "Che cosa è accaduto?" "Mio nonno" mormorò l'altro con la voce rotta e gli occhi velati di lacrime "Ti prego vieni, vieni subito" disse dopo, riprendendo fiato "Se non puoi aiutarmi, ti prego di sostenermi!"

Nomiva annuì tristemente " E' così grave?" Purtroppo Filipphus annuì "Arrivo subito" assicurò Nomiva, con gli occhi bassi. Si allontanò dalla finestra per uscire, poi si fermò un attimo per guardare Teurum "Non preoccuparti" le disse lui, anticipando i dubbi di Nomiva "Se dovesse occorrere inventerò io una scusa per giustificare la tua assenza. Prima di andare però vorrei consigliarti di vedere se tra gli infusi che ci sono nella dispensa ce n'è uno quantomeno in grado di alleviare il dolore di quel pover'uomo" consigliò Teurum, con estrema dolcezza nella voce "Così soffrirà di meno". Nomiva annuì con un sorriso triste, estremamente grata "Grazie" disse prima di andare a cercare l'infuso "E' il minimo che possa fare per la mia amica" rispose lui. Allora Nomiva si voltò e d'impulso strinse Teurum in un abbraccio, sentendosi al sicuro quando lui rispose rigidamente all'abbraccio di lei. Nomiva imbarazzata non lo guardò in volto quando si fu scostata, ma a passo svelto e cauto si diresse nella dispensa situata nei sotterranei del castello. Dopo aver percorso i corridoi scese dalle scale strette, svoltò a destra e cercò la boccetta nell'armadio. Lesse velocemente le varie etichette e poi finalmente trovò quella che le serviva, che aveva scritto su un pezzo di pergamena legato intorno alla boccetta 'contro il dolore'. Nomiva la prese e tornò su di corsa, ma rallentando abilmente quando si trovava nelle vicinanze di chi sarebbe potuto andare dalla madre per avvertirla dei movimenti indiscreti della figlia. Nomiva uscì tentando di mantenere un passo lento, nonostante fosse assalita dall'ansia.

Attraversò l'ingresso e camminò col cappuccio sulla testa per nascondersi dagli altri, accelerando per le fretta, senza guardarsi indietro. Quando fu quasi del tutto sola Nomiva iniziò a correre tra gli alberi come di consueto, l'abito quel giorno era uno dei più discreti che aveva, perciò non si impigliò e Nomiva ne fu ben grata perché avrebbe lacerato malamente il vestito se questo si fosse impigliato. Continuò a correre angosciata, era quasi senza fiato ma sapeva di non potersi fermare. E fu allora che proprio tra gli alberi che coprivano la casa di Filipphus vide la sua volpe, stava seduta tranquillamente, nella semioscurità, con gli occhi rossi che brillavano e le code azzurre, ma quando vide Nomiva farsi vicina si alzò, come se fosse stata lì ad attenderla tutto quel tempo "Ora non posso proprio fermarmi Ruby, ti domando perdono" disse la ragazzina, rallentando per poter parlare affannosamente. La volpe socchiuse gli occhi, come se avesse avuto l'intento di valutare le parole dell'amica, poi si allontanò agilmente e sparì tra le ombre. Nomiva rimase immobile a fissare il punto in cui era sparita la volpe per appena pochi attimi, riprendendo fiato, poi rammentò di avere questioni più importanti della quale doversi occupare in quel momento e riprese a correre.

