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Autore: NyxTNeko    08/08/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 117 - I doni inaspettati sono sempre i più grati -

Nizza, 16 agosto

Giuseppe, avendo ricevuto le ultime corrispondenze del fratello, circa la sua intenzione di volersi unire alla Compagnia delle Indie Orientali, decise di comunicarlo immediatamente alla madre, che restava sempre in attesa di aggiornamenti riguardo le condizioni dei figli.

Era preoccupata per la reclusione di Luciano, temeva per la sua vita, poteva finire davvero male. Conosceva il carattere del terzogenito, era capace di burlarsi dei suoi nemici, provocarli e finire alla forca, come stava per succedere in Corsica. Aveva messo a repentaglio la vita di tutti loro. Era acqua passata, ormai e stavano cercando di ricominciare. I suoi figli speravano ancora nella rivoluzione.

A questo, tuttavia, si era aggiunto il progetto ambizioso del secondogenito. Giuseppe gliene aveva parlato in modo neutrale, evitando di generare inutili allarmismi. Usava termini rassicuranti. Però sapeva che era preoccupato per il futuro di Napoleone. Altrimenti non le avrebbe scritto tanto in fretta, voleva avere un'opinione, un parere o meglio una conferma di come dover rispondere al fratello. Soprattutto perché lei riusciva a convincere Napoleone a modificare i suoi propositi, oppure ad abbandonarli; era una delle poche persone al mondo che ascoltava e, fatto davvero incredibile, temeva, rispettava.

E la madre bocciò categoricamente una simile ipotesi "Già sta sfidando apertamente il ministero, se non addirittura il governo francese, a Parigi, dov'è più vulnerabile" sospirò la donna, camminando in prossimità dello specchio posizionato nella piccola stanza da letto, che era riuscita a rendere simile a quella che aveva ad Ajaccio "Se dovesse muoversi in quella direzione, i politici non si farebbero troppi scrupoli nel fermarlo questa volta" si voltò in direzione della lucida superficie. I suoi quarantaquattro anni iniziavano a mostrarsi sul suo volto, le rughe più pronunciate, specialmente ai lati della bocca e degli occhi.

Anche il corpo risentiva dell'età, delle gravidanze e delle fatiche dovute ai continui spostamenti degli ultimi tempi. Si era appesantita, sembrava leggermente cadente. Eppure la sua bellezza non era del tutto sfiorita, mostrava ancora quel fascino severo, matronico, che aveva incantato un'intera isola. Ma in quel momento storico particolare ciò non aveva importanza, non aveva bisogno di un uomo al suo fianco, c'erano già i suoi figli più grandi a sostenerla e a darle man forte. Nonostante i loro progetti che spesso considerava azzardati.

Infatti rimaneva colpita dalla determinazione che Napoleone mostrava in qualsiasi piano che elaborava "Ma questo desiderio di voler andare in Oriente è pura follia! E sono più che convinta che sarebbe in grado di attuarlo, anche solo per dimostrare la sua irritazione contro il governo..." In fondo suo figlio era sempre stato un ribelle, per quanto riguardava le regole imposte dagli altri. Era disposto ad accettarle se corrispondevano alla sua mentalità, altrimenti non si faceva problemi nel violarle volutamente.

Erano state parecchie le volte in cui, quando era un bambino, le aveva disobbedito, spesso per il solo gusto di farlo. La sua intelligenza spiccata, probabilmente, lo portava a ritenersi superiore alle norme, quasi come se non le riconoscesse. "Per evitare continue risse, se ne stava da solo, a leggere" non lo ricordava in compagnia, se non le volte con il fratello e i suoi amici "Gli studi compiuti e il grado ottenuto hanno sicuramente alimentato questa sua convinzione e gli danno la certezza di poter compiere imprese simili a quella di Tolone".

