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Autore: All_I_Need    04/08/2021    4 recensioni
Vi ricordate di quel mercoledì che John ha dimenticato perché Sherlock gli ha messo qualcosa nel té? John non lo ricorda. Però torna a sconvolgere la sua vita.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: AU, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10

Sweet home Baker Street

Capitolo 10

Due giorni dopo, Lestrade ne aveva avuto abbastanza.

"Hai un aspetto davvero orrendo, – disse al suo unico e solo consultante investigativo, mentre guardavano Donovan che faceva salire con attenzione il loro ultimo bottino nel retro di un'auto della polizia – Quando è stata l'ultima volta che hai dormito un po'?"

"Non lo so. Potrei aver dormito più o meno per un'ora ieri?"

"Risposta sbagliata. – dichiarò il DI – E riguardo al cibo? Hai mangiato? Potresti tagliare qualcuno con quei tuoi zigomi affilati."

"Solo se mi schiaffeggiano. – ribatté Sherlock – In tal caso sono un meccanismo di difesa perfettamente funzionale."

"Di nuovo risposta sbagliata. Andiamo, ti porto a cena."

Afferrò Sherlock per un braccio, fece un cenno a Donovan e riuscì a comunicare con un qualche piccolo gesto che avrebbe portato il loro geniale ospite al più vicino pub. Lei rispose con un pollice in alto e ricambiò il saluto.

"Non puoi andartene, – cercò di protestare Sherlock, perfino mentre si lasciava trascinare via – Ci sono le scartoffie."

"Domani saranno ancora lì, – disse Lestrade – Ho fatto gli straordinari, il mio turno è terminato. E comunque non te ne importa niente delle scartoffie. Ora stai zitto e lascia che qualcuno si prenda cura di te per una volta, per l'amor del cielo."

Sherlock non disse un'altra parola finché non furono arrivati al pub e non trovarono un angolo tranquillo nel retro, lontano dai pochi clienti. Stavano suonando della musica, ma con così poche persone ad ascoltarla, per fortuna era tranquillo e potevano parlare a bassa voce, senza doversi sforzare per sentirsi l’un l’altro.

Greg prese una pinta per sé e un sidro per Sherlock, perché poteva non essere un genio, ma prestava attenzione alle persone. Si sedette e mise il menu davanti al viso di Sherlock: "Ecco, scegli qualcosa. Ti è consentito un antipasto o un dessert solo se prendi anche un piatto principale."

Sherlock tentò di guardarlo torvo, ma era davvero troppo stanco e finì per assomigliare più a un gattino infangato che a qualcosa di veramente minaccioso. Il Signore sapeva che avrebbe potuto essere spaventoso, se avesse voluto, addirittura terrificante. In quei giorni, minacciava solo di svenire sul colpo.

Alla fine ordinò un'enorme patata al cartoccio con fagioli, che Lestrade considerò una vittoria.

"Bene, – esordì non appena Sherlock tornò dal bar e gli restituì la carta di credito – Adesso dimmi che cosa sta succedendo."

"Non sta succedendo niente," mentì Sherlock.

Lestrade inarcò un sopracciglio: "Davvero? Allora perché ha l’aria di un cadavere? Non dormi, devo usare la forza per alimentarti e francamente mi sembri qualcuno cui abbiano appena investito il cane."

"Io non ho un ca…"

"Cristo, è solo un modo di dire, – lo interruppe Lestrade – Ascolta, potrò non essere brillante come te, ma io so dire quando qualcosa non va. Non sei stato bene da quando sei tornato da ovunque diavolo tu sia stato in questi due anni, ma ora sta peggiorando. Avevo sperato che il tuo sfuggente marito potesse migliorare le cose, ma comincio a pensare che il problema qui sia lui."

Notò come Sherlock si era irrigidito alla parola 'marito' e il suo stomaco si rivoltò.

Ammorbidì la voce: "Sherlock... ti sta... ti sta trattando bene, vero? Tu, uh, lo sai che se lui facesse mai qualcosa che ti ferisse, puoi semplicemente andartene, giusto? Hai degli amici. Se lui è in qualche modo… – esitò, non volendo dire 'abusante'. La gente tendeva a rifuggire la parola, perché questo genere di cose succedeva solo alle altre persone.

Sherlock sbatté le palpebre e aggrottò la fronte "Tu... pensi che mio marito sia abusante," disse in modo lento.

