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Autore: Fiore di Giada    29/07/2021    1 recensioni
Adele de Nobili, dopo la morte del suo amato, Saverio Marincola, soffre.
Poi, però, prende la decisione di chiudersi in un monastero, sopportando le rigidezze della clausura, pur di farla pagare ai suoi fratelli assassini.
Una pagina introspettiva su di lei, vista a mio modo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La luce della luna filtrava da una finestra semi – aperta e un raggio dell’astro notturno entrava nella stanza, creando deboli ricami d’argento sul pavimento e sul mobilio.
Adele, stesa sul letto, le mani incrociate sul petto, piangeva, lo sguardo fisso sul soffitto. Il silenzio della strada, per lei, era una condanna dolorosa.
Non avrebbe mai più udito l’argenteo tintinnio del cavallo del suo amato Saverio.
Come un volgare delinquente, era stato ucciso da colpi di carabina e il soccorso generoso di alcuni passanti non era stato bastevole a salvargli la vita.
Era spirato su un letto di compassionevoli sconosciuti, lontano dalle sue mani e dal suo amoroso sguardo.
Le era stata negata la facoltà di accompagnarlo in quei momenti estremi e di dargli il conforto del suo amore.
– Avete pensato a me, mio tesoro? – si chiese la ragazza, lo sguardo castano, rosso di lacrime, fisso sul soffitto..
Un debole singhiozzo sollevò il suo petto magro. Ne era sicura, prima di morire, il pensiero di lui era stato per lei.
Saverio era guidato da due onesti sogni, ossia la libertà dell’Italia e il matrimonio con lei.
Desiderava una Italia unita, libera dallo straniero, e in essa voleva costruire la sua famiglia.
Eppure, la limpidezza del suo animo era ben poca roba per loro.
Era colpevole di non essere fedele al re e, per questo, era indegno della famiglia de Nobili.
Si era macchiato della colpa d’amare lei.
Un volgare carbonaro, traditore della sua classe e del re, aveva osato posare i suoi occhi su una figlia della nobiltà fedele al re!
Adele sospirò e, dopo qualche minuto, il suo pianto si placò, come il lamento di un agnello agonizzante. La giustizia non li avrebbe perseguitati, malgrado le loro mani fossero rosse del sangue di Saverio .
Anzi, aveva deciso di trasformarsi in serva del potere e delle gerarchie.
Pur di compiacere il potere, ai suoi fratelli era stata garantita l’impunità, affinché dessero informazioni atte a fermare un tentativo di rivolta di due ufficiali veneziani e dei loro compagni.
Alla morte del suo amato, ai loro crimini si era aggiunta la tragica fine di quei giovani sognatori, condannati col marchio d’infamia..
E non era giusto.
Perché ulteriori innocenti dovevano essere sacrificati alla loro vigliaccheria?
Perché la giustizia degli uomini tradiva se stessa, in nome dell’utile più becero?
Nuovi, tristi ricordi inondarono la mente di Adele, come l’acqua esonda nella valle durante un’inondazione. Con la notizia della morte di Saverio, il suo cuore era stato ridotto in macerie.
Aveva desiderato la morte e, per questo, si era rinchiusa nella sua stanza e aveva rifiutato il cibo e l’acqua.
Un sorriso amaro le sollevò le labbra. Pochi mesi prima, loro si erano accorti del suo amore per Saverio e l’avevano imprigionata nella sua camera.
Ora, ella bramava la solitudine in quella grande stanza, colma di ricordi dolci e amari.
La situazione si era capovolta, come se fosse stata guidata dalla mano d’una divinità pagana crudele.
Loro, fingendo una premura lontana dal loro animo, le mandavano il cibo e l’acqua e, fintamente supplichevoli, le chiedevano di uscire dalla sua prigione e le promettevano che le avrebbero ridato la libertà perduta.
Ma ella li rifiutava e anelava alla conclusione della sua esistenza terrena.
Non credeva ai loro rimorsi e desiderava la fine della sua vita, ormai divenuta un gravame insopportabile.
Loro, incuranti delle sue pene, desideravano cancellare uno scandalo.
Vedevano in lei una stupida, incapace di distinguere la realtà dalla finzione?
Ad un tratto, un pensiero illuminò la sua mente, come la debole fiamma di una candela. Con la loro crudeltà, le avevano strappato il cuore e avevano preteso che nulla fosse mutato.
Pretendevano da lei una fasulla gaiezza e sottomissione completa, forti del loro potere d’uomini.
Ella, davanti alla loro supremazia, non poteva esprimere alcuna opposizione e doveva ingoiare le sue lacrime, in quanto la donna, davanti all’uomo, aveva sempre torto e un suo atto di rivalsa era un delitto contro un ordine sacro.
Ma era stanca di subire e di dare baci alle mani che l’avevano colpita.
Loro, ormai, avevano perduto i diritti che avevano su di lei e i legami di sangue erano stati ridotti in polvere dalle loro azioni spietate.
Percepiva solo la voce del suo cuore ferito, che pretendeva soddisfazione per la pena a lungo patita, senza avere commesso alcun delitto.
La morte, per quanto bramata, non avrebbe dato a quelli alcuna pena e la sua scomparsa li avrebbe lasciati indifferenti.
Forse, pur senza versare sangue, poteva punire l’alterigia dei suoi fratelli e dare soddisfazione alla sua anima straziata.
La vendetta non era una utopia per lei, malgrado il suo sesso.
Di scatto, si alzò dal letto e barcollò, colta da un giramento di vertigine.
Si lasciò cadere seduta e i lunghi capelli neri volteggiarono attorno al suo volto delicato, coprendolo, come un cupo sudario. L’astenia aveva consumato il suo corpo, eppure era felice.
Le pareva di avere acquisito nuova energia, malgrado le lunghe giornate di digiuno, interrotte solo da lacrime e urla di dolore.
Certo, i suoi piani le imponevano il sacrificio della sua giovinezza, ma il godimento della vendetta, pur non ancora gustato, accelerava il battito del suo cuore, che sembrava volesse spaccarle le costole.
Il suo respiro accelerava e il suo sangue, prima stagnante, correva in ogni parte del suo corpo, quasi fosse mosso da una forza indipendente.
La possibilità di portare danno ai suoi fratelli ben valeva una tale, estrema offerta.
Vedeva i loro volti distorti da una rabbia impotente e ne godeva.
Come loro avevano colpito lei, lei avrebbe distrutto loro.
Si sarebbe rinchiusa nel convento delle Murate Vive a Napoli e avrebbe consacrato la sua vita ad una clausura intransigente, lontana dai loro opportunismi.
Non si sarebbero serviti di lei come d’un mezzo per compiacere i loro egoismi e non l’avrebbero costretta a sposare un uomo a lei odioso, pur di aumentare il prestigio di un nome stomachevole, che si ammantava d’una nobiltà fasulla.
Nella sua monacazione, avrebbero veduto la fine del nome dei de Nobili, che essi avevano cercato di proteggere, incuranti dei suoi sentimenti.
Decisa, si alzò dal letto e fissò lo sguardo sul vassoio, posato ai piedi del letto, colmo di cibo e acqua. La lama d’acciaio del disgusto dilaniava il suo ventre, ma non poteva cedere.
Aveva bisogno di energie per il suo piano.
Ma, ne era sicura, i sacrifici presenti sarebbero stati ripagati.

