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Autore: Ombrone    09/08/2021    0 recensioni
I crimini più orribili si commettono pensando di essere nel giusto.
Combattendo gli usurpatori che minacciano il regno di sua sorella, la Regina, Barid dovrà decidere se uccidere una persona innocente.
Una storia light fantasy ambientata in un Universo dove spero di poter scrivere altre storie. La prima della serie della Lacrima Nera.
Ci sono delle scene e immagini forti che possono disturbare.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Due "appendici" di fantasia collegate al racconto e all'Universo in cui si svolge.

La prima è una nota dell'immaginario autore del racconto, la seconda un breve excursus storico sulla vita di Asa dalla quattro vite

Appendice 1

Come autore non posso far a meno di sperare che il mio, moderno, piccolo rimaneggiamento di questo classico, vi sia stato gradito. Era probabilmente non necessario vista la quantità di versioni su carta e su pellicola che ne girano e tutte quelle che sicuramente vedranno la luce nel futuro, ma ne sentivo io il bisogno.
Personalmente la storia che ho appena raccontato mi ha affascinato fin da bambino, e ne sono rimasto ossessionato per anni, incantato dal suo crudo realismo. Ora scriverne una versione, farla mia, era un modo per soddisfare qualcosa di profondo e se io ho provato gioia nello scriverlo, spero, ripeto che a voi non abbia dato pena leggerla.
Per scriverla mi sono ispirato a vari fonti.
In primo luogo, alle uniche due fonti primarie che abbiamo disponibili scritte entrambe da due testimoni diretti, due dei Compagni: il poemetto scritto da Garth di Frasian, in uno stile metrico ancora Centrale ma con uno spirito già Stilnovista, e il capitolo che descrive i fatti nell’imponente cronaca “Gesta e Imprese del Nobile Barid Mae Achsim, Condottiero, Principe del Sangue e Gran Giudice del Regno”. Libro che sempre che non siate costretti a leggere per ragioni accademiche o per una qualche penitenza, vi sconsiglio di affrontare, fidatevi.
Entrambe le fonti in questioni sono estremamente, ovviamente, parziali. Entrambi gli autori erano nel seguito del Gran Bastardo e le loro opere sono quando non agiografiche quanto meno apologetiche nei confronti del loro mecenate, ma sono di testimoni oculari e danno una visione irrinunciabile dello spirito del tempo.
Di altre fronti di ispirazioni ve ne sarete accorti da soli: la prima citazione è tratta da un romanzo famoso, e se avete studiato filosofia riconoscerete parti prese, per quanto sembri incongruo e anacronistico, da i “Discorsi Morali” l’opera in cui Matheni getta le basi della sua teoria della moralità umana e di come ci siano eventi inevitabili al di là del nostro controllo.
Ma la lista potrebbe essere molto più lunga. Al di là dei libri, se siete interessati vi consiglio di recarvi nei luoghi che hanno visto questa storia.
Il campo di battaglia di Manehald è visitabile. Vi è un tumulo, con un altare che marca una delle fosse comuni e anche un piccolo museo che contiene i reperti che sono man mano stati ritrovati: resti di armi, armature e finimenti e anche numerosi scheletri che illustrano in maniera crudamente realistica cosa potevano fare le armi del tempo.
Il Castello di Nevrel è una proprietà privata, ma è anche lui visitabile, a pagamento. Il tour guidato vi porterà in giro e potrete ammirare la Sala del Trono, assolutamente imperdibile, la cappella, che rispetto all’epoca della nostra storia è stata largamente rimaneggiata dopo un incendio, e la camera dei levrieri, chiamata così dal tema degli affreschi, che è la stanza in cui si dice Yaranno sia stata uccisa. L’aspetto è rimasto circa quello dell’epoca, anche se il mobilio non è originale, specialmente il romantico letto a baldacchino che è del secolo scorso.
Naturalmente il giro si chiude con la Cripta e con le tombe della famiglia Nevrelly. C’è anche, ovvio, quella di Yaranno, aggraziata da una sua scultura, successiva di almeno due secoli, che, probabilmente, non le rassomiglia molto.
È non perdetevi le infinite bancarelle dei souvenir, ovviamente.

