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Autore: evelyn80    28/07/2021    1 recensioni
L'estate è tempo di vacanza per antonomasia, e anche i Chicago non perdono l'occasione per godersi le tipiche location vacanziere: mare, montagna, città d'arte e campagna. Una raccolta di quattro capitoli in cui ne vedremo delle belle!
Partecipa alla sfida "On Holiday" lanciata da me medesima su EFP
Partecipa alla "Real Life Challenge" indetta da ilminipony sul forum di EFP
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Make me smile'
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ON HOLIDAY



Estate: tempo di vacanze per antonomasia! Al mare, in montagna, in città o in campagna, i mesi di luglio e agosto sono da sempre fatti per godersi il meritato riposo dal lavoro.
E perché questo non dovrebbe valere anche per i nostri amati musicisti? Non hanno forse anche loro il diritto a una meritata vacanza?
Ecco cosa propongo: ogni partecipante, a turno, propone un prompt relativo a uno degli ambienti che ho elencato prima, nello stesso ordine: quindi il primo prompt sarà relativo al mare, il secondo alla montagna e così via, e ogni partecipante dovrà scrivere una breve storia in cui si racconta la vacanza dei nostri musicisti preferiti. Quindi, in totale ogni partecipante dovrà scrivere quattro storie, ambientate nei quattro luoghi di vacanza, con una scadenza di 15 giorni.
Ovviamente non ci corre dietro nessuno, e i 15 giorni di scadenza servono solo per comunicare il nuovo prompt!

 

 

 

A-A-Abbronzatissimo!


 

(Da sinistra a destra: Peter, Terry, James, Lee, Walter, Danny, Robert)




 

Prompt: catena

Location: mare

 

 

 

 

