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Autore: lone_wolf_08    04/08/2021    1 recensioni
Una New York distopica divisa a metà: una zona ricca e una povera. Due realtà opposte destinate ad incontrarsi come due rette perpendicolari.
Una barriera tra due mondi completamente diversi. Due cuori che battono all'unisono.
Storie d'amore ed amicizia in stile Steampunk.
(Stony)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, James ’Bucky’ Barnes, James ’Rhodey’ Rhodes/War Machine, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo VII


POV: Città Bassa



10 marzo: Compleanno di Bucky

“13 anni il mio piccolo… Quanto sei cresciuto” disse Winifred con gli occhi lucidi mentre baciava il ragazzo sulla testa dopo aver messo la torta in tavola.

Sarah gli accarezzò una guancia e lo guardò con occhi pieni di affetto. “Auguri caro”.

Ormai lo considerava alla pari di un figlio. Subito, quando il suo Steve l’aveva conosciuto, aveva avuto paura che con quel ragazzino si sarebbe solo andato a cacciare nei guai, ma quando aveva visto l’umore del figlio migliorare in brevissimo tempo, la donna dovette rivedere le sue considerazioni. Il sorriso nato sul volto del biondo in quel periodo era bastato a farle cambiare idea su quel Barnes. La signora Rogers non dimenticò mai quel giorno in cui, tornando a casa dopo il lavoro, si trovò uno Steve con la febbre altissima steso a letto, la flebile vocina che delirava, e un James infermiere improvvisato che si destreggiava tra la cucina e il bagno per portare qualunque conforto possibile all’amico malato. Sarah ricordò tutte le emozioni provate come fosse successo ieri: dalla profonda preoccupazione, al sollievo nel vedere scendere la febbre dopo qualche ora, alla gioia incontenibile perché suo figlio aveva trovato un vero amico, qualcuno per cui valesse la pena vivere in quel posto orribile, qualcuno che rendesse la sua vita un po' meno triste e miserabile.

La signora Wilson si offrì di tagliare la torta e il signor Wilson stappò una bottiglia di vino e, dopo aver riempito i bicchieri delle signore e del festeggiato, propose un brindisi. “Al signorino Barnes che reputo più uomo di tanti altri sebbene la sua ancora giovane età. È il tuo giorno Bucky, perciò brindiamo e festeggiamo questo ulteriore tuo passo verso il mondo dei grandi!”.

Bucky reggeva il bicchiere tutto impettito, atteggiandosi da adulto. Sua madre si rese davvero conto quanto le parole del signor Wilson fossero vere: suo figlio era cresciuto in fretta, forse anche troppo. Si chiese come sarebbe stato se si fosse trovato nella città alta; probabilmente, anzi sicuramente non così maturo. Gli occhi del ragazzo scrutavano gli invitati come per ringraziarli uno ad uno e dimostrare quanto quel giorno non era che una formalità di quanto era chiaro a tutti lì dentro, o almeno a chi sapeva riconoscere le evidenze; ovvero che Bucky era ormai un uomo. Winifred notò che possedeva la fierezza di suo padre e non ci fu per lei pensiero più doloroso. Avrebbe voluto vederlo accoccolarsi ancora tra le sue braccia durante un temporale, asciugare le sue lacrime dopo una caduta, sentirlo implorare per un’ennesima fiaba, bearsi della sua risata per le facce buffe che faceva George, ed intimare a quest’ultimo di fare attenzione quando con il piccolo intraprendeva delle lotte all’ultimo sangue sul tappeto… Ma il mondo gli aveva portato via quelle gioie troppo in fretta e con la partenza di George, se ne andò anche molta della spensieratezza del bimbo. Poi aveva conosciuto Steve e Winifred aveva visto il lato bambino di Bucky risvegliarsi. Il piccolo Rogers aveva portato la primavera nella vita di suo figlio e nel guardarli ora, brindare, guardarsi con orgoglio e darsi pacche amichevoli sulle spalle, non riuscì a trattenere le lacrime.

“Vi ringrazio per essere qui a festeggiare con me, non c’era mio desiderio più grande, anche dal momento che vorrei annunciarvi una cosa”.

Tutti lo ascoltarono con grande interesse e Steve chinò il capo rassegnato; sapeva cosa stava per dire l’amico. Si chiese come avrebbero reagito gli altri a tale notizia. Già si aspettava la reazione di Winifred e di sua madre.

“Sono stato promosso capo del mio settore e la fabbrica mi trasferirà a breve nella sede di supporto al comando”. Annunciò il ragazzo con orgoglio e fierezza nella voce che diventava negli anni sempre più profonda.

