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Autore: JasonTheHuman    27/07/2021    0 recensioni
Umani.
Verità o finzione? Antica civiltà perduta o solo una vecchia favola dei pony?
Nessun pony ne ha mai visto uno, e molti non ne hanno neanche sentito parlare. Ma Lyra sa che queste creature meravigliose sono più di una vecchia leggenda, ed è determinata a scoprirne di più… e possibilmente far impazzire la sua coinquilina nel processo.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 19

PER I CIELI

 

Una cosa enorme, con ali rigide e inclinate, volò sopra la loro macchina. Lyra si affacciò al finestrino, tentando di capire cosa fosse. Era abbastanza sicura non fosse vivo, nonostante il rombo che emetteva mentre passava.

“Cos’era quello?” chiese, cercando di guardare attraverso la finestra sull’altro lato. Il cielo era ancora scuro.

“È solo un aereo. Probabilmente salirai su uno di quelli,” disse Audrey. Non sembrava per niente impressionata. 

“Oh, già. Avevi detto che avrei volato…” Lyra non aveva mai visto niente del genere. Si era aspettata un dirigibile o una mongolfiera, o qualcosa che avesse almeno un minimo di senso. 

Dopo aver parlato con suo padre al telefono, i genitori di Audrey l’avevano aiutata a prenotare un volo diretto a Philadelphia per incontrarlo. Le sarebbe costato circa tutto ciò che aveva guadagnato dalle faccende di casa e dal concerto messi assieme. Era dispiaciuta di non essere riuscita a pagare la chitarra a Nathan, ma lui le aveva detto di non preoccuparsi. Lo strumento era nel bagagliaio della macchina adesso, assieme ad un trolley per i vestiti. 

Lyra era stata svegliata circa un’ora prima. Era così presto che le sembrava ancora notte. Mentre guidavano diretti all’aeroporto, Lyra riprese lentamente coscienza, e realizzò di quanto si sentisse nervosa. 

Non era il volare in sé, era più il come gli umani volassero. Se usavano davvero quell’”aereo”, allora stava cominciando a ripensarci. Era così rumoroso, e così veloce, e così massiccio. Gli umani erano riusciti a realizzare cose incredibili senza magia, ma questa in particolare sembrava discutibile. 

Era stata sulle nuvole diverse volte. Cirrus era originaria di Nuvola City, e lavorava ancora là in uno dei centri di produzione. Quando Lyra era molto giovane, suo padre — beh, non il suo vero padre, Dewey — l’aveva portata a visitare la città.

Aveva usato un incantesimo che permetteva agli unicorni di camminare sulle nuvole, e avevano preso una mongolfiera da Canterlot per arrivare fin lì. Lyra ricordava ancora quanto fosse stata eccitata di vedere un posto completamente nuovo, lassù nel cielo. Era così diverso da tutto ciò che c’era a terra. Ai tempi, andare a Nuvola City era come visitare un altro mondo.  

Una volta che Lyra fu abbastanza grande ed ebbe imparato ad usare la magia, Dewey le insegnò come usare l’incantesimo per camminare sulle nuvole da sola. Era un incantesimo di medio livello, e non molto comune, ma lo riuscì ad imparare con un po’ di pratica. I suoi genitori si erano sentiti molto orgogliosi di lei.

E per forza. Un umano che imparava una magia difficile come quella? Avevano sicuramente realizzato ai tempi cosa significasse. Nessun umano aveva mai usato la magia prima d’allora. Eppure, non le avevano mai detto niente, per tutta la sua giovinezza. 

Lyra si sentiva come se fosse di nuovo a Nuvola City. La stessa sensazione di essere l’unico unicorno in una città di pegasi, anche se qui a Des Moines era un umano come tutti gli altri.

“Giusto per sicurezza, hai la tua carta d’imbarco?” La voce di Audrey riportò Lyra al presente. 

Ci pensò per un istante, cercando di ricordare cosa voleva dire. “Intendi il biglietto? Sì.” Lyra lo ripescò dal suo zaino. Era un foglio di carta che Audrey le aveva stampato dal suo computer. Non erano neanche dovute andare all’aeroporto per comprarlo. 

“Cambierai volo a Chicago. Assicurati di arrivare al gate in tempo, altrimenti… non voglio neanche pensarci. Te la caverai da sola, no?” disse Audrey.

“Certo. Io…” Lyra stava per dire che aveva vissuto per conto suo per anni e aveva viaggiato sul treno da sola moltissime volte, ma sollevare l’argomento del suo passato, specialmente quello in Equestria, non era una buona idea. “Non preoccupatevi per me.”

Audrey tirò un lungo sospiro. “Già. Hai ragione,” disse. “Inoltre, i tuoi genitori hanno detto che ti aspettano all’aeroporto di Philadelphia.” 

I suoi genitori. Si era concentrata così tanto sul volo che aveva praticamente scordato il perché lo stesse facendo. Forse era quello il reale motivo per cui era nervosa. 

“Loro mi aspettano… Te l’hanno detto loro, giusto?”

