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Autore: Little Firestar84    06/08/2021    6 recensioni
...ma almeno bevendo ti dimentichi la domanda!
o: mai bere da soli, perchè misery loves company ma sopratutto perchè le decisioni prese sotto l'effetto dei fumi dell'alcol si dimostrano spesso e volentieri colossali idiozie- o così dice Ryo...
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Una piccola shottina, ambientata in un indeterminato lasso di tempo dopo la radura., ispirata da Federica che si è domandata cosa sarebbe successo se Ryo o Kaori, da ubriachi,l avessero affrontato l'altro componente del duo City Hunter...

Un’altra notte passata fuori, cercando di dimenticare, di tenere alla larga i suoi demoni ed i fantasmi del suo passato, lottando contro il desiderio di fuggire, mettere quanta più distanza possibile tra il proprio cuore e quello di lei.

Un’altra notte passata a cercare di sfuggire al desiderio che si faceva ogni notte più impellente e selvaggio, anelando la fugace e vuota distrazione di conturbanti corpi femminili compiacenti o di qualche bicchiere di troppo.

Un altro fallimento: quando era ormai quasi mattino, Ryo era tornato a casa, come tutte le volte, come tutte le notti. Sobrio come ormai capitava da alcuni mesi a quella parte (da quando l’aveva stretta a sé nel proprio letto prima di affrontare l’uomo che aveva visto come un padre), dopo aver passato la serata da solo, negandosi con scuse o sguardi freddi e letali alle donne che lo approcciavano, desiderose di conoscere il grande City Hunter.

Ma quella notte, c’era qualcosa di diverso; l’aria era carica di elettricità, e appena fece scattare la chiave nella serratura, Ryo avvertì come un presentimento sinistro, quasi l’intero appartamento fosse avvolto da una cappa di oscurità e negatività.

Trepidante e con brividi freddi che gli scorrevano lungo tutta la schiena, Ryo aprì  lentamente la porta, come al rallentatore, e le vide, alla sua destra.

Valigie.

Un singhiozzo ruppe quel silenzio innaturale; lo sweeper alzò lo sguardo ed incontrò quello della socia, che stava in piedi davanti a lui, nella semi-oscurità dell’appartamento. Luci spente, il lato sinistro del suo viso era illuminato dai neon del quartiere di Shinjuku.

E poi, qualcosa colse l’attenzione di Ryo - un oggetto che brillò nelle tenebre, in mano alla donna.

Cristallo. Ma non uno qualunque, bensì quello di una delle bottiglie di liquore più pregiate della collezione di Ryo, quella che lui non aveva mai aperto, aspettando un vero momento da celebrare per farlo. 

“Kaori…” Chiudendo gli occhi e gettando sul tavolo le chiavi, Ryo si pizzicò il naso, grugnendo, fingendo rancore, cercando di alleggerire la tensione e scherzare, come era suo solito, come la loro pantomima richiedeva. “Si può sapere cosa ti è venuto in mente di bere quel whisky? Non sopporti l’alcool tu!”

L’uomo attese una replica della donna - specie nella forma di una sonora martellata da parte della sua bella socia - ma quando non arrivò, Ryo spalancò gli occhi, guardando stupito davanti a sé.

Kaori era immobile, e lo fissava, ma quello che lo turbò, lasciandolo senza parole, ma con il cuore in tumulto, in preda a mille pensieri e paure, fu vedere gli occhi lucidi - e non certo per il liquore, bensì, lo sweeper ne era certo, per il pianto.

Alzò una mano come per sfiorarla, ma poi la abbassò, gli occhi fissi sui suoi stessi piedi. Si sentiva colpevole; sapeva di esserlo. Dopotutto, per cosa altro Kaori aveva pianto negli anni?

Non per il fratello morto, facendosi forza e reagendo, prendendo in mano le redini della sua vita.

Non per il rischio costante di morire, le minacce, perché Kaori aveva sempre riso in faccia al pericolo, lo aveva affrontato senza remore, dimostrando di avere un coraggio come poche altre donne.

Il non sapere nulla di lui, la consapevolezza che Ryo le avesse volutamente nascosto una parte della sua vita le aveva fatto versare lacrime dolorose.

Il temere di essere rimpiazzata, oppure l’essere messa dinanzi alla mortalità di Ryo.    

Quando aveva temuto, tante, troppe volte, di non essere alla sua altezza, una degna partner. Di non avere la sua piena fiducia. Quando lo aveva visto rischiare la vita.

Ma soprattutto, quando dopo un casto bacio attraverso un vetro, lui non aveva tentato di farle rammentare cosa fosse avvenuto tra di loro - le parole, le promesse, gli sguardi rubati mentre il loro mondo andava in cenere.

Quella volta, Kaori lo aveva lasciato- fatto le valigie e si era trasferita nell’appartamento dall’altra parte della strada. Ma poi Ryo era stato in grado di riconquistarla, lei aveva sentito quando lui aveva ammesso di amarla con Mick, ma di non essere ancora pronto per vivere appieno quell’amore.

