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Autore: nunzyl    05/08/2021    0 recensioni
Italia anni 80, è estate, ed in una villetta estiva vicina sia alla spiaggia che alla pineta passa le vacanze la famiglia Iero, tornata in Italia da qualche anno. Quel particolare anno la signora Iero ha deciso di invitare da loro una sua grande amica con famiglia al seguito, la signora Way. È così che uno svogliato diciottenne, Gerard, con al seguito un indifferente sedicenne, Mikey, si trovano a dover dividere la camera da letto con un estroverso sedicenne, Frank. Gerard scoprirà di apprezzare particolarmente la compagnia del più giovane.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Appoggiò la testa al finestrino di quel trabiccolo che i suoi genitori si ostinavano a chiamare auto, quell'affare era vecchio di dieci anni come minimo, e non era per nulla invecchiato bene. L'automobile continuava a dare segni di cedimento ogni istante che passava, ad iniziare dall'orribile rumorino metallico che si faceva mano mano sempre più forte ad ogni buca o dosso che prendevano, la strada non era delle meno accidentate, forse era lui viziato e abituato a strade perlopiù lisce. I sedili posteriori erano duri come pietra, e poteva contare due buchi grandi nel rivestimento, dai quali uscivano pezzi di spugna gialla un po' strappati, come se qualcuno prima di loro oltre ad avere provocato gli strappi avesse anche continuato a peggiorare il danno strappando pezzettini di spugna. C'era un ultimo buco, più piccolo e meno evidente, questo era posizionato proprio fra le sue gambe e, forse imitando chi aveva abitato quell'auto, preso dalla estrema noia di quel lungo viaggio iniziò a giocherellarci ed a strappare delle piccole palline di spugna che gettava attentamente ai suoi piedi.

Ulteriore difetto di quell'auto che pregava solamente di essere rottamata era che proprio il finestrino posteriore del lato destro, ovvero il suo, non si poteva aprire, quindi doveva soffrire il caldo e i raggi del sole pomeridiano amplificati dal vetro che non si sarebbe mai abbassato. Aveva pensato che suo fratello sapendo questo dettaglio di proposito avesse scelto l'altro lato, ma aveva abbandonato ogni congettura, non aveva né la voglia né le forze di pensarci. Quell'auto verde abete suo padre l'aveva noleggiata con assai entusiasmo, spinto dal bassissimo prezzo, ma con il senno di poi quel prezzo era più che giustificato. 

I raggi del sole gli bruciavano quasi sulle gambe che erano coperte solo dai dei pantaloncini che quando si sedeva gli arrivavano un po' più sopra il ginocchio. Era conscio che il sole fosse un'unica stella, uguale per tutti e ovunque, ma era più che certo che il sole dell'Italia fosse dannatamente forte, almeno in quei mesi, e forse Mikey aveva davvero scelto di proposito quel posto a sedere dato che lui era l'unico a cui arrivava il sole mentre suo fratello se ne stava a sonnecchiare all'ombra.

Sua madre stava canticchiando una canzone italiana con parole che arrancavano un po', il suo italiano era un po' arrugginito ma continuava a cantare, magari inventando parole nuove, perché era di buon umore. Tornare nella sua Italia e passare le vacanze qui con una sua grande amica era quello che chiedeva ogni anno, e quest'anno, merito delle lunghe ferie prese da suo marito era riuscita finalmente a partire, seppur in disaccordo con i due adolescenti che si portava dietro. Gerard voleva solamente passare la sua estate come sempre: casa, disegni, lavoro estivo in fumetteria, musica e magari uscire un po' con quel paio di amici che aveva. Invece a Mikey più che altro non importava, certo viaggiare in Europa era sicuramente qualcosa che tutti i suoi coetanei avrebbero apprezzato, ma a lui bastava che gli amici di sua madre non fossero invadenti e gli lasciassero fare quello che preferiva. 

«Non vi capisco» annunciò Gerard nei confronti di entrambi i genitori, ma in particolare di sua madre, la vera responsabile di quel viaggio. «Cosa c'è ora?» domandò con fare troppo esasperato, Donna sapeva già cosa avrebbe detto suo figlio però sperava che si riferisse ad altro. «Vi sareste potute vedere ogni volta all'anno, facendo solo poche ore di auto, eppure no, dovevamo per forza venire da loro in Italia per passarci l'estate» disse continuando a tenere la testa corvina poggiata all'unico finestrino rotto. «Te l'ho già spiegato, lo sai il perché e non te lo ripeterò» era sorprendente quanto suo figlio, sebbene dall'aspetto calmo e a tratti schivo, potesse diventare così fastidioso e infantile. Quelle due donne, sua madre e Linda, avevano il più pessimo dei tempismi, secondo Gerard. Avevano vissuto per anni a poche ore di distanza ma avevano scelto di passare delle settimane di vacanza insieme solo quando la famiglia Iero si era dovuta trasferire in Italia, lì dove appartenevano, così come ci apparteneva sua madre.

«Io non capisco te Gee» esordì Mikey che si era messo dritto sui sedili e aveva aperto gli occhi, «Tutti i nostri amici ci invidiano per questa vacanza e tu non fai altro che lamentarti». Gerard voleva controbattere dicendo che non era vero perché non avevano amici, e comunque quei pochi presenti nella lista erano rimasti piuttosto indifferenti secondo lui, ma non ne ebbe il tempo. «E non provare a smentirmi, sai benissimo che ci invidiano almeno un po'», doveva ammettere che non aveva tutti i torti, «Continua a lamentati e lo apro con la tua testa quel finestrino» detto ciò tornò a sonnecchiare incrociando le braccia al petto e scivolando leggermente sul sedile. Calò il silenzio nella macchina escludendo la radio che continuava ad andare con parole sconosciute a tutti a parte che alla signora Way. Donald nel frattempo, alla guida, mentre cercava di ignorare i soliti battibecchi, continuava a pensare che in fondo avesse fatto un affare con quell'auto.