“Certamente,” disse Audrey. “Senti… Se sei nervosa di incontrarli per la prima volta, lo capisco. È naturale.”

“Non sono neanche sicuri che io sia loro figlia. Hanno detto che devo fare un test, o qualcosa del genere.”

“Beh, un test del DNA è l’unica maniera per confermare la tua identità. Sarebbe necessario anche se tu ricordassi tutto.”

Lyra capì cosa intendeva dire Audrey. Lei pensava ancora che Lyra fosse pazza, o che stesse nascondendo qualcosa. Nessuno di loro due aveva fatto parola di Equestria da quella volta, ma non riuscivano a smettere di pensarci. 

“Ti sei ricordata di darle il nostro numero di telefono, Audrey?” chiese sua madre dal sedile anteriore. “Lyra, chiamaci quando raggiungi la tua destinazione. Così sappiamo che sei arrivata sana e salva.”

“Ok,” disse Lyra. Si girò nuovamente alla finestra, tentando di scorgere altri aerei sopra loro. “Quanto lontano avete detto che è?” 

“Non arriverai prima di pomeriggio. È, non so… circa seicento, settecento miglia?” disse Audrey. “Più o meno metà degli states.”

“Sei seria?” chiese Lyra. “Questo pomeriggio…?” 

Non c’era niente in Equestria a seicento miglia da qualcos’altro. Quella distanza suonava impossibile. E arrivare così lontano in meno di un giorno? Se gli umani ci riuscivano davvero, una cosa del genere avrebbe impressionato Lyra più che mai.

In quel caso, l’aeroplano doveva essere assurdamente veloce. Lyra incominciava a sentirsi di nuovo in fibrillazione. 

“Rilassati,” le disse Audrey. “Ho volato un po’ di volte. Non è così male.”

“Va bene…” Lyra tentò di forzare un sorriso. 

La macchina entrò in un edificio grande e buio. Altri veicoli erano parcheggiati lì, di tutti i diversi colori e forme. La macchina si destreggiò in mezzo a tutti quegli spazi stretti, salendo diversi livelli di rampe. Lyra era ormai abituata alle auto, e la signora Loren era una guidatrice più attenta di Nathan, ma le sembrava comunque che passassero troppo vicino alle altre macchine. Almeno erano ancora a terra.

Dopo essersi infilati tra due altre auto, Audrey aprì la porta sul suo lato e uscì. Lyra fece lo stesso. Il coperchio del bagagliaio si spalancò e lei prese la chitarra e il trolley. Era piccolo, economico — ne aveva solo bisogno per metterci dentro qualche cambio di vestiti. Il manico era estraibile, e permetteva di poterlo trascinare con una mano, sulle sue ruote. Era più facile di trasportare una valigia sulla schiena, o anche di tenerla a mezz’aria con la magia.

“Hai bisogno che ti aiuti a portarne uno?” Audrey la guardò sistemarsi la custodia della chitarra sulla schiena, con lo zaino più piccolo che le pendeva al fianco e il trolley a lato. 

“Ma tu non resti qui?” chiese Lyra.

“Staremo con te finchè non passi dai controlli di sicurezza. Dopo aver lasciato la borsa al check-in,” spiegò Audrey. Lyra la fissò assente. “Non è così complicato come sembra. Davvero.”

“È solo che non ho mai dovuto fare così tanti passaggi per viaggiare prima. Ho preso il treno qualche volta,” disse Lyra. Cominciarono a camminare oltre la fila di vetture silenziose. Un’altra macchina passò accanto a loro, ma solo una. 

“Un treno? Dov’eri?” chiese la signora Loren. 

“Era…” Lyra notò l’espressione di Audrey. “Era un po’ di tempo fa.”

Doveva controllarsi. Si stava di nuovo lasciando sfuggire delle cose, subito dopo che si era detta di non farlo. Con i suoi genitori, sarebbe stato un nuovo inizio, e lei aveva già semplificato la sua storia — gli avrebbe detto che non ricordava niente. Gli avrebbe raccontato tutto ciò che volevano su Des Moines: di come aveva vissuto con la famiglia di Audrey, di come aveva imparato a suonare la chitarra, e di tutte le volte che erano andati in giro per la città. Ma assolutamente niente del suo passato. Come se Equestria non fosse stata mai reale. 

Attraversarono su dei ponti che passavano sopra la strada per tutta la sua larghezza. Solo poche macchine passavano sotto, gettando la luce dei loro fari nella fioca aurora del mattino. La struttura in cui avevano parcheggiato era alta diversi piani e gigante, ma il resto dell’aeroporto sembrava essere ancora più grande. Completamente diverso dalla piattaforma della stazione di Ponyville. 

Anche la stazione ferroviaria di Canterlot sembrava enorme, ma non era niente in confronto a questo. L’aeroporto era molto più articolato — inutilmente più articolato, sembrava. Aveva solo bisogno di salire su uno di quegli aerei e partire, era così difficile?

Lasciò che la madre di Audrey parlasse con la maggior parte degli umani all’aeroporto. Dovevano mettersi in fila solo per mostrare il suo biglietto ad un umano al bancone, che sedeva davanti ad un computer. Quando si presero il trolley e la chitarra, mettendoli dietro al banco e portandoli via, Lyra iniziò a protestare. 