"Avrei dovuto sapere che non ci avrebbe girato intorno" pensò Lestrade. "Beh, sì. Che altro vuoi aspettarti che pensi? Un marito misterioso che nessuno di noi ha mai visto, non vuoi dirci il suo nome, non vuoi mostrarci una foto, non vuoi dirci altro che lui esiste e ora eccoti qui, con l'aspetto di uno che in realtà non ha un marito premuroso che si prende cura di lui. Con il mio tipo di lavoro, certo che presumo che il problema sia tuo marito."

Sherlock scosse la testa: "No, no, lui... non lo farebbe mai. – Si fermò, esalò un respiro tremante – Non lo farebbe mai."

Nel profondo, Lestrade pensò che fosse una bugia, ma quasi certamente una che Sherlock diceva a se stesso. Nessuno voleva credere che il proprio partner fosse capace di matrattamenti, eppure accadeva troppo spesso. Il Signore sapeva che aveva visto la sua giusta parte di risultati.

Prima che potesse interrogare Sherlock più a fondo, arrivò il cibo: "Dacci dentro, –disse Lestrade – Il resto può aspettare un po’, ma sembra che tu stia per svenire."

Per una volta, Sherlock fece come gli era stato detto. Non gli ci volle molto per spazzolare la maggior parte del proprio piatto e Lestrade lo osservò con un curioso miscuglio di soddisfazione e crescente preoccupazione. Sherlock era un tipo schizzinoso, lo sapeva da anni di osservazione. Di solito non ci dava dentro a meno che non avesse raggiunto un punto in cui il corpo aveva avuto la meglio su quel suo grande cervello.

Alla fine, aveva raccattato l'ultimo dei fagioli e anche ripulito il resto della salsa con un pezzo di pane e sembrava un po' meno morto rispetto a venti minuti prima.

"Non era poi così male adesso, vero? – chiese Lestrade, cercando di sembrare più allegro di quanto si sentisse – Adesso dimmi… se mi sbaglio e sei così tanto felice nel tuo matrimonio, che cosa sta succedendo?"

"Non felice," ribatté Sherlock a bassa voce, fissando il piatto.

Lestrade sbatté le palpebre: "Che cosa? Hai appena detto..."

"Ho detto che lui non era abusante. Non ho detto che io ero felice," precisò Sherlock, il che non chiarì molto le cose.

"Allora cosa...?"

Ma Sherlock scosse la testa e rimase in silenzio, fissando il tavolo con lo sguardo di qualcuno che stesse lottando per trovare le parole per qualcosa con cui non aveva alcuna esperienza. Lestrade decise di lascialo stare.

Arrivò un barista e portò via i piatti e loro restarono ancora seduti in silenzio. Il DI bevve un sorso di birra. Sherlock avrebbe parlato quando fosse stato pronto.

Lestrade era oltre la metà della sua pinta e stava valutando se fosse il caso di ordinarne un’altra o per quella sera fermarsi ad una, quando Sherlock parlò.

"Lo sto perdendo."

"Scusa?"

"Lo sto perdendo, – ripeté Sherlock – Me lo sento scivolare tra le dita, sempre più distante, e non c'è niente che io possa fare per trattenerlo."

Lestrade sbatté le palpebre, osservando l'espressione di Sherlock. Sembrava... perso. Perso e triste, che era il modo più vulnerabile in cui Lestrade lo avesse mai visto. Anche sotto l’effetto di qualche sostanza o in astinenza rimaneva sempre ferocemente ostinato e contrario. Adesso non c'era più niente di quello in lui.

"Sherlock, questo è... non so cosa dire."

"Non c’è niente che tu possa dire, – Sherlock scrollò le spalle – Niente che tu possa fare, anche. Nemmeno tu hai i migliori precedenti con i matrimoni."

Non lo aveva detto in modo pungente e aveva ragione, quindi Lestrade scelse di non commentare: "Ho ottenuto anche un po' di esperienza nel cercare di far funzionare le cose," disse invece.

"Mph."

Rimasero di nuovo in silenzio per un po', ma questo era stato il massimo che avesse mai sentito dire a Sherlock riguardo al suo elusivo marito (o riguardo a qualsiasi altra cosa relativa alla sua vita privata) ed era curioso.

"Allora che cosa ti fa pensare che si stia allontanando? Forse sta pianificando una sorpresa, cercando di tenertela nascosta? Dio sa quanto sia difficile nasconderti qualsiasi cosa."

