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Autore: blackjessamine    27/07/2021    1 recensioni
[Aditi Hilli, Jesper Fahey]
Aditi non crede alle profezie, ma ha un brivido pieno di ombre che le scorre nelle vene.
Ha anche sorrisi grandi come il cielo, una risata da bambina e un figlio per cui tracciare sentieri sulla sabbia.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jesper Fahey
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Per tutto il tempo che potrò


 

Il vento è forte quando il sole tramonta oltre il molo di Shiftport. 

È così forte da far dimenticare la città dietro il promontorio e lasciare spazio solo per la libertà che formicola nelle vene e accende i sorrisi.

È abbastanza forte da coprire la puzza di marcio e corpi sudati e soldi sporchi che riempie ogni banchina del porto.

 

Aditi ha una presa salda sul cotone tinto con la robbia e lo zafferano della sua veste: la tiene sollevata sui fianchi, scopre le gambe e accetta la carezza impetuosa del vento sulla pelle calda di sole. 

Ha nastri di colori vivaci intrecciati sul capo, ma il vento ha liberato ciocche di ricci ribelli che serpeggiano libere davanti al suo viso, cancellando gli anni che ha accumulato con cura e rendendola di nuovo una bambina capace di mettersi a ridere e gridare di gioia. 

È sempre un po’ bambina, quando il sole è così azzurro da fare male e il vento soffia da sud, carico di profumo di sole e fiori e colonie dove l’odore penetrante della jurda in fiore non serve a nascondere la puzza di violenza e pregiudizi che avvolge tutti quegli schiavisti travestiti da mercanti.

 

Aditi detesta la città, il commercio e quelle navi che potrebbero diventare la sua prigione, se solo qualcuno scoprisse la sua benedizione.

Ma Aditi ama il mare, quella distesa di energia repressa, brulicante di vita e capace di strapparle una risata genuina dal cuore anche nei giorni in cui continuare a tener saldo il sorriso sembra più difficile che mai. 

Non potrebbe mai rinunciare a mostrarsi bambina – risate grandi e ginocchia scoperte – davanti a quel figlio che incarna con la sua sola esistenza un miracolo ben più grande di qualsiasi benedizione lei possa accarezzare.

 

Braccia spalancate e braghe di tela sempre troppo larghe in vita e non abbastanza lunghe sulle caviglie, Jesper sembra essere nato per rincorrere la risata di sua madre. Sembra nato per seguirla, per osservarla con i suoi occhi sempre accesi di entusiasmo e rubarle segreti e carezze. Sembra nato per correre sulla spiaggia e giocare a saltare le onde, sembra nato per ridere fino a non avere più fiato salvo poi trovare ancora la voglia di fare un altro respiro – un altro salto, un’altra corsa, un altro grido che finisce in risata.

 

Aditi detesta Shiftport, ma ama il mare, e ama vedere gli occhi di Jesper riempirsi di meraviglia quando, seduto in bilico sulla pila più alta di casse di jurda  accatastate sul pianale del carro, è il primo a vedere fra le curve della strada quell’occhieggiare di acque cristalline. 

 

È lì, su quella striscia di sabbia sporca a pochi passi dal porto che Jesper ha mosso i suoi primi passi quando era ancora abbastanza piccino perché Colm lo prendesse sulle spalle e sorridesse, estasiato, il bambino si trovava abbastanza in alto da poter guardare negli occhi sua madre.

Colm preferirebbe andare a Shiftport da solo, guidare il carro e concludere i propri affari sapendo che Aditi e Jesper sono al sicuro a casa, a giocare nei campi falciati da poco, lontani dagli sguardi fin troppo acuti. Ma Aditi non vuole rinunciare alla tradizione della gita al mare per chiudere la stagione del raccolto. Non può rinunciarci, perché non può lasciare che sia la paura a vincere: non può permettersi di insegnare a Jesper la paura. 

Non può permettersi di vedere quel sorriso grande come il cielo esitare, non può permettersi di immaginarlo con le braccia abbassate, intento a distogliere lo sguardo dalla meraviglia che ha attorno e dentro di sé. 

Lei è sua madre, deve tracciare la strada.

 

Lo fa a testa alta, sempre, disegnando sorrisi anche nei giorni più faticosi.

Lo fa con l’occhiolino con cui mostra a Jesper la sua benedizione, sussurrandogli istruzioni che sembrano un gioco ma che lo riempiono di meraviglia e gli fanno brillare gli occhi, mentre lui assorbe ogni cosa e impara senza nemmeno sapere di imparare. 

Lo fa rabbonendo i borbottii terrorizzati di Colm, tra un bacio in fronte e una risata per sdrammatizzare: Colm ha paura,  e lei lo capisce, ma sa anche di dover essere più forte di quella paura.

Perché deve tracciare un sentiero, passi sicuri che permettano a Jesper di attraversare la vita con la stessa leggerezza con cui corre su una spiaggia con le braccia spalancate, pronto a gettarsi nel suo abbraccio paziente.

