Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: Crudelia 2_0    30/07/2021    1 recensioni
Raccolta di flashfic partecipante alla challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di EFP.
Coppia Anna/Antonio.
I- Le cose che hai detto quando avevi paura
II- Le cose che hai detto dopo avermi baciato
III- Le cose che hai detto mentre stavi guidando (il calesse)
IV- Le cose che hai detto sotto le stelle, disteso sull'erba
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi, Emilia Radicati, Martino Ristori
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: è passato decisamente troppo tempo dall'ultimo aggiornamento, e sono imperdonabile. Per farmi perdonare tre prompt al prezzo di uno, angst, ovviamente.
 Come sempre ogni parere è sempre più che gradito, o anche, se voleste, qualche suggerimento o richiesta per il futuro.
Un abbraccio,
Crudelia
 
 
 
Le cose che hai detto quando non c’era spazio fra noi due  
 
Martino ha sedici anni quando vede sua cugina per la prima volta, quando la vede sul serio. 
Non ha ancora perso del tutto l'interesse per le faccende che Elisa chiama, prendendolo bonariamente in giro, "affari per farsi uomo", ma sta iniziando finalmente a capire che c'è di più. Di più oltre alla tenuta, l'allenamento con la spada, qualcosa oltre i doveri e l'onore che vanno di pari passo con l'affetto per sua sorella ed Elisa, che è sua madre in tutto ciò che conta. 
Emilia è quel qualcosa di più, e lo capisce così all'improvviso che la rivelazione cade piatta nel caldo pomeriggio estivo. 
Lei se ne sta seduta lì, sulla panchina sotto l'albero, a leggere uno di quei romanzi che la zia guarda sempre con una punta di disapprovazione ma non le impedisce mai di esplorare. Ha i capelli raccolti in una lunga ciocca poggiata sulla spalla e il sole le bagna la pelle bianca facendola splendere. È bella in un modo semplice e puro che lo colpisce vicino al cuore. 
Martino si ferma a metà di un passo, indeciso tra il proseguire e rimanere immobile a guardarla, fermo a metà sulla strada tra l'essere un uomo o un ragazzo, fermo a metà tra il desiderio di baciarle la mano come una nobildonna o tirarle la gonna come un bambino dispettoso. 
Emette un verso di gola, Emilia alza lo sguardo e lo stomaco gli precipita sotto i piedi.  
Martino capisce in quell'istante cos'è il qualcosa di più che stava cercando. Lo trova negli occhi grandi di sua cugina, nel modo in cui il suo mondo si infrange quando incontra gli angoli sollevati in un sorriso della sua bocca. 
Si siede sulla panchina al suo fianco con meno grazia di quanta vorrebbe, ma è forse colpa sua se gli tremano le ginocchia? 
Emilia è così vicina che attraverso le gonne sente la morbidezza della sua coscia, e quasi gli scappa un altro gemito. Profuma di lavanda, l'odore è così intenso che quasi gli inebria la mente. Si deve appoggiare pesantemente allo schienale della panchina: sta sudando sotto la camicia, il colletto lo sta soffocando e nella sua pancia continuano a succedere cose strane, come se tutti i suoi organi avessero deciso di ballare e ballare e ballare. 
Emilia chiude il libro con delicatezza e Martino si trova affascinato dalle sue mani. 
«Martino, che succede?», chiede lei, e la piega di preoccupazione tra le sue sopracciglia è adorabile. 
Succede che ho capito che sei il di più, pensa. La sua bocca quasi lo tradisce aprendosi di volontà propria. 
Invece Martino non si arrende, non a parole ma con il corpo, e preme la sua gamba con forza contro quella di lei.  
«Niente», si limita a rispondere, ma fra loro non c'è spazio.  
 