Sherlock scosse la testa, gli angoli della bocca si piegarono ancora più in basso. Sembrava un cucciolo preso a calci e ciò ferì Lestrade da qualche parte nel profondo dell'anima. Dio sapeva che Sherlock Holmes non fosse un uomo facile da conoscere, ma di sicuro non meritava di sentirsi così, in una delle rare occasioni in cui si era abbassato a provare qualcosa in primo luogo.

"Sta spingendo per il divorzio."

"Oh. – Greg si appoggiò allo schienale. Era stato piuttosto inaspettato – Ha detto perché? Hai fatto qualcosa? Ha lasciato degli esperimenti nella vasca da bagno o altro?"

Sherlock scosse la testa: "Di quello non gliene è mai importato. No, lui... vuole sposare qualcun altro." Voltò la testa verso il muro, sbattendo in fretta le palpebre. Lestrade sentì un bisogno improvviso e intenso di trovare suo marito e inculcargli un po' di buon senso.

"Mi dispiace, amico, – mormorò – Questo è duro."

Sherlock sospirò: "Il fatto è che... non credo che lo voglia davvero. Dice di sì, ma penso che lo voglia fare perché crede di doverlo fare, non perché lo desidera sul serio. Quindi mi sono tirato indietro."

"Ti sei tirato indietro? – fece eco Lestrade – Come fai... a tirarti indietro riguardo a questo?"

"Mi sono rifiutato di firmare i documenti. – A suo merito, sembrava sentirsi in colpa per questo – Speravo che, se avesse dovuto frequentarmi di più, si sarebbe accorto di avere già tutto ciò che poteva desiderare."

“Vorrei che funzionasse così, – mormorò Greg – Dovrai lasciarlo andare alla fine, Sherlock. È chiaro che non sta funzionando. Vuoi davvero stare con qualcuno che vorrebbe essere altrove? Questo non è giusto per nessuno dei due. E comunque, pensavo che ti amasse? Certo suonava così, quando ho parlato con la tua infermiera."

Sherlock sbatté le palpebre: "Quale infermiera?"

"In ospedale, quando ci hai spaventato tutti l'altra settimana. Ha detto che tuo marito aveva appena lasciato il tuo fianco, che era restato sveglio tutta la notte accanto al letto per farti compagnia. Ha detto che era molto preoccupato."

Un'emozione indescrivibile balenò sul viso di Sherlock a quella notizia, qualcosa di simile alla speranza, che veniva rapidamente schiacciata. Le sue spalle si abbassarono e dopo un altro momento il detective si ricompose in modo visibile: "Non cambia niente. Non mi odia, Lestrade. Semplicemente... non vuole essere sposato con me."

"Mi chiedo perché ti abbia sposato in primo luogo, – ribattè Lestrade – Voglio dire, non fraintendermi, ma non sei davvero la prima scelta di molte persone, giusto? Quindi deve aver visto qualcosa in te per fargli desiderare di fare quel passo, giusto? Ed è chiaro che tu abbia provato lo stesso, se hai accettato di farlo. Non riesco davvero a vederti mentre fai la proposta a qualcuno, ad essere sincero."

"No, – concordò Sherlock – Nemmeno io. È stata tutta una sua idea, in realtà. L'ha suggerito, un giorno all’improvviso."

"Ma tu lo volevi," sondò Lestrade in modo gentile.

Alla fine Sherlock incontrò il suo sguardo con assoluta onestà: "Più di qualsiasi altra cosa."

E non importò quanto Lestrade si sforzasse, non riuscì a ottenere un'altra parola sull'argomento.

*****

Parlare con Lestrade era stato liberatorio in modo bizzarro, se non altro perché Sherlock aveva bisogno di un orecchio amico. Il DI era molte cose ed essere un buon ascoltatore era con sorpresa in cima alla lista. Di fatto non lo aveva aiutato in modo misurabile e di certo non aveva cambiato nulla della sua situazione, ma Sherlock si sentiva ancora un po' più leggero. Forse c'era qualcosa in questo condividere le esperienze, dopotutto.

Era riuscito a dormire davvero tutta la notte successiva, anche se sarebbe potuto essere per la piacevole sonnolenza indotta dal primo pasto completo di quella settimana.

Per la prima volta dalla visita di John, Sherlock sentì di poter affrontare di nuovo il mondo. Guardando indietro, poteva ammettere di essersi lasciato un po' andare dall'ultima volta che John se n'era andato. Ma chi avrebbe potuto biasimarlo?