La spiaggia di Venice Beach, dove i ragazzi dei Chicago si erano dati appuntamento per staccare un po' dalla solita routine “prove, prove e ancora prove”, era particolarmente affollata quella mattina di metà luglio, complice il bel tempo e il caldo afoso che spingeva tutti alla ricerca di un po' di refrigerio. Per questo motivo impiegarono un bel po' di tempo a trovare uno spiazzo di sabbia abbastanza ampio da poterli ospitare comodamente tutti e sette.
«Ahi, cazzo, la rena scotta!», gridò Danny, iniziando a saltellare sul posto come una scimmia non appena si fu tolto i sandali di plastica. Visto che non aveva ancora steso il proprio asciugamano si buttò a pesce su quello di Lee, che aveva appena finito di sistemarlo meticolosamente, inondandoglielo di sabbia.
«E che diamine, però, Danny! Perché non ti butti sul tuo, di asciugamano?».
«Perché non l'ho ancora aperto», replicò tranquillo il batterista, facendogli un sorriso a trentadue denti.
«E ti sei tolto le ciabatte prima di farlo? Sei proprio un idiota!».
«Dai, non te la prendere», concluse Danny mentre spiegava il proprio telo da mare. «Non appena avrò fatto col mio ti aiuterò a risistemare il tuo, okay?».
Lee sbuffò, ma fece un secco cenno affermativo con la testa.
«Chi si offre volontario per spalmarmi la crema sulla schiena?», chiese Robert non appena finalmente tutti gli asciugamani furono stesi e tutti e sette i ragazzi furono seduti, sfilando la maglietta e rivelando il torso pallido e villoso.
«Io no!», esclamò subito Walter. «I tuoi peli mi fanno ribrezzo!».
«Perché non ci sei abituato», ribatté il tastierista, indicando il petto liscio del compagno di band. «Se tu fossi villoso come me, scopriresti subito i vantaggi della peluria».
«E cioè?», chiese il sassofonista inarcando le folte sopracciglia scure.
«Innanzi tutto tiene caldo in inverno, e poi attira le pupe come la carta moschicida», spiegò Robert strizzando l'occhio.
«Più che alla carta moschicida, io la paragonerei a uno zerbino. No, no, grazie. Preferisco il mio petto liscio: questo sì che attira le gallinelle, mica quella specie di lanugine che hai addosso!», concluse Walter, scuotendosi invisibili granelli di sabbia dai pettorali.
«Voi non capite proprio un cazzo!», esclamò Terry, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a osservare la scena. «Sono i gioielli vistosi ad attirare le pollastrelle, come questo!». Così dicendo, il chitarrista sfilò la T-shirt mostrando a tutti un'enorme catena d'oro con appeso un lucchetto altrettanto gigantesco a mo' di ciondolo.
I suoi amici sgranarono gli occhi, fissando il suo vistoso monile dorato.
«Wow... ti sarà costato un occhio della testa!», commentò James, allungandosi sull'asciugamano per osservare più da vicino la catena dell'amico.
«Già...», aggiunse Peter, fissandolo con sguardo critico. «Non abbiamo il becco di un quattrino: Guercio ci passa a malapena i soldi per andare a fare la spesa una volta a settimana. Si può sapere come hai fatto a comprarti un catenaccio del genere?».
Terry si produsse nel suo sorriso equino e si chinò verso gli amici in tono cospiratorio.
«Ehi, ma non è mica una catena d'oro! È normalissimo acciaio. L'altro giorno sono andato dal ferramenta e me la sono comprata, insieme al lucchetto e a una bomboletta di vernice spray dorata. Una bella spruzzata d'oro e il gioco è fatto: un bel gioiello vistoso per conquistare le gallinelle a soli quattro dollari e novantacinque cent».
Danny scosse la testa. «Tu non sei mica normale! Come minimo quell'aggeggio peserà dieci chili, e stasera te ne andrai a casa con il torcicollo!».
«Ehi! Non sono mica un pappamolla come te! Stallone come mi ritrovo, potrei appendermela anche all'uccello quando ce l'ho in tiro e non mi si piegherebbe nemmeno di un millimetro!».
Gli altri ragazzi risero sguaiatamente per la sua millanteria.
«Perché non fai subito la prova e ce lo dimostri?», lo sfidò Robert, ironico.
«Beh, ora non ce l'ho mica in tiro», rispose il chitarrista stringendosi nelle spalle. «A guardarvi voi sei mi si ammoscia invece che venirmi duro!».
A questa frase fece seguito un'altra risata interrotta nuovamente da Robert, ancora alla ricerca di qualcuno che gli spalmasse la crema solare sulla schiena.
«Ho capito, lo farò io...», si sacrificò James. Si alzò in piedi e, per raggiungere l'amico che si trovava proprio dalla parte opposta della loro fila di teli, calpestò gli asciugamani di tutti, compreso quello di Lee che se lo ritrovò per la seconda volta invaso dalla sabbia.
«Insomma, volete piantarla di sporcare la mia roba!», strillò, alzandosi in piedi a sua volta per scuotere il telo. Una folata di vento improvvisa spinse la rena depositata sopra di esso proprio sulla testa di Peter, che aveva appena terminato di sistemarsi il caschetto.
Il bassista lanciò un grido acuto che fece voltare buona parte delle persone che li circondavano dalla loro parte.
«Scusatelo», intervenne subito Walter, rivolgendosi ai loro vicini alzando le mani in gesto da paciere. «Il nostro amico è allergico a tutto ciò che gli scompiglia i capelli».
Peter sbuffò per il disappunto e le persone attorno, dopo avergli lanciato un'ultima occhiata dubbiosa, tornarono a concentrarsi sulle proprie attività.
Terry si stese supino, sistemando accuratamente la grossa catena sul petto per poi mettere le braccia sotto la testa a mo' di cuscino.
«Tu non ti spalmi la crema solare?», gli chiese Danny, seduto accanto a lui. Il chitarrista scrollò le spalle in un gesto di noncuranza e lui insisté: «Sei bianco come una mozzarella! Se non usi un po' di protezione stasera, oltre al torcicollo, ti ritroverai anche con un'ustione di secondo grado».
«Pappamolla», grugnì di nuovo Terry, e stavolta fu il batterista a stringersi nelle spalle.
«Sai che c'è? Arrangiati! Poi non venire a lamentarti che stai male».