Ci fu uno sbarramento d’occhi generale, subito seguito da ovazioni gioiose. Winifred era fuori di sé dalla gioia “Tesoro ma perché non me l’hai detto prima” e lo sommerse di baci.

La signora e il signor Wilson si congratularono stringendogli con enfasi le mani.

Sarah lo abbracciò “Oh sono così contenta per te, almeno non starai ancora sotto quelle sbarre pericolose”.

Sam e Clint si lanciarono su di lui gioendo. Solo Steve rimase seduto a guardare l’amico con un’espressione tra il confuso e il disapprovante. Bucky intercettò il suo sguardo e capì al volo il punto di vista dell’amico, ne avrebbe parlato dopo con lui, perciò gli fece cenno che non era il momento per una discussione, facendogli intendere però che non si sarebbe sottratto ad essa più tardi. Steve sospirò senza farsi notare, poi andò dall’amico e gli strinse la mano, complimentandosi. Una tra le cose che odiava di più era comportarsi da falso, Bucky lo sapeva perciò gli rivolse un sorriso colmo di scuse.

Quella notte i quattro amici stettero sul tetto ad ammirare le stelle raccontandosi storie e rimembrando avventure passate. Bucky aveva sgraffignato dal tavolo la bottiglia di vino, ancora piena per metà, e l’aveva condivisa con i compagni. Nel giro di un’ora erano già tutti ubriachi. Clint voleva mettersi a fare ruote sulle tegole ma uno Steve ancora abbastanza sobrio glielo impedì. Sam, il più piccolo, era decisamente k.o. e dopo aver esaurito tutte le energie ridendo come un matto ad una barzelletta di Bucky, crollò in un sonno profondo, con la testa appoggiata sul ventre di Steve.

“E buonanotte al piccolo Sam” rise Clint prima di addormentarsi a sua volta con la schiena poggiata al comignolo, la bottiglia vuota in mano. Steve ridacchiò. Gli sembrava proprio uno di quegli ubriaconi che vedeva per strada ogni giorno, quelli che dopo il turno di lavoro affogavano i dispiaceri nell’alcool con la paga giornaliera. Rideva ma la situazione era tragica. Quelle persone avevano sempre suscitato pena del giovane e nonostante sua madre gli dicesse che si erano scelte loro quel destino, che erano loro stesse la causa dei loro mali, Steve continuava a provare compassione per loro. Pensava che prima di essere mendicanti di soldi lo fossero di affetto, di ideali, di emozioni positive, e l’unica cosa a cui riusciva a dare la colpa era a quell’orribile società che aveva reso le loro fragili condizioni ancora più evidenti, lasciando un segno profondo nelle loro vite tanto da diventare incancellabile e determinante tutto il loro futuro. Nel pensare questo la sua risata si spense, quindi si girò verso l’unico rimasto ancora sveglio.

“Buck… Perché non hai detto la verità prima?”.

“Non voglio spezzare il cuore a mia madre… Ha già perso mio padre”.

“Non credi che prima o poi lo verrebbe a sapere comunque?”.

L’amico si girò a guardarlo “Perché, hai intenzione di fare la spia?”.

“Certo che no!”.

“Beh allora lo vedo difficile”.

“Dico solo che secondo me faresti meglio ad essere onesto, penso che per lei sarebbe peggio venirlo a sapere poi. E se non ce la facessi? Come pensi che reagirebbe a questo? Ci hai pensato?”.

Bucky lanciò un sassolino con forza, lo sguardo corrucciato “Diamine Steve! Perché devi pensare a questo ora?”.

“Perché qualcuno deve farti capire che stai commettendo un errore nel mentire a tua madre e ai tuoi amici. Io preferirei vedere e soffrire per una brutta verità che essere soffocato inconsapevolmente venendo nutrito con una piacevole bugia”.

Il moro lo guardò “Da quando sei così saggio?”.

Steve gli diede una spinta amichevole “Lo sono sempre stato scemo…”.

Bucky però intuì che qualcosa non andava “No, ti è successo qualcosa. Non negarlo è da un po' che lo noto, sei cambiato”.

Il più piccolo volse lo sguardo all’orizzonte, i comignoli sputavano fumo nero coprendo una lunga visuale di edifici davanti a loro. “Ho visto una brutta verità”.

“Vuoi parlarmene?”.

“Secondo te perché siamo venuti da voi?”.

“Mamma mi disse perché non avevate più l’appartamento”.