John aveva finalmente chiesto il perché e, quando Sherlock aveva risposto, se ne era soltanto andato, senza dare alcuna indicazione se sarebbe tornato o che cosa pensava della sua risposta. Quando avrebbe finalmente chiesto che cosa fosse successo? La risposta di Sherlock era stata sufficiente per farglielo capire? Era per questo che da allora John non l'aveva più contattato?

Sherlock si girò l'anello intorno al dito, chiedendosi quanto tempo gli fosse rimasto prima che John gli chiedesse di firmare infine i documenti e di toglierlo per sempre. Beh, se John voleva che lui si levasse quell’anello, avrebbe dovuto toglierglielo lui stesso dal dito e Sherlock lo avrebbe combattuto fino alla fine.

Rabbrividì e cercò di allontanare il pensiero. John non gli avrebbe mai fatto questo. Erano amici.

Come a un segnale, sentì il rumore della porta d'ingresso che si apriva, seguito da quello dagli inconfondibili passi di John sulle scale. Sherlock si raddrizzò e cercò di fingere di non essere preoccupato. Ma poi John fece irruzione nella stanza, un po' senza fiato e sorridendo e Sherlock si rilassò.

"Ehi, – esordì John in tono allegro – Speravo che fossi qui. Ascolta, Mary è andata a trovare alcuni dei suoi amici per il fine settimana e ho visto questo annuncio sulla metropolitana. Il Museo della Scienza ha allestito una nuova mostra e ho pensato che potremmo vederla. Vuoi venire?"

Sherlock sbatté le palpebre. Non era quello che si era aspettato e gli ci volle un momento per il cambio marcia mentale: "Io… sì, certo, John."

John gli sorrise raggiante: "Grande."

Si fermò, grattandosi la nuca e sembrando piuttosto dispiaciuto: “Scusa se non mi sono fatto sentire questa settimana. Cercherò di mandare più messaggi… è solo che sono stato molto impegnato in clinica."

Sembrava tormentato e ora che Sherlock si prendeva il tempo per guardarlo davvero, poteva vedere i segni dello stress e dei lunghi turni in clinica. John stava dicendo la verità.

Sherlock si rilassò un po' di più e gli sorrise in risposta: "Va tutto bene, John. Non mi devi delle spiegazioni."

Riuscì persino a trattenere l'amarezza dalla voce e si alzò prima che potesse sfuggirgli qualcosa: "Fammi vestire e possiamo andare."

Scomparve nella propria camera da letto e si cambiò il più in fretta possibile, sentendosi non poco eccitato all'idea di poter alfine passare un po' di tempo da solo con John. Beh, fuori in pubblico, ma comunque. Avrebbe potuto quasi essere considerato un appuntamento.

Scuotendo la testa, Sherlock represse il pensiero. No. Non sarebbe andato su quella strada. John aveva a malapena cominciato a parlargli di nuovo e non dava segno di voler voltare le spalle alla strada su cui stava sfrecciando, quella che si allontanava sempre di più da Sherlock stesso.

Sapeva che oggi avrebbe dovuto procedere con cautela. Non poteva stare troppo vicino o dire la cosa sbagliata o anche dare l'impressione sbagliata (o meglio: giusta). Se qualcuno avesse fatto un commento e li avesse scambiati per per una coppia, sapeva che John avrebbe negato con veemenza l'ipotesi e poi si sarebbe rintanato così in fondo nel suo guscio che ci sarebbero volute settimane per tirarlo fuori di nuovo. E Sherlock sapeva di non avere settimane.

Non si erano dati una data di scadenza, forse in modo consapevole. Nessuno dei due voleva mettere ulteriore pressione sulla loro amicizia. Lo sforzo era già troppo per loro da sopportare con facilità. L'ultima cosa che entrambi volevano era stabilire una tabella di marcia. ‘Entro martedì della prossima settimana dobbiamo essere di nuovo amici. Due settimane dopo dovremmo poterci definire a vicenda di nuovo il nostro migliore amico senza dover mentire. E poi Sherlock firmerà i documenti del divorzio.'

Sherlock rabbrividì. Anche questa ridicola sequenza temporale immaginaria non conteneva alcun punto etichettato come ‘qui è dove Sherlock si rifiuta di firmare di nuovo e John perde la pazienza e alla fine chiede di sapere il vero motivo di tutto ciò.'

Il solo pensiero lo fece sentire un po' male e fuggì in bagno per guadagnare un'altra manciata di minuti, così da potersi rimettere in sesto prima di dover affrontare di nuovo John.