 

I musicisti riuscirono a rilassarsi, godendosi il sole, a malapena per dieci minuti. Alcuni ragazzini di età compresa tra i dieci e i quindici anni che stazionavano sotto alcuni ombrelloni lì vicino, infatti, ben presto decisero che quello era il momento migliore per disputare un'accanitissima partita di calcio.
Dopo alcuni passaggi il pallone, mancato dal portiere, andò a finire proprio dalla parte dei Chicago: sbatté sulla testa di Peter scompigliandogli il caschetto, rimbalzò sul sedere di Robert, si abbatté sulla rivista di enigmistica che Walter stava risolvendo e concluse la sua corsa sull'asciugamano di Lee, stazzonandoglielo.
Il trombettista lanciò uno sguardo inceneritore ai ragazzini prima di ributtargli il pallone, ma quelli non se ne accorsero neppure e ripresero subito a giocare.
Dopo altri pochi tiri, ecco che la palla andò di nuovo a finire verso i musicisti: sbatté per la seconda volta sulla testa di Peter scatenando la sua isteria, rimbalzò fino a finire in faccia a James e si arrestò tra le mani di Danny, che era stato lesto ad afferrarla prima che andasse a sbattere contro la sua lattina di birra.
«Questa è l'ultima volta che vi rilanciamo la palla. La prossima le faremo fare una brutta fine!», minacciò il batterista nel lanciare il pallone ai ragazzini.
Quelli si strinsero nelle spalle e ripresero a giocare. Ma, come se fosse stata dotata di vita propria e avesse avuto intenzione di farla finita, la sfera di plastica andò a infrangersi per la terza volta contro la testa di Peter. Il bassista si alzò in piedi di scatto, strappò la penna dalle mani di Walter e la conficcò nella palla più volte, pugnalandola a morte. Dopo di ché raggiunse a passo di marcia il primo bidone della spazzatura e ce la buttò dentro, tornando poi a sedersi sul proprio asciugamano risistemandosi i capelli con cura.
I ragazzini se la diedero a gambe, sparendo dalla loro vista. Robert e James risero per l'espressione risoluta di Peter, Walter si lamentò perché anche la sua penna si era irrimediabilmente rovinata e Danny si ritrovò a fissare Terry che, nonostante tutto il trambusto, si era addormentato e ora russava a bocca semiaperta, la grossa catena d'acciaio tinta in oro appoggiata sul petto enorme.
«Stasera sarà cotto come un'aragosta bollita», commentò, rivolgendosi a Lee seduto al suo fianco.
Il trombettista gli lanciò un'occhiata di sottecchi. «Se l'è voluta lui», replicò scrollando le spalle.
Dopo alcuni minuti, e dopo aver finito il suo maxi cruciverba con una penna di riserva, Walter si stiracchiò.
«Io ho sete, vado a comprarmi una Coca-Cola. Voi volete qualcosa?».
James prese il portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloncini, che aveva ripiegato sotto la testa a mo' di cuscino, e gli allungò un po' di spiccioli.
«Prendine una anche per me, grazie!».
Robert e Lee presero una birra, mentre Danny e Peter si dichiararono a posto. Terry stava ancora dormendo della grossa, quindi pensarono bene di non disturbarlo.
Di nuovo seduto al suo posto, Walter aprì la sua lattina e ne scolò una buona metà prima di rimettersi a sfogliare la rivista di enigmistica, alla ricerca di un nuovo cruciverba che non fosse già stato scarabocchiato dai suoi amici. Ne scartò uno su cui James aveva scritto alcuni versi di una canzone che stava cercando di comporre e un altro su cui qualcuno, molto probabilmente Terry, aveva disegnato un enorme pisello con le ali.
Quando ne trovò uno intonso si sistemò a pancia in giù sul proprio telo e, prima di mettersi a leggere le definizioni, bevve un altro paio di sorsi per poi sistemare la lattina a una decina di centimetri di distanza dal bordo dell'asciugamano. Non fece in tempo a togliere le dita che una bambinetta di sei o sette anni, dai lunghi capelli castani raccolti in una treccia, si chinò e afferrò la lattina, la scolò del contenuto rimanente e la buttò in un sacchetto di plastica, già pieno per metà di altri contenitori in alluminio.
«Ehi, ma che...», borbottò, ma la bambina si era già allontanata, accompagnata da un altro bimbo e da una ragazzina di qualche anno più grande, anche loro con dei sacchetti pieni di lattine accartocciate.
«E che cazzo! Mi hanno fregato l'ultimo goccio di Coca-Cola», esalò il sassofonista, seguendo con lo sguardo la figuretta in costume rosa con i volant che ormai sbiadiva nella calura estiva.
Danny alzò lo sguardo su di lui e poi si voltò nella direzione in cui stava indicando.
«Ah, sì... credo che stiano raccogliendo le lattine vuote. Ho sentito dire che se le porti dove le riciclano poi te le rendono piene come ricompensa», spiegò il batterista.
«E proprio la mia dovevano prendere?», si lamentò Walter. «Ce n'era ancora un sorso!».
«Dai, fratello, non ti arrabbiare. Troppi zuccheri fanno male alla salute». Robert ammiccò nella sua direzione e scolò la propria birra.
Il sassofonista borbottò qualcosa – che sapeva tanto di imprecazione – in croato, poi si rimise a completare il suo cruciverba.


