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Autore: ROSA66    02/08/2021    3 recensioni
Questa storia partecipa al contest "Invincibilmente fragili e imperfetti" indetto da Soul Mancini sul forum di EFP.
Chiara è un'adolescente come tante, con pochissimi amici, e una grandissima sete d'amore. Una vacanza nelle Marche cambierà per sempre la sua vita.
Dal testo:
Nonostante i suoi sedici anni compiuti da poco, aveva alle spalle un discreto bagaglio di esperienze negative in merito ad amicizie e amori, tanto da rimanerne profondamente segnata. Chiudendo gli occhi, lasciò vagare la mente e ripensò a quanto i ragazzini non abbiano mezze misure nel catalogare i coetanei, diventando all’occorrenza di una crudeltà senza pari.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caramelle
 
 
Ma siccome sei corpo io sono la pelle
siccome sei bocca io sono innocente
e lacrime e paure disegnate tra le linee delle mani
ma siccome sei voce io sono silenzio
siccome sei pace io sono l’inferno
e tutta la pazienza ad imparare come è fatta una carezza
e siccome sei tutto io sono soltanto una parte di te

“ Siccome sei” – Giordana Angi
 
 
Si erano dati appuntamento al loro muretto, a ridosso della piccola piazza  – l’unica del paese – per trascorrere insieme quelle sere di metà luglio. L’aria delle colline marchigiane accarezzava volti e mani, leggera come i pensieri dei cinque ragazzi.  
Claudio e Alex chiacchieravano con enfasi dell’imminente campionato di calcio, sostenendo ognuno la propria squadra del cuore che, manco a dirlo, sarebbe stata di certo la migliore. Nel mentre, Giulia e Sharon confrontavano divertite i post sui vari social, commentando quanto, a volte, la gente non fosse in grado di darsi un contegno.
Con una sigaretta in una mano e una lattina di Coca Cola nell’altra, Chiara osservava i suoi amici e, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva serena.
Nonostante i suoi sedici anni compiuti da poco, aveva alle spalle un discreto bagaglio di esperienze negative in merito ad amicizie e amori, tanto da rimanerne profondamente segnata. Chiudendo gli occhi, lasciò vagare la mente e ripensò a quanto i ragazzini non abbiano mezze misure nel catalogare i coetanei, diventando all’occorrenza di una crudeltà senza pari.
 
Era sempre stata una studentessa intelligente e brillante: gli ottimi voti erano il risultato del suo impegno e dell’assoluta volontà di applicarsi agli studi. Naturalmente portata in tutte le materie, era diventata il costante punto di riferimento per i professori, che non perdevano occasione per indicarla agli altri come esempio da seguire.
Essere la prima della classe aveva, però, il suo rovescio della medaglia: se, da una parte, aveva la stima degli insegnanti, dall’altra veniva costantemente additata come la preferita dei professori. Erano soprattutto le ragazze che, con sguardi torvi e lingue avvelenate, le riservavano un atteggiamento di malcelata invidia.
Come se studiare dovesse essere una cosa di cui vergognarsi…
Quando se ne rese conto fu un vera delusione, la prima di una lunga serie che avrebbe costellato la sua esistenza futura. 
Così Chiara, isolata dal gruppo femminile, iniziò ad avvicinarsi ai compagni maschi, molto meno complicati e sicuramente più aperti e comprensivi, e scoprì di preferire di gran lunga la loro amicizia disinteressata e sincera.  Ma questo, anziché smorzare le malignità con cui le ragazze non si facevano scrupolo di apostrofarla, contribuì ad accentuarle perché, secondo loro, avere per amici solo ragazzi non era da persone serie.
Erano bisbigli, risatine soffocate e quell’epiteto volgare di cui si riempivano la bocca per spargerle addosso tutto il loro veleno.
La ragazza cercava di farsi scivolare quelle accuse gratuite, ostentando indifferenza e ricambiando gli sguardi ostili con tutto il disprezzo di cui era capace.
Solo la sera, nella solitudine della sua stanza, abbracciava il cuscino del suo letto, versando le lacrime amare della sofferenza, abilmente mascherata dentro di sé.
Non le bastava il tempo trascorso con i compagni. La cosa che desiderava di più era avere un’amicizia vera, quella che aveva letto nei libri e ascoltato nelle canzoni, dove l’amica del cuore è colei a cui puoi confidare tutto e che ti sa comprendere senza giudicare, che ti vuole bene senza chiederti nulla in cambio.
Che soffre e gioisce con te, ti prende per mano nei momenti di difficoltà, a schiaffi quando ce n’è bisogno e, soprattutto, che non ti lascia mai da sola.
Sarebbe stato bello. Ma era una chimera.
Così, Chiara aveva capito quanto potessero essere crudeli i suoi coetanei. L’unico mezzo a sua disposizione per difendersi sarebbe stato quello di non mostrare mai il proprio cuore, attorno al quale, piano piano, stava creando un muro invalicabile.
 