Letizia era soddisfatta delle abilità dimostrate dal figlio, così come della sua energia traboccante che gli dava la spinta, la forza, la volontà, la carica. Al tempo stesso, però, era spaventata dall'irruenza del figlio: si lanciava a capofitto in ciò che lo attirava, pur sapendo che era guidato dalla mente, valutando sia i vantaggi, sia i rischi. Questo non la rassicurava del tutto e pregava sempre che usasse soprattutto la prudenza, una qualità che pareva non possedere affatto.

Accarezzò il comodino, il suo occhio si posò su un piccolo ritratto del defunto marito, che era riuscito a salvare. Una semplice occhiata bastava per farla sentire meno sola, addirittura aveva la sensazione di sentirlo vicino, accanto a lei. Chiunque  aveva lodato la sua forza d'animo, dai parenti agli sconosciuti, e lei sapeva di averne, ma aveva anche bisogno di conforto. Era un momento difficile per tutti, era in pensiero per i suoi figli e non poteva cedere; se fosse crollata, avrebbe trascinato il resto della famiglia con sé.

Accarezzò il volto dipinto di Carlo ed uscì dalla sua stanza, avrebbe fatto recapitare una lettera al figlio maggiore, in cui gli faceva sapere la sua risposta, ovvero che disapprovava categoricamente qualsiasi progetto riguardante l'Oriente; invitando Napoleone alla moderazione e alla collaborazione con il governo.

Parigi, 20 agosto

Le raccomandazioni di Letizia, tuttavia, non furono necessarie, poiché Napoleone stesso aveva deciso di accantonare, provvisoriamente, le sue mire sull'Oriente. Non voleva arrendersi per nessun motivo alla magra proposta offertagli dal ministero della guerra, ossia, di accettare l'incarico nell'armata di Vandea e di infangare il proprio nome in una sanguinosa, quanto inutile, guerra civile.

Per questo, deciso più che mai, si era rivolto a tutti i politici che conosceva e con i quali, sperava, di poter ottenere qualche incarico che fosse conforme alla sua preparazione; tre giorni prima si era rivolto all'ufficiale pagatore dell'armata d'Italia, Simon de Sucy de Clisson, uno dei suoi compagni conosciuti a Valence e gli aveva riferito, senza troppi giri di parole, che non si sarebbe recato nella regione a lui designata. Era certo che qualcuno, dal governo, si sarebbe fatto avanti.

I suoi aiutanti non avrebbero potuto nulla per fargli cambiare idea "Mi sono stufato di questo stupido gioco" risuonava nelle orecchie di Junot e di Muiron "Non ho intenzione di continuare a battibeccare con loro a lungo, il tempo è prezioso e non lo sprecherò di certo per colpa di questi individui del genere! Riferirò una volta per tutte il mio diniego, accettando tutte le conseguenze". Si erano rassegnati e pregavano che non gli accadesse nulla di grave o, quantomeno, che fosse meno avventato del solito. I tempi erano incerti e, come aveva dimostrato la fine del Terrore, era sufficiente un cambio di governo per ribaltare la situazione. Dovevano stare attenti e soppesare qualsiasi parola e gesto.

Napoleone sentì bussare alla porta - Avanti - gridò senza staccare gli occhi dal libro che stava leggendo avidamente - Ah Muiron siete voi - sorrise nel vederlo. Era il suo assistente preferito, coraggioso ed ubbidiente, con il quale andava molto d'accordo, rispetto a Junot, di cui però non disprezzava la schiettezza e l'ardore - Qual buon vento vi porta?

Muiron afferrò una lettera dalla tasca dell'uniforme e gliela porse - Dal ministero della guerra - disse un po' preoccupato. Temeva che fosse una cattiva notizia, poiché il comandante aveva deciso di dichiarare apertamente 'le ostilità' al governo e quindi era facilmente attaccabile. Ingoiò rumorosamente la saliva.