Lei era tornata, allora.

Lei se ne stava andando, adesso.

Lo sweeper strinse i denti mentre il suo cuore iniziava a battere sempre più lento, perdendo colpi; alzò lo sguardo, e si trovò sempre, ancora lei, in piedi, come una dea greca, gli occhi colmi di lacrime, colmi di sofferenza.

Ne era certo: lui era il responsabile di quella sofferenza.

Non aveva scelta: se voleva anche solo immaginare di essere degno di lei, doveva fare qualcosa, cercare una spiegazione - e poi, Ryo lo sapeva: era abbastanza geloso ed egoista da essere pronto a qualunque cosa pur di tenerla al proprio fianco, nonostante una parte di lui - lo sciocco, lo stupido, il donnaiolo, il pervertito - desiderasse assaporare nuovamente la libertà, nonostante il buon amico potesse desiderare qualcosa di meglio per lei - un lavoro normale, otto ore da passare dietro una scrivania, una casetta a due piani con una staccionata bianca ed un giardino con un cagnolino che scorrazza rincorso da un bambino dai capelli riccioluti e da un marito che non rischia costantemente la vita né il cui passato metteva in pericolo lei.

Ma l’uomo innamorato - l’egoista- aveva la meglio.

“Sai, Kaori…” le disse, con un sorriso sghembo, sornione, avvicinandosi a lei e prendendole la bottiglia di mano senza che quasi lei reagisse. “Non bisognerebbe mai bere da soli. Dopotutto, come direbbe Mick… misery loves company.”

Prese due bicchieri dal mobile bar, un’altra bottiglia, e riempì il balloon del liquido ambrato prima di gettarsi sul divano, assaporando in una maniera quasi peccaminosa, lussuriosa, l’alcool, che gli bruciava la gola in quella maniera così dolce, che lo faceva sentire vivo e lo accendeva come poche altre cose al mondo, secondo solo alla conturbante visione di lei, strizzata in costume o in una tutina, ed il sentire il peso della sua Python nella mano, il prendere la mira, sparare - uno, due, tre, quattro, cinque, sei colpi, uno di fila all’altro, precisi e letali, l’One Shot Hole.

Alzò il capo verso Kaori, sfidandola ad accettare, e la donna, con il respiro che le moriva in gola, acconsentì; gli afferrò dalla mano l'altro bicchiere, facendo cadere alcune gocce nella foga. Si sedette sul divano, rigida, a denti stretti, rimanendo però lontana da lui, che la squadrava curioso, ma al contempo… interessato.

“Allora, Kaori… ammesso e non concesso che qualsiasi decisione presa in preda ai fumi dell’alcol finisce col dimostrarsi una colossale idiozia… ti andrebbe di dirmi come mai hai sentito il bisogno di scolarti la mia bottiglia preferita?” Le domandò, con un tono quasi canzonatorio che la fece imbestialire.

Kaori, digrignando i denti, afferrò dalla tasca del comodo jeans un foglio, ed appallottolandolo lo lanciò in faccia a Ryo, che lo distese, e lesse attentamente ogni parola, i sudori che aumentano ad ogni riga, la salivazione che gli diminuiva, fino quasi ad azzerarsi.

Era una lettera indirizzata a Kaori… da parte di Sayuri.

 

Cara sorella mia,

negli anni, da quando ci siamo incontrate, a lungo mi sono chiesta quale fosse la cosa migliore per te, e come mi dovessi comportare. Ricordo come, quando stavo per partire, feci promettere a Ryo di prendersi cura di te ed essere onesto, dal momento che la vita, e la mia stessa coscienza, mi impedivano di rivestire il ruolo di tuo guardiano e importi scelte di alcun tipo.

Tuttavia, sono ormai passati anni, e a malincuore ho scoperto che tu ed il tuo partner siete entrambi ancora prigionieri dei vostri rispettivi ruoli. Avevo chiesto a Ryo un cambiamento, perché tu potessi, un giorno, scegliere di tua volontà, senza rimpianto alcuno, ma se lui si rifiuta di aprirti gli occhi, allora quel malaugurato compito spetta a me.

Siamo sorelle, Kaori - non di cuore come credevi tu, ma di sangue. L’anello che porti al dito apparteneva a nostra madre, ed io stessa ne ho uno identico. Dopo il divorzio, nostro padre ti rapì per vendicarsi dell’affronto subito, e per anni perdemmo ogni traccia di entrambi. Fino al giorno in cui non ti ho incontrata di nuovo.

Questa è la verità, Kaori, che sentivo il bisogno di farti conoscere…

 

“Kaori…” l’uomo iniziò. “Posso spiegarti…”

“Sei solo un bugiardo…” lei sussurrò, la voce impastata dalla sbornia che si era presa, di cui certamente avrebbe avvertito le ripercussioni solo nei giorni a seguire. “Mi hai mentito… tu lo sapevi…”

Ryo abbassò lo sguardo: cosa avrebbe dovuto fare? Dopotutto, era vero, lui le aveva mentito sulle sue origini, e su Sayuri. Ma di una cosa era certo, che lei non comprendesse il motivo dietro a quella scelta, quella bugia bianca.