Prese un altro tiro dalla sigaretta; la punta, rossa di brace, illuminò per un istante le ombre della sera.
Chiara sorrise nel constatare quanto un argomento leggero come il calcio avesse la capacità di infiammare gli animi dei due ragazzi che, ancora più infervorati, stavano alzando i toni.
«Ehi, potete abbassare la voce? Non siamo mica al mercato». Il rimprovero di Sharon sortì l’effetto sperato e i diretti interessati cominciarono a discorrere in modo più sommesso, non prima, però, di aver sbuffato per l’interruzione. 
Sharon e Giulia. Le aveva conosciute un paio di anni prima, durante un campo estivo in quella splendida regione che le aveva rubato il cuore, e da lì era nato un rapporto speciale, nonostante avessero la possibilità di vedersi soltanto d’estate. Le due ragazze, amiche da tempo, avevano subito legato con Chiara, anche se più grandi di un paio d’anni e lei aveva trovato in loro quell’amicizia bellissima e disinteressata che cercava da sempre. Sincera e diretta la prima, dolce e accomodante la seconda, erano riuscite a infilarsi attraverso quel muro costruito intorno al suo cuore.  Insieme a loro si sentiva bene, anche se poi, una volta tornata a casa, soffriva terribilmente per la loro lontananza e i messaggi scambiati con lo smartphone non riuscivano a riempire il vuoto che sentiva nel ritrovarsi nuovamente sola.
 
Aveva accettato di andare a quel campo estivo solo per compiacere i suoi genitori, stanchi di vederla chiusa in casa da sola. Una volta arrivata, si sentì divorare dall’ansia: tutti quei ragazzi sconosciuti sembravano guardarla in modo strano, ma si costrinse ad  assumere  un atteggiamento di completa indifferenza. Lei non aveva bisogno di amici.
Quando, però, conobbe le altre due ragazze in stanza con lei, capì di non poter mantenere la maschera di insensibilità.
Non aveva fatto in tempo a poggiare il trolley sul letto, quando all’improvviso sentì qualcuno esclamare alle sue spalle, «Ciao, tu sei team Harry o team Draco?»
«Come, scusa?» Chiara, sicura di non aver capito bene, si voltò sgranando gli occhi e fissando allibita la giovane mora, sicuramente una compagna di stanza.
«Ho chiesto se ti piace di più Potter o Malfoy. Non sei anche tu una fan di Harry Potter?» mentre parlava indicò lo zaino nero, con lo stemma della scuola di Hogwarts bene in vista, che Chiara portava sempre con sé.
«Sharon, possibile devi farti sempre riconoscere?» intervenne la seconda ragazza, un viso dolcissimo spruzzato di lentiggini. Poi rivolta a Chiara, le sorrise. «Scusala, è che ama tanto ascoltarsi quando parla. Io sono Giulia, e lei…» guardò la sua amica con condiscendenza, «… lei è Sharon».
La spontaneità con cui si erano presentate la colpì nel profondo. Non era qualcosa che le era familiare, abituata com’era alle occhiate malevole e invidiose delle compagne di scuola. Dentro di sé provò subito una sensazione piacevole di benessere, dimenticata da secoli.
«Ciao, Chiara», rispose pronta; poi, sorridendo verso Sharon, esclamò « e comunque, io sono team Draco».
Da quel momento, Chiara iniziò ad aprire il suo cuore alle due ragazze, piano piano, ricevendo in cambio tutta la tenerezza e la comprensione del mondo.
 