 

***

 

“Guarda, mamma, le tue impronte non ci sono più!”
È stupito, Jesper, e forse anche un po’ indispettito. Si volta verso il mare, regalandogli un faccino che è tutto sopracciglia inarcate e bronci indignati.

“Non importa, tesoro. Abbiamo ancora almeno mezz’ora di luce prima che tuo padre venga a cercarci. Abbiamo tutto il tempo di farne di nuove”.

Tornano indietro, e di nuovo la battigia di trasforma in un giustapporsi di impronte grandi e intrecciate ad altre piccine. E di nuovo il mare le cancella, e allora è solo un gioco: correre più veloce, riuscire a lasciare quante più tracce possibili prima che il tempo nasconda ogni cosa.

 

Alla fine, c’è solo una donna seduta nella sabbia, e c’è un bambino accoccolato nel suo grembo. 

La stanchezza di Jesper durerà poco – troppo poco, Aditi lo sa, lo conosce bene – e allora dev’essere rapida a godere del momento, a sentire il respiro calmo del bambino contro la sua clavicola e la sua manina che si aggrappa ai nastri di stoffa che ha intrecciato ai capelli, come faceva quando era piccino e cercava conforto prima di addormentarsi. 

Gli bacia la fronte, respira il suo profumo di sole e corse infinite e lo stringe ancora un po’.

 

Succede, a volte. Nei momenti di quiete, quando il suo cuore è così pieno di felicità che Aditi non è più nemmeno certa di saperla trattenere, succede.

Un presentimento, un’ombra scura in fondo al cuore: non durerà per sempre, il tuo bambino non lo vedrai uomo. Forse è solo tutta la paura che lei combatte ogni giorno che qualche volta deve farsi strada e trovare il modo di uscire, come liquido infetto attorno a una ferita, per non avvelenare ogni sua giornata.
Aditi non ci crede, a quella voce in fondo alla testa. Non ci può credere, non quando l’aria è tutta d’oro e anche il porto profuma come le colonie del sud.

Però.

Essere madre a volte significa andare oltre ciò a cui non si crede per assicurarsi che ci sia sempre una strada da seguire, nel futuro dei propri figli.

 

“Mi devi promettere una cosa, tesoro”.

Jesper già comincia ad agitarsi: l’energia che si nasconde in quelle gambe lunghe e secche potrebbe portarlo ad attraversare tutta Novyi Zem in una notte, e il riposo per lui dura il tempo di un battito di ciglia. a sempre avuto troppa energia, anche quando era piccolissimo.

Jesper continua a sorridere, apparentemente ignaro della nota preoccupata che Aditi cerca di nascondere in fondo alla sua voce.

“Mi devi promettere che anche quando il mare avrà cancellato tutte le mie impronte, tu ti ricorderai dove sono stati i miei passi, e continuerai a seguirli. Anche quando avrai l’impressione di esserti perso, prometti che continuerai a provarci?”

Jesper è in piedi, ora, e Aditi si stupisce di scoprire che ormai, quando è seduta, deve piegare un po’ la testa all’indietro per guardarlo negli occhi.
Diventerà un uomo alto, anche più alto di lei. 

E quando lui sarà più alto di lei, lei forse non ci sarà.

Il sorriso di Jesper vacilla: è solo un istante, ma forse il bambino ha colto un po’ di quella preoccupazione, e non sa come fronteggiarla. 

“Promettimelo…” mormora Aditi, allungando una mano fino a solleticare il fianco di Jesper, lì dove sa che il suo bambino non può resistere.

E di nuovo è estate, di nuovo ci sono solo risate grandi come il cielo.

“Promettimelo, o io ti prometto che ti farò il solletico per tutta la strada fino a casa!”
Jesper ride, cade in ginocchio e si butta fra le braccia di sua madre, impaziente.

“Va bene, mamma, te lo prometto! Però adesso devi farne di nuove! Ancora una volta, ti prego!”
 

Per tutte le volte che vorrai, tesoro mio.
Per tutto il tempo che potrò.




 

 


 

Note:

Questa storia non è una vera e propria novità: la sua prima bozza (con lo stesso titolo) si trova anche nella raccolta "Schizzi", e  deve la sua nascita al prompt impronte sulla sabbia gentilmente fornito da Gaia Bessie nella sua bellissima challenge. Insomma, questa storia è nata come uno schizzo, una storia buttata giù di getto senza neanche una vera e propria revisione, e poi ha continuato a girarmi nella testa (fondamentalmente perché ho un problema che forse si chiama ossessione con i genitori di questi ragazzi). Insomma, ho revisionato e approfondito un po' quel racconto, e anche se continua a essere una cosina piccina e poco significativa, credo che si meriti comunque di essere ripubblicato con un pochino di dignità. 

   
 
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