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Autore: heliodor    01/08/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La Freccia

Avvolto nella coperta di lana, Simm scrutava il cielo coperto di nuvole. Uno squarcio aveva rivelato un tratto pieno di stelle.
Alzò la testa per guardare verso il fuoco. Yander sedeva con gli occhi fissi sulle fiamme, come se riuscisse a scrutarvi qualcosa al loro interno.
Per un attimo gli ricordò lo stregone che aveva conosciuto a Ferrador la prima volta che aveva incontrato Wyll e Hylana Abrekir.
Lo aveva rivisto solo due volte dopo quella occasione e in una di queste come avversario.
Almar Cuorenero e la sua scorta li avevano inseguiti sull’altopiano per giorni prima che lui, Wyll e gli altri dodici che si erano uniti alla loro banda si decidessero ad affrontarlo.
Per un attimo la radura e Yander scomparvero e al loro posto presero forma i suoi compagni di viaggio di allora, i loro visi che si confondevano nella pioggia battente che li aveva sorpresi e li costringeva a urlare per farsi sentire tra gli scrosci violenti e i tuoni che squarciavano l’aria.
La proposta era arrivata da Rowlan. “Dobbiamo affrontarli adesso” disse con tono eccitato. “Se non lo facciamo, capiranno dove stiamo andando.”
“Affrontalo tu” gli rispose Cros Triger, la loro guida in quella regione.
“Io sono da solo e loro sono dodici” si lamentò Rowlan. “Ma noi siamo trenta. Possiamo farcela.” Guardò Wyll. “Tu sei dalla mia parte, vero?”
Wyll serrò la mascella. “Io non so più da che parte sono” rispose con tono amaro.
Simm gli si affiancò. “Se ti vuoi ritirare” iniziò a dire.
“Non vi abbandono” si affrettò a dire Wyll. “E non abbandonerò te, ma non sono d’accordo. Se possiamo evitare lo scontro con Almar e i suoi, dobbiamo fare tutto il possibile.”
“Se Yander fosse qui” disse Rowlan. “Lui saprebbe che cosa fare. Si lancerebbe da solo contro quei traditori.”
“Dal loro punto di vista” disse Wyll sereno. “Siamo stati noi ad averli traditi.”
Rowlan ridacchiò. “Adesso siamo noi i colpevoli, falco? Credevo volessimo vincerla questa guerra.”
“Lo scopo era farla terminare prima” ribatté Wyll.
“Allora arrenditi” gridò Rowlan. “Arrenditi e vai da Vulkath e i suoi e deponi le armi ai loro piedi. Sarebbero ben lieti di accettare il tuo dono. E poi ti farebbero decapitare, come hanno fatto con i bravi cittadini di Glacis o di Septos. E hai dimenticato quello che hanno fatto a Perceran?”
“E quello che abbiamo fatto noi a Yesira?” rispose Wyll. “Che differenza fa?”
Rowlan fece per dire qualcosa ma sembrò ripensarci e girò la testa verso gli altri. “Voi che cosa volete fare? Siete con me, con il falco o volete ritirarvi e scappare? Siete ancora in tempo, ma prima o poi Vulkath arriverà e vi prenderà. Io vi offro la possibilità di rispondere ai suoi attacchi. Ha sollevato mezzo continente contro l’altra metà. Noi possiamo riportare l’equilibrio. Ci costerà fatica. Ci costerà sangue e sofferenza, ma alla fine daremo un significato a due anni di sacrifici.” Guardò di nuovo Wyll. “Non possiamo fare questa cosa da soli. Dobbiamo essere uniti o verremo spazzati via. Chi è con me?”