Nomiva corse verso la casetta che le era familiare e spalancò la porta, correndo diretta nella camera da letto. Ted era sdraiato con gli occhi rivolti verso il soffitto, era pallido, aveva il volto cereo imperlato di sudore, due occhiaie scure ad appesantire il suo volto smunto e piccolo. Si vedeva chiaramente che il vecchio non stesse bene, che stava per lasciare quella vita. Non appena Ted si rese conto dell'ingrasso di Nomiva subito il vecchio uomo voltò la testa per quanto possibile e le rivolse un sorriso stanco ma accogliente "Nomiva" disse con un fil di voce. Nomiva si avvicinò automaticamente, inginocchiandosi accanto al capezzale di lui. Ted parve contrariato da quel gesto "Signorina, vi prego non" "Shhh" le fece lei "Per favore" disse piano Nomiva "Non badate a me, a quello che faccio. Sono qui per vedere voi perché vi considero un amico, non dovete essere contrariato se mi permetto di inginocchiarmi al vostro capezzale". Ted tornò con il capo dritto sul cuscino, si teneva le mani pallide e tremolanti, poi sospirò con la poca forza che aveva nel corpo fragile, decidendo di conservare le sue energie per parlare invece di lamentarsi per qualcosa che non poteva impedire. Nomiva lo guardò attentamente, l'uomo iniziò a piangere in silenzio, lentamente "Perché piangete?" Domandò Nomiva sussurrando, accarezzandogli la fronte, mentre un soffocante senso di tenerezza la opprimeva il torace "Avete paura di morire?"

L'uomo scosse piano la testa "Non temo per me stesso" rivelò lui "Io sono vecchio, la mia vita è conclusa. È per Filipphus che ho timore". Si voltò verso Nomiva e la guardò negli occhi, lei era perplessa "Che tipo di timore provate per vostro nipote?" Domandò ancora a voce bassa "Filipphus starà bene insieme a me". Ted le rivolse un sorriso triste "Lo so che con te starebbe bene" rispose con un tono malinconico "Ma non ci sei solo tu purtroppo, ci sono tante persone crudeli e approfittatrici, e mio nipote è un ragazzo tanto buono. Non riesce mai a vedere il male negli altri". Nomiva gli prese le mani e le strinse tra le proprie calde e morbide "Filipphus non sarà mai solo" gli assicurò lei con somma e solenne fermezza "Io e lui staremo sempre insieme e ci aiuteremo a vicenda. È una promessa quella che vi sto facendo, un giuramento solenne" continuò con la stessa solennità così strana per lei e per la misera casa in cui si trovavano "Vi prometto che mi prenderò cura di lui come lui si prenderà cura di me". Il vecchio uomo emise un singhiozzo senza lacrime "Cara ragazza" disse con la voce rotta dall'emozione "Se tutti i nobili lo fossero anche nell'animo come sei tu, sono certo che noi tutti vivremo in un regno migliore di questo".

Gli occhi di Nomiva si velarono di lacrime e la ragazzina sorrise a sua volta all'uomo. Allora Filipphus tornò dentro con un secchio d'acqua stracolmo "Nomi" disse affannato vedendola, tentando di accennare un sorriso. Era evidentemente stanco e stravolto, così Nomiva gli si avvicinò per parlare a voce bassa "Da quanto ha la febbre?" Domandò subito "Tre giorni" rispose l'altro "Non dormo da allora, ho trascorso ogni notte a vegliarlo e a cambiargli le pezze umide, sperando che la temperatura si abbassasse". Nomiva lo fissò, attendendo un continuo "E invece?" Lo incalzò, vedendo che lui non continuava, esitante e affaticato "Niente da fare" sussurrò Filipphus, rassegnato. Nomiva si avvicinò di più "Magari c'è ancora speranza per lui" mentì "Forse può ancora guarire" tentò di utilizzare le consuete parole che si usavano in circostanze tanto spiacevoli "Se ha resistito per tre giorni forse" "No, Nomi" la interruppe Filipphus fermamente "Non c'è più niente da fare ormai e quanto prima lo accetterò, meglio sarà per tutti". Era veramente distrutto, tanto nel corpo quanto nell'anima, a tal punto che Nomiva si domandò come facesse a rimanere in piedi "Da quanto tempo non mangi?" Domandò guardando gli zigomi affilati di Filipphus. Era irriconoscibile, non era il bambino con cui Nomiva aveva passato le giornate durante l'infanzia, il ragazzino paffuto, allegro e sempre gentile con cui giocava a nascondino dietro ai salici piangenti che ricoprivano le sponde della Palude Nera. Era un cumulo di dolore e fatica e neppure un'ombra del bambino che era stato sembrava rimasta in lui.