Appendice 2

Chi non conosce Asa Batimont di Accara? La Santa, la madre di Tarimannel il primo Autarca, la concubina di Marajael il conquistatore.
Se siete originari dell’Efalia è di sicuro una figura familiare fin dall’infanzia. Nella camera da letto di vostra nonna c’era di certo una sua icona. Poteva rappresentarla come una bellissima giovane vergine dai lunghi capelli color della fiamma, o come una monaca di mezz’età il capo rasato e la tunica di lana grezza, oppure poteva essere una rappresentazione più o meno cruenta del suo martirio, ma comunque era lì accanto al lettone in metallo.
Di lei avete sicuramente letto qualche romanzo che la vede protagonista, o visto qualche film o telefilm ispirato alla sua vita. 
In qualunque caso, anche se aveste tentato di evitarla non ci sareste riusciti: durante gli anni scolastici vi avranno portato in gita a visitare il suo Mausoleo ad Antrah, e poi avrete passato lunghe giornate a studiare “Le quattro vite di Asa Batimont di Accara” del Mauriȥi, la pietra angolare su cui si è fondata della nostra letteratura moderna.  
Naturalmente da scolaro la avrete odiata. L’incubo di affrontare la prima vita della Giovane Vergine, la seconda come la Madre del Demone, la terza come la Monaca Penitente e infine la quarta come Santa alla Corte dei Santi ha lasciato il segno nelle vite di tutti gli studenti.
Da adolescente invece potreste essere tornati a riaprirla, cercando di nascosto qualche passaggio cupo e scabroso nella seconda vita, scoprendo come anche dei versi vecchi di secoli possono essere sorprendentemente sensuali. 
Qualcuno di noi la ha poi riletta persino da adulto comprendendo finalmente perché ci abbiano costretto a studiarla tanti anni prima.
Asa Batimont di Accara ha avuto la ventura di vivere in un’epoca di transizione tra le più drammatiche della storia. Furono decenni terribili, città vennero saccheggiate e rase al suolo, intere nazioni scomparvero, centinaia di migliaia di persone morirono o soffrirono pene indicibili, ma da tutto questa distruzione è nato il mondo dove viviamo e la nostra nazione e Asa fu una delle protagoniste di quegli anni, una protagonista involontaria sicuramente, ma degna di essere ricordata e studiata.
La prima domanda che si pone chi si accinge a studiare una figura storica è sicuramente capire chi ha veramente di fronte, e questo è quanto mai vero per Asa.
Il Mauriȥi la accredita di quattro vite spirituali, e noi possiamo tranquillamente dire che anche dal punto vista storico e storiografico Asa ha avuto quattro vite.
La prima Asa che riconosciamo è quella della devozione popolare. Quest’Asa nacque quando era ancora in vita: la peccatrice diventata una monaca penitente, la guaritrice miracolosa. Il suo monastero divenne ben presto un luogo di pellegrinaggio e lo divennero immediatamente anche la sua tomba e il luogo del suo martirio.
La sua era la storia perfetta per incantare la fantasia popolare: la bellissima fanciulla del sangue più nobile che aveva toccato, anche se suo malgrado, il più profondo abisso di depravazione (essere presa come concubina da un demone e generarne addirittura uno), e che dopo aver passato una intera vita di penitenze e preghiere raggiungeva le vette della santità, il tutto coronato dal martirio. La forza di questa narrazione è dimostrata dal fatto, che malgrado il passaggio di secoli ed epoche, la devozione verso di lei sia ancora fortissima e diffusissima: Asa è la protettrice delle partorienti e, un po’ ironicamente, della verginità, è la Santa di eccellenza a cui chiedere aiuto nelle difficoltà.
La sua “Seconda Vita” storica si sviluppa a partire dalla prima, ma con la differenza che non si tratta di una creazione spontanea venuta dal basso, ma di qualcosa di pianificato dall’alto e politicamente motivato.
Quando il figlio di Asa, Tarimannel il Primo, riconquistò il potere, tornando dall’esilio e uccidendo l’ultimo dei suoi fratellastri, incoronandosi come primo Autarca di Efalia, fu subito cosciente della necessità di dare un fondamento di legittimata al suo potere, non voleva essere (come erano stati suo padre e i suoi fratellastri) un conquistatore alieno, ma il monarca se non riconosciuto, almeno accettabile, da tutti, indigeni e invasori.