Almar sedeva ai piedi della roccia, la schiena appoggiata e la testa che ciondolava in avanti. Si lamentava e con la mano cercava di tamponare il sangue che usciva dalla ferita all’addome. Un altro squarcio era stato aperto vicino al cuore e un terzo all’altezza del mento.
Simm gli si avvicinò con calma la spada ancora nella mano che grondava sangue. “Io ti saluto” disse.
Almar alzò la testa verso di lui. Un occhio era cieco e l’altro iniettato di sangue. “Tu” disse esitando. “Tu eri la scorta di Yuda. A Ferrador. Mi ricordo di te.”
“E io mi ricordo di te. Ti ho rivisto a Mirazumin, il giorno della battaglia. Quella in cui perdemmo metà dell’armata.”
Almar sorrise. “Che giorno glorioso fu quello.”
Simm lo ricordava bene. Era stato in quel giorno che Yuda era morto, colpito da un dardo magico. Lui aveva ucciso lo stregone che l’aveva colpito, ma non era riuscito a salvare la persona che doveva proteggere. Yuda era morto senza dire una parola. Aveva gorgogliato qualcosa e poi i suoi occhi erano diventati vitrei e immobili.
Rowlan si avvicinò con un dardo magico che gli brillava nel palmo. “È ancora vivo questo infame?” chiese con tono rabbioso.
Simm gli scoccò un’occhiataccia e lui sembrò comprendere i suoi pensieri.
“Ha ucciso Dornav e Ronn” disse Rowlan. “E ha staccato un braccio al povero Perryll. Sta morendo.”
“È stato uno scontro leale” disse.
Leale, certo, pensò. Eravamo in trenta contro dodici. E adesso siamo rimasti in otto.
Oltre a Dornav, Ronn e Perryll, erano morti anche quindici soldati della loro scorta, il che voleva dire che la missione era terminata ancora prima di iniziare.
Dovremo tornare indietro, si disse. E rinunciare al folle piano di Yander Ovrant.
Wyll gli poggiò una mano sulla spalla. “Lascialo andare in pace” gli disse con espressione triste.
Simm annuì e guardò Almar. Respirava ancora anche se era sofferente.
“Posso abbreviare le tue sofferenze o aspettare che il sangue ti soffochi. A te la scelta.”
Almar scosse i denti. “Sai perché mi chiamano Cuorenero?”
Simm scosse la testa. “Per la tua estrema malvagità?”
“Ti sembra un soprannome da persona malvagia?”
“I soprannomi non sempre riflettono quello che siamo.”
Quello gliel’aveva detto Yuda quando, in una sera in cui faceva molto freddo e avevano trovato riparo in una locanda sgangherata, aveva bevuto due bottiglie di vino pessimo che l’oste aveva recuperato dalla cantina.
In quel momento aveva pensato che fosse divertente detta da un uomo che veniva chiamato Yuda la Freccia. Lo divertiva il fatto di non averlo mai visto usare un arco da quando l’aveva conosciuto due anni prima.
Lui gliel’aveva spiegato con voce impastata dal vino. “È perché sono veloce a prendere sonno. Ti sarai accorto che appena metto la testa sul cuscino cado addormentato, no?”
“In effetti sei anche piuttosto rumoroso” aveva osservato. “Io ti avrei chiamato Yuda Rombo di Tono o Rullo di Tamburi.”
“Russo?” aveva fatto lui stupito. “Non me n’ero mai accorto. Fu un certo Haren, un guerriero nero, a darmelo.”
“Non li odiavi i guerrieri neri tu?”
“Niente affatto” aveva detto indignato. “Certo, li ritengo degli sbruffoni, arroganti e combattenti infidi e sleali, ma non li odio affatto, anzi. Ma fammi prima finire la storia, vuoi? Ecco, eravamo dalle parti di Garboria, più o meno a metà strada tra Chazar e Askad. C’era una campagna in corso, una delle tante guerre che ogni tanto quei selvaggi combattono per motivi futili come la terra o il commercio e quelle altre cose lì, lo sai, no? Insomma, noi avevamo occupato un villaggio dopo aver fatto sloggiare una formazione nemica e c’’era questo giovane mercenario di nome Haren che se ne andava in giro dicendo che era il figlio di chissà quale grosso e valoroso guerriero e che un giorno sarebbe diventato il capo assoluto dei guerrieri di ferro e avrebbe rimesso in piedi l’ordine militare come al tempo di Ambar il nero. Quel tipo di persona lì, insomma. Un gran chiacchierone.”
Come te, avrebbe voluto rispondergli Simm, ma si trattenne.
Yuda poteva essere anche ubriaco ma di certo non era stupido. E ricordava quasi tutto quello che sentiva o vedeva. L’aveva sperimentato di persona quando il guerriero aveva ritrovato un sentiero uguale ad altri cento dopo che si erano persi e avevano dovuto tornare indietro.
Per questo si era limitato ad annuire.
“E insomma” fece Yuda con voce incerta. “C’era questo Haren che non la smetteva mai di parlare e quel pessimo vino che dopo intere Lune passate a mangiare fango e insetti ci sembrava nettare divino. Stava dicendo qualcosa a riguardo di un fratello storpio che gli doveva una spada, quando all’improvviso chiusi gli occhi e mi addormentai. Un attimo prima stavo ascoltando il lamento di quel tizio e quello dopo me ne stavo sdraiato sulla stuoia a russare.” Aveva riso fino a tossire. “Quello che successe dopo me lo hanno raccontato. Quel tizio si alzò infuriato e prese la spada. Fu il mio amico Arruil a bloccarlo prima che potesse ferirmi, ma quando me lo raccontò disse che Haren aveva strepitato e lanciato maledizioni contro tutti al punto che era arrivato il comandante della nostra formazione. Ne era nata quasi una scazzottata e i guaritori dovettero ricucire un paio di ferite. La cosa divertente è che nel frattempo io continuai a dormire e quando mi svegliai andai in cerca di Haren per farmi raccontare il resto della storia.” Aveva riso di nuovo. “Volevo rimproverarlo per essersene andato senza salutarmi. Arruil mi raccontò tutto e allora rinunciai per il bene della formazione. Da quel giorno iniziarono a chiamarmi Yuda la Freccia perché ero veloce ad addormentarmi. Non è divertente?”
“Nel mio caso” disse Almar. “Purtroppo è vero. Il mio cuore è nero come la notte. Sai perché? Discendo da Malvina la Nera.”
Simm annuì grave. “Ciò non ti rende meritevole di una morte disonorata.” Gli mostrò la spada. “Concedimi l’onore.”
Almar annuì sereno.