“Li stanno solo imbarcando. Basta che vai al ritiro bagagli quando arrivi a Philadelphia e li potrai riprendere,” disse Audrey.

“Ma…”

“Non perdono i bagagli nei transiti. Di solito,” aggiunse Audrey. Lyra stava per protestare di nuovo, ma venne interrotta. “Scordati l’ultimo pezzo. Andrà tutto bene. Non temere.”

Lyra non capiva perché non poteva semplicemente portare tutto con sé. La chitarra non era ancora neanche sua. Aveva dovuto spendere quasi tutto quello che possedeva per il biglietto dell’aereo, le rimanevano solo pochi dollari. Desiderava davvero pagare lo strumento a Nathan, dato che aveva fatto così tanto per lei. Senza quel concerto non si sarebbe potuta permettere il costo del biglietto. Nathan le aveva detto di non preoccuparsi per la chitarra, e che lo avrebbe potuto ripagare in seguito — ma come? Per posta? Sperava che funzionasse come il sistema postale di Equestria… e che il portalettere fosse affidabile. 

Dopo aver consegnato la maggior parte dei suoi bagagli, continuarono a camminare dentro l’aeroporto. Lyra era meravigliata dall’enormità del posto. Una volta pensava che il centro commerciale fosse grande. 

Arrivarono a delle rampe di scale, che si muovevano da sole. Audrey e sua madre salirono e stettero ferme, lasciando che le scale le portassero su. Lyra seguì con attenzione il loro esempio. Perché questo fosse necessario non era chiaro — probabilmente avrebbero raggiunto il piano superiore più velocemente semplicemente camminando — ma Lyra aveva già abbastanza a cui pensare. 

Sarebbe arrivata presto a casa. Si sarebbe potuta rilassare, e poi avrebbe potuto  focalizzarsi a studiare il comportamento umano. Per ora, doveva solo superare questo. 

Si fermarono prima che Lyra giungesse ai controlli. C’era già una lunga fila di umani che aspettavano il loro turno. Lyra osservò cosa succedeva in testa alla fila — gli umani mettevano le borse dentro un qualche macchinario, camminavano attraverso un varco che qualche volta suonava, e in quel caso, l’umano si fermava e veniva perquisito dagli operatori in divisa blu . L’intero processo divenne sempre più strano e complicato a mano a mano che lo guardava. 

“Qui è dove ci fermiamo,” disse la signora Loren. “Riesci a cavartela da sola?” 

“Quando arrivi a Chicago, vai diretta al prossimo gate. Non perderti. Non sono sicura cosa succederebbe in caso perdessi il volo dopo,” disse Audrey.

Lyra annuì, ancora distratta dalla coda in cui stava per infilarsi. 

“Per favore, preparate il vostro documento d’identità prima di raggiungere il controllo di sicurezza! Grazie,” annunciò uno degli umani in divisa.

“Io non ho un documento.” Lyra volse lo sguardo da Audrey a sua madre. “Che faccio?”

“È l’altra fila, laggiù. Non dovrebbe essere un problema. Però… probabilmente ti perquisiranno.”

“Um… ok…” disse Lyra. Osservò dove le aveva detto di andare Audrey. Almeno la coda era molto più corta.

“Devi sbrigarti. Non vorrai perdere l’aereo,” disse Audrey.

“Già.” Lyra annuì. 

“Ricorda di chiamare quando arrivi a casa,” aggiunse la signora Loren.

“Lo farò. Penso di ricordarmi come...” 

“Andrà tutto bene. Non temere,” disse Audrey.

“Hai ragione… Arriverò di pomeriggio, come hai detto tu.”

“E sei sicura di volerlo fare? Viaggiare da sola? E… incontrarli?”

“Sì… questo è esattamente ciò che ho desiderato tutto questo tempo. Ho solo bisogno di andare a casa, dai miei veri genitori,” disse Lyra. “Non ci sarei mai riuscita senza il vostro aiuto.”

Con un ultimo sguardo indietro, corse a mettersi in fila, e aspettò per un po’. Guardò gli umani davanti a lei che passavano dai controlli. Non riusciva a capire esattamente a cosa servisse questo step… Si erano già presi i suoi altri bagagli, ma a quanto pare le borse che potevano portarsi dietro dovevano prima essere controllate. Era così inutilmente complicato.

“Venga avanti, signorina.” Lyra realizzò che stavano parlando a lei. Era la prossima.

Uno degli umani cominciò a tastarle braccia e gambe con le mani, come se stessero cercando qualcosa nascosto nelle maniche. Lyra non stava nascondendo niente, quindi a parte l’imbarazzante invasione del suo spazio personale, non ci fece molto caso.