Miracolosamente arrivarono a destinazione senza fare alcun incidente e con il trabiccolo ancora tutto intero, o almeno non avevano perso pezzi durante la strada. Il loro non era stato un viaggio breve, ci era voluto un bel po’ di tempo per raggiungere quel paesino dimenticato da Dio che tutto sommato era vicino alla città, però ne era valsa la pena. Appena scesero dall’auto tutti rimasero affascinati dalla bellezza dell’ambiente circostante. La casa che gli Iero avevano per le vacanze era una villetta su due piani piuttosto antica, ma tenuta in maniera superba. Era completamente bianca ad eccezione per le finestre e per le porte, queste erano in legno dipinto di giallo. Il tetto spiovente aveva delle tegole di terracotta che sicuramente all'inizio doveano essere di un bel rosso acceso, ma col tempo questo si era trasformato in un marroncino piuttosto triste, era l'unica cosa che cozzava. L’intera villetta era contornata dal verde, si trovava lontana dalle altre abitazioni, e con pochi passi si poteva raggiungere sia la pineta che la spiaggia. Gerard si perse ad ammirare quella casa e il bizzarro colore scelto per porte e finestre. Notò come una pianta rampicante di un verde acceso si impossessava di una piccola parte della facciata principale e come questa non risultava fuori luogo, ma perfetta posizionata lì. A guidarli alla porta d’ingresso c’era un vialetto di ciottoli che dovevano essere sicuramente dolorosi da attraversare a piedi scalzi, ma risultavano piacevoli sotto le suole di un paio di scarpe. La porta gialla si aprì di scatto quando ancora distavano qualche passo dal suonare al campanello. Ne sbucò una donna dai capelli corvini legati in una crocchia disordinata, c’erano ciocche che fuoriuscivano. Quella acconciatura, unita all’outfit piuttosto casalingo, dava l’impressione che fosse stata interrotta nel bel mezzo delle faccende. La donna, sicuramente Linda, si trovò a pensare Gerard, li accolse con un enorme sorriso in volto e abbracciò con foga Donna, la quale non esitò neanche un attimo nel ricambiare l'abbraccio. «Entrate, prego» disse la donna appena l'abbraccio si fu sciolto, e iniziò a fare strada dentro l'abitazione, questa volta il colore predominante era il marroncino dei mattoni che in qualche modo veniva riflesso nelle pareti bianche, il mobilio era antico, e la maggior parte dei mobili erano in legno. «Scusate le condizioni» Linda indicò il modo in cui si era vestita, cercando poi di sistemare le ciocche ribelli, «Ma stavo sistemando la vostre camere da letto» fece un cenno col capo al piano superiore. Gerard insieme a Mikey guardò in direzione delle scale e sperò di non condividere camera sua con nessun altro oltre Mikey; Mikey invece sperava in un bagno personale, ma constatando l'anzianità della struttura non ci mise neanche la mano sul fuoco. «E Anthony, che fine ha fatto?» domandò Donald mentre continuavano a seguire il breve tour della casa. Avevano visto tutto quello che c’era da vedere al piano inferiore, in fondo non c’era poi molto: una cucina ampia e ariosa, sala da pranzo, salotto che fungeva anche da ingresso, bagno di servizio di cui avevano visto solo la porta e non ci erano entrati, e la porta finestra che dal soggiorno portava al giardino posteriore. «È andato in paese a fare la spesa per la cena e si è portato insieme Frank» disse la padrona di casa mentre li invitava a salire le scale. Negli occhi della signora Way si accese una luce che era fatta di ricordi «Come sta il piccolo Frankie?» domandò mentre visitavano le varie camere da letto e scoprivano dove erano posizionate le proprie. «Non più tanto piccolo» ridacchiò, «Ha la stessa età di Mikey, 16 anni». A Gerard tornò in mente l’immagine di un bimbo di cinque anni, mentre lui ne aveva sette, con il quale aveva passato, insieme a Mikey, molti pomeriggi, quando ancora le due donne si incontravano regolarmente. Si ricordò dei suoi capelli molto scuri perennemente spettinati, di un sorriso che la prima volta aveva trovato inquietante, della vita e voglia di giocare che aveva in corpo, il che lo rendeva un casinista di prim’ordine; e del fatto che l’ultima volta che si erano visti, Gerard avrà avuto intorno ai nove anni, gli aveva rubato un pupazzetto di Batman. Gerard non era un tipo rancoroso, alla fine andava avanti per evitare di farsi il fegato amaro per ogni stupidata, ma quel pupazzetto non l’aveva mai dimenticato, sua madre gli aveva sempre detto di averlo perso, ma lui sapeva chi era il responsabile dalle mani lunghe. «Questa è la vostra camera, purtroppo la dovrete dividere in tre, però è molto grande, quindi non credo sarà poi un gran problema, giusto?» domandò Linda guardando i due fratelli i quali vennero investiti da un severissimo sguardo della madre che diceva chiaramente “Non provate neanche a lamentarvi! Siamo ospiti, e a voi la stanza va benissimo!”. I due annuirono sorridendo e Linda gli informò che l’unico letto a stare solo era di Frank, che quindi gli altri e due singoli posti di fronte a quello erano i loro. Uno era vicino alla finestra e l'altro vicino alla porta, entrambe via di fuga, pensò Gerard che stava valutando di quale dei due rivendicare la proprietà, ma in caso di caldo estremo la finestra sarebbe stata più utile.

Linda una volta finito il tour abbandonò lui e Mikey a sistemare le loro cose mentre lei tornava al piano inferiore per parlare dei vecchi tempi con i suoi genitori difronte ad un buon caffè, anche Gerard aveva chiesto un po' di caffè per rendersi più attivo, ma la richiesta venne bellamente ignorata dagli adulti, presi com'erano dalle chiacchiere. 

Mikey se ne stava sul suo letto ai piedi del quale giaceva una valigia sfatta per metà. Il giovane aveva davvero tutta la buona volontà di disfare le valige e riporre in maniera ordinata gli indumenti nella parte dell'armadio riservata a lui, ma il caldo, la stanchezza dovuta al viaggio, e un Gerard che tra una maglietta e un costume da bagno borbottava su come non gli andava di dividere la stanza con uno sconosciuto che da piccolo gli aveva rubato il suo Batman gli avevano fatto passare la voglia. Così era finito sul suo letto a fissare svogliatamente il soffitto, sapendo che sua madre l'avrebbe ammonito per non aver sistemato e aver lasciato tutto in mezzo. Gerard la valigia l'aveva completamente disfatta pur di distrarsi dato che non aveva neanche ottenuto una misera tazza di caffè. Ora stava seduto sul letto, chino sulle sue ginocchia a disegnare sul suo blocco quello che la musica del suo walkman gli suggeriva. Stava disegnando una cattedrale in quello che provava ad essere uno stile gotico. I tratti decisi mostravano guglie altissime e imponenti, un rosone posto al centro della facciata con i disegni delle vetrate abbozzati, ai lati della cattedrale troneggiavano dei gargoyle; Gerard non era sicuro che quella cattedrale avesse tutti i particolari di un solo stile, aveva scelto di rappresentare solo quello gotico, ma d'altronde tutto fa brodo. Le cuffiette ben serrate sulle sue orecchie, lo faceva ogni volta che voleva migliore il suo umore, un po' di musica, una matita fra le dita e un foglio bianco pronto ad essere imbrattato da segni di grafite. Era talmente chiuso nel suo piccolo mondo di felicità momentanea che non si era reso conto di nulla finché non vide una mano bussare sul suo blocco da disegno. Gerard, certo che quella non fosse la mano di Mikey, alzò di scatto il volto e si rimise dritto sulla schiena, due occhi che giocavano tra il verde e il nocciola stavano spalancati mentre cercavano di catturare più informazioni possibili dalla bassa figura. La figura stava facendo segno al più grande di abbassarsi le cuffie mimando il gesto lui stesso. Gerard colse il suggerimento dopo un istante, e ancora dopo vide che Mikey mancava nella stanza, si sfilò le cuffie ma lasciò la canzone andare avanti. «Bei gargoyle» gli disse con un sorriso stampato in volto, aveva entrambe le mani infilate nelle tasche dei jeans strappati, fece un cenno col capo al suo disegno. «Ti ricordi di me? Sono Frank», continuava a tenere il suo sorriso ampio che iniziava a infastidire Gerard. L'unica cosa che gli voleva dire era che sì, si ricordava di lui, ma ancora meglio del suo dannatissimo Batman, ma si trattenne, per il quieto vivere avrebbe anche aspettato qualche ora, ma prima o poi avrebbero fatto i conti. «Sì, all'incirca» lui non aveva ricambiato il sorriso, oltre a non averne voglia, non era un tipo che sorrideva così tanto a gente che a stento conosceva. La conversazione si concluse lì, non sembrava che Gerard avesse ucciso il buon umore del giovane, semplicemente aveva fatto a pezzi e sventrato come un vero serial killer la conversazione dando una risposta secca e fredda. «È pronto!» la voce di Linda riuscì ad arrivare forte e chiara persino al piano superiore, Gerard iniziò a pensare a quanto tempo fosse passato perché avessero preparato la cena con il cibo che in teoria aveva portato Frank con suo padre, però non ci pensò molto dato che in fretta si alzò e seguì Frank per raggiungere il piano inferiore. «Prima gli ospiti» disse Frank con il solito sorriso che stava  dando sempre più sui nervi a Gerard. 

