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Autore: Charly_92    27/07/2021    1 recensioni
[modificata in una longfic!]
Sparrabeth in due atti. Elizabeth e Jack, ognuno a modo suo, ripensano l'uno all'altra, in quegli interminabili 10 anni in mare che tengono lontano Will.
"I looked at you and you looked at me/I thought of the past, you thought of what could be"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Jack Sparrow
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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II
 
Oh mannaggia! Sibila piano il Capitano della Perla Nera nelle sue stanze. 
Di nuovo colpa di quella stupida “bussola che non funziona”.
L’ago gira e rigira. Avanti e indietro, incessantemente, procurandogli un moto di stizza e la voglia di gettarla lontano in fondo all’oceano.
Prende l’ennesimo sorso di rhum, lascia che quel liquido dolciastro gli scivoli giù per la gola, a bruciargli nello stomaco, a intorpidirgli i sensi. Ma c’è sempre bisogno di più rhum ultimamente, per il Capitano non è mai abbastanza e non è solo perché il rhum finisce sempre.
Perché la bussola non mente mai. E, quando finalmente l’ago termina la sua corsa, quasi a seguire i turbinosi pensieri di Jack, punta in una direzione precisa.
E il pirata sa che, se seguisse quella rotta, giungerebbe a un piccolo atollo sperduto, apparentemente disabitato, se non per lei.
Lei dai lunghi capelli dorati, i penetranti occhi castani, il fisico minuto e perfettamente scolpito, quel neo sopra l’occhio, tra la palpebra e il sopracciglio, che puntualmente si alza quando è in disaccordo su qualcosa e poi le labbra, Dio, quelle labbra, morbide e piene che le fanno il volto corrucciato, salvo aprirsi in un sorriso dai denti bianchi, non perfetti, ma meravigliosi, perché è il suo sorriso. Elizabeth. La donna che sotto i suoi occhi, con una certa sensazione di orgoglio, ha visto evolversi nel suo vero essere, da ragazzina altolocata a piratessa tenace e combattiva. Egoista, persino. 
Proprio quella volta, l’unica volta, che lei l’ha baciato, un bacio impetuoso e senza traccia d’innocenza, profondo e peccaminoso, così bello da perdonarle persino la sua consegna al Kraken, con lei che fugge con le lacrime agli occhi, incapace di ammettere che lui, sì lui e non Will Turner, ha sempre avuto ragione su di lei.
Più di chiunque altro.
 
Jack non se l’è mai sentita di andare a trovarla. Vigliacco pensa. Altro che brav’uomo come l’ha sempre tenacemente definito lei. Lei che sapeva tirar fuori il suo meglio, come affrontare i guai a testa alta, sacrificarsi per qualcun altro, salvando Will da morte certa, seppur relegandolo a un’immortalità il cui dovere non ha una fine. 
Si fa tante domande su quei quasi dieci anni di lei in completa solitudine. Come sta, se è ancora più bella di come se la ricorda, se si sente sola, se la notte piange nell’oscurità, se le manca l’oceano, la libertà di cui avevano chiacchierato attorno a un falò, soli e abbandonati su quell’isola.
Se ogni tanto, anche solo per sbaglio, nella sua testa parte un guizzo, un lampo, e si ricorda di lui. 
E quel ricordo, magari, le strappa un sorriso. Se lo sogna, come a lui capita a volte.
Quella bussola risponderebbe a ogni sua domanda. Ma Jack non sa se è abbastanza coraggioso, non senza di lei. Allora la ripone, beve altro rhum e si appoggia mollemente nel letto, addormentandosi in un sonno drogato dall’alcool e che non lascia spazio ai sogni.
 
Tortuga. Se ogni città fosse come questa, non ci sarebbe uomo infelice per amore.
Jack, dopo l’esperienza del viaggio alla ricerca della Fonte della Giovinezza, dopo la morte di Barbanera e il suo commiato da Angelica, l’unica fino a quel momento ad avergli procurato una qualche forma di gradimento meno fugace del solito, si è limitato a razzie, arrembaggi, qualche tesoro facile da recuperare, ma tutto ben lontano dalle sue leggendarie imprese di onesta pirateria, quelle folli avventure da far girare di bocca in bocca, magari in diverse versioni, sempre tutte vere.
La ciurma se n’è accorta, ma non ha coraggio di dir nulla. Persino Gibbs non sa trovare le parole, perché quando gli chiede cos’ha, siano sulla nave o in una qualche locanda a scolare rhum, gli occhi di Jack perdono la solita scintilla di lucida follia, guardano verso i suoi stivali e dice solo: “Niente. Serve altro rhum.” E si allontana.
E Gibbs non sa che fare o controbattere, perché è un bel po’ che i guai non sono più alla ricerca del suo Capitano, rendendo alla ciurma una placida tranquillità e un guadagno sicuro. Eppure è così strana la normalità sulla Perla Nera, col Capitano persino svogliato al timone, a dare ordini, quasi sia da un’altra parte. Danno la colpa al sole che batte loro in testa, a tutto il rhum che si scola, a lui che in fondo è sempre sembrato un po’ tocco, strano perlomeno, pur nei suoi innegabili momenti di genialità che li ha salvati tutti più volte da situazioni impossibili.
 