Filipphus abbassò il capo "Devi mangiare qualcosa" disse Nomiva "Io intanto penso a cambiarli la pezza per fargli scendere la febbre". Sfilò il secchio dalla mano di lui e tornò vicina a Ted dopo aver carezzato il volto grigio di Filipphus. Nomiva immerse la pezza abbandonata sul tavolo di legno nel secchio, la strizzò e la posizionò sulla fronte dell'uomo. Era bollente. Filipphus si mise a sedere nell'angolo, mangiando del pane secco senza un minimo di appetito "Perché non mi avete chiamata prima?" Domandò Nomiva a voce bassa, rivolgendosi a entrambi senza riuscire a trattenersi oltre. "Tu avevi detto che avrei dovuto chiamarti solo se fosse accaduto qualcosa di grave" rispose dall'ombra dell'angolo il ragazzo. Nomiva alzò lo sguardo su di lui, distinguendo i lineamenti nella penombra "Ma magari avrei potuto aiutarvi già prima" rispose Nomiva, in tono vagamente polemico. "Non litigate per causa mia" intervenne la voce fioca di Ted.

I due tacquero per diverso tempo, Filipphus continuò a mangiare il suo pane secco senza appetito, Nomiva inumidiva costantemente la pezza e il silenzio fuori dalla finestra regnava sovrano, avvolgendo la campagna in una quiete spettrale e funerea. Solo il vento bussava di tanto in tanto alla porta e alle finestre, ignorato da tutti i presenti nella piccola casa. Il silenzio però non durò per tanto, la febbre non si abbassava e Ted iniziò a delirare "Il campo" disse a voce alta improvvisamente, facendo sobbalzare i due ragazzi "Ara meglio quel campo!" Filipphus si avvicinò, allarmato "Nonno, che cosa c'è?" Domandò, inginocchiandosi accanto a Nomiva "Di che campo parli?" "Ara il campo" ripeté l'uomo con voce dura e severa "Dobbiamo piantare il grano. Ormai è la stagione giusta" ripeté convinto "Va preparato il campo per seminare il nuovo raccolto, oppure il signore ci punirà per il ritardo".

Nomiva e Filipphus si guardarono negli occhi, erano preoccupati e spaventati "Nonno" ripeté Filipphus "Va tutto bene, siamo quasi in inverno e non c'è grano da piantare". Ma Ted non lo ascoltava "Giada, Giada!" Nomiva fissò Filipphus con sguardo interrogativo "Mia nonna" sussurrò lui, chiarendo i dubbi della ragazzina "Giada dove sei! Ti ho raccolto un fiore meraviglioso amore mio, il tuo preferito!" Nomiva e Filipphus rimasero fermi ad ascoltare "Oh, Giada!" disse ancora il vecchio "Sei bella proprio com'eri il giorno del nostro matrimonio. Mi sei mancata tanto, ma dove sei stata? Ti eri forse dimenticata di me?" Nomiva si voltò verso Filipphus, aveva gli occhi chiusi e le lacrime lentamente gli solcavano il volto. Preso da un impulso di disperazione si alzò velocemente, asciugandosi gli occhi "Filipphus..." sussurrò Nomiva affranta "Scusami, torno subito" disse con la voce tremante, per poi correre fuori e Nomiva lo seguì senza esitazioni. "Filipphus, dove vai!?" domandò, trattenendolo stringendogli una mano. Il ragazzo si coprì il volto con l'altra mano e Nomiva si avvicinò e lo circondò con le braccia, stringendolo in un abbraccio stretto "Filipphus" sussurrò allora lei con voce rotta "Mi dispiace" rispose l'altro "Non volevo correre via, non volevo lasciare lui e neppure te" disse tentando maldestramente di trattenere le lacrime "Ma non ce la faccio a vederlo così, sento il cuore andare in pezzi! E non voglio che tu continui a vedermi così, ti sto causando solo problemi!"