 
 
  Le cose che hai detto quando c’erano troppi chilometri fra noi due
 
«Allora, che ne pensi?», chiede lei prendendolo sottobraccio. 
Martino spia il mezzo sorriso che le illumina il volto e si sente morire un po' di più. 
Penso che non sia l'uomo giusto per te, pensa. Ma anche così sa di mentire a se stesso, ciò che pensa è che lei dovrebbe sposare lui
«L'ho conosciuto appena», non si sbilancia. 
Lei fa una risatina, colpendogli leggermente la spalla con la propria — Martino si chiede se l'ha sentito anche lei, il suo cuore che si crepa. 
«Attento, Martino, sembra che tu stia parlando pensando che io non ti conosca», lo redarguisce. 
«Forse è così», sospira amareggiato, non può impedirselo. «Io in Francia, tu a Firenze. Chi può dire che ci conosciamo ancora con così tanti chilometri fra di noi?». 
Lei si ferma e lo costringe a fare altrettanto. Non sorride più adesso. 
«Non mi sono ancora trasferita». Come se fosse quello, il problema. 
«Lo farai stanotte, che differenza fa?». 
Emilia lascia il suo braccio e fa un passo indietro, come scottata. È ferita dalle sue parole, Martino lo legge nei suoi occhi — ma che diritto ha, lei, di sentirsi ferita quando è stata la prima a spezzargli il cuore? 
«Fulvio mi ama e io sosterrò il suo lavoro, che sia a Firenze o dall'altra parte del mondo», lo sfida. 
Alza il mento, orgogliosa, e Martino si chiede se lei sappia l'effetto che gli fa, se lei sappia quanto sarebbe facile baciarla, in quel modo. 
«Ma certo», asserisce, sarcastico. O forse disgustato. Da lei o da se stesso o da qull'omuncolo del suo futuro marito non sa dirlo. 
«Sei ingiusto e dovresti essere felice per me». Vorrebbe essere arrabbiata, lo sa, ma la voce le esce spezzata e lei sussulta. 
Si volta e fa appena due passi prima che lui la fermi afferrandola per un polso. La presa è morbida e delicata e lei potrebbe liberarsene senza fatica, ma non lo fa. 
«Cosa?», chiede, e questa volta c'è rabbia e orgoglio e Martino non può fare a meno di ricordare sua zia, e il modo in cui ha sempre rimesso al posto giusto chiunque avesse osato parlarle con meno che deferenza. 
Eppure Martino si perde nei suoi occhi e le parole gli restano incastrate in gola. 
«Niente», sussurra. 
Emilia lo lascia e si allontana e Martino la guarda mentre aumenta la distanza fra loro. Sono pochi passi, quel pomeriggio, diventeranno un matrimonio il giorno dopo e la notte, quando un altro uomo la farà sua. E prima che il sole tramonti due volte lei sarà a Firenze e fra loro ci saranno chilometri.  
 
 
 
