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Autore: Kuroi Tenshi    28/07/2021    2 recensioni
Una versione alternativa della storia canon, che poi prende la sua strada secondo la mia idea di come il rapporto Zutara avrebbe avuto tutti i presupposti di evolvere, ma poi non è stato 🥺
Dal cap. 3:
“Non si tratta solo di questo, vero? Non è soltanto senso del dovere. Tu vuoi fare ammenda per gli errori che hai commesso e che ha commesso la tua famiglia. In ogni modo possibile.”
Il Principe della Nazione del Fuoco chinò il capo davanti alla Dominatrice dell’Acqua.
Lei gli si avvicinò, gli posò delicata una mano sulla guancia sinistra, accarezzando lievemente la cicatrice, e scelse le parole con cura: “E’ una cosa bella e ti fa onore, Zuko. Ma lascia che ti accompagni. Permettimi di supportarti in questa tua scelta.”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Zuko
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. AVVICINARSI



La sera dello spettacolo teatrale sull’isola di Ember era iniziata bene, se non si prendevano le cose sul serio era facile ridere di loro stessi, e Katara si era divertita stuzzicare Zuko che si lamentava della sua rappresentazione, anche se poi la scena di lei e Jet l’aveva imbarazzata. Ma quando si rivide nelle gallerie di cristallo con il Principe, sentendo insinuare che tra loro ci fosse del tenero, non si infastidì come era avvenuto in passato con la cacciatrice June. Rimase qualche momento perplessa per cercare di capire come si sentisse. Sbirciò il ragazzo al suo fianco. Aveva qualche ciocca di capelli ribelli a coprirgli parzialmente l’occhio buono, e pensò che dovesse essere per forza un gioco di luci dovuto al buio della sala a darle l’impressione che il suo incarnato di solito così chiaro si fosse tinto lievemente di rosso.
Le affermazioni dell’attrice che la interpretava riguardo il suo rapporto con Aang la fecero riflettere. Cosa provava per lui? Si erano baciati qualche volta, ma lo amava? Sicuramente gli voleva bene, ma in quale modo?  E lui nei suoi confronti come si sentiva? Ringraziò l’inizio del secondo intervallo. Ma non era preparata alla conversazione che avvenne con l’Avatar. Quelle confessioni da parte sua la lasciarono, se possibile, ancora più turbata di prima. Fu sollevata quando lo spettacolo finalmente terminò, nonostante la conclusione tragica, e tornarono alle tende.
Non riuscendo a prendere sonno, decise di uscire. Il palazzo estivo del Signore del Fuoco era immenso, ma i giardini lo erano anche di più. Le piaceva camminare in mezzo a tutte quelle varietà di piante e fiori che le erano in gran parte sconosciute, al Polo Sud non c’era molta vegetazione. Era immersa nei suoi pensieri, cullata dai profumi della natura, quando avvertì un movimento più avanti di fronte a sé. Avvicinandosi, scorse Zuko intento ad allenarsi con le due spade. Indossava soltanto i pantaloni, e Katara poteva vedere i muscoli definiti delle braccia e del petto contrarsi ad ogni gesto. Il suo stile di combattimento era molto diverso da quello che era abituata a vedere eseguito da Sokka, era altrettanto deciso ma più marziale, meno sciolto. Doveva fare pratica da tanti anni. Fu distolta dalle sue considerazioni quando lui parlò rivolgendosi a lei: “Hai visto abbastanza?”
“Non volevo disturbarti,” si scusò, arrossendo, “E’ solo che non riuscivo a dormire e ho pensato di fare una passeggiata…” . Non ricevendo risposta, dedusse che fosse seccato, e fece per andarsene.
“Non mi stai disturbando.” Si fermò e si volse indietro, per vedere che il corvino aveva ripreso l’allenamento. Sedette su una roccia seguendo i suoi movimenti. Studiandoli nella loro rigidità, le venne spontaneo paragonarli ai suoi che utilizzava per il Dominio dell’Acqua, che al contrario sembravano una danza. Ad un certo punto, lentamente gli si avvicinò e iniziò a muoversi insieme a lui. Ognuno nel proprio stile, così simili e così diversi, complementari come gli Elementi che rappresentavano, pur senza farne uso. Sembrava si stessero attaccando a vicenda, con mani, piedi e spade, ma senza mai sfiorarsi, percepivano solo i rispettivi spostamenti d’aria. Continuarono con la loro bizzarra coreografia a lungo, finché, entrambi stanchi, si sedettero sul prato che aveva fatto loro da palco per riprendere fiato.