Nomiva lo strinse più forte, scuotendo il capo "Tu mi piaci esattamente come sei!" gli assicurò "Tu non mi causi e non mi causerai mai problemi. Io sono innamorata di te e non devi mai sentirti inadeguato perché i tuoi abiti sono logori a causa dei lavori che svolgi nei campi, oppure perché le tue mani sono sporche di terra o ancora perché sei esausto dopo aver vegliato per tre giorni e tre notti tuo nonno malato!" affermò Nomiva con sicurezza e in quel momento fu come se Teurum e il suo fascino non fossero mai esistiti, c'era solo Filipphus com'era stato sempre in tutti quegli anni. Il ragazzo restò fermo a guardarla senza fiato "E io sono grata che tu sia come sei, perché tu sei buono, generoso e gentile, ed è per questo che io sono innamorata di te! Amo il tuo buon cuore e finché quello sarà puro, candido, non dovrai mai avere vergogna di come appari ai miei occhi". Nomiva si rese conto solo allora di tutto quello che aveva appena detto, era una vera dichiarazione d'amore e si sentì arrossire lievemente per l'imbarazzo. Filipphus tuttavia sorrise come non faceva da tempo e poi la stinse forte a sé. Non era il momento più appropriato considerando le condizioni critiche di Ted per baciarsi, ma in quel momento il trasporto fu tale che i due restarono stretti per diversi, lunghi, meravigliosi attimi.

Allora Nomiva senza lasciarlo lo carezzò, tornando più seria e concentrata su Ted nonostante si sentisse molto più beata e leggera "Mi dispiace così tanto per entrambi" sussurrò lei, carezzando il volto di Filipphus "Vorrei fare qualcosa per aiutarvi veramente, magari con la cerimonia del falò quando sarà spirato potremmo onorarlo come merita". Mentre Nomiva tentava di consolare Filipphus un frastuono lontano costrinse entrambi a voltarsi per individuare la causa di quel rumore. Da lontano si intravedeva una scia metallica di armature esposte al timido sole, era un corteo, un corteo di soldati "Chi sono?" Domandò Filipphus, vagamente curioso. Nomiva assottigliò lo sguardo, scrutando da molto lontano uno stemma dallo sfondo bordeaux con un'immagine indistinta al centro "Forse soldati provenienti dalla capitale" suppose Nomiva, ricordando il colore dello stemma dei Raylon, era proprio bordeaux come quello che vedeva appena da quella distanza. Filipphus spalancò gli occhi "Allora devi andare da loro" disse stranamente lucido "Non se ne parla" sentenziò senza dubbi Nomiva "Loro stanno benissimo anche senza di me, tu invece hai bisogno del mio aiuto" disse indicando la porta con un cenno. Filipphus la strinse nuovamente in un abbraccio e le diede un bacio a stampo "Grazie, Nomi" sussurrò con un sorriso triste e grato, sfiorandole una guancia. Nomiva lo accarezzò a sua volta e lo baciò ancora, avvicinando poi la fronte a quella di Filipphus "Ce la fai a tornare dentro?" Gli chiese con dolcezza "Sì" rispose lui senza indugiare oltre "Non voglio lasciarlo solo proprio adesso".