Note: questo breve racconto mi è stato ispirato da una leggenda calabrese. Chiedo perdono ai calabresi se ho scritto idiozie. Ed è la leggenda dell’amore di Adele de Nobili e Saverio Marincola.
E’ una delle storie più romantiche che abbia mai letto e in questa storia ho voluto analizzare quello che, secondo me, ha portato questa ragazza a scegliere di murarsi viva in un convento di clausura, dopo la morte del suo amato, per via dei suoi adorabili fratelli. Per me c’è un misto di dolore e vendetta, che spero di avere reso bene.
La spedizione a cui si fa riferimento è quella dei fratelli Bandiera, che, poveri ingenui, sbarcarono con pochi compagni da Corfù in Calabria, credendo di contribuire ad una sollevazione del Meridione, ma furono traditi da Domenico de Nobili, uno dei fratelli di Adele (ma guarda tu il caso…) e catturati dalle forze borboniche.
Processati, furono condannati e fucilati nel vallone di Rovito, presso Cosenza, e i tre fratelli di Adele furono prosciolti dall’accusa di omicidio, in cambio di questa delazione.
Lei si allontanò dalla Calabria e, giunta a Napoli, si rinchiuse nel convento delle Murate Vive e rifiutò risolutamente di vedere uno dei fratelli, che, spinto da rimorso (?), cercava di vederla.
Secondo la leggenda, dopo la sua morte, il suo fantasma, inquieto e sofferente, si aggira per palazzo de Nobilii, in cerca del suo amato, ma non lo può vedere, perché la finestra della stanza è stata murata. La condanna alla dannazione è dovuta alla falsità del suo voto di suora, causato dall’odio, dalla disperazione, dalla vendetta e non dalla fede.



   
 
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