Il Signore del Fuoco la guardava da riva, composto e regale anche nella semplice veste leggera che indossava, con i capelli scuri sciolti e mossi dalla brezza che gli incorniciavano il viso e scendevano fino alle spalle. Con pochi passi, sospingendosi con le onde, la ragazza lo raggiunse e gli sorrise: “Non riesci a dormire?”
“Ormai sono abituato a fare tardi.” rispose con un mezzo sorriso rassegnato.
“E quando non dormi scendi spesso fino alla spiaggia?” chiese.
“Qualche volta. Mi aiuta  a liberare la mente.”
Katara non poté che dirsi d’accordo.

“Che cos’hai?” domandò infine. Il ragazzo le rivolse uno sguardo interrogativo sollevando il sopracciglio, quindi proseguì: “Durante il ritorno Toph mi ha accennato che lo spettacolo ti ha scombussolato più di quanto voglia dare a vedere. E adesso ti trovo in giardino nel cuore della notte ad allenarti…”
“Potrei chiederti la stessa cosa.” fu la risposta evasiva e velata di ironia.
“Pensavo. Alla mia casa, al nostro viaggio, a tutte le persone che abbiamo incontrato, e a come andrà a finire questa guerra...” scosse la testa alzando gli occhi al cielo, per minimizzare quanto in realtà l’ultimo interrogativo la tormentasse.
“Ce lo domandiamo tutti.” Quello era Zuko.
 Accettava le sue domande senza cercare a tutti i costi di trovare risposte, semplicemente prendendo atto di non avere una soluzione a tutto.
“Credi che tuo zio stia bene?” chiese lei all’improvviso. Lui si prese qualche istante prima di rispondere.
“E’ l’uomo più in gamba che io conosca, ed è riuscito ad evadere dalle prigioni del Palazzo del Fuoco. Sono certo che se la stia cavando alla grande.”
“Allora cos’è che ti preoccupa?” incalzò lei, fissandolo. Il ragazzo le indirizzò un’occhiata a metà tra il divertito e lo sconcertato. Riusciva a comprenderlo bene.
“Il fatto di non sapere se potrà mai perdonarmi per come mi sono comportato in passato.” sospirò infine.
Katara sorrise. “Sono sicura di sì. Credo che sappia che sei cambiato e che stai facendo tutto il possibile per rimediare ai tuoi errori, le voci su di noi corrono veloci.”
Lui sollevò il viso verso la volta nera sopra di loro, con una smorfia di amarezza. Raccolse le ginocchia al petto appoggiandovi le braccia, e sussurrò: “Ma sarà sufficiente?”
La ragazza intuì che non si stesse riferendo solo all’ottenere il perdono del Generale.
“Zuko…” allungò leggermente una mano, fino a posarla su quella diafana di lui, creando un interessante contrasto con la sua color caramello. “Tutti sbagliamo, chi più e chi meno. Io ad esempio, se non mi fossi resa conto che il comandante dei Predatori Meridionali era l’uomo sbagliato, avrei potuto commettere l’irreparabile, da quanto ero accecata dall’ira.”
“Ma non l’hai fatto. Le tue mani possiedono il dono della guarigione, non sono fatte per ferire.” lasciò un ‘a differenza delle mie’ in sospeso. Non lo pronunciò, ma lei intuì che dovesse pensarlo. Poi inaspettatamente il corvino girò la propria mano e sfiorò piano la sua, provocandole un brivido. Poteva sentire i calli dovuti in parte all’utilizzo del Dominio e in parte alla pratica con le spade. Non si era mai resa conto di quanto le mani di lui fossero più grandi delle sue, eppure affusolate, belle nonostante i segni dei duri allenamenti. E calde, a confronto con le sue fresche.