Ma entrò quasi in panico quando si girò e vide che gli umani stavano rovistando nel suo zaino. Aprirono la custodia della lira e sfogliarono il suo diario, pieno di studi dei comportamenti umani. Se avessero visto che li stava studiando, avrebbero fatto domande, e Audrey non aveva reagito molto bene alle risposte…

La perquisizione finì, e tutto venne rimesso dentro. Lyra li osservò attentamente per esserne sicura. Apparentemente, non avevano trovato quello che volevano nei suoi effetti personali, e pertanto era libera di andare. Quando le ridiedero la borsa, se la rimise velocemente in spalla e la tenne vicino al fianco con una mano. Si affrettò ad uscire dai controlli e sbucò dall’altra parte. 

Di nuovo da sola.

In un certo senso, si sentiva come nel suo primo giorno da umano. Per conto suo, e senza amici attorno ad aiutarla per trovare la strada giusta. 

Quest’area poco fuori il punto di controllo aveva un posto chiamato il “Capitol City Marketplace”. Apparentemente, ci potevi comprare del cibo. Degli umani erano seduti e stavano facendo colazione, ma Lyra era troppo nervosa da pensare al cibo in questo momento. 

Lyra guardò indietro verso i controlli di sicurezza. Gli umani in divisa sembravano stare cercando qualcosa. Non tutti gli umani vennero perquisiti così a fondo come avevano fatto con lei, ma erano comunque abbastanza meticolosi. Eppure, mentre guardava degli umani che uscivano, sembrava che non riuscissero mai a scovare quello che erano spaventati di trovare.

Uno schermo sopra di lei — simile a una televisione piatta, ma le parole non si muovevano — sembravano elencare tutti gli aerei e relative destinazioni. I suoi occhi scorsero la lista. Atlanta, Austin… Chicago! Era uno dei primi della lista. Gate C6. Dovunque esso fosse.

“Attenzione ai passeggeri.” Era una voce femminile, che parlava con un tono calmo, ma il modo in cui era partita dal nulla l’aveva fatta saltare in aria. “Il volo 3849 Delta Airlines per Orlando, sta ora imbarcando al Gate A2.”

L’ala alla sua destra sembrava avere i numeri con la C. Il C6 doveva probabilmente essere lì in fondo. Cominciò a percorrere quella strada, osservando tutti i diversi mani che aspettavano i propri voli. Nonostante fossero ancora le sei di mattina, l’aeroporto era già pieno di umani. Forse questo modo di volare era un’esperienza nuova per lei, ma gli umani sembravano esserci abituati. Un’altro aspetto della società umana a cui stava cercando di partecipare, anche se si sentiva ancora nervosa.

C’erano diversi sedili piazzati ad intermittenza tra le sezioni dell’ala. Delle grandi finestre permettevano di guardare fuori, dove una fila di aeroplani era in attesa sotto alle prime luci del mattino. 

Si sedette su una delle sedie imbottite e si sdraiò all’indietro tentando di rilassarsi. Qualche altro umano era disseminato nella zona. Alcuni stavano leggendo libri, o erano davanti a quelli che sembravano computer portatili, ma degli altri sembravano dormire o riposarsi. Aveva senso, considerando quanto fosse presto. Ce n’erano di tutte le età — uno con capelli grigi e rughe, alcune famiglie con bambini piccoli. Quegli umani giovani sembravano stanchi. Uno di quelli svegli era particolarmente scontroso. Vedendoli, Lyra pensò alla sua sorella più piccola. Chissà che tipo era. Com’erano gli umani a sette anni? Avevano diversi standard di età rispetto ai pony… Non riusciva neanche a capire l’età dei bambini che vedeva.

Lyra aprì la sua borsa. Sembrava tutto in ordine, anche dopo che ci avevano rovistato dentro. Trovò il suo vecchio diario e lo tirò fuori. Sfogliando le prime pagine, vide gli schizzi dei suoi sogni e di come la sua scrittura fosse cambiata quando aveva iniziato ad usare le mani per scrivere. Era cambiata di nuovo quando era diventata umana. Lyra trovò una pagina bianca e cominciò ad elencare i nomi delle città che riusciva a ricordare.

Atlanta. Memphis. Quelle erano facili da ricordare. E un posto chiamato “Phoenix”. La Principessa Celestia aveva una di quelle. Lyra si chiese se vivessero ancora nel mondo umano — non aveva visto molti animali, quindi non era esattamente sicura cosa esistesse o meno. Se gli unicorni non erano reali, allora niente poteva essere dato per scontato.

Stette lì seduta per qualche minuto, a guardare gli altri umani. Non stavano facendo molto. Qualche altro si venne a sedere nella stessa sua zona. 

Fuori, gli enormi veicoli alati come quello in cui si stava per imbarcare stavano rollando sulla strada e nella distanza poteva vederli decollare. Avevano le ali, ma non le sbattevano. Come facevano ad sollevarsi da terra? Non si faceva spesso domande specifiche sul funzionamento della tecnologia umana, ma se quella cosa stava per portarla a centinaia di metri di altezza…

“Attenzione ai passeggeri. Il volo 6190 United Airlines per Chicago sta ora imbarcando al Gate C6.”