I due allora tornarono dentro aprendo piano la porta cigolante della casa, lasciando che il corteo sparisse del tutto per fermarsi dinnanzi al castello, lasciando che il silenzio tornasse ad avvolgere i dintorni. Quando Nomiva e Filipphus furono rientrati, Filipphus spalancò gli occhi terrorizzato, si avvicinò veloce al letto dove stava disteso il nonno e lo trovò tranquillo con gli occhi rivolti verso il soffitto. Non appena il vecchio uomo lo ebbe visto gli rivolse un sorriso mestissimo "Filipphus" sussurrò con leggerezza, con fatica "Nomiva. Avvicinatevi". I due obbedirono senza pensarci e si inginocchiarono nuovamente ai piedi del letto per avere l'uomo davanti "Io credo di avere avute delle allucinazioni" disse consapevole "Ormai sto per andarmene" disse ancora e Filipphus tentò di replicare, ma il nonno lo fermò "È inutile tentare di ingannarmi" gli disse con quieta rassegnazione "Non rivedrò il sole sorgere domani mattina, né probabilmente lo vedrò tramontare questa stessa sera. Tua nonna è venuta da me proprio per dirmi questo, perché io sto per raggiungerla ancora una volta". Filipphus tirò un profondo sospiro di triste rassegnazione e tornò a piangere lentamente. Ted vedendolo lo accarezzò a fatica, sollevando la mano come se questa fosse stata di pietra anziché di carne e ossa "Non piangere bambino mio" gli disse con una tale dolcezza che Nomiva sentì una stretta ferrea allo stomaco "Andrà bene, Filipphus" tentò di consolarlo "Veglierò dall'alto su di te, su di voi" disse guardando anche Nomiva "Ho trascorso una lunga vita, semplice e quieta, ma non per questo meno lieta. Non devi essere triste per la mia dipartita, non pensare mai a questo, perché io sono grato della vita che ho avuto e sono grato adesso di poter riposare per sempre".

Filipphus si sporse in avanti e lo baciò sulla guancia, abbracciandogli il petto e fermandosi pochi attimi a piangere lì. L'uomo lo carezzò e poi guardò Nomiva "Stagli vicina, te ne prego" le disse dolcemente. Nomiva annuì vigorosamente, senza la forza di parlare, semplicemente pensò che l'uomo avesse ragione dal modo in cui parlava: la morte infondeva in lui una dolcezza tale da apparire invitante ed era così probabilmente perché, nonostante tutto, la vita di Ted Laniger era stata piena e felice. "Sentite dolore?" Domandò improvvisamente Nomiva, ricordandosi della boccetta. Ted annuì piano e allora lei tirò fuori la boccetta che aveva portato con sé "Se lo desiderate" disse piano "Potete bere questa. Allevierà le vostre sofferenze". Ted parve rinvenire "Ti prego" le disse lucidamente "Fammela bere subito". Nomiva la stappò e Filipphus lo aiutò a sollevarsi appena "Ecco, nonno" disse soavemente mentre l'uomo vuotava il contenuto della piccola ampolla. I muscoli parvero subito distendersi e il vecchio chiuse un poco gli occhi. Filipphus agitato gli si avvicinò e allora l'uomo con tutte le forze rimaste gli strinse forte la mano "Lasciami andare" gli sussurrò "Io starò bene. Hai fatto il possibile per trattenermi ancora qui e ti ringrazio di cuore, ma ora devi lasciarmi andare anche se ti sembra difficile, perché il mio tempo è concluso". Spostò la mano sulle guance rigate del nipote, Filipphus sorrise nonostante tutto, sapendo che probabilmente era la cosa migliore da fare. Ted fu lieto di poter vedere quell'ultimo sorriso e asciugò le lacrime dal viso di Filipphus "Io starò bene" disse ancora "Ma dimmi addio adesso, perché temo che il delirio stia tornando per condurmi in un luogo dal quale mai più farò ritorno". Filipphus scosse la testa "Non fa niente" disse "Rimarrò con te comunque". Ted sorrise prima a Filipphus e poi a Nomiva "Addio, ragazzi cari" sospirò.