Quando finalmente tornò in salotto, John stava solo esaminando Billy sulla mensola con quella che Sherlock pensava fosse un'espressione un po' malinconica. Tuttavia si voltò quando lo sentì entrare e gli sorrise, il che allontanò subito l’ansia da Sherlock.

Si ritrovò a ricambiare esitante il sorriso : "Pronto?"

"Pronto," disse John e si diressero insieme verso le scale.

Sembrava come ai vecchi tempi, quando si precipitavano insieme al piano di sotto per fermare un taxi e scivolare sul sedile posteriore, deliziati dalla reciproca compagnia. Il viaggio in taxi verso il museo fu troppo veloce e presto uscirono e si unirono alla fila di persone desiderose di entrare alla mostra.

"Brulicante di turisti, ovvio, – sospirò John – Ma ho pensato che sarebbe stato più facile entrare durante la settimana che nel weekend, quando avremmo anche metà di Londra e un po' di gente dalla campagna circostante che vogliono istruire i propri figli."

"Va tutto bene, – disse Sherlock, scrollando le spalle – La coda si sta muovendo in fretta, a questo ritmo saremo dentro in meno di dieci minuti."

Ce la fecero in sette, con sua compiaciuta sorpresa.

"Non c'è bisogno di comprare un biglietto, – affermò Sherlock con noncuranza – Ho un abbonamento. E mi permette di fare entrare un ospite alle mostre."

John sembrava sorpreso. "Davvero?"

"Ovvio, oggigiorno è una clausola standard nella maggior parte degli abbonamenti che..."

Ma John stava scuotendo la testa: "No, volevo dire... hai un abbonamento?"

Sherlock aggrottò la fronte: "Certo, John. È il Museo di Storia Naturale e della Scienza. Certo che ho un abbonamento. Trascorrevo ore qui."

"Non l'hai mai detto."

Sherlock alzò le spalle: "Non è mai venuto fuori. Ma sì, ho un abbonamento da circa un decennio. Penso che i miei genitori me lo abbiano regalato una volta e dopo io ho continuato a rinnovarlo. Dobbiamo sostenere ovunque possiamo gli ultimi bastioni di conoscenza accessibile. Dio sa che i media e Internet stanno facendo del loro meglio per abbassare il QI della gente, il minimo che possiamo fare è assicurarci che i musei e le biblioteche rimangano aperti in modo che le persone possano istruirsi almeno un po'."

John rise e passarono una buona mezz'ora a raccontarsi dei musei che frequentavano da bambini. Sherlock fece piegare John in due dalle risate con una storia di come si era fatto rinchiudere apposta nella British Library e poi si era lamentato di essere stato trovato la mattina, quando lui non aveva ancora finito con il suo libro.

"La mamma era mortificata, certo, ma anche piuttosto orgogliosa, considerando la mia scelta del materiale da leggere. Era un trattato sulla matematica antica."

"Certo che lo era," disse John, sogghignando.

Vagarono per la mostra, fermandosi a tutto ciò che sembrava interessante e attirando l'attenzione reciproca sui nomi scientifici ridicoli. Una volta che lasciarono la mostra ed entrarono nel museo principale, Sherlock, decidendo che dovesse essere consentito scherzare un po', trascinò John alla sezione minerali.

"Se vuoi divertirti con i nomi scientifici, – affermò – controlla insetti e rocce."

Tirò avanti John finché non trovò l'unico oggetto che stava cercando e lo fece girare verso la vetrina: "Ti sfido a battere quello."

John impiegò un momento per identificare quale delle rocce in mostra intendeva Sherlock e poi iniziò a ridere: "Cummingtonite? – ansimò – Davvero?"

Sherlock sorrise: "Pensavo che l'avresti apprezzato."

John stava ridacchiando, quella risatina acuta che faceva la sua comparsa solo quando avevano fatto qualcosa di estremamente ridicolo. Il cuore di Sherlock sussultò. Era la prima volta da anni e anni che sentiva quel suono e lo lasciò stordito.

"Adagio," ricordò a se stesso e affidò alla memoria la vista e il suono di John perfino mentre si univa alla sua risata.

"Andiamo, – disse infine John – Ora voglio controllare gli insetti perché sono del tutto sicuro che non riuscirò a trovare una roccia più divertente."

Sherlock fece un sorrisetto, accettando la propria momentanea vittoria nel gioco dei nomi: "Fai strada.”

 

NdT

Piccoli passi avanti. E i malintesi fanno sempre danni.

Grazie a chi stia leggendo e commentando.

A mercoledì prossimo.

Ciao ciao.

 

   
 
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