La testa di Lyra scattò su alla menzione di Chicago. Tutto ciò che sapeva è che era il luogo dove doveva andare. Gli altri umani si stavano muovendo verso un portale che sembrava essere connesso all’aereo fuori. Tutto ciò che poteva fare era seguire il loro esempio ed aspettare che le prendessero personalmente il biglietto e la facessero passare nel corridoio.


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L’aereo era poco più di un tubo, con diverse file di sedili e un tetto basso. La maggior parte dei posti erano già stati riempiti da altri umani. Era circa come un treno, solo… più piccolo, e avrebbero volato sulle nuvole…

Lyra strinse la borsa al suo fianco mentre si muoveva lungo il corridoio. Non poteva fermare la coda di persone dietro a lei. I suoi occhi scansionarono i posti a sedere, e si sedette in quello libero più vicino. 

“Mi scusi…” Scavalcò un altro umano, un maschio, e si lasciò cadere nel suo sedile. Stringeva ancora la borsa al petto. Tirò un lungo respiro.

“Oh cavoli, hai un aspetto orribile,” disse l’umano vicino a lei. Era un maschio, forse poco più anziano di lei, con capelli chiari. Era ancora difficile capire la loro età, ma sembrava leggermente più vecchio di Nathan, ma meno dei componenti della sua band. “Ti senti bene? L’ultima cosa di cui ho bisogno è che mi vomiti per tutto il volo.”

“S-starò bene,” riuscì a dire, a forza.

“Non dai questa impressione.”

“È solo che non l’ho mai fatto prima.”

“Primo volo?”

“No… Sono stata in mezzo alle nuvole molte volte. Solo…” Indicò tutto ciò che aveva attorno con le mani. “Mai in uno di questi.”

“Sei fatta, oppure veramente pazza.”

“Non sono pazza!” disse lei. Forse lo scoppio era stato eccessivo, a giudicare da come la stava guardando ora. Stava per cominciare di nuovo da zero, non c’era bisogno di peggiorare le cose come aveva fatto con Audrey. “Era… una mongolfiera ad aria calda.”

Lui annuì lentamente. “Beh, sarà un volo interessante questo.”

“Davvero? Che succederà?”

“Per cominciare? Tu.”    

“Oh. Giusto.” Tentò di sorridere. “Non c’è bisogno di preoccuparsi. Sono solo un po’ nervosa.” I suoi occhi andarono giù alle sue mani, e si ricordò le buone maniere degli umani. Rimosse la mano destra dal suo zaino e gliela porse per una stretta. “Sono Lyra Michelakos.” Era la prima volta che si presentava con il suo nome completo.

Lui le prese la mano. “Paul Chandler, ma… Aspetta, non dirmi che stai andando anche tu a Philadelphia. Sei parente di — “

“Thomas Michelakos? Hai sentito parlare di lui?” Le si allargarono gli occhi.

“Sei seria?”

“È mio padre.” 

Lui rise e le strinse la mano incredulo. “È… Wow. Ho un’amica che lavora ad un negozio di libri usati. L’ha incontrato un paio di volte.”

“Davvero?” disse Lyra. “Ad essere sincera, non l’ho mai incontrato prima d’ora. Non sapevo neanche chi fossero i miei genitori fino a pochi giorni fa. È… una lunga storia.” 

“Non è un problema. Il volo è lungo, e a quanto pare sono seduto vicino a qualcuno di famoso. O almeno, qualcuno con genitori famosi, ma fa lo stesso,” disse lui. “Per i prossimi mesi, potrò raccontarlo alle persone in caso di silenzi imbarazzanti. È la regola non detta dell’incontrare persone famose su un volo.”

Lyra lo fissò, ad occhi spalancati. “Non mi ero resa conto…”

“Già, ho un amico che ha visto Orlando Bloom all’aeroporto una volta. Lo raccontava spesso e volentieri per settimane. Tu non sei così famosa, ma basterà comunque.”

Orlando… dove l’aveva sentito prima? “Oh già! Penso di aver visto qualche volo diretto ad Orlando.”

“Quello è un Orlando diverso.”

Proprio come nell’aeroporto, sentì una voce provenire dal nulla, ma stavolta era un maschio. Suonava vagamente distorta e gracchiante. “Attenzione ai passeggeri, qua è il vostro capitano che vi parla. Vogliamo ringraziarvi per aver scelto di volare con United Airways oggi. Voleremo ad un’altitudine di circa 10,000 metri — “

Dieci… mila… metri…” disse Lyra.

“Spaventata dalle altezze? Sono serio, non ho intenzione di fare conoscenza anche col tuo vomito.”

“Perché dobbiamo salire così in alto? È da pazzi! Non siamo mai stati così in alto quando siamo andati a Nuvola— cioè… non preoccuparti.” Doveva controllarsi. Sto iniziando una nuova vita. Nessuna menzione di Nuvola City o dei pony. Questo umano pensa già che sono strana. 

Gli assistenti di volo stavano dando dimostrazione di come usare l’equipaggiamento d’emergenza. Lyra sapeva che avrebbe probabilmente dovuto prestare attenzione, ma il fatto non la stava di certo facendo sentire meglio. Erano ancora fermi, e la prima cosa di cui parlavano era cosa fare in caso di incidente? Non era esattamente rassicurante.

