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Autore: Batckas    06/08/2021    0 recensioni
Marco, diciannovenne rimasto solo in vacanza al mare, si invaghisce di una ragazza di cui non sa praticamente nulla. Tra goffezza, videogiochi e molta poca autostima, cercherà di fare i primi passi.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La vide da lontano, gli mancò il fiato, non sapeva come comportarsi, era un appuntamento? Non lo era? Decise di mettere da parte le sue ansie, come se fosse possibile, e si fece notare sfoderando il miglior sorriso non falso di cui fosse in grado.
“Scusa se ti ho fatto scendere senza preavviso, ma mi annoiavo un casino a casa.”
“Non preoccuparti, neanche io stavo facendo niente.”
I due furono vicini, in imbarazzo.
(Come si saluta la gente?)
“Qua si sta freschi.”, aggiunse Laura.
“Vero. A quest’ora sulla spiaggia ci si scioglie.”
Silenzio e un po’ di imbarazzo.
Laura teneva lo sguardo basso, le mani dietro la schiena, una di queste teneva lo smartphone, Marco fece finta di scacciare un moscerino.
“Quindi… cosa hai mangiato?”, chiese.
(Ma che razza di domanda è?!)
“Insalata di riso, tu?”
Laura lo guardò negli occhi, Marco si dimenticò la sua risposta.
“Ci sei?”, la ragazza ridacchiò.
“Scusa, mi sono perso un attimo.”
(Terra, apriti e nutrimi del mio cadavere.)
Riprese.
“Avevo della pasta avanzata da ieri, ho finito quella.”
(Prendi in mano la situazione.)
“Ti va di fare una partita a ping-pong? Stanno i tavoli proprio qui dietro.”
Laura ne sembrò entusiasta.
“Non so giocare.”, ammise.
“Neanche io bene, possiamo giusto fare dei passaggi tanto per, andiamo.”
Guidato da una forza sovrannaturale, Marco afferrò il polso di Laura e la accompagnò ai tavoli da ping-pong coperti dall’ombra degli alberi. Quando si rese conto di star toccando Laura ritrasse la mano come se scottasse e arrossì. Laura era rossa come un peperone. Il ragazzo si avvicinò alle racchette con passo tremante,
“Ecco.”, le porse la racchetta.
La tensione cadde appena furono ai due lati del tavolo.
Marco le fece vedere come impugnare bene la racchetta e le passò la pallina. Dopo qualche tentativo Laura riusciva a rispedirla nel suo campo.
“Impari in fretta.”, commentò il ragazzo.
“Dammi trenta minuti e ti sfido!”, la competizione si accese negli occhi di Laura che, passaggio dopo passaggio, diventava sempre più brava.
Dopo una ventina di minuti, Laura chiese di fare una pausa, Marco annuì, la ragazza si allontanò verso la fontanella lì vicino. Il giovane la spiò e vide che, invece di bere, Laura stava controllando qualcosa sul cellulare.
(Merda, si starà annoiando. Sicuro mi sta prendendo in giro su un gruppo con le amiche. Dio quanto sono ridicolo.)
Laura ritornò.
“Batto io.”, disse sicura di sé.
“Tra cinque minuti sei anche più brava di me.”
I colpi di Laura erano precisi.
“Sicura di non aver giocato prima?”
“Mai.”
“Partita?”
“Perché no.”
Marco era divertito dalla competitività di Laura.
(Devo vincere.)
Il game si concluse 11 a 8 per Laura.
“Come… hai fatto dei colpi da maestro.”
Laura rise orgogliosa.
“Prima non sono andata a bere! Ho visto su YouTube qualche scambio tra giocatori professionisti.”
“E hai imparato?”, Marco sgranò gli occhi. “Sei formidabile!”
Laura fece una posa sorniona mostrando i muscoli.
“Devo ancora vincere la partita.”
(Non ho speranze contro di lei. Come ha fatto ad imparare guardando un video, che cazzo ha, lo Sharingan?)
Il secondo game si concluse 11 a 10 per Marco.
“Cavolo, è stata dura.”, si lamentò il ragazzo asciugandosi il sudore che gli bagnava la fronte.
Laura si era innervosita dopo la sconfitta, borbottava contro se stessa ed era già pronta per il prossimo game.
“Continuiamo.”, disse solo con tono deciso.
(Accidenti quando inizia a giocare non vuole saperne altro.)
“Chi fa questo vince.”, propose Marco.
“No, al meglio dei tre.”
“Va bene.”
Marco era continuamente distratto dal corpo della ragazza.
Terzo game: 11 a 8 per Laura.
“Andiamo, andiamo.”, velocizzò Laura l’intramezzo.
Marco era un po’ intimorito.
Dopo l’ultimo scambio, Laura portò le mani al cielo, vittoriosa.
“Mi dispiace, maestro, ma ti ho battuto.”, puntò Marco con la racchetta.