“No Bucky, è perché mia madre non sta bene e non credo guarirà mai…” poi guardò gli occhi sconvolti del moro e sorrise tristemente “Vedi? Non è bello sapere che ti hanno mentito”.

“Steve io… mi dispiace… se l’avessi saputo avrei aiutato di più… io…”. Bucky non sapeva più cosa dire, gli tremava la voce.

Steve gli posò una mano sulla spalla rassicurandolo “Hai fatto tanto invece, e non ti preoccupare, ci penso io a tutto. Io ho fatto una promessa e non mi arrendo di fronte alla paura”.

Capì che Steve non voleva più parlare di questo. “Già… Questo lo so troppo bene”.

Poi ridacchiò per alleviare la tensione “Credi che a Morstran mancherò?”.

“Come a Clint mancherebbe fare il cretino penso” rise in risposta.

Poi il biondo estrasse dalla tasca dei pantaloni il suo regalo di compleanno, una busta “Beh… Buon compleanno amico mio”.

Bucky la aprì e rimase a fissare il contenuto, non trovando le parole per esprimersi: era la bici dei suoi sogni, Steve gliel’aveva disegnata perfettamente. Passò una mano accarezzando la carta ruvida con nostalgia.

“So che non è come una fotografia ma sai, quegli aggeggi che le fanno costano parecchio e…”.

Il moro lo zittì con un “È perfetta!”, poi guardò l’amico riconoscente, negli occhi si rifletteva il firmamento.

“Tu invece mi faresti un regalo anche se il compleanno è tuo?”.

Bucky lo guardò come per dirgli di proseguire con la richiesta.

La voce del biondo risuonò nella sua testa per tutta la notte e i giorni avvenire. “Non morirmi anche tu Buck”.

***

Un mese più tardi, arrivò per Bucky il momento di partire. Alla stazione a salutarlo c’era sua madre, che dopo averlo abbracciato e baciato per cinque buoni minuti, passò il ragazzo a Sarah che gli diede un bacio a sua volta “Buona fortuna Bucky”, la signora Wilson gli sorrise “Mi raccomando, facci avere tue notizie”. Poi venne il momento dei suoi amici Clint, Sam e Steve. I quattro ragazzini si salutarono con il loro segno segreto a cui seguì un abbraccio di gruppo. Clint e Sam, ignari, guardarono con orgoglio l’amico che se ne stava andando. Sicuramente pensavano che una vita migliore lo stesse aspettando, una volta salito su quei vagoni. Steve, invece, sapeva benissimo cosa lo stava aspettando in realtà.

Il moro sorrise loro parlando forte per sovrastare il fastidioso rumore della locomotiva. “Non fate nulla di stupido finché non torno”.

Clint rispose beffardo come al solito “Come potremo… La stupidità la porti tutta con te”.

Risero, anche se quella sulla bocca di Steve era una risata amara. “Te ne vai proprio ora che cominciavo a sopportarti”.

“Sei un imbecille”.

“Cretino”. Il biondo trattenne le lacrime e si lanciò ad abbracciarlo di nuovo, stavolta con più forza. “Non vincere la guerra finché non arrivo io”. Gli sussurrò affinché lo sentisse solo lui.

Sciolsero l’abbraccio e saltando sulla carrozza il ragazzo andò a toccare la fronte con il taglio della mano per poi allontanarla subito dopo, come nel saluto militare. Steve fece lo stesso, seguito a ruota da Sam e Clint. Il fischio del treno giunse assordante alle loro orecchie. Poco dopo il cigolio annunciò che il mezzo era in movimento. Bucky, ancora affacciato alla finestra, agitava la mano, allontanandosi gradualmente fino a diventare solo un puntino all’orizzonte. Steve sospirò. Era andato. La guerra era di certo terribile, soprattutto per un ragazzino fuori età di reclutamento. Sperò vivamente che l’amico potesse trovare il padre e mettersi il cuore in pace. Il biondo resistette all’impulso di piangere, aveva una profonda paura di perdere il suo migliore amico. Eppure, qualcosa dentro Steve gli diceva che l’avrebbe rivisto, prima della fine. Si affidò a quella vaga sensazione prima di passare un braccio attorno alle spalle di Sam, le cui lacrime silenziose non volevano essere notate. “Tranquillo Sam, lo rivedremo”.




Nota dell'autrice:


Bucky va in guerra, e quale sarà il destino del piccolo Steve? Potete fare ipotesi e commentare le vostre idee a riguardo.
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo e spero sempre anche nelle vostre gradite recensioni.

Vi saluto e ci vediamo al prossimo con un altro compleanno, quello del piccolo Tony!

Kia

   
 
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