Il sole picchiava duro sulle teste dei sette ragazzi, che ben presto decisero di andare a fare un bagno per rinfrescarsi.
Non appena furono tutti in piedi, però, si accorsero che Terry non si era mosso: il chitarrista stava ancora dormendo come un ghiro, con il petto che iniziava ad assumergli una sfumatura fucsia.
«Sarà meglio svegliarlo, che dite?», chiese Peter, pungolandolo su un fianco con un piede.
«E farlo cominciare a rutteggiare e scorreggiare? Ma anche no, grazie!», rispose Lee fissando l'amico dormiente dall'alto in basso. I sei ragazzi si guardarono per un po', indecisi sul da farsi, poi si strinsero nelle spalle e saltellarono sulla spiaggia – bruciandosi le piante dei piedi – fino a raggiungere il bagnasciuga.
Una volta in acqua Robert, James e Danny iniziarono subito a schizzarsi l'un l'altro. Peter si tenne debitamente alla larga per evitare che gli bagnassero il caschetto di capelli, ma fu colto alla sprovvista da Walter che, dall'alto dei suoi due metri scarsi, lo afferrò per le spalle e gli fece lo sgambetto, facendolo finire tra le onde come una pera cotta.
Peter riemerse dalle acque balbettando e sputacchiando. «Tu... grandissimo pezzo di...», ma gli altri non gli lasciarono nemmeno il tempo di finire la frase, perché non appena avevano visto la scena si erano precipitati nella sua direzione e si erano accaniti contro di lui.
Il bassista tentò di difendersi come meglio poté ma era in nettissima inferiorità numerica, così decise di uscire dall'acqua – con grande difficoltà – e a tornare al suo asciugamano, infuriato e gocciolante. Ma non appena i suoi occhi si posarono su Terry corse di nuovo sul bagnasciuga.
«Ragazzi!», gridò concitato non appena raggiunse gli altri. «Venite a vedere, presto!».
I suoi amici lo seguirono correndo, la sabbia che gli scottava i piedi, e si arrestarono di botto alla vista dell'amico. Il petto di Terry aveva assunto tonalità violacee, addirittura più scure lungo il contorno della catena d'acciaio.
«Cazzo, io l'avevo detto che si sarebbe ustionato!», esclamò Danny chinandosi su di lui per scuoterlo. Nel farlo sfiorò il catenaccio e subito ritirò le dita, soffiandosi sui polpastrelli. «Merda! Quell'affare è incandescente! Terry, svegliati per l'amor di Dio!», gridò disperato, ma il chitarrista non si mosse: pareva svenuto.
«Non gli sarà mica preso un colpo di calore?», si chiese Lee, avvicinandosi per fissarlo da vicino a sua volta. «Va a finire che dobbiamo chiamare l'ambulanza».
«Per prima cosa dobbiamo cercare di svegliarlo a tutti i costi», suggerì Robert.
«Ci penso io!», esclamò James. Si guardò attorno freneticamente, individuò un bambino che giocava col suo secchiello, glielo chiese in prestito, corse a riempirlo e tornò da Terry, per poi buttargli il contenuto in faccia senza tanti complimenti.