“Non è sempre così." ribatté, “Ciò che hai visto quella notte… Si chiama Dominio del Sangue. Si tratta di una variante del Dominio dell’Acqua, eseguibile solo nelle notti di plenilunio. Consente di controllare l’acqua contenuta negli esseri viventi, animali… E persone.” esitò. Lui la guardava in silenzio, aspettando che proseguisse. “Non desideravo impararlo. E in quella cabina stavo per fare un terribile errore.”
“Sì, ma non l’hai fatto!” esalò Zuko, scostando la mano da quella di lei, “Possibile che non capisca la differenza tra l’aver fatto e l’aver avuto la possibilità di fare del male? Tu, Aang, Sokka, Toph… Avete fatto sempre le scelte giuste! Io ho continuato a ferire e distruggere per anni!”
Katara tacque. Sentiva che il suo tormento in parte era dovuto anche a lei e alle parole che gli aveva rivolto nel corso del tempo. Ci pensò su, poi sentenziò con calma: “A volte le cose che facciamo sono anche il frutto di quello che ci circonda. Io ho avuto un’infanzia felice, con i miei genitori e mio fratello, piena di amore."
Lo fissò intensamente: "Tu invece sei stato addestrato al combattimento fin da piccolo, hai dovuto affrontare da solo la perdita di tua madre e hai subito le cattiverie di tua sorella e il disprezzo di tuo padre." enumerò con le dita, "Tutto questo ha sicuramente influenzato il tuo modo di agire. Non sto dicendo che non abbia le tue colpe nelle decisioni che hai preso… Però non addossartene più del necessario. Ora stai cercando di fare la cosa giusta, non avere fretta. Avanza al tuo passo, nel percorso di redenzione che hai deciso di intraprendere.”
Zuko la ascoltò attentamente, cercando di imprimersi nella mente quelle parole cariche di misericordia e speranza. Katara si voltò verso di lui e gli offrì un sorriso conciliante: “Magari non ti libererai mai del tuo fardello. Ma può darsi invece che un giorno ti sveglierai e ti sentirai libero dal rimorso.” fece una breve pausa. “Io te lo auguro di cuore, Zuko.”
Detto questo si alzò, si raccolse il sudore di dosso con un breve movimento, lo gettò via e si spolverò gli abiti “E comunque non è vero.”

Lui la scrutò perplesso. “Che cosa non è vero?”
“Che hai sempre fatto del male,” rispose sorniona, “Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Se avessi voluto, avresti potuto radere al suolo l’intero villaggio. Ne avevi tutti i mezzi. Ma hai scelto la via meno violenta.” Un timido sorriso comparve sul volto del ragazzo. “Io torno a letto. Grazie dell’allenamento e della chiacchierata, dovremmo rifarlo qualche volta. Buonanotte Zuko.”
"Grazie a te per le tue parole, Katara. Non credevo che proprio tu tra tutti mi avresti mai detto di essere più indulgente con me stesso." replicò lui. Pareva rincuorato.
Lei lo guardò un istante. Poi, non sapeva nemmeno lei come le fosse venuto, si chinò e gli baciò delicatamente la guancia sinistra, vicino alla cicatrice. Un contatto leggero e veloce, dal gusto salato a causa del sudore che imperlava ancora la pelle di lui. Quindi senza indugiare ulteriormente si avviò spedita verso la casa, per impedirgli di notare il rossore comparso sulle sue gote.