La cena si stava svolgendo all'aperto, nel giardino nel retro della villetta, un altro piccolo angolo di paradiso adornato da alcune candele che davano atmosfera. A capo tavola si trovava il signor Iero che aveva accanto sé da un lato Donald con il quale stava parlando di roba inerente allo sport o forse al lavoro, stavano parlando troppo fitto tra di loro per riuscire a penetrare nella conversazione. Accanto a Donald c’era Donna con al suo fianco Linda con la quale stava rievocando vecchi ricordi ormai passati da anni ma ancora vividi nella memoria di entrambe, ogni volta che riuscivano a vedersi di persona passavano una grande prima parte del loro tempo a ricordare, poi il restante a creare nuovi ricordi. All’altro capo del tavolo c’era Frank che non stava parlando con nessuno, dato che accanto a lui era capitato Gerard e che questo preferiva di gran lunga rivolgergli delle occhiate furtive e poi parlottare con Mikey; questo non gli dava fastidio, sapeva che era solo questione di tempo e anche Gerard si sarebbe aperto con lui. Il Più grande dal canto suo scambiava delle parole con suo fratello solo per non destare sospetti, perché si era reso conto lui stesso di stare letteralmente fissando Frank, ma era più forte di lui, voleva cogliere ogni dettaglio, voleva vedere cosa era cambiato e cosa era rimasto uguale in circa dieci anni in cui non l’aveva visto. I capelli continuavano ad essere spettinati, cercavano di dare un parvenza di ordine sul davanti ma la nuca era un insieme unico di scompiglio e caos; il sorriso che a tratti da piccolo lo aveva inquietato era rimasto tale, sempre fisso sulle sue labbra rosee e dall’aspetto morbido; la pelle era candida, e gli occhi restavano del solito color nocciola. Il suo non era più un volto infantile anche se ne conservava alcuni tratti, come la spensieratezza e l’allegria, oppure lo sguardo che sembrava essere rimasto intrappolato in una eterna fanciullezza. A tratti gli ispirava tenerezza, e doveva proprio ammetterlo, era cresciuto bene, era davvero bello. Anche Frank si era concesso di guardare Gerard ed era rimasto così come lo  ricordava, un po’ chiuso, una pelle pallida da far invidia ad un vampiro, gli occhi che sfumavano tra il verde e il castano, della labbra sottili; l’unico aspetto che era cambiato erano i suoi capelli, ora li portava più lunghi e corvini. Nel complesso era sempre lo stesso, era rimasto sempre bello come se lo ricordava da piccolo. Una forchetta tintinnò su di un bicchiere pieno per metà di vino, era Donna che cercava di attirare su di sé l'attenzione di tutti. «Volevo solo ringraziarvi» si stava rivolgendo principalmente agli Iero, «Per la vostra ospitalità, davvero grazie, non voglio neanche pensare a quando dovremo ripartire» aveva decisamente bevuto più del solito, e la teatralità in occasioni del genere non le mancava affatto. «E voi» indicò i due figli, «Comportatevi bene con Frank, soprattutto tu Gee» lo indicò minacciosa con la forchetta che aveva ancora in mano. Frank rise ascoltando quelle parole e Gerard arrossì un po’. Linda cercò di farla sedere prendendola per un braccio dacché si era messa in piedi per farsi ascoltare bene da tutti. «Aspetta!» disse nel tentativo di restare in piedi, «Ti ricordi come erano carini da piccoli che giocavano tutti insieme? Perché non possono tornare così, davano meno problemi ed erano così amici e sorridenti», in quel momento sembrava che la donna stesse per entrare in quella che era conosciuta come la “sbornia triste”. «Amore su, andiamo a letto, hai bevuto abbastanza», la rassicurò suo marito prendendola in un abbraccio e poi iniziando a scortarla all’interno della dimora salutando gli altri commensali. Linda guardò la sua amica divertita poi iniziò a raccogliere i piatti vuoti, o quasi, dal tavolo impilandoli uno sopra l'altro. «Se volete potete andare a vedere un po' di televisione» disse ai ragazzi che erano rimasti seduti con le mani in mano. Anthony si alzò ed iniziò ad aiutare sua moglie appoggiandola nella sua affermazione, «Sì, non preoccupatevi, andate pure». Gerard li guardò un po' poi scambiò uno sguardo d'intesa con suo fratello e disse: «In realtà preferisco andare a letto». «Anch'io» disse Mikey alzandosi da tavola, suo fratello fece lo stesso e con un sorriso di circostanza ringraziò per la cena e per tutta l'ospitalità in generale. I due si avviarono all'interno della casa su per le scale, invece Frank si fermò un po' di più a tavola per scambiare un paio di parole con sua madre. «Sono cresciuti bene, vero? Sembrano molto a modo» disse mentre piegava tutti i tovaglioli e li metteva insieme, suo marito nel frattempo stava portando le stoviglie in cucina per metterle nel lavandino. «Sì, sono proprio cresciuti bene, sarà una bella estate» disse pensando al fatto che avrebbe potuto passare un'intera vacanza accanto a Gerard, era sempre rimasto nei suoi pensieri come quel bambino simpatico e tanto carino. «Lo spero, questa vacanza serve proprio a questo» disse, «Ora vai a letto anche tu, non restare l'unico sveglio». 