Filipphus e Nomiva lo fissarono attentamente, l'uomo li guardava quieto e sereno, sorridendo. Sembrava incredibilmente rilassato, sorrideva e guardava davanti a sé "Un po' di acqua fresca per cortesia" li stupì poi con una nuova richiesta. I due si alzarono e si diressero verso l'uscita, quando l'uomo riprese a parlare, ancora in preda alle allucinazioni "Vuoi restare?" Domandò Nomiva guardando Filipphus "Vado io a prendere l'acqua per lui". Filipphus annuì senza esitazioni, voleva rimanere con suo nonno sino all'ultimo momento "E' meglio che io resti con lui" disse con decisione, sorridendo. Nomiva rispose al sorriso e annuì, uscendo poi a prendere l'acqua con un altro secchio più piccolo per essere più veloce. Corse fino al pozzo e tirò su l'acqua, doveva fare presto, doveva esaudire l'ultimo desiderio di Ted. Tornò indietro col passo inevitabilmente più lento, per non far cadere l'acqua, ma sforzandosi ugualmente di essere rapida. E proprio quando intravide il tetto della casa tra gli alberi, un fruscio tra i cespugli bassi la fece voltare allarmata: la volpe la fissava con gli occhi scarlatti spalancati. Nomiva si rasserenò immediatamente "Cosa vuoi?" Le domandò badandole appena "Mi era parso di averti già detto che ho altro da fare".

La volpe però fece qualcosa di inaspettato, si avvicinò e addentò l'orlo della gonna dell'abito, tirandola verso di sé. Nomiva, stupita e felice insieme, non riusciva a capire cosa stesse succedendo "Vuoi giocare?" Domandò con un sorriso inopportuno, poi tornò concentrata "Mi dispiace ma ora non posso" disse ancora più seria "Hanno bisogno di me. Ma quando tutto sarà finito ti prometto che potremo giocare insieme". La volpe però continuò a tirarla verso di sé "Ruby!" La sgridò allora Nomiva con voce dura "Ti ho detto che è un brutto momento, ora non posso giocare con te. Potevi approfittare di tutte le volte che ci siamo incontrate per giocare. Io ci ho provato sempre ad avvicinarmi, ma tu sei scappata ogni singola volta. Adesso non posso giocare". Nomiva riprese a camminare e la volpe le restò attaccata all'orlo della gonna, rallentando il suo incedere. La ragazzina si voltò arrabbiata, ma senza fermarsi, quello non era il momento di perdere tempo "Vattene via!" Strillò, ma fu tutto inutile.

Nomiva arrivò finalmente al lato della casa e Filipphus le corse incontro, fu allora che la volpe la lasciò e sparì tra i cespugli, mentre il ragazzo la strinse prima che lei potesse domandare qualcosa, anche se era abbastanza chiaro quello che fosse accaduto. Nomiva lo strinse a sua volta e rimase in silenzio, non sapendo se fosse il caso di parlare ancora "Ci ha lasciati" disse a voce bassa Filipphus, fronteggiando poi Nomiva con gli occhi vitrei, ma senza più piangere. Lei scosse il capo e lo carezzò "Mi dispiace tanto" disse senza riuscire a trovare parole migliori per confortarlo. Solo due lacrime segnarono silenziosamente le guance di Filipphus, che le asciugò delicatamente e poi sorrise sospirando "Ha vissuto una vita lunga e abbastanza felice dopotutto, anche se faticosa, lo ha detto lui stesso e per questo non voglio piangere più, perché so che ha avuto tutto quello che voleva" disse il ragazzo, triste ma consapevole. Nomiva annuì "Devi solo essere fiero di lui, ha sempre vissuto in modo onesto ed era un uomo dal cuore buono". Filipphus annuì vigorosamente in segno di assenso "Sì" rispose semplicemente "Ora voglio organizzare un bel funerale per onorarlo come merita" disse ancora il ragazzo "Voglio bruciarlo tra le foglie e i semi, tra le spighe del grano che lo hanno accompagnato in tutta la sua vita, in modo da poter segnare la sua rinascita nell'aldilà".