Comminavano lentamente sulla spiaggia, fianco a fianco. Ogni tanto Katara gli lanciava qualche fugace occhiata furtiva.
 “Allora? A cosa stai pensando questa sera?” ruppe il silenzio Zuko.
“A niente di particolare!” mentì, troppo in fretta, e lui le rivolse uno sguardo poco convinto corrugando la fronte. “Stavo solo ripercorrendo tutto quello che abbiamo passato negli ultimi anni…” corresse il tiro con una mezza verità. Il modo migliore per raccontare bugie, camuffarle con la verità.

Da quella volta in giardino era capitato spesso che la notte stessero alzati a parlare ed esercitarsi dopo che gli altri si erano addormentati. Zuko le aveva raccontato di come si era procurato la cicatrice come punizione per essere intervenuto senza permesso a difesa del suo popolo in un Consiglio, di come per combattere alcune ingiustizie a cui aveva assistito aveva iniziato a vestire i panni dello Spirito Blu, della famiglia che aveva aiutato nel Regno della Terra ma che lo aveva scacciato appena scoperta la sua identità, e della vita tranquilla che aveva condotto a Ba Sing Se. Lei gli aveva parlato del Polo Sud, della sua famiglia, dei loro viaggi, di quando si era calata nei panni della Signora Dipinta per aiutare la gente del fiume, di come aveva appreso il Dominio del Sangue per salvare Aang e Sokka da Hama. Aveva trovato nel corvino un interlocutore attento, un confidente rispettoso, un amico divertente. Una sera, improvvisamente, le chiese di esercitare il Dominio del Sangue su di lui. Katara lo fissò con occhi sbarrati.
“Come puoi chiedermi questo? Ti ho spiegato quanto sia terribile, perché vuoi spingermi ad usarlo?”
“Non ti agitare. Ho capito che non avresti voluto questo potere e che lo temi. Ma credimi se ti dico che un potere di cui si ha paura è ancora più pericoloso, perché è facile perderne il controllo. Per il bene di tutti penso sia meglio che impari comunque a gestirlo.” ragionò Zuko, muovendo appena le mani davanti a sé. In effetti aveva senso, ma non abbastanza da persuaderla.
“E se ti facessi del male?” obiettò titubante, abbassando lo sguardo.
“Beh, potresti dire di esserti presa la rivincita per tutto quello che vi ho fatto passare nei mesi in cui vi ho braccati.” tentò di sdrammatizzare lui, guadagnandosi un’occhiata fulminante. “Ascolta, è difficile che un Elemento sfugga seriamente al nostro controllo, e in tal senso possiamo dire che il Fuoco è senza dubbio quello più pericoloso. Però in questo caso, se dovessi sentirti insicura, ti basterebbe smettere di Dominare per fermare tutto.”
La ragazza era ancora incerta, sembrava voler trovare ad ogni costo un valido motivo per rifiutarsi. Lui approfittò della sua esitazione per insistere: “Va bene se non desideri farne uso. Credo che una simile capacità sia mille volte meglio posseduta da una persona che si rende conto di quel che può fare e cerca di evitarlo, piuttosto che da una che lo sfrutta senza scrupoli. Ma se ti trovassi in una situazione disperata… Ad esempio, se volessi fermare un Dominatore che sta attaccando uno dei tuoi amici che non sarebbe in grado di schivare o di opporsi… Quest’abilità potrebbe salvargli la vita.”
Nella mente di lei comparve prepotente l’immagine di Long Feng che scagliava un blocco roccioso contro un Jet totalmente incapace di difendersi. Abbandonando la riluttanza e armandosi di determinazione, accettò.