La spontanea devozione popolare verso la figura di sua madre era una ottima base di partenza. Il suo corpo venne esumato, il famoso mausoleo di Atrah costruito, sul luogo del suo martirio fu innalzato un monumento commemorativo (che poi nel corso dei secoli si è allargato fino a diventare l’attuale Santuario della Dama), commissionò opere d’arte e poemi per celebrarla (donandoci capolavori come le “Quattro Vite”).
Fu un grandioso spettacolo di pietà filiale. Totalmente falso ovviamente, probabilmente Asa aveva incontrato la sua progenie demoniaca ben poche volte e di sicuro non c’era amore tra i due, ma il messaggio politico era chiaro: Io sono un Signore dei Demoni, io regno su di voi, indegni umani e non, perché io sono un essere superiore, ma sono stato generato da una donna umana, una santa, e tramite lei posso capirvi. Posso avere pietà. Posso avere giustizia. Posso perdonare. Nel suo nome, grazie a lei, potete vivere in pace. 
Questa è l’Asa Madre del Demone, una rappresentazione di nobilità, potere e pietà.
La terza Asa che conosciamo è la Santa della chiesa e della filosofia. Una figura talmente complicata che in queste righe si può solo accennare. Quello che possiamo dire che fu un’impresa di uno straordinario equilibrismo intellettuale mettere insieme i desiderata del potere temporale, la teologia tradizionale e la devozione popolare. Una contraddizione vivente tra quello che avrebbe dovuto essere la più profonda impurità rituale e i miracolosi segnali di santità, una contraddizione politica tra l’istinto di esaltare questa traiettoria di purificazione spirituale e l’ovvio problema di non poter stigmatizzare la fonte della sua caduta. 
Una contraddizione che è stata il seme da cui si è sviluppato il pensiero etico moderno.
La quarta e ultima Asa, è quella più recente, quello che ha oggigiorno più successo di media e di pubblico ed è sicuramente la più lontana dalla realtà storica. Asa è una eroina, romantica, volitiva e avventurosa e non troppo religiosa. Questa è la protagonista di famosi romanzi che hanno fatto la storia e i gusti dell’ultimo secolo, ed è tuttora l’ispirazione su cui si basano i media moderni, quella che trovate al cinema o in televisione.
Queste sono le Asa che della storia e degli storici, chi fosse lei veramente è invece è molto più difficile da capire. 
Su Asa molto ha stato scritto, ma dobbiamo essere chiari non abbiamo nessun documento di sua mano (non odiatemi, per favore, la Preghiera del Bosco è attribuita a lei, ma tutti gli studiosi concordano sia apocrifa), ma abbiamo alcune preziose fonti primarie a lei contemporanee che parlano di lei e che danno informazioni preziose.
Sulla Prima Vita, sulla Giovane Vergine, non sappiamo quasi nulla in realtà, i versi del Mauriȥi sono la versione condivisa, ma sono frutto di invenzione e licenza poetica, gli avvenimenti della sua giovinezza sono ormai persi nelle nebbie del passato. Sappiamo solo che era la figlia più giovane di una famiglia aristocratica, che aveva numerosi fratelli e sorelle, che veniva dalle provincie dalla costa. Una vita come tante altre, non degna di essere ricordate nei libri.
Tutto cambia per lei con la Grande Ambasceria, la situazione del regno è talmente disperata che come estremo tentativo si compie l’errore fatale di chiedere aiuto a Marajael e alle sue tribù, sperando di combattere i barbari con altri barbari. Si inviano doni di tutti i tipi e sei ancelle di nobili origini.
Quali fosse lo scopo delle ancelle è tragicamente chiaro, vista la ritrosia delle cronache reali di parlarne, escluso il rivelatorio dettaglio della loro dedica agli Dei, il che le rendeva sostanzialmente delle vittime sacrificali.
Delle sei fanciulle abbiamo solo il nome di Asa, le altre scompaiono nel nulla. Forse, fortunatamente per loro, ritornano alle loro case e alle loro vite, forse non sopravvissero all’incontro con Marajael. Qualunque sia la ragione, Asa è l’unica che rimane a corte e sembra prosperare nel favore di quello che diverrà a breve il nuovo signore indiscusso di Efalia.
Ci sono vari resoconti di ambasciatori alla corte di Marajael il Conquistatore che parlano di lei. Viene descritta durante le udienze seduta ai piedi del piedistallo del trono regalmente abbigliata, e gli ambasciatori non possono fare a meno di notare come venga a volte consultata dallo stesso Conquistatore durante lo svolgimento dell’udienza.