Nomiva gli strinse la mano quieta e felice nonostante tutto "Se lo merita. Adesso occupiamoci di questo falò". Nomiva e Filipphus stavano per rientrare in casa, quando videro i cespugli alti davanti alla casa muoversi. I due giovani si guardarono preoccupati, quietandosi subito dopo vedendo uscire dagli arbusti solo Teurum. Nomiva si rilassò vedendo lì il suo fidanzato e il suo migliore amico insieme, ma quando guardò meglio Teurum la ragazzina tornò a preoccuparsi, Teurum aveva gli occhi spalancati, i capelli spettinati di chi ha corso, il fiatone e gli abiti un po' coperti dalla fuliggine. Teurum si avvicinò ai due e li strinse entrambi per un braccio con le mani, stringendoli nervosamente "Dobbiamo andarcene subito!" Annunciò ancora con il fiatone, ma la sua voce era ugualmente ferma, stava impartendo loro un ordine e la sua era una decisione improrogabile. "Cosa!?" Rispose Nomiva con le sopracciglia corrugate "Il nonno di Filipphus..." "Non ha importanza!" La strattonò malamente Teurum, facendole male e gridando, cosa che Nomiva mai gli aveva sentito fare prima di allora "Dobbiamo andarcene subito!" Nomiva si divincolò e lo guardò male, veramente quel comportamento non era da Teurum che di solito era sempre pacato e ragionevole anche davanti ai problemi "Che cosa vuoi, Teurum!?" Lo aggredì lei, riconoscendo però paura nella voce che le uscì "Abbiamo da fare, tornatene al castello!" "No!" Ripeté lui fermamente "Non capisci che sei in pericolo!?" Nomiva corrugò le sopracciglia nuovamente e così anche Filipphus che già era pallido e stanco "Spiegati!" Lo esortò lei, sentendosi sempre più inquieta.

Teurum parlò velocemente dopo aver ripreso fiato, ma scandì ogni parola in modo molto chiaro "Re Fritjof è morto" iniziò a spiegare "Il principe Morfgan gli è succeduto" Nomiva spalancò gli occhi sentendo inspiegabilmente il timore crescere "Il fratello del re è qui al castello" continuò Teurum "Ha detto che tuo padre è stato ucciso dal nuovo re, suo fratello Morfgan, perché ha osato prendersi gioco di lui". Nomiva sentì il fiato venirle meno, i polmoni erano due sacchi vuoti, gli occhi si fecero umidì e spalancò la bocca, notando appena Filipphus fare altrettanto. Teurum però non badò alle loro reazioni e andò avanti "Morfgan è furioso con Aurilda, è furioso con tutta la vostra famiglia. Vuole uccidere tutti tranne te e la tua sorella minore per il momento, voi sarete in ostaggio per il tempo che il re vorrà, per ricattare vostra sorella e farla tornare da lui". Filipphus scattò in avanti con gli occhi spalancati, come se avesse dimenticato il nonno che fino a poco prima riempiva tutti i suoi pensieri "Hai ragione Teurum" ammise senza esitazioni "Dobbiamo scappare subito". Nomiva si voltò a guardare la casa "E tuo nonno?" mormorò con la gola secca, ripensando a quello che aveva appena saputo sul suo povero padre. Il volto di Gamelius le si figurò nella mente, il loro abbraccio prima della partenza di lui, non lo avrebbe mai più rivisto.... Filipphus sorrise tristemente "Purtroppo non avrà il funerale che merita, ma sono certo che preferirebbe che tu ti mettessi in salvo. Abbiamo fatto il possibile per lui, sono certo che è felice così". Nomiva lo guardò e annuì, sentendo i muscoli tremare e le lacrime bagnarle le guance paffute "Vi prego, dobbiamo andare via subito!" Li esortò ancora Teurum. Nomiva con gli occhi appannati dal dolore spostò casualmente gli occhi dietro la testa di Teurum "Mia madre!" Mormorò poi terrorizzata, portandosi una mano alla bocca con gli occhi nuovamente spalancati "Dobbiamo andare da lei!" Focalizzò meglio lo sguardo in direzione del castello e vide distintamente quello che aveva visto solo di sfuggita da dietro la testa di Teurum, una coltre di fumo scuro andava mescolandosi con l'azzurro del cielo insieme alle fiamme. Nomiva si sentì mancare, la gola era arida e i polmoni chiusi, il cuore le parve che avesse cessato addirittura di battere. Nomiva tentò subito di fare uno scatto per correre il più velocemente possibile, ma Teurum la trattenne prontamente per la vita con le braccia magre ma forti, come se già avesse previsto quello che voleva fare la ragazzina "Madre!" Urlò Nomiva iniziando a scalciare per liberarsi dalla presa di Teurum "Madre! Voglio andare da mia madre!" Continuò a gridare disperata, mentre le lacrime cadevano con insistenza "Non puoi fare più nulla per lei" sentì dire a Teurum con la voce bassa e fredda che sussurrava come il vento gelido d'inverno, lontana come un eco in una grotta completamente buia e senza vie di uscita "Lasciami andare da mia madre!" Strillò ancora Nomiva, continuando a scalciare malamente.