“Cavolo, sei forte.”
“Magari mollo nuoto per fare ping-pong.”
“Li puoi sempre fare entrambi.”
“E chi fa al posto mio i compiti?”
“Posso farli io.”
“Sei bravo in latino e in greco?”
“Non tanto.”
“Allora niente. Devo mantenere i miei voti alti.”
“Che sudata!”
La gente aveva cominciato a scendere in spiaggia, il parco giochi era affollato da mandrie di bambini.
“Bagno?”, chiese Laura.
“Avrei più bisogno di ossigeno.”, Marco rise.
Si voltò verso di lei, la beccò che lo stava fissando.
(Cazzo.)
Laura si finse immediatamente distratta.
In quel momento passò uno degli animatori del parco, affisse sulla bacheca l’avviso dello spettacolo serale, alcuni comici si sarebbero esibiti nel villaggio.
Marco sapeva che quello era un momento decisivo, doveva prendere il coraggio con entrambe le mani, divorare le sue paure e compiere il passo. Se non lo avesse fatto se ne sarebbe pentito per tutta la vita.
Guardò Laura.
(Bene.)
Fece un passo in avanti per stare più vicino.
(Ottimo.)
Aprì bocca.
(Ti va di venire allo spettacolo con me? Cazzo lo devo dire! Non pensare!)
“Stasera veniamo a vedere i comici?”, gli strappò da bocca le parole Laura.
“Sì.”, rispose in un fischio Marco.
(Che figura di merda! Però mi ha invitato ad uscire! Oddio, oddio, oddio.)
Laura indugiò qualche secondo sulla continuazione della frase.
“Quindi…”, lo guardò negli occhi. “È un appuntamento?”
Marco si schiarì la voce invaso dall’ansia peggiore che avesse mai sperimentato.
“S-sì.”
“Ottimo!”
Marco immaginò Laura in vestiti eleganti, più o meno sobri.
(Se adesso fossi in un anime mi uscirebbe il sangue dal naso. Come faccio a restare con lei il resto della giornata? Lo spettacolo è alle 21 e 30, sono le 17. Dobbiamo andare in spiaggia e fare un bagno.)
“Andiamo a mare?”, propose il ragazzo.
“Volentieri.”
Una volta in spiaggia e poi in acqua, entrambi dimenticarono l’imbarazzo provato nell’accordarsi per il primo appuntamento. Le ore volarono.
“Allora ci vediamo dopo!”, salutò Laura allontanandosi più rapidamente del solito.
(Dove scappa?)
Marco tornò a casa.
Chiuse la porta alle sue spalle e fu invaso dall’ansia.
(Andrà malissimo. Sono un idiota. Devo portarla anche a mangiare da qualche parte? Sembra brutto se non lo faccio. Dio Santo. Che cosa mi metto?)
Inviò un messaggio alla sorella maggiore.
Un secondo.
Tre.
Quattro.
Venti messaggi finché non visualizzò.
“Che succede 😱?”
“Esco con una ragazza! Tieniti pronta che ti invierò gli outfit e mi dici qual è meglio.”
Seguirono venti minuti di abiti diversi e continui rimproveri della sorella per il poco senso della moda di Marco.
“Perfetto.”
“Sicura?”
“Sì.”
“Grazie, ciao.”
“😒”
Marco si gettò litri di profumo addosso.
Era pronto.
Uscì di casa, raggiunse il parco giochi, era in anticipo di quindici minuti.
Furono le 21, lo spettacolo iniziava alle 21 e 30.
Furono le 21 e 15.
Furono le 21 e 20.
Furono le…
(Eccola!)
Laura indossava un completino che le scendeva fino alle ginocchia con una decorazione floreale e una scollatura accentuata. Era truccata con un po’ di fondotinta e eyeliner.
(Bellissima.)
Marco ebbe un’erezione.
(Cazzo, cazzo, cazzo, dovevo segarmi prima di uscire.)
La raggiunse.
“Ti prego scusami per il ritardo.”
“S-sei… bellissima.”
Laura arrossì.
“Grazie… anche tu. Hai davvero un ottimo profumo.”
“C-ci andiamo a sedere?”
“Sì.”
Trovarono due posti e si sistemarono, lo spettacolo cominciò in orario, ma non era divertente come Marco si era aspettato, spesso si voltava verso Laura, ma neanche la ragazza sembrava starsi divertendo più di tanto. Marco si piegò verso di lei.
“Hai fame?”
Laura sorrise lievemente.
“Un po’, tu?”
“Molta. Che dici se andiamo al bar sulla spiaggia?”
“Direi che è un’ottima idea.”
I due sgattaiolarono via.
La serata era splendida. Non c’era una sola nuvola in cielo e le stelle sembravano risplendere più luminose. Marco si sentiva bene e, sorprendentemente, non così imbarazzato come aveva pensato.