“Signora, devo chiederle di metterlo sotto il sedile davanti a lei.” Lyra realizzò che l’hostess le stava parlando dello zaino che stringeva sempre più forte al petto.

“C-cosa? Oh…” Fece come le aveva detto, ma cercò istantaneamente qualcosa a cui tenersi. Le sue dita si aggrapparono ai braccioli ai lati del sedile. Per qualche ragione, si sentiva meglio ora che aveva le mani piene. 

Restò seduta per un momento con gli occhi chiusi, respirando profondamente. Paul non sembrava per niente preoccupato. La stessa voce maschile di prima risuonò sopra le loro teste: “Autorizzazione al decollo.”

Lyra sentì l’aereo muoversi in avanti sotto di lei. Tutto il corpo le si irrigidì. Si mise a fissare il grembo, cercando di non guardare dalla finestra. 

“Sicura che starai bene?” chiese Paul.

Lei non riuscì a rispondere.

Lui si appoggiò indietro nel sedile. “Sarà proprio divertente.”

Quando finalmente riuscì ad alzare la testa e guardare fuori, vide che erano su una lunga pista asfaltata, e si stavano muovendo lentamente in avanti… Poi il ronzio acuto divenne più forte e iniziarono ad accelerare. Lei venne spinta indietro nella sedia. Strizzò i braccioli più forte possibile. E poi il tremore terminò, almeno per la maggior parte. Si stavano inclinando all’indietro, diretti in alto. Non era così male…

Le sue mani scattarono alle orecchie. Gli era appena successo qualcosa, e faceva male. 

“Tieni.” La voce di Paul sembrava molto distante. Le stava porgendo qualcosa. Lei aprì gli occhi abbastanza da vedere che era una rivista.

“Magazzino del Cielo?” disse Lyra, leggendo la copertina. “S-sono stata in un magazzino prima, ma perché — ”

“Forse ti può aiutare per il volo. Personalmente, ogni volta non vedo l’ora leggerlo.”

Lei si tolse le mani dalle orecchie, anche se quella strana sensazione era ancora presente. Cominciò a sfogliare il catalogo. Era sempre interessata alle invenzioni umane.

“Puoi davvero comprare tutte queste cose? Incredibile…”

“Um, non è esattamente ciò di cui stavo parlando,” disse lui.

“Cosa intendi? Questa roba è affascinante.”

“Sì, in un certo senso. Ma onestamente, chi è che spende così tanto per il cruciverba più grande del mondo? Ammetto che la statua di giardino di Bigfoot è… ‘interessante,’ ma è fuori dal mio budget.”

Lyra sorrise mentre sfogliava quelle pagine piene di invenzioni umane. “Cos’è questo?” Lyra indicò una delle foto. Un ingrandimento di una mano umana che indossava un certo tipo di dispositivo, connesso ad ogni dito. “Un ‘allenatore fitness per mani’? Come funziona?”

“Nessuno lo sa. Probabilmente neanche il tizio che l’ha progettato,” disse lui. “Ed è tuo per soli $30. Wow. Comunque, considerando chi è tuo padre, puoi probabilmente spendere e spandere soldi su quello che ti pare. Devi essere straricca.”

“Huh?”

“È un autore di bestseller. Praticamente una celebrità nostrana.”

“Non credo di averci mai pensato… I suoi libri sono venduti ovunque, no?”

Lui annuì. “E vedo che ti sei già scordata della tua paura di volare.”

“Te l’ho detto, non ho — “ Lyra si fermò. La cosa strana era, si sentiva meglio dopo aver sfogliato quella rivista. Era molto meno nervosa, anche se non riusciva ancora a guardare fuori dal finestrino. “Um… grazie.”

“Lieto di essere stato d’aiuto,” disse lui. “Comunque, hai detto che avevi una storia da raccontare. Sono ancora interessato a sentirla.”

“Oh, sì. Dunque…”

Gli raccontò quasi tutto delle sue settimane con Audrey. Dell’incontro con Nathan, di come avesse imparato a suonare la chitarra, di quando ha suonato al concerto con Randall, ed infine di come aveva scoperto chi fosse la sua famiglia. Era quasi una prova per quando avrebbe dovuto raccontare quelle stesse cose ai suoi genitori una volta tornata a casa. Paul ascoltò per la maggior parte, ma saltuariamente fornì anche qualche commento.

“Mi correggo. Racconterò questa storia per anni a venire, non solo mesi.”

“Cosa intendi?” chiese Lyra, inclinando la testa.

“Onestamente, penso che tu ti stia inventando tutto.”

Lyra rimase senza parole. Era come una maledizione — non importava cosa dicesse, nessuno le credeva mai. “Però, è la verità.”

“La storia che hai è interessante, ma personalmente ci avrei aggiunto qualche alieno, forse un’invasione zombie, o qualche magica — “

“Aspetta, non ho mai detto niente sulla magia.” Lei lo guardò sotto shock.

“Avresti dovuto.” Disse, alzando le spalle. “È una bella storia, però.”