Nella camera dei tre ragazzi regnava un silenzio che veniva spezzato solo dai loro respiri. Mikey si era addormentato presto, appena aveva trovato una posizione comoda era subito caduto fra le braccia di Morfeo, stanco com'era dal viaggio non voleva fare altro che dormire da tutto il giorno. Gerard invece aveva dovuto lottare un po' di più, nonostante avesse sonno, sentisse le palpebre pesanti e gli occhi bruciassaro, il cervello macinava troppo per consentirgli di riposare. Pensava a tutta la giornata, a partire dal viaggio fino ad arrivare all'incontro con la famiglia Iero che non vedeva da anni, in particolare modo con Frank. Gli era parso particolare dal primo istante in cui l'aveva rivisto e poteva giurare che lui lo guardasse in modo strano, diverso. Nonostante questi pensieri di un adolescente che da poco aveva scoperto il suo orientamento sessuale la stanchezza ebbe la meglio e dopo poco la mezzanotte si era addormentato. Ora Gerard era in quella fase del sonno in cui era facile svegliarsi. Frank invece non aveva voglia di dormire, voleva parlare con qualcuno, Mikey o Gerard, molto più preferibilmente Gerard. Gli era sempre piaciuto, però non pensava che lo avrebbe mai rivisto, quindi i suoi erano solo pensieri e speranze che aveva messo da parte. Ma ora che lo aveva a vivere con sé per delle settimane pensava che quei suoi desideri forse si sarebbero potuti avverare. Ragionando perché non avrebbe potuto avere delle possibilità? C'era il cinquanta percento di possibilità che fosse etero, ma anche il cinquanta percento che fosse gay, e poi aveva visto come gli aveva tenuto gli occhi addosso per tutta la cena. Lo guardò un attimo, il suo volto era leggermente illuminato dalla luce della luna, abbracciava il suo cuscino con un'aria calma in volto. Ci pensò un attimo, il letto era vicino a quello di Gerard quindi anche con una mira pessima difficilmente l'avrebbe mancato. Si sfilò la maglietta di dosso, l'appallottoló fra le mani e miró il volto di Gerard e la lanciò. Accompagnò il suo tiro sussurrando il suo nome, non voleva svegliare anche Mikey. Il maggiore si voltò mugolando dei versi infastiditi, cercò di non svegliarsi e di ignorare ogni fastidio, ma Frank non si diede affatto per vinto. «Gerard» disse mentendo lo stesso tono, ma nulla, «Gee svegliati» alzò un po' la voce e il ragazzo alzò di poco la faccia guardandolo assai contrariato, «Stavi dormendo?» domandò facendo il finto tonto. Si beccò un'occhiataccia da Gerard che si era messo lentamente con fatica seduto, tanto era addormentato che neanche aveva notato che l'altro stava a petto nudo. «Stavo» disse con la voce impastata dal sonno, «Cosa vuoi?». Frank sorrise, questo avrebbe infastidito Gerard forse, ma era troppo assonnato per farci caso, «Nulla, volevo solo parlare, come ti pare l'Italia per ora?» domandò. Lo guardò per un attimo contrariato, se prima di addormentarsi ai suoi occhi aveva acquisito qualche punto ora li aveva persi tutti, a chi diavolo veniva in mente di fare certe chiacchiere frivole a mezzanotte e mezza? «Sei serio?» lasciò una breva pausa alla sua domanda retorica, «Bella, mi sembra bella» affermò scontroso, ma sempre a bassa voce, «Seriamente mi hai svegliato per questa domanda?». 

«Mi andava di parlare un po'» si scusò, non voleva fare arrabbiare Gerard anche se era divertente vederlo un po' alterato. «Va bene» si calmò, non valeva la pena perdere le staffe. Frank approfittò di quel silenzio per porgli una domanda: «Ti ricordi di quando da piccoli giocavamo insieme? Era davvero bello e divertente». Gerard prese subito la palla al balzo per risolvere una questione che si portava dietro da troppi anni, «Sì, mi ricordo una giornata in particolare. Stavamo giocando a casa tua, io avevo portato il mio Batman e da quella casa non è mai più uscito» affermò mentre si toglieva quel peso di dosso. Sul viso del minore si formò un sorrisetto divertito, quel Batman se l'era tenuto lui perché prima di tutto Gerard si era dimenticato e poi gli piaceva tenere qualcosa che gli ricordava il suo amico preferito. «Te lo ricordi ancora? Ce l'ho a casa in città, se vuoi un giorno di questi andiamo e te lo restituisco» rise leggermente sotto i baffi. «Lascia perdere» mandò via il discorso con un cenno della mano. Per un lasso di tempo non decifrato i due stettero in silenzio a guardare il nulla. Con lo sguardo fisso nel vuoto Gerard pronunciò: «Posso farti una domanda?» visto che si trovavano tanto valeva sfruttare quel momento di "insonnia". Frank acconsentì con un cenno del capo e allora Gerard disse: «Ti manca New York?». Frank era pronto a rispondere, non era una cosa su cui pensarci su, sapeva perfettamente la risposta.

«La finiamo con queste confessioni? Sto cercando di dormire. Domani avrete tutto il giorno, buona notte», Mikey non diede possibilità di replica dato che si girò dall'altro lato e si mise con la testa sotto il cuscino. I due ancora svegli si guardarono scambiandosi uno sguardo imbarazzato ma divertito. Il primo sorriso sincero che Gerard gli aveva rivolto, pensò Frank. «Domani ti rispondo, buona notte», il maggiore era pronto a replicare quando venne interrotto, «Domani si va al mare, quindi svegliati presto» gli raccomandò, si voltò e si mise disteso a dormire, lo stesso fece l'altro poco dopo. L'intera casa finalmente era addormentata.

 