“Non abbiamo avuto molto tempo per parlare, da quando sei qui, sto essendo un pessimo ospite.” osservò lui.
“Il tuo ruolo ti tiene impegnato, è normale… E poi anche io sono stata presa con le varie riunioni, in qualità di portavoce della mia Tribù.” lo rassicurò lei con un’alzata di spalle.
“Come stai, Katara?”
“Bene. A casa va tutto bene, Suki si è stabilita definitivamente da noi, anche se non si è ancora abituata del tutto al freddo. Aang è sempre in viaggio per adempiere ai suoi doveri di Avatar. Il mese scorso Toph ci ha fatto visita, ma non è stata molto contenta… Sai, ha dovuto indossare per forza degli stivali, non poteva mica camminare a piedi nudi sulla neve… Brrr!” si concesse una risatina nervosa. Non sapeva perché stesse sproloquiando a quel modo. Era sempre stata chiacchierona, ma di solito non investiva le persone con una raffica di informazioni sconnesse come in quel momento.
“Katara,” la interruppe lui, “mi fa piacere che stiano tutti bene, davvero. Ma io ti ho chiesto come stai tu.”

Durante la simulazione con il Signore dell’Anguria, Sokka stabilì che lei e Zuko attaccassero insieme. Mentre aspettavano tra le rocce il loro turno di entrare in azione, scorse un’espressione combattuta sul volto di lui. “Qualcosa non va?” chiese.
“Se non conti che mi sto allenando per uccidere mio padre, no!” sbuffò, probabilmente più tagliente di quanto non avesse voluto, perché subito dopo chinò il capo e riprese: “Scusami, Katara. Apprezzo che ti preoccupi per me, davvero. E’ solo che è una sensazione strana, fino a poche settimane fa avrei fatto qualsiasi cosa per avere la sua approvazione, e ora… Mi sto mettendo contro di lui, per cercare di essere un sovrano migliore di lui, per un popolo che ha esultato nel vedermi uccidere, anche se nella finzione…”
Notò che mentre parlava aveva stretto i pugni attorno alle else delle spade. “Zuko…” le faceva male vedere quanto a fondo quel dannato spettacolo avesse rivangato nel suo dolore. Gli posò piano una mano sulla spalla. “Quelle persone non ti conoscono. Ma io sono certa che quando diventerai Signore del Fuoco saprai farti vedere per come sei veramente, e sarai amato e rispettato.” disse con dolcezza.
“Ne parli come se sapessi che succederà di sicuro, che vinceremo questa guerra.” commentò scettico.
“E’ il destino di Aang mantenere la pace e l’armonia nelle Quattro Nazioni. E lo compirà!” affermò con convinzione.
Lui la fissò per alcuni secondi che le parvero interminabili, e lei distolse lo sguardo, imbarazzata, ripensando a quanto dovesse essergli sembrata al contrario insicura e preoccupata soltanto poche sere prima.
“Grazie." disse piano Zuko," Sai sempre cosa dire per far coraggio a tutti noi… Sei davvero l’essenza stessa della speranza. Quello che ci tiene insieme e ci impedisce di cadere nel pessimismo e nello sconforto.”
Si voltò di scatto nella sua direzione, sorpresa, e lui le regalò un sorriso grato. Poi arrivò il loro turno di attaccare il Signore dell’Anguria, e corsero fuori dal loro nascondiglio, combattendo fianco a fianco le pietre infuocate manovrate da Toph.
Non ebbe mai modo di dirgli quanto quelle poche frasi le avessero fatto piacere. Era vero che tutti andavano da lei quando sentivano il bisogno di una parola di sostegno, ma spesso veniva anche presa in giro per il suo inguaribile ottimismo. E ci scherzava su, sapendo che in fondo erano contenti di potersi rivolgere a lei per qualsiasi cosa. Zuko invece le aveva espresso con candore quanto apprezzasse quel suo lato, e ne era stata felice. Come lei era la roccia del gruppo, inconsapevolmente aveva fatto di lui la propria. Se qualcosa non andava, o si sentiva particolarmente scoraggiata, era con lui che si confidava. Perché sapeva che avrebbe accolto le sue incertezze senza disorientarsi alla sua esternazione di fragilità, semplicemente riconoscendo che si trovavano tutti nella stessa situazione. Anche solo il fatto che la ascoltasse con serenità le era di conforto.
  
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