Il chitarrista si svegliò di colpo ansimando, sorpreso per la secchiata d'acqua che lo aveva appena investito.
«Ehi, che cazzo fate?! Mi volete affogare?», esclamò mettendosi seduto.
«No, vogliamo salvarti la vita, idiota!», rispose Danny, indicando il suo petto. «Guarda come ti sei ridotto! Io te l'avevo detto che dovevi metterti la crema solare!».
Terry abbassò lo sguardo per fissarsi il torso, poi si strinse nelle spalle.
«Cazzate! Sono appena appena arrossato, ma...». Nel parlare, strinse le dita sulla catena che aveva al collo, ritirandole immediatamente con un'imprecazione. «Che cazzo! Scotta da morire!».
«Ma va?», commentò sarcastico Lee. «È una catena d'acciaio che sta prendendo il sole da ore. Non lo sai che l'acciaio è un ottimo conduttore di calore?».
«Aiutatemi a toglierla», implorò il chitarrista, tentando inutilmente di chiudere le dita sul metallo rovente.
Walter raccolse la sua maglietta e, usandola come una presina da cucina, riuscì a sfilargli la catena dal collo, tra i gridolini e i sobbalzi dell'amico ogni volta che l'acciaio lo sfiorava da qualche parte.
Non appena il grosso monile fai-da-te fu finito nella sabbia, James fissò il petto di Terry e scoppiò a ridere.
«Te la sarai anche tolta, quella catena, ma ce l'hai ancora stampata addosso!».
E, in effetti, sui pettorali viola del chitarrista spiccava il segno bianco, contornato di rosso scuro, del catenaccio col suo lucchetto.
«Forse è meglio se mi vado a bagnare un pochettino...», mormorò Terry, sfiorandosi la pelle arrossata e procurandosi un brivido che gli fece drizzare tutti i peli sul corpo.
«No, forse è meglio se te ne vai a casa!», esclamò Peter, le mani sui fianchi. «Se rimani un altro minuto al sole rischi davvero di rovinarti!».
Il chitarrista annuì. «Sì, forse hai ragione. Credo proprio che andrò a casa, non mi sento tanto bene...».
Danny scosse la testa. «Io te l'avevo detto che avresti dovuto metterti la crema solare! Andiamo, ti accompagno a casa».
«Grazie, fratello».
«Grazie fratello un cazzo! Così mi brucio la possibilità di conquistare qualche pollastrella!», sbottò il batterista, per poi addolcirsi nel vedere il volto sofferente dell'amico. «Ma la tua salute mi sta più a cuore, dopotutto».
«Danny...», mormorò Terry mentre i due camminavano lentamente verso il lungomare. «Mi fa male il collo...».
Il batterista fece roteare gli occhi. «E meno male che uno stallone come te poteva attaccarselo anche all'uccello, quel catenaccio».
Terry rise, ma il movimento lo fece rabbrividire. «Credo che non mi metterò quella catena addosso per un bel po'».
«Anche perché ce l'hai ancora, addosso», gli fece notare di nuovo Danny, indicando il segno pallido che aveva sul petto.
«Eh già. Direi proprio che basta con queste scemenze».
Il batterista scosse la testa. Sapeva già che il giorno dopo Terry avrebbe dimenticato la sua disavventura e avrebbe avuto un'altra trovata bislacca.