Forse voleva solo fare una battuta… Cercò di convincersene. ”E tu perché eri a Des Moines? Non mi hai detto niente su di te,” disse Lyra. Qualsiasi cosa per dirottare il discorso via dalla magia. 

“Visitavo un vecchio amico che si è trasferito qualche anno fa.”

“Deve essere stato divertente. È così lontano, ma puoi comunque volare per venire a visitarlo?”

“Beh, è un po’ un imbecille, ma sì. Hai ragione, non è male.”

Mentre volare a Nuvola City era spesso stato molto tranquillo, l’aereo non la smetteva di scuotersi e tremare. E i motori erano ancora abbastanza rumorosi. Cercò di non pensare a quelle dimostrazioni di sicurezza di inizio viaggio. 

Lyra finalmente trovò il coraggio di guardare fuori dalla finestra. Come si era aspettata, erano tra le nuvole… ma era così spoglio là fuori. Non c’erano edifici, né costruzioni, solo distese piatte di nuvole.

“È così vuoto qua sù…” mormorò lei.

“Cosa ti aspettavi?” chiese Paul. “Inoltre, non sarebbe peggio se ci fosse qualcosa a questa altezza?”

Quindi gli umani potevano arrivare qui sopra, ma non potevano farci niente. E certo. Visto che non potevano volare da soli, probabilmente non riuscivano a camminare sulle nuvole. E nelle ultime settimane, Lyra aveva avuto l’impressione che il clima cambiasse a caso. Non era sicura di come lo prevedessero, ma certe volte erano precisi nel farlo.

“Hai ragione… non so. È la mia prima volta così in alto.”

“Sì, me l’hai detto. Quindi, com’è volare in una mongolfiera? Non ci sono mai salito su una di quelle.”


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Stavano scendendo.

Erano in volo da poco più di un’ora. O così dicevano, dato che le era sembrato durare un’eternità. Senza qualcuno a distrarla, non era sicura di cosa avrebbe fatto. 

Lyra potè vedere il suolo avvicinarsi lentamente a loro, e una parte di lei si stava tenendo forte per l’impatto… Ma principalmente era folgorata dalla vista. 

Tutto il suolo era coperto da edifici. Come un intero mare di grigi oggetti a forma di scatole. Alcuni erano piccoli, come nel quartiere di Audrey, ma c’erano pure delle alte torri. Era difficile da dire, ma questa città, Chicago — poteva essere anche più grande di Des Moines. E, da quanto riusciva a vedere, non aveva quasi nessuna area verde. La sensazione di trovarsi in un posto completamente sconosciuto era più forte che mai. 

Percepì l’aereo scuotersi violentemente. Doveva aver colpito il suolo. Stavano sfrecciando sulla strada, ma poteva sentire la pressione in avanti come se stessero frenando. Eppure, sembrava impossibile riuscire a fermarsi in tempo…

Ma gli altri umani erano tranquilli. Alcuni si stavano stiracchiando dopo essersi svegliati. Per lei era incredibile anche solo l’immaginare di fare un sonnellino. Durante quell’inferno.

Sentì di nuovo la voce del capitano, accompagnato da quello strano suono gracchiante. “Da parte della United Airways, vi diamo il benvenuto all’aeroporto internazionale O’Hare di Chicago. Per favore, rimanete seduti finché il veicolo non sarà completamente fermo. Speriamo che abbiate avuto un buon viaggio.”

Lyra si lasciò cadere all’indietro e fece un sospiro. “Finalmente. Non voglio rifare questa cosa mai più.” 

“Rassegnati. Ne abbiamo un altro prima di arrivare a casa,” disse Paul.

“Hai ragione… Pensi ci vedremo ancora? A Filly — voglio dire, a Philadelphia?”

Lui rise. “Parli già come una del luogo. Forse ci incontreremo.”


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Questo aeroporto era anche più grande di quello a Des Moines, e molto più affollato. Stava cominciando a credere a quello che Paul le aveva detto sul fatto che Des Moines fosse una “piccola città”. 

Lo aveva perso di vista quando erano scesi dall’aereo. Forse lo avrebbe ritrovato prima di imbarcarsi sul successivo. Avere qualcun altro accanto l’aveva davvero aiutata a restare sana di mente. In questo momento c’era troppo di cui preoccuparsi. 

Aveva del tempo libero prima del prossimo volo. Circa due ore, e poi la lunghezza del volo in sé. Entrò in uno dei negozi. Le bianche lettere in corsivo della scritta “Hudson News” erano illuminate sopra all’entrata. Sembrava avere un po’ di tutto — snack, magliette, souvenir, riviste… C’erano dei libri lungo un muro, con copertine morbide anziché rigide. 

Il nome di suo padre le saltò immediatamente alla vista. Voice in the Dark, by Thomas Michelakos. Il nome era leggermente più grande del titolo. La copertina era simile alle altre — umani, vestiti in armatura o mantelli, ed uno di loro seduto in groppa ad un pony.