"Ti prego! Filipphus ti prego, aiutami! Digli di lasciarmi andare da lei!" Nomiva si rivolse disperata a Filipphus, era l'unico in grado di poterla aiutare. "Filipphus, aiutami" sentì dire subito dopo a Teurum "No, Filipphus!" Lo supplicò la ragazzina continuando a divincolarsi e a piangere disperatamente "Mia madre! Devo andare da mia madre! Devo aiutarla!" Ma Filipphus scosse la testa addolorato e si avvicinò per aiutare Teurum a portarla via. Nomiva continuò a urlare, non poteva credere che tutto quello stesse succedendo veramente "Madre! Padre!" urlò con tutta la forza che aveva nei polmoni, la gola era in fiamme e gli occhi rossi e doloranti, ma lei continuava ugualmente a gridare, come se in quel modo la sorte dei genitori avesse potuto cambiare "Imbavagliamola o ci scopriranno" sentì dire da Teurum "No! Lasciatemi!" Urlò ancora Nomiva, senza curarsi di poter essere sentita dai soldati. Rischiava di morire? Allora voleva morire, la morte sembrava una quieta benedizione a giudicare dal volto di Ted, perché lei doveva soffrire da sola senza i suoi genitori? Non aveva paura, ma voleva che quel dolore intenso che le lacerava l'anima a brandelli terminasse. Però i due ragazzi non glielo consentirono, tennero ferma Nomiva e la imbavagliarono strettamente, nonostante lei avesse tentato di divincolarsi in tutti i modi dalla loro stretta.

Le legarono poi anche i polsi e i polpacci, per farla stare ferma, allora Teurum se la caricò sulle spalle come un sacco e iniziarono a fuggire, allontanandosi sempre più dal castello di Stablimo. Nomiva con il bavaglio stretto continuò a fare rumore, non erano più grida, ma i lamenti di un animale ferito. Con il volto rivolto verso la schiena di Teurum continuò a lamentarsi, a piangere e a divincolarsi, erano le uniche cose che poteva riusciva a fare. Nomiva continuò in quel modo per un lungo tratto, poi troppo stanca e con la gola dolorante continuò solo a piangere in silenzio, lasciando che le lacrime bagnassero la sua terra del suo dolore. Nomiva tremava ed era scossa da singhiozzi, mai aveva pensato prima in vita sua che fosse possibile patire una tale disperazione, un senso di perdizione e un dolore intensi come sentiva in quel momento. Perché era capitata quella misera sorte ai suoi poveri genitori? Cosa avevano fatto di veramente male per patire quella fine? Suo padre Gemelius era un uomo burbero, si lamentava sempre di tutto e si arrabbiava spesso, ma non era una persona cattiva, mentre sua madre Amillia era apprensiva e troppo tradizionalista, talvolta severa, ma neppure lei era una persona cattiva. Perché quindi? Perché non li avrebbe mai più rivisti?

Tante persole avevano detto che Nomiva era molto coraggiosa, i genitori e le sorelle in primis. Forse era vero o forse non lo era, ma in quel momento Nomiva non sentiva il coraggio per vivere una vita senza di loro, una vita da sola senza il supporto della sua famiglia, senza poter decidere di rivederli. Si figurò nella mente i volti dei suoi genitori, il volto stanco e burbero del padre, poi quello ansioso e composto della madre e pianse più forte, pensando a come fosse possibile la distruzione di una famiglia in un solo giorno.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Captain Riddle