Altra documentazione di fondamentale importanza sono gli archivi delle petizioni. Molte, specie quelle della gente comune, sono indirizzate non direttamente al Signore dei Demoni, ma a lei e chiedono la sua intercessione. È un dato interessantissimo, sia perché sembra confermare che fosse in una posizione in grado di influenzare e scelte e chiedere favori (seppur di piccola entità), sia perché permette di capire come fosse considerata una protettrice del popolo ben prima che le venisse concesso di lasciare la corte e ritirarsi in monastero.
Un ultimo eccezionale documento che ci apre l’unico malinconico squarcio nella sua vita privata sono alcuni paragrafi di una lettera che una delle sue sorelle maggiori scrisse a una parente, dopo aver visitato la corte al seguito del marito e averla incontrata.
“Infine, mi chiedi notizie di Asic’hia [NdA: un diminutivo familiare del suo nome] e posso dirti di averla finalmente incontrata di persona e di averci potuto parlare. Mi ha fatto la più grande delle impressioni. 
Il suo abbigliamento è quello di una Regina, così come i gioielli che porta, gli appartamenti in cui vive e la servitù di cui dispone. Tutti a corte la rispettano e molti le vogliono bene. Come se fosse una Regina le ho dovuto chiedere udienza, ma quando l’ho incontrata era la nostra Asic’hia di sempre, dopo solo un attimo di esitazione ci siamo abbracciate con affetto e ci siamo sedute insieme.
La nostra sorellina è bella come sempre stata, la più bella di tutte noi, e se possibile in questi ultimi anni lo è diventata ancora di più, ma sul volto c’è un’ombra. È triste, e afflitta, tutti gli onori, dice sono vuoti e non servono a nulla. Mi ha chiesto di pregare e sacrificare per lei, e di chiedere la stessa cosa a chi, fuori dalla corte le vuole ancora bene. La sua vita in questo posto e a queste condizioni è tutt’altro che felice, e non sarebbe sopportabile senza la fede negli Dei e la speranza di poter fare qualcosa di buono per aiutare il nostro popolo.
Di più non mi sento di scriverti, ma ti rinnovo l’invito che ci ha fatto di fare offerte agli Dei a suo nome.”
Se vogliamo seguire i versi del Mauriȥi, rimasta incinta con grande meraviglia di tutta la corte e dello stesso Marajael convince il Demone che l’unica maniera per essere poter condurre a termine con successo la gravidanza è affidarsi agli Dei e offrire sé stessa in sacrificio, dedicandosi a loro come monaca e in questo modo ottiene la libertà e sfugge alla sua triste sorte.
Ovviamente questa è licenza poetica, ma di certo i fatti sono simili: rimane incinta, sopravvive al parto (cosa decisamente eccezionale visto il tipo di gravidanza) e solo pochi mesi dopo entra nel monastero di Rahibadi. Con tutti gli onori.
Sulla sua vita in un monastero di clausura ovviamente non abbiamo quasi nessuna fonte, a parte racconti e cronache dei primi pellegrini che si iniziano a recare da lei, man mano che si diffonde la voce che sia in grado di assicurare miracolosamente fertilità e una gravidanza sicura.
Il tutto ha fine nel 573. Marajael viene spodestato dal suo figlio maggiore, e costretto a fuggire per scomparire nella vastità delle steppe occidentali e non dare più nessuna notizia di sé.
Nel brutale tutti contro tutti della guerra civile che ne consegue, anche il figlio di Asa, Tarimannel, il più giovane della progenie di Marajael è costretto a scappare ad occidente (in attesa di ritornare trionfante alcuni anni dopo) e uno dei suoi rivali, versioni differenti indicano differenti mandanti, decide di eliminare anche Dama Asa, ancora così benvoluta nel cuore del popolo, temendo sia in combutta col figlio.
Asa viene prelevata dal monastero di Rahibadi da un gruppo di cavalieri con la scusa di doverla portare urgentemente a corte, ma in verità dopo poche ore di cavalcata, nel folto della grande foresta di Verden, la fanno scendere dalla portantina e la decapitano. Solo un attimo di esitazione dei cavalieri e una miracolosa tempesta di vento che spaventa i cavalli da occasione alle consorelle che l’accompagnavano di salvarsi fuggendo tra gli alberi e riportare la notizia del martirio al monastero.
Così finisce la permanenza terrena di Asa e inizia la sua quarta vita, su cui ovviamente, allo storico di questo mondo non è dato di indagare.



   
 
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