 
Il suono di una notifica proveniente dal cellulare di Sharon interruppe il flusso dei suoi pensieri. La ragazza sorrise, e digitò sulla tastiera un veloce messaggio di risposta.
«Sta venendo Mich» disse a voce alta per farsi sentire da tutti, un’espressione furbetta sul viso.
«Mich? E chi sarebbe?» Chiara era curiosa. Non l’aveva mai sentito nominare prima di allora, e non sapere chi fosse questo sconosciuto le metteva una leggera apprensione, come se temesse che qualcuno avrebbe potuto incrinare quel sottile equilibrio creato nel gruppo.
Sharon e Alex facevano coppia fissa, nonostante gli alti e bassi che, ormai da parecchio tempo, caratterizzavano la loro storia, mentre Giulia e Claudio avevano iniziato a frequentarsi da qualche settimana.
E Chiara?
Aveva avuto diversi ragazzi, per i quali aveva provato dell’attrazione fisica, dell’affetto sincero, ma nient’altro, forse più per paura della solitudine che per un effettivo desiderio di stare con loro. Uno di loro, Luca, era stato la sua prima volta: ricordava soltanto l’imbarazzo di entrambi quando le carezze erano diventate proibite, mentre la paura dettata dall’inesperienza  e gli ansiti sconosciuti avevano scandito il loro fugace incontro. Dopo questo, ci furono altri episodi, pochissimi in realtà, ma non erano stati delle esperienze particolarmente gratificanti e le avevano lasciato addosso solo tanta tristezza. 
Chiara lo sapeva benissimo: il problema non erano i ragazzi, era lei. Si era persa dietro amicizie deludenti, che a lungo andare avevano minato la sua autostima facendole credere di non piacere a nessuno e bruciando ogni possibilità di essere felice accanto a un ragazzo.
Si era accontentata delle briciole di una felicità effimera, inconsistente quanto una bolla di sapone, pronta a scoppiare al minimo soffio di vento.
Con il passare del tempo aveva chiuso gli occhi, dimenticandosi della vera sé stessa. 
 
«Mich è Michele, un nostro amico. È più grande di noi, ma è un tipo a posto» disse Giulia, che fino ad allora era rimasta in silenzio «è simpatico. Sono sicura che ti piacerà».
Scese rapida dal muretto e si avvicinò a Chiara, che stava ancora fumando la sua sigaretta, «Ha perduto suo padre da poco» aggiunse a voce più bassa, dimostrando quella sensibilità che le era propria, trattandosi di un argomento delicato. Sapere quel dettaglio intimo di un ragazzo sconosciuto la rese particolarmente triste e, scuotendo la testa, cercò di scacciare la malinconia cambiando discorso.
«Dimmi, come va con Claudio?»
«Beh, che vuoi che ti dica? Lo conosci, ha sempre la testa nel pallone, nel vero senso della parola. A volte penso che esca con me solo perché il campionato non è ancora iniziato…» gesticolò con le mani vicino alle tempie per mimare la confusione più totale che doveva albergare nella mente del suo quasi-ragazzo. 
«Ma dai! Lo sai che non è vero» rispose Chiara sorridendo «Per me è solo timido, ma siete perfetti insieme».
L’aria della sera si stava facendo più frizzante e addolcì ogni pensiero dei cinque adolescenti: era la seconda metà di luglio, la scuola era lontana e, con essa, ogni preoccupazione futura.
Chiara agitò la lattina di Coca che aveva in mano. Sentendo che era rimasto un residuo di bibita, se la portò alle labbra e finì di berla.
«Buonasera a tutti». Una voce calda e profonda le arrivò da dietro le spalle e la investì in pieno, facendole venire brividi a fior di pelle su tutto il corpo. 
Si girò lentamente, il cuore che cominciava a battere sempre più forte e fu allora che lo vide.
Michele.
L’amico di Giulia e Sharon. Il ragazzo più grande di loro. Il tipo a posto. Il giovane simpatico che sicuramente le sarebbe piaciuto.
Il ragazzo che in quel momento la stava guardando, porgendole la mano per presentarsi.
«Ciao, sono Michele» disse rivolto verso di lei, un sorriso bellissimo e due iridi azzurre come il mare d’estate.
Lei che, in quel momento, aveva gli occhi sgranati, la bocca aperta per lo stupore, una sigaretta in una mano e una lattina di Coca nell’altra. Non sapendo come stringere la mano tesa verso di lei, Chiara, imbarazzata per la situazione, balbettò qualcosa che somigliava vagamente a un ciao mezzo accennato, lasciando il ragazzo con il braccio a mezz’aria.  
Cazzo, pensò, che figura di merda sto facendo
Erano bastate tre parole, tre semplici parole, per mandarla in confusione e farle sentire freddo e caldo nello stesso momento.
Una sensazione sconosciuta si impadronì del suo corpo. Non era qualcosa provata in precedenza, era come una vibrazione superficiale in grado di accelerare il battito del suo cuore.
 