L'acqua, al contrario di quello che i ragazzi potevano pensare, non era poi così male Certo recarsi in spiaggia alle sette del mattino quando ancora i raggi del sole non sono abbastanza forti per riscaldare l'acqua non aveva giocato a loro favore. Però non era poi così fredda. Questo era quello che si ripeteva Gerard come un mantra mentre tremava in acqua. Il mare, piatto come una tavola, arrivava a bagnarlo solo fino alle ginocchia, o poco più su, non aveva il coraggio di immergere il resto del corpo, sarebbe stato troppo traumatizzante. Frank e Mikey non facevano altro che dirgli che "non è freddo, è fresco" e che "se non ti immergi tu lo facciamo noi con la forza", ma il maggiore li ignorava prendendosi i suoi tempi, già non aveva avuto il migliore dei risvegli. Sentire sua madre gridargli dall'altra stanza di muoversi perché altrimenti avrebbe fatto tardare tutti alle sei e un quarto del mattino non era un risveglio che consigliava. Poi non capiva neanche quella fretta, il mare distava dieci minuti di macchina, che aveva guidato lui, e a prepararsi ci avrebbe messo massimo un quarto d'ora. Per uno come lui e suo fratello per cui l'estate era sinonimo di piscina comunale il mare doveva essere un'occasione da non perdere, una di quelle cose che vuoi fare a ripetizione finché puoi, e sicuramente era così, ma non alle sette del mattino con l'acqua fredda fino alle ginocchia. «Gee dai muoviti!» lo stava rimproverando Mikey che stava solo aspettando il terzo per potere giocare a pallavolo, ma il suo fratellone non si mosse di un centimetro esordendo con «Mi muovo quando mi muovo, ho i miei tempi!». A quella affermazione Frank lanciò la palla a Mikey e iniziò a guardare il più grande, che teneva le braccia conserte come per riscaldarsi, con uno sguardo a metà tra il divertito e il giocoso. Si stava avvicinando molto lentamente al ragazzo continuando a tenere la stessa espressione in volto. Gerard che non era affatto stupido sapeva cosa voleva fare Frank e ne aveva molta paura, non c'era nulla di peggio di quando al mare ti vogliono schizzare con l'acqua gelata. Iniziò ad indietreggiare allo stesso ritmo con il quale Frank procedeva in avanti, iniziò a coprirsi con le mani. «Frank no!» provò, «Frank ti lascio a piedi» continuava a tornare indietro, «Frank! Fra-» non fece in tempo a finire il suo ultimo tentativo di minaccia che il più giovane si era già scagliato addosso a lui buttandolo in acqua. Frank non aveva chissà quale forza e purtroppo anche Gerard non era da meno, per questo non non era stata un'impresa difficile quella di sovrastarlo e trovarsi sopra di lui in acqua. Dire che i loro corpi fossero vicini era un eufemia, erano appiccicati e si stringevano l'uno all'altro. Gerard si stava aggrappando a lui per evitare di affogare, nonostante il livello basso dell'acqua, ma l'istinto di sopravvivenza stava avendo la meglio. Frank riuscì a staccarsi e a tirarlo su, con un sorriso dipinto in volto chiese, «Meglio ora? Dai, vieni a giocare». Gerard lo guardò storto, arrabbiato, ma non solo perché lo aveva buttato in acqua, ma anche perché una parte di sé voleva ancora avere Frank così vicino. Finalmente raggiunsero l'altro che era rimasto lì fermo impalato ad aspettarli, «Ce l'avete fatta finalmente» sospirò e iniziò la partita che si prolungò per tre quarti d'ora. Tutti e tre non erano degli assi nello sport, infatti erano più le volte che la palla finiva in acqua che i tiri che andavano a segno, il numero più alto di passaggi che erano riusciti a fare era otto. Ora si trovavano stesi sotto un sole più caldo, che minacciava di scottarli, nel tentativo di asciugarsi. Non avevano dato retta ai loro genitori, non si erano portati né ombrellone per creare dell'ombra né della crema solare, perché per loro bastavano dei teli da mare ed un paio di bottigliette d'acqua. Frank si trovava seduto tra i due fratelli. «Devi ancora rispondere alla mia domanda» iniziò Gerard dal nulla. Non ci volle però nulla in più per fare capire a Frank a cosa l'altro stesse alludendo, «No, in realtà non mi manca» disse guardando come in entrambi si stava dipingendo un espressione incredula, non capivano come si potesse preferire una città in Italia a New York. «All'inizio non l'avevo presa benissimo naturalmente. Però a New York non avevo nulla da perdere, non mi sarebbe mancato davvero nulla, non è stato come quando ho lasciato Belleville. Poi qui in Italia dopo un inizio un po' lento mi sono trovato davvero bene, e c'è bella gente». Lasciare Belleville era stato nettamente più difficile, aveva lasciato i suoi amici, amici che a New York non si era mai riuscito a fare. «Quindi tu non ci torneresti in America?» domandò Mikey dato che Gerard ci stava ancora pensando. «Non dico questo, magari un giorno, infondo lì ci sono nato. Però mettiamola così, gli studi li finirò qui, poi magari per una carriera lavorativa potrei tornarci in America, chi lo sa» disse calmo godendosi i caldi raggi del sole. «Figo, io ho una capacità di adattamento pessima, invece tu ci sei riuscito» quello era un complimento sincero da parte sua. Gerard già per una stupida vacanza si lamentava e la trattava come se fosse un affare di stato, invece Frank aveva accettato di andare un in altro continente, un altro stato, con un'altra lingua, e teneva sempre il sorriso in volto. Lo invidiava, decisamente. «Perché sei sempre così allegro?» chiese non pensandoci, memore di non averlo mai visto triste fin da piccolo, «La vita va vissuta e affrontata con il sorriso. Guarda, è una bella giornata, perché dovrei avere il broncio?» disse esplicativo voltandosi in sua direzione e con un cenno del braccio gli indicò tutto il bello che li circondava. A Gerard non convinse però come risposta, ma preferì non insistere «Da piccolo il tuo sorriso mi inquietava» disse Gerard togliendosi gli occhiali da sole, «Anche a me» si unì Mikey continuando a stare steso. «Grazie» rispose stendendosi di nuovo con tono allegro. 

 

I fratelli Way presero entrambi un appunto mentale "se si deve visitare il centro storico di un paesino in piena estate, scegliere preferibilmente il tardo pomeriggio, e non la prime ore del suddetto". Era passato qualche giorno da quando erano arrivati e da quando Frank aveva parlato a Gerard della bellezza del centro storico lui non voleva fare altro che visitarlo. Le strutture antiche intrise di storia lo affascinavano, a Belleville non se ne trovavano di luoghi del genere. Mentre camminavamo per le piccole vie, che sembravano strade rubate ad un labirinto, Frank aveva detto loro che tutte quelle case risalivano al medioevo. La strada era "asfaltata" con della pietra liscia bianca, adatta per fare scivolare i poveri malcapitati privi di equilibrio. Gerard, che si perdeva a guardarsi intorno armato di macchina fotografica, era la vittima perfetta di quelle pietre, per questo Frank onde evitare un morto sulla coscienza aveva iniziato a portarlo per mano. Non era stato strano come poteva pensare, sin dal primo momento in cui le loro mani si erano intrecciate l'una con l'altra era diventato tutto normale e naturale, come se ci fossero abituati da una vita. Mentre procedevano Frank spiegava e dava dimostrazione della sua conoscenza del luogo. «Questa è un'altra chiesa, la chiesa di Santa Caterina» affermò mostrando loro la struttura. Era piccola ed incastrata tra due palazzi. Ad un occhio distratto sarebbe passata inosservata per quanto si riusciva a camuffare bene, ma si distingueva per la croce posta in alto e per la facciata più alta. Gerard aveva studiato storia dell'arte a scuola e aveva studiato i vari stili delle chiese e cattedrali, ma era completamente diverso vederle dal vivo. «Un'altra?» domandò Mikey posizionando bene gli occhiali sul naso, «Sì, ce ne sono molte e alcune piccolissime, questa è una di quelle». Gerard lasciò la mano di Frank un attimo, giusto il tempo di catturare con la macchina fotografica la facciata più alta della chiesa, poi la riprese in fretta, gesto che non sfuggì a Mikey. Continuarono il loro tour fermandosi a prendere una bottiglietta d'acqua in un alimentari. Imboccarono un altro paio di vie piccole e uguali fra di loro, se i fratelli Way si fossero addentrati in quel posto da soli si sarebbero persi immediatamente, e raggiunsero un piazzale molto più ampio, al centro di esso c'era una piccola fontana che era messa completamente in secondo piano da una immensa cattedrale. Anche questa era bianca, come quasi la totalità dei palazzi lì. Aveva al centro un immenso portone in legno scuro, mentre ai due lati c’erano delle porte più piccole sempre scure, questo suggeriva ci fossero tre navate. Sopra il portone c'era una ampia finestra rettangolare, mentre ai lati c'erano due più piccole ovali. Sulla parte superiore troneggiavano quattro statue di santi, pensò Gerard. «Questa è la cattedrale» informò, il più grande iniziò a scattare subito alcune foto, «Calmo Gee» gli disse con un dolce sorriso, «Ora che entriamo resterai a bocca aperta», lo riprese per mano. Fu così, l'interno era decisamente più bello, le navate erano divise da colonne in marmo rosa, appena prima dell'altare pendeva un lampadario di cristalli che donava un'aria magica a tutto quell'ambiente. Il soffitto dove era posto l'altare era a cupola, proprio come aveva studiato a scuola. La restante parte del soffitto era decorata con affreschi sacri tenuti alla perfezione incorniciati da cornici dorate piene di "ghirigori", come li chiamava Donna Way. C'erano due file di panche e sulla destra era posto un pulpito in legno scuro. Per Gerard era tutto così perfetto, non avrebbe mai pensato che in un paesino avrebbe potuto trovare tale bellezza. «Che ti avevo detto!» disse Frank fiero di aver visto l'espressione meravigliata di Gerard, un'espressione che lo ripagò a riguardo. L'unica cosa che fece fu quella di stringergli di più la mano prima di lasciargliela e tra uno scatto e l'altro dirgli «Grazie, davvero». «Proprio figa sta chiesa» affermò Mikey accarezzando una delle colonne rosate, «Sai che quello non è marmo vero? Non avevano abbastanza soldi quindi volendo comunque ottenere quell'effetto l'hanno dipinto, facendo un ottimo lavoro» Frank sembrava fiero di conoscere tutte quelle piccole curiosità che a sua volta gli avevano insegnato. «Sei serio?» domandò Gerard incredulo, non poteva crederci, sembrava vero, Frank annuì e lasciò che continuassero ad ammirare la cattedrale.