Napoleone, chiuso il libro, la prese, apparentemente calmo, in realtà era agitato quanto lui, in quella lettera poteva esserci la sua condanna e, di conseguenza, la fine di tutti i suoi progetti e sogni. Che cosa avrebbe fatto se non avesse potuto più svolgere la carriera militare? Forse riprendere gli studi matematici e dedicarsi alla scienza? Non era un'opzione scartabile, d'altronde era sempre stato eccellente in quella materia, sin dalla prima infanzia, aiutato dalla sua memoria prodigiosa e dalla logica.

Ma era anche convinto che sarebbe stato insoddisfatto. Che vita sarebbe stata senza gloria? Non era nato per la vita tranquilla, pacifica, dedita solo alla meditazione fine a se stessa. Si stava rendendo conto che, invece, l'avventura, l'imprevisto, il meraviglioso, la lotta, erano le basi della sua esistenza. Da bambino era mosso dalla curiosità di scoprire i luoghi più segreti e nascosti della sua isola e, in particolare, delle vicinanze di Ajaccio e dei piccoli paesini in cui la famiglia aveva avuto dei possedimenti. Aveva imparato ad arrampicarsi sugli alberi e sulle rocce pur di sapere cosa ci fosse dall'altra parte.

Non si era mai accontentato delle risposte che gli adulti gli avevano dato, aveva sempre voluto scavare, andare più a fondo, perché la verità al pari della realtà, era sempre celata agli occhi dell'umanità, soltanto pochi individui avevano il privilegio di poterla conoscere. Man mano che cresceva e si acculturava, passando dalla scoperta visiva a quella intellettuale, si rendeva conto di essere uno di quei privilegiati.

Rivolse le iridi grigie verso Muiron, che era rimasto immobile ad aspettare di avere notizie da parte sua, non fiatava ma leggeva il suo nervosismo. Anche il loro destino era in gioco, sarebbe stato difficile seguire un altro comandante a cui sottostare ed obbedire. L'aiutante cercò di intuire i pensieri che si susseguivano nella testa del generale, però, il suo volto smunto e leggermente giallognolo, era imperturbabile. Come riusciva a dimostrare tanta integrità? Si chiedeva.

Poi lo vide girare di scatto la lettera, dov'era presente la complicata ceralacca usata dal ministero, con un gesto staccò il sigillo e aprì la lettera. Improvvisamente pareva che tutto fosse rallentato, attorno a loro due, tranne il suo cuore, il battito, al contrario, era accelerato. Il corso lo sentiva in gola, che pulsava ansioso. Scorreva le righe con avidità e un pizzico di paura. Poi il viso si distese e si formò sulle labbra un sorriso di compiacimento - Bene - emise sollevato - Molto bene, Muiron, ci sono solo ottime notizie scritte qua sopra! - si alzò, sventolando la lettera.

- Davvero generale? - uscì quasi spontaneamente dalla bocca del suo giovane aiutante - E cosa dicono al Ministero della guerra? Vi affideranno di nuovo il comando dell'artiglieria a Nizza?

- No - fu la risposta secca di Napoleone - Per quell'incarico mi sa che dovrò aspettare ancora un po' o almeno spero - aggiunse sincero. Si poggiò sul bordo della scrivania, il ruvido legno scivolava sulle sue mani delicate e affusolate, incrociò la gamba destra sull'altra. Dovette ricacciare l'amarezza che era comunque emersa - Ma è comunque una buona alternativa quella che mi hanno offerto - fissò Muiron per qualche istante, scrutandolo intensamente. Il sottoposto non si sottrasse al contatto, una morsa alla bocca dello stomaco lo fece impallidire, era desideroso di sapere dove lo volessero mandare, ma era come bloccato da un qualcosa che neppure lui si spiegava e lo inquietava ogni qualvolta incrociava quel tipo di sguardo. Era come se perdesse la capacità di compiere le azioni di propria volontà.