Il resto della serata trascorse in un’atmosfera rilassata. Ma non per Chiara.
Mortificata per aver fatto quella che riteneva una figuraccia, si mise in disparte a osservare i suoi amici e, cercando di non farsi notare, soprattutto lui.
Alto e moro, Michele aveva l’aria del classico bravo ragazzo. Non parlava molto, ma aveva un modo di fare che le piaceva tantissimo, un sorriso disarmante e le mani… oh quelle mani.
Sembravano forti e delicate allo stesso tempo. Chiara le immaginò, artefici di una dolce carezza sul suo viso, oppure decise nel tracciare sentieri sconosciuti sul suo corpo.
Quella notte, Chiara non riuscì a prendere sonno: ogni angolo della sua mente era invaso dal suo pensiero.
Non lo rivide per alcuni giorni, durante i quali fece una specie di quarto grado alle sue amiche per sapere tutto di Michele; trovò anche il suo profilo sui social, ma la paura di non avergli fatto un’impressione positiva la convinse a desistere dal contattarlo – magari con una scusa – e a continuare a osservarlo solo da una foto profilo.
 
Qualche giorno dopo, passeggiando con Giulia e Sharon, lo vide. Camminava disinvolto insieme ad altri giovani, un ragazzo e due ragazze, senza accorgersi di Chiara che, con gli occhi sgranati, lo stava guardando. Parlava amabilmente con una delle due, sorridendole di tanto in tanto e posandole una mano sulla spalla.
Il suo cuore perse un battito.
Il pensiero che fosse già impegnato non l’aveva neanche sfiorata. 
Che stupida. Non avrebbe avuto alcuna possibilità con lui: era solo una ragazzina mentre Michele era già un uomo. E sicuramente neppure si ricordava della sua esistenza. Nella sua mente di sedicenne una miriade di dubbi cominciarono a tormentarla, nonostante la ragione tentasse di riportarla con i piedi per terra.
Non sapeva neanche lei perché, ma voleva, doveva vederlo.
Almeno per un’ultima volta, per poi mettersi l’anima in pace.
 
 
Sfoderando il suo migliore sorriso, convinse le sue amiche a organizzare un’uscita di gruppo, utilizzando la scusa che quello sarebbe stato il suo ultimo fine settimana di vacanza. 
Si preparò per l’appuntamento di quella sera con grande cura. Sarebbe venuto anche Michele, e lei voleva essere perfetta. Dopo aver provato l’intero guardaroba, e aver scartato i tre quarti degli abiti e dei pantaloni – questo è troppo lungo, sembro mia zia,  questo è troppo corto, sembro una poco di buono, questo mi ingrassa, questo mi invecchia, questo non è adatto, questo… decisamente no – Chiara optò per la semplicità: un paio di jeans che le fasciavano le gambe e un top azzurro, fatto all’uncinetto, che faceva risaltare il colore dei suoi occhi ed esaltava il décolleté.
Un trucco leggero, i biondi capelli lasciati sciolti, ed era pronta. 
Si guardò allo specchio. Dall’aspetto appariva come un’adolescente come tante, ma le iridi chiare tradivano tutta la sua insicurezza per quell’incontro. Michele le piaceva molto, forse troppo, ma Chiara non nutriva molte aspettative: di sicuro era attratto da ragazze più grandi di lei e, in ogni caso, sette anni di differenza erano veramente tanti. Sospirò. Con il cuore gonfio di amarezza, si apprestò ad uscire. 
Ora sì, era pronta per dirgli addio. 
 