Jack è in uno dei bordelli che è solito frequentare. Vede le stesse facce troppo truccate, gli stessi corpi che ben conosce, i vestiti sgualciti.
Si tasta le monete nella tasca dei pantaloni.
Sta quasi per andarsene, poi la vede, il suo cuore si ferma per un istante, deglutisce rumorosamente.
Non l’ha mai vista lì dentro, di questo ne è certo. Dev’essere alle prime armi per quei posti, se ne sta quasi in disparte, a torcersi le mani impaurita, incapace di offrirsi a quella masnada di uomini ubriachi e allo stesso tempo di arginarli. Ha un trucco più leggero delle altre, i capelli biondo cenere raccolti in una treccia, gli occhi nocciola, le labbra piene truccate di rosso vermiglio che forse normalmente non porterebbe, il corpo esile coperto da un vestito bianco, evanescente come una nuvola, a intravedere le sue piccole forme perfette. Assomiglia così tanto a lei, troppo.
 
Jack le si avvicina, la prende per mano e delicatamente la porta lontano da tutto quel rumore.
Si ferma sulla scalinata che porta alle camere. La guarda e le dice: “Quanto vuoi per tutta la notte?” Lei esita, gli occhi da cerbiatta spaventata.
“Non ti farò del male. E non farò nulla che tu non voglia.” Continua, accarezzandole appena una guancia.
Lei, rassicurata da quell’uomo sgangherato eppure così gentile, gli dice la cifra e, un po’ più sicura, lo porta verso le camere.
“Come ti chiami?” Gli chiede lui, mentre sono seduti sul letto, già semisvestiti.
Lei sobbalza a quella domanda, non è abituata certo a finezze del genere. “Josephine” dice, accennando un sorriso. “Tu?”
“Jack, mi chiamo Jack” risponde lui, sentendosi uno stupido.
Non è lei, sa che non la è, lo sa perfettamente, ma una sensazione spiacevole alla bocca dello stomaco lo colpisce comunque.
E il problema è che vorrebbe così tanto che lo fosse. 
“Che c’è?”
“Nulla, mi ricordi tanto una ragazza. Ma è molto, molto lontana da qui ora.”
“Vuoi che sia lei per una notte?” Dille di sì.
“No, affatto. Voglio te.”
“Mi hai fatto venire in mente una canzone, posso? Dopo giuro che…”
“Non ho fretta dolcezza. Canta per me.”
 
Il mio nome è Maria
e il mio è un destino amaro
io volevo farmi amare
ed ho perso il mio denaro.
C'è un audace marinaio
che attendo dentro al cuore
non so niente di quell'uomo
ma ho bisogno del suo amore...
C'è un'audace marinaio
che attendo dentro al cuore
non conosco il suo nome
ma ho bisogno del suo amore.
Voi fanciulle innamorate
venite tutte qua
l'allegro audace marinaio
un giorno arriverà.
Solo lui può consolare
questo cuore spezzato a metà
il mio audace marinaio
prima o poi arriverà.
C'è un'audace marinaio
che attendo dentro al cuore
non conosco il suo nome
ma ho bisogno del suo amore.
 
“Siete per caso una sirena?”
“No, ma tu mi sembri un allegro e audace marinaio.”
Jack sorride, sardonico. “A volte sì tesoro, a volte sì.”
 
Si spogliano definitivamente, lei è davvero bella, dalla pelle candida e fresca, Jack è improvvisamente desideroso e smanioso, lascia libero l’animale che c’è dentro di lui e la tocca, la bacia, la lecca, e lei fa altrettanto, ansiti, gemiti e umori si mescolano tra loro, più di una volta quella notte, in quel letto a baldacchino dalle tende consunte e la fioca luce delle lampade a olio.
“Tutto bene?” Gli chiede, una volta che i loro corpi sono troppo sfiniti per continuare.
“Sì. Se solo tutti i clienti fossero gentili come te.” Mormora con voce triste.
“Hai pagato per tutta la notte, perché?”
“… Perché mi sento solo. Te la senti di dormire con me?” Jack pronuncia quella frase senza guardarla, come se venisse da un altro, un ghigno sul viso, si è ritrovato a confidare i suoi segreti a una prostituta di un qualsiasi bordello di Tortuga e che probabilmente non rivedrà mai più.
Lei, un po’ stupita, acconsente. Si accoccolano sotto le lenzuola, ancora nudi, entrambi su un fianco, ma senza guardarsi negli occhi.
“Come si chiama... Quella donna?”
Dopo un lungo silenzio: “Non me lo ricordo più.” Mormora Jack, senza emozione eppure fermo, come a far chiaramente intendere che la conversazione non avrà un seguito.
“Buonanotte, Jack.”
“Buonanotte, tesoro.” 
Con una punta di vergogna, si rende conto di non ricordare neppure il suo nome.

 
  
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