Quando uscirono Frank chiese loro se soffrivano di vertigini, e alla loro risposta negativa iniziò ad alzare il passo tenendo sempre stretta la mano di Gerard. Quella domanda sembrava sospetta, ma fecero finta di non farci caso. Li condusse in una via immersa dal verde, c'erano piante ovunque, all'entrata c'era un archetto reso verde dalle piante rampicanti. C'era una piccola bici rosa che teneva nel cestino delle rose bianche e una più grande, sempre rosa, appesa al muro, anche questa fungeva da porta fiori. Sembrava di essere in un piccolo giardino fatato, ma ancora non capivano cosa c'entrassero le vertigini. «Venite» li incoraggiò entrambi e li portò alla fine della piccola via, qui si trovava una ringhiera che affacciava sul mare. «Un lato del centro storico è posto a strapiombo sul mare» disse sorridendo guardando il mare, «E noi siamo su quel lato» continuò Gerard, Frank annuì come a dargli ragione e si fermarono lì ad osservare il panorama. «Perché stai sempre così appiccicato a Gerard?» domandò Mikey a Frank con nonchalance, la sua domanda era ben posta, aveva visto come in quei pochi giorni gli stava sempre vicino, non che a lui o a suo fratello desse fastidio. Vedeva come Gerard dopo un'iniziale diffidenza durata un giorno aveva iniziato anche lui a parlare con Frank. «Gerard è sempre stato il mio fratello Way preferito, senza offesa» fece un occhiolino a Gerard che arrossì appena e poi sorrise a Mikey, «Non mi offendo mica, solo curiosità, e poi sono più popolare io a scuola rispetto a lui» ci tenne a sottolineare quell'ultimo punto. 

 

La prima settimana era passata e nonostante mancasse molto alla loro partenza per fare ritorno a casa si iniziava ad insediare la paura del tempo. Un po’ tutta la famiglia Way aveva paura di non godersi abbastanza quelle settimane. I due genitori esortavano i figli ad uscire sempre, dicevano di non restare chiusi a casa perché altrimenti una volta che la vacanza fosse finita se ne sarebbero pentiti. Per questo ora Gerard e Frank si trovavano a passeggiare per le vie del paesino, in realtà era stato commissionato loro di andare a fare la spesa, ma l'avevano presa molto più come una passeggiata insieme. Si stavano godendo ogni passo tranquilli e ogni rumore dei bambini che giocavano insieme a pallone. Frank aveva provato a prendere di nuovo per mano il più grande e con sua sorpresa ci era riuscito, l’altro non aveva opposto per nulla resistenza. Frank pensava che avvicinarsi a Gerard sarebbe stato più difficile, in fondo la prima sera si era comportato in modo indifferente o addirittura scontroso, ma in realtà stava risultando tutto facile e naturale. Questo stava avvenendo perché Gerard stava scoprendo di provare lo stesso che Frank provava da una vita all’incirca. Per lui non era nuovo provare qualcosa per i ragazzi, ne aveva parlato anche con Mikey che era risultato molto tranquillo riguardo l'argomento; era nuovo però provare qualcosa per Frank, il bimbo un po’ troppo attivo, ma non era brutto, solo nuovo, e poi anche Frank non sembrava da meno quindi perché dover esitare? Il più giovane prese dalla tasca la lista che Linda aveva scritto, non era lunga, ma forse sarebbe stato meglio prendere l’auto per portare tutti i viveri a destinazione. Gerard si stava chiedendo quanto mancasse al supermercato e come se Frank avesse sentito il suo pensiero disse «Manca poco, siamo quasi arrivati» informò il ragazzo riponendo la lista in tasca e riprendendo la mano dell’altro. «Come hai fatto?» domandò Gerard che venne investito dallo sguardo interrogativo del più basso, «Come hai fatto a leggermi nella mente? Stavo appena pensando a quanto tempo mancasse per raggiungere il supermercato». Frank scoppiò a ridere poi gli rivolse un occhiolino che fece arrossire Gerard e disse: «Non posso svelarti i miei segreti», rise anche Gerard. Continuarono la loro camminata in silenzio, non imbarazzante, semplicemente silenzio, finché non arrivarono a destinazione. Appena entrarono vennero investiti da un’ondata di fresco che li invitava a restare lì per sempre. Iniziarono a girare fra le varie corsie alla ricerca dei prodotti elencati, nello specifico in quel momento alla ricerca del pesto. «Posso farti una domanda?» chiese Gerard mentre buttò nel carrello un pacco di spaghetti. «L’hai già fatta in teoria, ma te ne abbono un’altra, quindi sì», Gerard storse un po’ il naso a quella affermazione, «La risposta che mi hai dato l’altro giorno non mi ha convinto a pieno quindi ti ripropongo la domanda: perché sei sempre allegro e sorridente?». Frank non rispose, finse di perdersi a guardare la varietà di tipi di biscotti presenti fra gli scaffali, non aveva mentito quando aveva risposto, non aveva detto tutto, ma non aveva mentito affatto. «Facciamo così, partendo dal presupposto che io non ti ho mentito, non mi sembra il caso di dirti altro fra biscotti e merendine, quindi appena finiamo rispondo». Quella non era la risposta che voleva Gerard ma almeno gli aveva promesso che gli avrebbe detto tutto una volta fuori. Quello per il ragazzo fu un invito a fare tutto più in fretta, a trovare ogni prodotto sulla lista e a dirigersi alla cassa a tempo di record. Questo particolare non sfuggì a Frank che ne fu divertito, lo avrebbe portato sempre con sé a fare le commissioni se avesse mantenuto una tale sveltezza, infatti in men che non si dica erano già fuori con le buste di plastica tra le mani. «Quindi» iniziò Gerard che voleva sapere la storia completa, «Sei un po’ troppo frettoloso Gee» li lasciò un buffetto sulla guancia con la mano libera e poi gli indicò una panchina lì vicino, gli fece cenno di seguirlo e si sedettero lasciando la spesa sul bordo della seduta. «Allora, qualche mese dopo essere arrivato qui ho avuto l'appendicite che si era trasformata presto in peritonite. Quando è successo mi trovavo a scuola, lamentavo forti dolori addominali e dopo aver capito che era grave hanno immediatamente chiamato un'ambulanza per portarmi in ospedale. I medici nell'ambulanza avevano capito che si trattava di peritonite. Stavano parlando fra di loro agitati e avevano detto che sarei dovuto essere operato, che se non avessero fatto in fretta uno strano liquido, quello che si trovava nell'appendice, avrebbe raggiunto i miei polmoni e il mio cuore e sarei morto. Questo mi ha terrorizzato, ma mi ha anche fatto pensare. Se fossi morto solo i miei genitori si sarebbero ricordati di me, di Frank. Quelli che conoscevo a New York mi avrebbero ricordato come il ragazzino basso, incapace di rispondere a tono che un giorno è partito per non tornare più. Qui mi avrebbero ricordato come l'americano che non ha mai parlato molto, anzi per niente. Io volevo che qualcuno mi ricordasse. Ricordasse Frank, e non quello che vedono loro, il vero me. Ho capito che la vita è troppo breve e incerta per non affrontarla ogni giorno con il sorriso, e fare in modo che più gente possibile si ricordi di te. Quindi in sostanza la risposta resta la stessa, la vita va vissuta». Gerard non aveva fatto o detto nulla durante il suo racconto, però solo il pensiero che ora su quella panchina ci si sarebbe potuto trovare solo con delle busta di spesa lo fece inquietare e rattristare. Non avrebbe neanche voluto pensare come si sarebbe svolta quell'estate senza Frank, non lo avrebbe mai conosciuto davvero come stava facendo ora, lo avrebbe ricordato come il ladro del suo stupido Batman. Invece di ricordare con il sorriso a tavola i momenti vissuti da bambini, li avrebbero ricordati con della nostalgia. Il ragazzo aveva ragione da vendere, bisogna essere propositivi nei confronti della vita, perché anche quella che stavano vivendo era una bella giornata. Frank lo guardò in faccia con un sorriso un po' meno ampio del solito e venne travolto dall'abbraccio di Gerard. Non disse nulla semplicemente affondò il volto nella sua spalla e ricambiò la stretta. Si sentiva a casa in quell'abbraccio. «Per fortuna che ora ci sei su questa panchina» gli disse il più grande mantenendo l'abbraccio che li stava facendo sudare, era pur sempre estate. «Per fortuna» concluse Frank staccandosi dall'abbraccio e regalandogli un sorriso sgargiante, che Gerard ricambiò.