 

 

Spazio autrice:

Benvenuti su questa nuova raccolta, nata da una sfida che ho lanciato su EFP e che è stata raccolta da Kim Winternight e da Soul Mancini.
In cosa consiste questa sfida?
Come dice il titolo, “ON HOLIDAY”, dobbiamo scrivere quattro storie sui nostri artisti musicali preferiti (io ho scelto i Chicago, ovviamente), ognuna ambientata in uno dei luoghi classici delle vacanze (mare, montagna, città e campagna) e ognuna basata su quattro prompt diversi. Poiché siamo solo in tre a partecipare, il primo prompt (ovvero CATENA) ci è stato fornito dalla mamma di Kim e Soul, mentre per i prossimi ne daremo uno per ognuna.
Non ci sono scadenze fiscali da rispettare, ma i prompt verranno assegnati ogni 15 giorni.
Per questa prima storia, ho scelto di scrivere dei Chicago della fine degli anni '60, appena arrivati a Los Angeles da Chicago. Ecco perché ho citato nel testo il fatto che non facevano altro che provare e provare: per il primo anno e mezzo (prima che riuscissero a pubblicare il loro primo disco) i ragazzi, che vivevano tutti insieme in un appartamentino che gli aveva procurato James Guercio (il loro produttore), non facevano altro che provare giorno e notte e non avevano il becco di un quattrino, infatti i quattro che erano sposati (Peter, Danny, Walter e Terry) avevano dovuto lasciare le mogli a Chicago perché non avrebbero saputo come mantenerle. Quindi, le età dei ragazzi sono le seguenti: Robert e Peter 24 anni, Walter 23 anni, Terry e Lee 22 anni, James 21 anni e Danny 20 anni.
Walter bestemmia in croato perché croate sono le sue origini, e per mia licenza poetica quando è particolarmente arrabbiato o emozionato fa ricorso a quella lingua per esprimersi.
Sempre per mia licenza poetica, Peter è fissato con i propri capelli e la loro “messa in piega”, mentre Terry è solito rutteggiare e scorreggiare senza ritegno.
Per quanto riguarda la “Real Life Challenge” i riferimenti sono molteplici, come la sabbia che brucia, le scottature solari (che per me erano frequentissime), le partite a pallone con il mitico “Super Tele” (quelle palle di plastica che si bucavano solo a guardarle), le riviste di enigmistica per compagnia e, più importante di tutte, la raccolta delle lattine vuote sulla spiaggia. Ebbene sì: quando avevo sei o sette anni (quindi nel 1986/87) con i miei cugini andavamo in giro per la spiaggia a raccogliere le lattine vuote, perché poi loro le portavano a far riciclare e in cambio gli davano le lattine piene. Una volta, un tizio che stava bevendo la sua Coca-Cola, dopo aver bevuto l'ultimo sorso ha appoggiato la lattina davanti al proprio asciugamano e io, che stavo arrivando proprio in quel momento, l'ho afferrata lesta lesta, ho scolato l'ultimo goccio nella sabbia e l'ho messa nel mio sacchetto, sotto lo sguardo incredulo del tizio (e pure dei miei cugini che mi hanno sfottuto per mesi) XD. Quindi la bambinetta con la treccia e il costumino rosa con i volant che ha fregato la lattina a Walter sono io! Perdonami, Wally, non l'ho fatto apposta!
Per quanto riguarda la catena d'acciaio diventata incandescente sotto il sole, credo non ci sia bisogno di spiegazioni. Basta mettere le mani sul cofano di una macchina che è stata sotto il sole tutto il giorno per capire.
Infine, il titolo di questo primo capitolo è un chiaro riferimento alla canzone “Abbronzatissima” di Edoardo Vianello.
Grazie davvero a chi passerà a leggere, e ci vediamo con la prossima location: la montagna!

 

  
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