Quando tornò da Wyll e gli altri, Rowlan stava parlando con tono accalorato.
“Non possiamo fermarci adesso” stava dicendo gesticolando col suo modo di fare nervoso. “Dobbiamo proseguire.”
“Come?” chiese Cros. L’occhio destro era coperto da una benda vistosa e si muoveva zoppicando. “Siamo rimasti solo in nove.”
“Otto” disse Normer, l’unico soldato di scorta sopravvissuto allo scontro insieme a lui e Wyll. “Perryll è morto. Ero venuto a dirvelo.”
Wyll sospirò. “È finita, Halen. Torniamo indietro.”
“No” esclamò Rowlan. “Andate voi. Io proseguo.”
“C’è il territorio dei rinnegati oltre quel fiume” disse Wyll indicando il corso d’acqua che scorreva a due o trecento passi.
Le piogge insistenti l’avevano fatto ingrossare permettendo alle acque di tracimare oltre gli argini e dilagare nella pianura circostante. Non era ancora così alta da impedire di avanzare, ma era già arrivata alle caviglie.
E aumenterà ancora, si disse Simm. Più andremo avanti, più aumenteranno le difficoltà. Sarà già tanto se riusciremo a rientrare a Ferrador o Lormist prima che sia troppo tardi.
Rowlan andò al suo cavallo.
“Cerca di essere ragionevole” disse Wyll.
Rowlan si girò di scatto e gli puntò contro un dardo magico. Wyll reagì indietreggiando di un passo. Simm invece estrasse la spada e la puntò contro la gola dello stregone.
“Smettila” disse.
“Ammazzerò il tuo amico” disse Rowlan. “Se non la smette di parlare.”
“Sta solo dicendo come la pensa. E io sono d’accordo con lui. Non siamo abbastanza per proseguire. Sarebbe un suicidio.”
“Vi sbagliate” disse Rowlan. “Non sapete quanto. Il destino è dalla nostra parte.”
“Il destino?” fece Wyll.
“La donna che mi ha parlato” disse lo stregone. “In sogno. Lei disse che dovevo andare avanti. Che questa era la strada da seguire. La cosa giusta da fare.” Scosse la testa. “Voi non potete capire. Non potete. Se aveste visto anche voi quello che ho visto io, non vi opporreste.” Abbassò il braccio e Simm fece lo stesso.
Guardò Wyll come a volergli dire che era pazzo, ma lui stava guardando altrove.
Simm guardò nella stessa direzione e vide una trentina di cavalieri avanzare verso di loro.
“Dannazione” esclamò, pronto a combattere.
Rowlan si staccò dal suo cavallo e avanzò di qualche passo nell’acqua. “Ve lo dicevo. È il destino.”

Aprì gli occhi. Era giorno e il fuoco si era spento. Dal focolare saliva un filo di fumo grigio che si disperdeva nell’aria agitato da una leggera brezza di vento.
Uno dei soldati della loro scorta era seduto a pochi passi da lui e lo stava osservando. “Finalmente ti sei svegliato. Non ne potevo più.”
Simm si alzò a sedere e diede un’occhiata in giro. C’erano solo due cavalli più i tre che si erano portati dietro come riserva. E il soldato.
Fanel, si disse. È così che ci chiama.
Fanel si alzò con un movimento lento. “Dormi pesante, fabbro.”
“Dove sono andati tutti?” chiese. “Dov’è Yander?”
“Ovrant è andato all’incontro. Mi ha lasciato qui per avvertirti quando ti saresti svegliato.”
Simm balzò in piedi. “Maledetto” ringhiò. “Che sia maledetto.”


 
  
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