La stessa sera una volta finita la cena i tre ragazzi si unirono ai rispettivi genitori per guardare un film in televisione. Era completamente in italiano naturalmente e questo non aiutò la visione ai quattro americani alquanto spaesati, Donna però non faceva testo, dato che la conosceva la sua lingua madre. Per tutto il film Gerard insieme a Mikey cercò di interpretare le scene creando dialoghi immaginari e del tutto stupidi. Frank aveva provato a fare da traduttore, ma si era arreso dopo i primi dieci minuti e li aveva lasciati divertirsi con il loro giochino. Quando il film fu finito, intorno alle undici e trenta di sera, tutti decisero di andare a dormire. Chi prima, chi dopo, alla fine tutti già a mezzanotte stavano dormendo. Tutti eccetto Frank e Gerard. Non l’avevano deciso insieme di non addormentarsi, semplicemente era successo, ed entrambi si erano accorti che l’altro stava ancora sveglio. «Ti va di andare un po’ in giardino?» domandò Frank con il tono di voce più basso ma udibile che riusciva a tenere, Gerard annuì ed entrambi uscirono di soppiatto dalla camera. In punta di piedi scesero per le scale e molto lentamente aprirono la porta finestra che dava sul giardino. Si sedettero per terra a guardare le stelle. «Perché eri sveglio?» chiese Gerard mentre cercava di individuare qualche costellazione, non era un asso ma aveva imparato a distinguerne un paio. «Non so, non avevo sonno, e poi stavo pensando anche al film, cosa diamine avete capito tu e Mikey?» accompagnò il suo sorriso con una piccola risata per evitare di svegliare qualcuno. Alla fine quelli che si trovavano svegli erano sempre loro due. «Più di quanto tu possa pensare, mi sono sfuggiti solo un paio di punti» affermò sicuro gonfiando il petto. «Ad esempio?».

«Non ho capito perché quello voleva il tesoro che stava sotto la sua città, perché la tipa alla fine si è vestita da suora e non ho capito se è finito bene o meno» ammise ancora convinto che infondo non gli fosse sfuggito poi tanto. «Praticamente non hai capito la trama» rise Frank e questa volta la sua risata venne accompagnata da una leggera gomitata di Gerard che iniziò a ridere insieme di lui. «Invece perché eri sveglio tu?» chiese questa volta Frank, Gerard spostò il suo sguardo sui piccoli fiorellini nati tra i fili d’erba ben curati, non se la sentiva di dirgli la verità. «Mi  interrogavo sul film» mentì con fare ovvio. «Gee non sono stupido», non sapeva cosa gli stava nascondendo, ma sapeva che c’era qualcosa sotto. «Okay, ma non prendertela» iniziò e questo fece molto insospettire il minore, temeva che fosse qualcosa riguardo a loro due, magari non voleva andare oltre all'amicizia, «Pensavo a come sarebbe stato il mondo se quella ambulanza non avesse fatto in tempo. A come sarebbe stata questa estate senza di te. Pensavo che anche io probabilmente non ti avrei ricordato come il vero Frank, anzi sicuramente» disse basso, non per non svegliare gli altri, ma perché non voleva che l’altro cogliesse il suo imbarazzo a confessargli che non gli sarebbe piaciuto un modo senza lui. «Gee non devi pensarci, ora sto alla grande, e questa estate sarà la migliore della nostra vita, basta non pensare a certe cose» lo rassicurò facendogli alzare il volto e guardandolo dritto negli occhi. Allungò una mano per stringere la sua, ma Gerard si scansò per poi alzare il braccio e metterlo sulle spalle di Frank lasciando che lui si potesse accoccolare. Rimasero in silenzio per molto a godersi la compagnia reciproca e a guardare le stelle. Gerard riuscì ad individuare una costellazione, la indicò e disse a Frank «Cassiopea, quella lì che sembra una W. Vista?». Il minore non rispose, si voltò completamente verso Gerard, prese il suo volto fra le mani e lasciò che le reciproche labbra si incontrassero e si incastrassero. Gerard in un primo momento fu colto di sorpresa, aveva già in mente di raccontare il mito di Cassiopea, ma preferì decisamente la scelta di Frank. Continuarono a lungo il loro bacio in cui si erano fatte strada anche le lingue. Le labbra del minore erano morbide come pensava, molto morbide e fresche. Frank affondò le mani nei lunghi capelli bruni dell’altro, e Gerard per rispondere mise più foga nel loro bacio, tutt’altro che casto. Frank gli morse il labbro inferiore e questo piacque fin troppo a Gerard. Appena si staccarono poggiarono le loro fronti l'una contro l'altra, entrambi erano rossi sulle guance. «Promettilo» disse Gerard guardando in quegli occhi nocciola, i più belli che avesse mai visto. «Cosa?» chiese colto di sorpresa. «Che sarà l'estate migliore della nostra vita». Frank lo guardò poi con una mano disegnò una sorta di X sul petto, «Croce sul cuore».