Lungo la via che portava al bar, Laura gli strinse la mano.
(Oddio, è fatta.)
“Posso?”, domandò poi la ragazza.
“C-certo.”
Aveva una mano così calda, snella e dolce che gli faceva perdere la testa.
I due arrivarono al bar, si sedettero ad un tavolo libero e ordinarono da mangiare due panini e delle patatine fritte.
Chiacchierarono come facevano sempre, sembrava che avessero infiniti argomenti su cui interrogarsi, su molte cose non erano d’accordo, ma risolvevano i conflitti con una battuta. Quella sera, poi, anche i momenti di silenzio non erano di imbarazzo, ma di sguardi dolci e, dopo un po’, di lievi carezze sulla mano.
Marco era al settimo cielo. Quella scena l’aveva vista soltanto in sogno.
La serata volgeva al termine.
“Ti accompagno a casa.”, disse Marco.
“Grazie.”
I due passeggiarono per il villaggio tranquillo, di tanto in tanto incontrando qualcuno.
“Ehi, Marco!”, chiamò una voce distante.
“Oh no…”, sospirò il ragazzo.
Laura non comprese.
Un gruppo di coetanei del giovane si fecero vicino.
“Da un sacco che non ci vediamo.”, disse uno dei tipi, Luigi.
Inconsapevolmente Marco strinse più forte la mano di Laura.
“Chissà perché, eh?”, sputò con acidità.
“E dai, sei ancor arrabbiato con noi?”
“Arrabbiato? Credi che abbia energie mentali da spendere su di voi? No, semplicemente non mi frega alcunché la vostra compagnia.”
Luigi sembrò toccato da quelle parole, fece un gesto stizzito con la mano.
“È la tua ragazza?”, domandò indicando Laura.
(Merda.)
“Sì.”, prese la parola Laura.
In quel momento la ragazza risplendeva di luce propria. Gli occhi fieri di lei fissavano quelli del suo interlocutore.
“Mah.”, commentò aspramente.
“E questo cosa significa?”, sparò Laura, furiosa. Marco la trattenne. L’ultima cosa che voleva era rovinare la serata più bella della sua vita per colpa di quei deficienti.
“Quanti anni hai?”, incalzò quello.
“I cazzi tuoi.”
“Sei combattiva.”
“Non immagini quanto.”
Il tipo guardò Marco.
“Sarai giusto per lei? O devo, di nuovo, subentrare io?”
Marco aveva immaginato quella discussione nella sua testa un milione di volte. In altre occasioni in cui si erano incontrati non aveva avuto il coraggio di parlargli, ma in quel momento, con Laura che gli stringeva forte la mano, Marco sapeva di potercela fare.
“Sì, ok, Luigi, ti sei fatto la ragazza che mi piaceva. E quindi? La tua vita è così miserabile che l’unica gioia risale a tre anni fa? Cresci un po’.”
Detto quello, con lo stomaco in tormento, il cervello in pappa e un fuoco che gli bruciava il viso, Marco trascinò Laura via da lì.
Si allontanarono senza guardarsi indietro. Arrivarono sotto casa di lei.
“Hai fatto bene a dirglielo!”, Laura era agitata. “Che stronzo!”, sbuffò, aveva le mani sui fianchi e camminava come per riprendersi da una corsa. “Sei stato forte. Davvero, bravo…”
Marco la afferrò per il fianco e la avvicinò a sé. Laura gli accarezzò la barba ispida.
La baciò.
Stettero stretti per diversi minuti.
“Scusa… forse non volevi.”, disse Marco.
“Ma stai zitto.”, Laura lo baciò di nuovo.
Pomiciarono per ore nel giardinetto sotto casa di Laura, ben nascosti dai genitori.
“Non voglio andarmene.”, confessò Laura.
“Neanche io. Domani ci vediamo, comunque.”
“E poi? Finita la vacanza? Tu torni a Trieste e io a Salerno?”
Marco le accarezzò le dita.
“Se… sei d’accordo. Io direi di provarci.”
“Tu vuoi?”
“Sì.”
“Non sarà facile.”
“Ma nemmeno impossibile.”
Laura lo strinse.
“Quanto dista Trieste o Torino da Salerno?”

Marco e Laura stettero insieme cinque anni, ma alla fine la relazione soccombette alla durezza della distanza. Entrambi scoprirono il mondo del sesso, condivisero i primi passi e la prima esperienza. Così come si erano conosciuti, così con la stessa complicità si separarono. Si volevano bene, ma l’amore stava condannando entrambi ad una prova che non sarebbero stati in grado di superare. Conservarono il ricordo di quei giorni in vacanza con cura, anche quando ormai tra di loro l’unico contatto che avevano erano i like ai post su Instagram. Erano stati il primo amore l'uno dell'altro.

“189 ore… a piedi.”, Marco rise.
Con lui Laura.
Erano felici.
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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