 Le cose che non hai detto affatto
 
Non riesce a smettere di pensare a lei sotto il suo stesso tetto — dorme con suo marito? si chiede.  
È un pensiero stupido ed inutile, soprattutto perché gli fa male il petto ogni volta che ci si sofferma, ma non può evitarlo. Forse perché è leggermente brillo e l'unica cosa sensata da fare sarebbe ritirarsi nella sua stanza e sperare di non svegliarsi con il mal di testa la mattina dopo. 
Eppure sta lì, seduto sulla poltrona migliore della biblioteca a contemplare neanche lui sa bene che cosa. Il fuoco non è mai stato acceso e Dorina è passata tempo prima a spegnere le candele. Martino se n'è tenuta una affianco per fingere di leggere, ora è quasi del tutto consumata, simbolo della notte che avanza.  
Il libro se ne sta abbandonato sul tavolino vicino con le pagine all'ingiù, anche lui sembra arreso. Il titolo è una scritta in latino che si è sbiadita nel tempo e non ricorda neanche l'argomento, potrebbe essere una commedia quanto un trattato di economia. 
Sta accarezzando un angolo consunto sulla copertina quando con la coda dell'occhio vede un movimento alla porta. Per un attimo pensa che sia troppo ubriaco e se la stia immaginando, ma quando strizza gli occhi lei è ancora lì e la luce della candela che tiene in mano tremola e ondeggia in un modo troppo realistico per essere un sogno. 
«Pensavo avessero dimenticato una candela», si giustifica, stringendosi nello scialle. 
Martino vorrebbe rispondere, invece gli occhi gli scivolano lungo il corpo. 
Non la vedeva dal suo matrimonio, una circostanza che continua a ricordare come infelice, finché non si è presentata quella sera e si sono abbracciati e lui l'ha dovuta guardare durante tutta la cena mentre parlava della sua vita e sorrideva e toccava fugacemente il braccio del marito per attirare la sua attenzione. 
Per Martino è tutto troppo, troppo, troppo. Sente il desiderio di prendere a pugni Fulvio e baciare Emilia fino a toglierle il fiato — come può continuare a vivere senza conoscere il sapore delle sue labbra?
«Non volevo disturbarti, prenderò solo un libro», dice Emilia e lui ritorna al momento presente e alla visione di sua cugina in camicia da notte e capelli sciolti. 
Ha la gola secca, lo stomaco stretto e il cuore impazzito. 
«Non mi disturbi mai», gli scappa dalla bocca. Emilia esita a metà di un passo, ma si riprende e si avvicina agli scaffali. 
Se ancora nutre dei dubbi, Martino capisce in quel momento che non è un'allucinazione. Nei suoi sogni, lei si arrenderebbe alle sue parole e scapperebbero lontano, loro due soli. 
Sogni, appunto. 
Le dita sottili di Emilia corrono lungo le costole dei libri. Sembra un gesto casuale, ma Martino sa che libro sta cercando, lo sa con la stessa dolorosa chiarezza con cui sa che lei non è sua.  
«Ho sempre amato questo posto», confessa la donna in un mezzo sussurro. 
A Martino tornano in mente tutte le volte in cui sua zia li ha trovati lì dentro, Emilia che leggeva ad alta voce un nuovo libro e lui che la ascoltava rapito, attratto più dal suono della sua voce che dal racconto — adesso si chiede se sua zia non avesse sospettato qualcosa, se il collegio francese non fosse stato scelto solo per l'istruzione di Emilia ma per tenerla lontana da lui. 
Forse ha bevuto troppo, o forse non abbastanza. 
Quando Emilia sfila il sottile libricino azzurro il suo cuore salta un battito e poi ne recupera due in rapida sequenza. Non ha ricordi felici di quel periodo, se non lei. Non era forse fuggito dalle grinfie di quella marchesa per andarla a trovare? 
Già allora avrebbe dovuto capirlo, che l'amava.  
«Trovato, torno nella mia stanza. Buonanotte». 
Ha i piedi nudi, si accorge. Dio, come può pensare di presentarsi davanti a lui in quel modo e pensare che la sua immagine non lo tormenterà per il resto dei suoi giorni? 
«Emilia», la richiama, anche se lei è già alla porta.  
Si accorge che è appena la seconda volta che apre bocca da quando lei è apparsa, non è stato in grado di fare altro che seguirla con lo sguardo. 
Si alza dalla poltrona su gambe sorprendentemente ferme e la raggiunge in due rapidi passi. La candela fa risplendere i suoi occhi grandi di una luce calda e ambrata. Vorrebbe annegarci dentro, guardarli da più vicino, più vicino, più vicino... 
Sente il suo respiro sulle labbra, affannoso — sente anche lei lo stesso desiderio bruciante di scomparire nelle braccia dell'altro. 
«Emilia», dice ancora. Ma è una supplica, se ne accorge da solo. 
«Sì?», gli respira sulla bocca. E forse lei vorrebbe solo che lui si dimostrasse abbastanza audace, che fosse abbastanza coraggioso da chiederle di lasciare tutto e tutti e fuggire con lui. Forse lei lo farebbe, se lui glielo chiedesse. Come lui farebbe ogni cosa se fosse lei a porgere la domanda. 
Metterebbe il mondo ai suoi piedi, se potesse. Le metterebbe la luna tra le mani se avesse la certezza che il loro amore potrebbe essere abbastanza da abbattere le convenzioni sociali e le regole della nobiltà e i giudizi dei popolani. 
Gli piace pensare che la storia di suo padre e di Elisa gli abbia insegnato qualcosa, ma una parte di lui sa che non farebbe mai un gesto tanto eclatante — non esporrà mai Emilia alla condanna pubblica, alla ghignante accusa che sia una donna di facili costumi per abbandonare il marito e fuggire con un altro uomo. 
Una ciocca di capelli nerissimi le sfiora la guancia. Martino la sposta con quanta più tenerezza possibile, sperando che lei colga le scuse non dette nella carezza goffa delle sue dita grandi e callose. 
«Niente», dice infine, anche se la voce gli esce roca e spezzata. 
Lei chiude gli occhi. Chiude il sipario sul loro momento e chiude l'anima ai sentimenti. 
È sempre stata più forte di lui, Emilia. Sempre più capace a tenersi sul lato giusto della linea. 
Mentre lei gli scivola dalle braccia anche Martino chiude gli occhi, e già si pente di ciò che non ha detto. 
 
   
 
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