 

Campeggiare tutti insieme come un'unica grande allegra famiglia in una pineta si era rivelato meglio di quello che Gerard si aspettava. Non aveva mai campeggiato con i suoi. L'aveva fatto solo una volta, da piccolo, con i boy scout e si era rivelata l'esperienza peggiore di tutta la sua infanzia. Aveva dimenticato il pranzo a sacco a casa, quindi era rimasto senza panini per tutto il giorno e mezzo in cui era rimasto lì, e era stato obbligato a chiedere un po' di cibo agli altri bambini che non lo trovavano più molto simpatico. Davvero una brutta esperienza. Però questa si era rivelata migliore, prima di tutto perché non distavano troppo da casa, in caso di dimenticanze quindi sarebbero tranquillamente potuti andare e tornare; secondo punto divideva la tenda con Frank. Stavano insieme, si erano detti il giorno dopo di quel bacio che sì, stavano insieme, di nascosto. L'unico a saperlo era Mikey che come Gerard aveva assicurato non aveva nulla in contrario, l'importante era che fossero felici. D'altro canto i loro genitori non erano stupidi, in particolare Linda e Donna. Avevano visto come stavano sempre insieme, come si tenevano la mano appena potevano e Donna aveva trovato sospetta l'improvvisa volontà di Gerard di frequentare l’accademia in Italia. Avevano semplicemente fatto due più due, e parlandone tutti e quattro riuniti erano giunti alla conclusione che erano ragazzi, che magari non li capivano a pieno o per niente, ma finché fossero stati felici insieme, perché no? Certo questo discorso non era andato giù facilmente a proprio tutti, ma le due capifamiglia si erano messe d'impegno perché questo concetto entrasse in zucca a tutti. Queste avevano l'intenzione di parlarne con i due, magari proprio durante il campeggio, ma non sapevano come parlane, come introdurre il discorso. Però una cosa era chiara, Mikey sarebbe dovuto stare in tenda e in camera con loro obbligatoriamente, se certe cose dovevano succedere meglio non alla loro presenza. Infatti l'unico lato negativo era Mikey, che detta così sembrava più cattiva di quello che era, ma avrebbero preferito stare da soli. 

Si erano riuniti tutti insieme fuori della tende per pranzare, stavano seduti su dei tronchi di alberi trasformati in rudimentali panchine. Erano tre tronchi posizionati a piramide, la cosa più simili ad un cerchio che erano riusciti ad ottenere. Donald stava cercando nella borsa frigo tutti i panini e basandosi sulle iniziali scritte sopra l’involucro li consegnava al proprietario. Tutti a quanto pare avevano gusti diversi tanto da non esserci un panino col condimento uguale all’altro. Appena ognuno ebbe fra le mani il suo panino si misero a sedere e a parlare del più e del meno. Si trovavano più o meno a metà vacanza quindi gli argomenti di discussione erano sempre li stessi: cosa fare prima di andare via. Quel giorno però parve ai tre ragazzi che si stesse virando dal solito argomento madre, e poi Gerard e Frank si sentivano un po’ troppo osservati per i loro gusti. Donna decise di prendere la parola, ne avrebbero parlato in quel momento così da poter passare un'estate senza pensieri o ripensamenti per la testa. «Ragazzi vi vogliamo parlare» asserì Donna dopo uno sguardo d’intesa con Linda. Frank e Gerard iniziarono a sudare freddo, era impossibile che li avessero scoperti. E se invece li avessero visti scambiarsi un bacio innocente? Forse Mikey non era poi così tanto d'accordo con quella relazione quindi aveva fatto la spia, ma era impossibile, non avrebbe mai tradito suo fratello. Una cosa era certa però, li avrebbero sgridati, ordinato di stare lontano, li avrebbero detto che era solo una fase o che erano confusi. «Cosa?» chiese Mikey addentando il suo panino al prosciutto e maionese, Linda lo guardo dolce «Tu non c'entri nulla, riguarda Frank e Gerard». Perfetto, ora era certo. Forse li avrebbero urlato contro, ma i due non si sarebbero certo allontanati per loro. «Abbiamo notato una certa vicinanza fra voi due» iniziò Linda che non sapeva proprio come dirlo senza che diventasse imbarazzante per qualcuno, sembrava lei quella a dover fare coming out. «Sì, abbiamo notato tante piccole cose», il nervosismo che stava cogliendo Gerard era palabile, sentiva che lo stomaco gli si stava chiudendo, voleva come vomitare. «Poi Gerard questa tua improvvisa voglia di studiare arte qui» continuò Donna guardando suo figlio. A quella affermazione Frank guardò il più grande, lui non ne sapeva nulla di quella storia, non sapeva che Gerard voleva restare in Italia. Non ne avevano parlato, ma sapevano che una relazione a distanza non sarebbe stata fattibile. «Abbiamo unito i puntini, e-» la donna venne interrotta da Frank, «E cosa?» domandò sulla difensiva, senza il suo bel sorriso in volto. «E» continuò Linda con un tono che voleva rimproverare suo figlio, «Ne abbiamo parlato, se siete felici per noi va bene» finì con un tono dolce. «Certo dovete pensare che non tutti vi accoglieranno a braccia aperte, però noi ci saremo» aggiunse Anthony, il quale aveva dovuto lavorare un po’ di più per farsi andare giù il tutto, ci stava ancora lavorando, e chissà per quanto ci avrebbe lavorato su. 

I due ragazzi involontariamente si presero per mano. Non pensavano una tale apertura dai loro genitori. Erano cresciuti in un’altra epoca, e non pensavano che li avrebbero mai accettati con così tanta tranquillità. Frank non si aspettava quella frase detta da suo padre, che come massima aspirazione per lui voleva che continuasse la stirpe degli Iero. Gerard non seppe che dire, guardò prima il suo ragazzo e poi di nuovo i suoi genitori e optò per uno stupidissimo «Grazie». Si guardò un attimo intorno, si sentiva soffocare nonostante fossero all’aperto quindi disse, «Io e Frank andiamo a fare un giro se non vi dispiace». Donald lo guardò un po’ preoccupato e dato che era stato l’unico a non dire nulla rispose a suo figlio, «Sì andate, ma non perdetevi». Così i due, mano nella mano, si allontanarono fra gli alberi.

Camminarono per un po’ senza parlare, davvero non si aspettavano nulla del genere. C'era solo da festeggiare, non li avevano ripudiati ed erano stati accettati, ma invece non riuscivano neanche ad aprire bocca. «Devo ammettere che non me lo aspettava così il mio coming out» affermò Frank con una risatina nel tentativo di smuovere Gerard che sembrava bloccato. Nulla, non rispose, ma continuò a camminare. «Perché non mi hai-» voleva chiedergli dell’università ma non ci riuscì. «Ti rendi conto che ora lo sanno? Sanno di noi e gli va bene. Niente picche o forconi, niente crocifissi o bibbie. Gli andiamo bene così» semplicemente non riusciva a credere che fosse andata così bene, che potessero stare insieme e non troncare i rapporti con le loro famiglie. «E già» confermò Frank che lo capiva a pieno. «Sai avevo parlato con mamma della possibilità di fare l’accademia di belle arti qui. Le aveva detto che quale posto migliore dell’italia per studiare arte, ed in effetti non è una bugia, però io l’ho fatto per noi. Doveva essere una sorpresa. Voglio venire qui per starti vicino. E forse è stupido perché potrebbe essere una cotta estiva, ma per me è molto di più». Frank lo fece fermare e voltare, si mise sulle punte e lo baciò con dolcezza, una bacio casto. «Gee te lo prometto, questa non è una semplice cotta» Gerard lo guardò dritto negli occhi, «Lo sai che le promesse le mantengo sempre». Il più grande gli sorrise, come gli aveva insegnato a fare Frank, sì, non se ne sarebbe pentito mai. 

 

Si tenevano per mano a guardare il cielo, e Frank l’aveva fatto, aveva mantenuto la sua promessa, era stata l’estate migliore della loro vita e Gerard era innamorato ogni giorno di più. Quella era la loro felicità.

 
Perché sei stata ľestate migliore della mia vita, è la verità
Sembrava la storia infinita e forse era solo la felicità
   
 
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