Aspettava, senza fare alcuna domanda, che fosse Napoleone a riprendere la parola e a rivelargli il tutto. Rimase impettito di fronte a lui, quando notò che il comandante aveva intenzione di parlare. Si mise all'ascolto, sperando che fosse realmente una buona notizia - Sono stato assegnato al dipartimento topografico del Comitato di Salute Pubblica per la direzione delle armate - rivelò infine con un entusiasmo che non vedeva da tanto tempo nei suoi occhi - O per essere precisi all'agenzia istituita dal cittadino Carnot, un professionista dell'arte della guerra

- Significa che saprete tutto di cartine e strumenti? - azzardò Muiron travolto dal suo stesso fervore. Era comunque un impiego prestigioso, che richiedeva prontezza e grande conoscenza. E il suo comandante le possedeva entrambe, batté le mani - Sono davvero contento, finalmente un'occupazione alla vostra altezza, comandante, affiancato a uomini qualificati - si sentì decisamente meglio dopo questa notizia. Non avrebbero dovuto mettersi in viaggio per il momento, era un buon segno.

- Non è solo quello, Muiron - raddrizzò le gambe e si scostò dal bordo, teneva la lettera ben stretta tra le mani, dietro la schiena - Significa anche conoscere qualsiasi dettaglio su ogni singolo comandante, i suoi spostamenti e quelli delle truppe, pianificare le direttive, coordinare la logistica, i rifornimenti - si voltò nuovamente per guardarlo - In pratica vuole significare imparare a guidare teoricamente un'armata intera - sorrise compiaciuto. Era il tassello che gli mancava per avere la piena padronanza dei vari componenti dell'esercito.

- Ma è magnifico, ciò vuol dire che imparerete gli ultimi dettagli che non conoscete sulla guerra, anche se a Tolone avete comunque dimostato di sapervela cavare egregiamente - ammise a braccia conserte. Ed era la verità, in quell'occasione aveva dimostrato un talento straordinario per la coordinazione e la gestione di un assedio, oltre al fatto di essersi gettato nella mischia e combattuto al pari di un semplice soldato. Aveva sbalordito tutti. 

- Credo che sia anche per tenermi sotto controllo, Muiron - aggiunse infine Napoleone, sinceramente divertito - Il Governo teme che io possa abbandonare la Francia e, per quanto sia diffidente nei miei confronti, resto comunque uno dei pochi ufficiali a loro disposizione, seppur per alcuni di loro valga pochissimo o sia addirittura pericoloso... - guardò la finestra, ridacchiando - Mi hanno solamente fatto un favore... - osservava rapace la città che, ignara dei giochi di poteri, continuava ad essere brulicante di vita e di voglia di svago. "S'illudono di avermi in pugno, ma per il momento glielo lascio credere, mi farà bene un'esperienza del genere".

- Chissà, forse il cittadino Barras si è ricordato di voi, avendo bisogno di un aiuto per qualche questione di potere, dandovi questa opportunità - ipotizzò Muiron, avanzando verso di lui, sporgendosi per capire cosa interessasse tanto avidamente il generale.

- Chiunque sia stato colui che abbia insistito ad assegnarmi nell'agenzia topografica, non mi importa affatto - nel tono di Buonaparte c'era indifferenza, un'inaspettata freddezza, la sua figura sottile si stagliava contro il vetro sporco della stanzetta - Gli uomini che sono attualmente al governo hanno, per me, la stessa importanza che possono avere le chiacchiere delle donne, ossia nulla, Muiron, se accetto tale ruolo è solo ed esclusivamente per interesse personale, lo dico a voi perché so che siete più razionale rispetto a Junot, per cui comprenderete le mie ragioni

Il giovane aiutante di campo annuì. Poteva capire la delusione che proveniva dalla sua voce, aveva sperato nella Rivoluzione e questa aveva tradito i suoi valori; non trovava nulla di male se il comandante volesse agire per egoismo. Non esisteva alcun uomo disposto a donare qualcosa senza ottenerne un'altra in cambio - Vado ad avvertire il proprietario dell'hotel della vostra uscita e Junot - disse Muiron, ritornando alla porta ed uscì. Napoleone si posizionò allo specchio e cerco di sistemare quello che poteva, per essere presentabile al suo primo giorno di lavoro all'agenzia.



 

 

   
 
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