Beh, somigliava più a quei pony che aveva visto nello Iowa, rispetto a chiunque avesse mai visto ad Equestria. Più alti, con facce lunghe e occhi piccoli. Eppure, un umano che lo cavalcava… Spike lo faceva spesso con Twilight. Ma un umano? Era diverso. Forse da pony, avrebbe accettato se un umano gliel’avesse chiesto.

Era strano a pensarci.

Non faceva capire molto quale fosse la storia. Diceva solo che era il primo libro.

Costava solo un paio di dollari, ed era curiosa di scoprire cosa fosse esattamente. Tra l’aspettare il volo, e la durata del volo, aveva un sacco di tempo per farlo. Tirò fuori quel poco di denaro che le era rimasto, lo contò, e lo portò alla cassa per pagare.


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Il secondo volo passò più facilmente del primo, forse perché ora sapeva cosa aspettarsi. Aveva visto Paul in coda all’imbarco, ma lo perse di vista quando si accomodarono ai loro posti. Lyra era seduta vicino ad una donna adulta che dormì, russando sonoramente, per tutto il tempo. Lyra stava prendendo un po’ di confidenza con gli aerei, ma non era ancora al punto in cui riusciva a dormire. Invece, si sistemò e si tenette occupata con il romanzo di suo padre.

Il libro cominciava con una introduzione prolissa, e raccontava la storia di… una guerra.

Come quello che era successo in Equestria.

Ma questa non aveva sterminato la razza umana, in questo mondo che suo padre aveva sognato. Ovviamente no, dato che era solo all’inizio della storia. Ma perché gli umani volevano leggere una cosa come quella? La guerra era quasi la cosa peggiore che gli umani potessero fare, anche se fermandosi prima di andare troppo oltre e arrivare a spazzarsi via completamente.

Tuttavia, continuò a leggere. Il tono del racconto si alleggerì presto, concentrandosi su degli umani che vivevano in una piccola cittadina. Alcuni dettagli le ricordarono Ponyville — i tetti di paglia sulle case, i campi nelle periferie della città. Il mercato settimanale dove vendevano il raccolto e altri beni.

Ma poi trovò dei cenni alla magia.

Il mondo di questa storia era abitato dagli umani, ma alcuni usavano la magia. Non quella con cui erano nati — a quanto pare in questo libro la magia era qualcosa che i normali umani potevano imparare se studiavano abbastanza. E conoscere la magia creava una grande divisione tra loro e gli altri umani. I maghi vivevano per conto loro in una città lontana da questo piccolo villaggio. Più o meno come la divisione tra le razze nella storia della Festa del Focolare dell'Amicizia. Quella storia però era finta, proprio come questo romanzo.

Lyra abbassò il libro e fissò fuori dal finestrino. Il mondo umano si stagliava sotto di loro, troppo piccolo per discernere i dettagli. Era enorme ed affascinante. Forse avrebbe avuto l'occasione di esplorarlo un giorno.

Ma cosa più importante... La magia non creava tensioni tra  chi ce l'aveva e chi no. Lyra e Bon-Bon avevano avuto le loro incomprensioni, i loro battibecchi, ma non erano mai stati sulla magia. Erano stati su... gli altri problemi di Lyra. Si analizzò le dita. Forse in questo libro, aveva causato così tanti problemi perché tutti gli umani che potevano usare la magia erano potenti quanto Twilight, o anche di più. Usare la magia non era così facile, o così utile. Era tutto davvero sbagliato in questo libro…

Suo padre non sapeva niente della vera magia.


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Il volo era durato abbastanza per permetterle di leggere un bel pezzo del libro, anche se non era stato facile. Si concentrava troppo sulle inesattezze, e si chiedeva perché dovrebbe essere interessante per degli umani che vivevano in un mondo dove potevi percorrere oltre mille chilometri in poche ore.

Lyra fu felice quando l’aereo toccò suolo a Philadelphia, atterrando di nuovo su quel lungo rettilineo e percorrendolo in velocità fino a fermarsi.

“Grazie per aver volato con noi. Qui a Philadelphia sono le 12:53. Speriamo che abbiate passato un buon volo.” Appena la voce del capitano uscì dal soffitto, Lyra si alzò felicemente dal sedile, sgranchendo le gambe e sperando di non dover mai più volare in queste condizioni. 

Seguì il fiume di umani che si riversava verso l’unica uscita. Loro sapevano probabilmente dove andare. Cercò nuovamente Paul, ma non riuscì a trovarlo. D’altronde, ora era anche alla ricerca qualcun altro. Qualcuno di molto più importante…

I cartelli appesi sopra la sua testa la diressero al reclamo bagagli, e ciò le fece ricordare della sua valigia e della chitarra. Audrey aveva detto che li avrebbe ripresi dopo essere arrivata qui.

Lyra seguì le frecce lungo l’aeroporto. Era diverso da Chicago o Des Moines — era davvero stata in tre di essi oggi? Ma questo era egualmente enorme e affollato. 

I suoi occhi vennero improvvisamente attratti da qualcosa — il suo nome. Nome e cognome, spesse lettere in maiuscolo su un foglio di carta bianco.

Sorretto da una donna che riconosceva.

   
 
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