Kaori si alzò, lo scatto fece rotolare a terra il bicchiere, svuotandone il contenuto sul soffice tappeto, e corse via, verso la sua stanza - quella che lo sarebbe stata ancora per poco - desiderosa di mettersi tutto quello alle spalle, di non vederlo più, dimenticare. Calde lacrime le rigavano le gote, bagnando il delicato tessuto della sua camicetta.

“Kaori, no!” la voce di Ryo uscì dalla sua gola come un suono primordiale, che lui non riconobbe come suo. Con uno scatto degno dello sweeper che era, la afferrò per un polso, obbligandola a fermarsi, e la trascinò contro di sé.

Non poteva finire così.

“Lasciami! Sei solo un bugiardo!” Lei gli urlò in risposta. Si voltò nel suo abbraccio, e prese a colpirlo con i pugni chiusi, incurante di dove i colpi potessero cadere, stringendo i denti, maledicendolo tra le lacrime, rinfacciandogli tutte le sue colpe e le sue mancanze.

Gli insulti. Le bugie. La verità negata sulla sua vita, le sue origini. Il desiderio provato per lei. La serata passata insieme, con lui che fingeva di non averla riconosciuta. Sayuri. Mick. Il bacio.

La confessione nella radura.

Ryo incassò ogni colpo, ogni parola. Ancora, e ancora, e ancora. Passarono i minuti. Cinque. Dieci. Quindici. Nessuno di loro due lo comprendeva appieno, ma ad un certo punto le grida e i pianti di Kaori divennero poco più di flebili sussurri, timidi singhiozzi che la camicia di lui attutiva. Caddero entrambi in ginocchio, esausti più per il peso emotivo di quel momento che per la fatica fatta, e Ryo prese ad accarezzarle i capelli, dolcemente, senza mai distogliere lo sguardo dal volto della donna. Avvertiva nel cuore un calore ben noto, un incendio che gli bruciava l’animo, scatenato dal bisogno di proteggere quella piccola, grande donna.

“Kaori… non hai pensato che…” le disse, mentre con i pollici ruvidi le cancellava i solchi lasciati dalle lacrime versate a causa sua - che io l’abbia fatto perché non volevo perderti?”

Gli occhi della donna scintillarono mentre la bocca le si apriva in un’espressione di meraviglia, e sorridendole, Ryo ne approfittò, calando su di lei come un implacabile predatore, facendo sue quelle labbra a lungo bramate, ma lei, posando le mani sul suo solido torace, lo allontanò, distogliendo lo sguardo.

“No!” Gli gridò contro. “Poi sarà come tutte le altre volte, e io… io non voglio!”

Ryo, inginocchiato a terra, la guardò, e Kaori avvertì come se, in quel momento, ella stessa avesse il suo cuore - la sua stessa vita - nel palmo della sua mano. Si sentiva rivestita di un potere che la terrorizzava e la eccitava allo stesso tempo, quasi avesse potuto, con un solo gesto, schiacciarlo, distruggerlo…

E forse era davvero così.

Come la notte precedente il loro scontro con Kaibara, Ryo la prese tra le braccia e le baciò la fronte, affondando il naso nei corti capelli ramati, le labbra distese in un lieve accenno di sorriso, e alla donna mancò il fiato.

Socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal battito del cuore di Ryo, tenendo saldamente nei pugni il tessuto di cotone della camicia di lui, inalando quel profumo che ormai conosceva come se fosse suo, le appartenesse, quell’aroma unico che associava a lui e lui solo- e così avrebbe fatto fino alla fine dei tempi.

Polvere da sparo. Cuoio. Alcool. Il suo dopobarba. Caffè.

Tentativamente, ad occhi chiusi, si allungò leggermente, cercando le labbra dell’uomo, ma fu la folta di Ryo di porre un freno a quello slancio; con delicatezza estrema la fermò, allontanandola, le mani sulle spalle di lei.

“No, Kaori,” le disse, la sua voce dolce, la cosa più bella e delicata che lei avesse mai udito fino ad allora, un suono che le scaldò il cuore nonostante il rifiuto, perché una semplice occhiata le disse tutto.

Non era un no… lui, semplicemente, non voleva che fosse così, il loro primo bacio.

Alzandosi, la prese tra le braccia, e con le braccia di lei al collo, e Kaori che gli si stringeva al petto come un cucciolo bagnato bisognoso di affetto, si diresse nella sua stanza, posandola dolcemente sul letto. Ryo posò la fondina, si tolse la giacca, e poi, ancora vestito, si coricò accanto a lei, trascinandola ancora contro di sé, cuore contro cuore, nemmeno un respiro tra i loro corpi, e cullati da quei battiti regolari e dai loro respiri, nel silenzio riempito dal loro amore, si addormentarono, con una certezza data non dalle parole o dalle azioni, ma dai sentimenti.

Il giorno dopo, tutto sarebbe cambiato, e nulla sarebbe stato più come prima.


   
 
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