Avevano programmato di fare una passeggiata in un piccolo borgo nelle vicinanze, dal quale si poteva godere uno spettacolo incomparabile sulla vallata sottostante.  
Appena arrivati, le tre coppie si divisero: Sharon e Alex si fermarono vicino la macchina a fumare e discutere, mentre Giulia e Claudio si sedettero sulla prima panchina libera per scambiarsi baci e tenerezze. Imbarazzati dalla situazione, Chiara e Michele cominciarono a camminare senza guardarsi.
Il belvedere – il punto più alto del posto – si apriva davanti a loro.  Affacciandosi dalla balaustra, scoprirono un panorama da mozzare il respiro: nel buio assoluto brillavano miriadi di luci tremolanti, come tante fiaccole fatate da sembrare schizzi di stelle sospese nel vuoto, accese quella sera solo per loro.
I due ragazzi rimasero in silenzio, persi nell’immensità di quella notte magica, incapaci di proferire una singola parola. Dopo un tempo che sembrava un’eternità, fu Chiara a rompere il ghiaccio.
«È bellissimo qui», disse, mentre lo sguardo si perdeva a rimirare un punto lontano, «manca soltanto la musica…» A quelle parole, Michele si girò verso di lei che, intanto, stava armeggiando con il cellulare.
Un motivo allegro e accattivante si diffuse nell’aria.
«Ecco fatto. Adesso ce l’abbiamo» mormorò con le guance in fiamme.
Il ragazzo le sorrise, «Non dirmi che piace anche a te…» esclamò indicando il telefono. 
Chiara, per tutta risposta, cominciò a canticchiare le parole della canzone.
 
Non sarebbe male per sempre...
Io e te mangiando caramelle
E ora io ho bisogno di te per dormire la notte
Basta che mi stringi forte e tutto va a posto ed è come quando tu
Nel casino che c'è trovi sempre le cose
E oltre alle mie chiavi trovi il senso che avevo perso dentro me
 
Quella sera parlarono di tutto e di niente e Chiara scoprì che, a dispetto della differenza d’età, avevano parecchie cose in comune. Michele non tradì le sue aspettative, rivelandosi, ai suoi occhi, come il ragazzo speciale che aveva sempre immaginato: intelligente, ironico, divertente ma, soprattutto, sensibile e dolce.
A un certo punto, il suo sguardo si perse in quello del giovane e, davanti a quelle iridi sincere, un’intensa emozione cominciò a farsi strada nel suo cuore facendola sentire, forse per la prima volta in vita sua, totalmente viva. 
Quando, quella notte, tornò a casa e sentì la mancanza di Michele, Chiara ne ebbe la certezza: non si trattava di una semplice cotta estiva. Il solo pensiero di non rivederlo mai  più o, nella migliore delle ipotesi, di incontrarlo di nuovo solo l’anno successivo, cominciò a divorarla dall’interno, consumandola piano piano.
Avvertiva come un malessere diffuso, una malattia sconosciuta da cui era stata colpita e che, subdola, le invadeva ogni fibra del suo corpo e dalla quale non sarebbe guarita tanto facilmente.
 
Il suo ritorno a casa, una settimana dopo, fu salutato dalle prime piogge estive che rendevano ancora più cupo il suo umore.
Nonostante fosse ancora estate, Chiara non riusciva a godere di quel tempo leggero. Il piccolo centro dove abitava le pareva una prigione nella quale si aggirava in preda all’irrequietezza: l’aria semplice e pura dei suoi luoghi sembrava bloccarle il respiro, le mura di casa, simbolo di intimità e famiglia, erano strette e soffocanti tanto che aveva voglia solo di urlare.
Tutto le parlava di Michele, ma lui non era lì.
Ogni angolo, ogni parete, ogni albero, ogni filo d’erba aveva i suoi occhi, le sue mani, la sua bocca, il suo respiro, ma lui era a chilometri di distanza.
Snervata da quella situazione, prese il coraggio a due mani e, trovato il profilo Facebook di Michele, gli chiese l’amicizia.
Non era come stargli vicino, ma se lui avesse accettato sarebbe stato un modo per mantenere quel filo invisibile creato durante il loro brevissimo incontro, di condividere pensieri e tenere accesa la flebile fiamma della speranza. La risposta del ragazzo non si fece attendere: per la prima volta dopo giorni, Chiara ricominciò a respirare.
 
Iniziarono, così, a scambiarsi messaggi nei quali parlavano soprattutto delle vacanze. Chiara avrebbe voluto entrare più in profondità, aprirgli il suo cuore per spiegare come soltanto lui aveva avuto il potere di far vibrare le corde della sua anima, ma non osava.
La paura di rovinare quello che si stava creando tra di loro, amicizia o altro, ebbe il sopravvento. 
Finché il destino non decise per lei.
Quando, il 22 agosto, un tremendo terremoto sconvolse il centro Italia, Chiara non ci pensò due volte e, dopo essersi assicurata che Giulia e Sharon stessero bene, con il cuore in gola lo chiamò.
«Ciao, Michele» la sua voce incerta tradiva tutta la paura del momento «sono Chiara. Come stai?»
«Chiara! Che piacere sentirti! Io… io sto bene, grazie». Bastarono poche parole per infiammarla di nuovo, il cuore come un tamburo nel petto e il viso rosso come un peperone.
Menomale che non può vedermi, pensò.
«Ho sentito la notizia, e mi sono spaventata… ho avuto paura per te…»
Ci fu un breve silenzio, come se il giovane stesse elaborando quelle parole, poi con quella voce che, solo ad ascoltarla, le faceva venire i brividi, le disse «Sei molto dolce, Chiara».
 
Da quel momento cambiò tutto. Iniziarono a messaggiare e a sentirsi giornalmente, creando un rapporto speciale fatto di tenerezze e di confidenza reciproca che li fece avvicinare anche se fisicamente lontani. Ci furono momenti in cui la loro strana relazione dovette superare delle prove, come quando Chiara gli rivelò la sua età, lasciando Michele leggermente turbato.
Ma ormai anche lui era affascinato da quell’adolescente dolce e un po’ pazza dalla quale era stato travolto, tanto che, quando Chiara gli confessò di essersi innamorata di lui, probabilmente dal loro primo incontro, Michele ebbe la consapevolezza di provare per lei qualcosa di altrettanto profondo.
Il giorno che la ragazza gli chiese di definire cosa fossero, le scrisse una frase che segnò l’inizio della loro storia:
 
“Io sono tuo e tu sei mia. Punto.”
 
Due mesi dopo.
Abbracciati stretti nel letto della cameretta di Chiara, piccolo ma immenso come il sentimento sbocciato tra loro, lei e Michele si sussurravano parole di una tenerezza infinita. Avevano fatto l’amore per la prima volta, ed era stato dolcissimo farlo lì, tra l’imbarazzo nel mettersi a nudo, con tutti i loro pregi e i loro difetti, e la coscienza di chi sapeva che non si trattava di una relazione passeggera.
Per lei, Michele aveva affrontato il viaggio dalle Marche fino al piccolo paese del nord dove viveva Chiara. Sapeva che ne valeva la pena, perché quella ragazza era il regalo più bello che la vita aveva deciso di donargli.
Per Chiara, lui era tutto, era la malattia e la cura, il fuoco di un incendio e l’acqua che lo spegne, il desiderio puro e l’innocenza. Con lui non si sarebbe sentita mai più inadeguata, perché con lui avrebbe sempre trovato il suo posto nel mondo. Grazie a Michele aveva dimenticato tutte le delusioni del passato, il presente erano loro due lì, insieme, e il futuro… il futuro sarebbe stato tutto quello che avrebbero voluto.
 
Se tu fossi pane
io sarei la fame
se tu fossi tempo
io sarei l'attesa
l'impegno e la costanza di imparare a costruire una promessa

Ma siccome sei adesso
io voglio soltanto
restare con te

“ Siccome sei”- Giordana Angi

 
 
 
Nota dell’autrice: Questa storia partecipa al contest "Invincibilmente fragili e imperfetti" indetto da Soul Mancini sul forum di EFP.
Passiamo ai crediti. Il titolo della one – shot riprende il titolo di una canzone che J-Ax ha cantato con Neffa dal titolo, appunto, “ Caramelle “, che è la canzone poi, che Chiara ascolta insieme con Michele. I versi iniziali e quelli finali sono della canzone di Giordana Angi, “ Siccome sei “.
Voglio ringraziare Chiara e Michele, che mi hanno dato il permesso di scrivere la loro storia d’amore che si è svolta esattamente come raccontato
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