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Autore: Elisempreeli    10/08/2021    3 recensioni
Come un normale pomeriggio d'estate di un anno fa riesca a diventare un racconto dai risvolti filosofici, ma anche con la straordinaria capacità di far rivivere quei momenti come fossero ieri. Eppure, è già domani.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"E questo sarebbe il tuo concetto di outfit sportivo". La frase di Adam non suona per niente come una domanda ma come un'affermazione bella decisa, una sorta di presentazione che potrebbe destinare nel descrivere un'opera quand'è di turno al museo. Il suo sguardo passa al vaglio del mio abbigliamento scelto per l'occasione, ovvero un paio di jeans, una maglietta a maniche corte grigia a tinta unita, e le mie immancabili All Star blu navy.

Cosa mi sarei dovuta mettere per andare a fare skateboard, un tacco dodici forse?

 

"Ehm, cosa c'è che non va?" gli domando per capire se effettivamente la sua possa essere una battuta sarcastica o meno. E no, non era sarcasmo.

 

Quasi non avesse sentito alla mia domanda, o forse pensando che sarebbe servito a poco dare una risposta, continua con il sorriso comprensivo che si fa ai bambini piccoli per dir loro 'avrai tempo per imparare', "forza, andiamo, prima ho bisogno di un caffè".

 

Il caffè per Adam non è solamente caffè, oh no, è una bevanda mistica dai poteri curativi e vitali, è come il sangue per i vampiri, il miele per le api, la chitarra per Kurt Cobain.

Unica fonte di sostentamento.

 

Seduti al tavolino del bar, bevendo lui il suo caffè, io il mio succo ace 'nonfreddoperfavore' -perché Natura vuole che io sia più delicata di un foglio di carta velina quando si parla di congestione-, non vediamo l'ora di arrivare al Parco di San Giovanni per cimentarci in quella che ha tutta l'aria di essere una sfida e che, come ogni sfida degna di questo nome, porta con sé emozione e qualche timore sulla sua riuscita.

 

Stavolta tocca a me pagare, o forse mi andava solamente di farlo, così mentre aspetto che Adam torni dal bagno gli prendo delle Brooklyn alla cannella che vedo davanti alla cassa, che si sa che te le mettono proprio lì come il diavolo tentatore, ed io, da brava peccatrice, cado nel suo tranello.

Ma anche perché mi andava di farlo e basta.

 

Prendiamo l'autobus numero 17 ed è quasi una gita perché dobbiamo arrivare fino al capolinea.

"Finalmente riusciamo a fare la nostra giornata skate!", e cavolo quant'è bello desiderare di fare qualcosa e poi farla per davvero, rendere reale ciò che prima era solo immaginato.

 

Arriviamo al parco e Adam mi fa strada, me lo vedo proprio come padrone del suo 'giardino segreto', che tanto segreto non è, ma c'è un silenzio talmente surreale che pare proprio di arrivarci da una porticina nascosta tra il folto della vegetazione.

Raggiungiamo uno spiazzo di cemento difronte al teatrino, ma questo sarà uno spettacolo chiuso al pubblico ed esclusivamente dedicato a noi, e per fortuna.

 

Appena il mio skater preferito appoggia la tavola a terra penso 'ma quanto vuoi che sia difficile starci su?'. Ecco, le ultime parole famose.

Quelle dannate rotelle si muovono nemmeno avessero vita propria, vorrei tanto dir loro 'è la prima volta che salgo su di uno skateboard, abbiate pietà!' ma ho la netta l'impressione che non mi sentirebbero, tanto sono concentrate a scandagliare la zona in vista di qualche buca in cui farmi cadere.

 

"Okay, forse è meglio se prima ci sali tu e mi fai vedere cosa devo fare esattamente", tattica di temporaggiamento messa in atto.

 

E Adam non se lo fa ripetere due volte, così sale sul suo skate spingendosi con la gamba sinistra per prendere velocità.

Si allontana da me quel tanto che basta per fare una curva a sinistra e ritornare al punto da cui è partito.

 

"Fino a qui tutto a posto, devo ancora imparare a girare a destra e a spingermi con l'altra gamba".

 

"Bè, basta che ti studi un tragitto che abbia solo curve a sinistra e il problema è risolto!". Magari potesse essere così semplice risolvere tutti i tipi di problemi, togli la variabile scomoda e il gioco è fatto, il piatto è servito, non occorre nemmeno che pensi all'ipotesi peggiore perché tanto sai che potrai farla sparire in un baleno.

 

"Ma così non tornerei indietro! Anche se, in effetti, ci sarebbe sempre un'altra strada, un percorso alternativo...", e ci scommetterei lo skateboard che ora sta parlando un po' per metafore, da come si mostra sovrappensiero.

Ma perché devo sempre vedere spunti metaforici anche quando non per forza la frase in questione dovrebbe contenerli? Mistero.

 

"Immagino che ora sia il mio turno", e Adam mi fa una sorta di inchino davanti all'invisibile tappeto rosso che ha appena srotolato ai miei piedi.

 

"Ma prego, è tutto suo. Prima però ti ho portato queste" e dal suo zaino tira fuori ginocchiere, gomitiere e persino dei paramani. Fiero di sé continua: "e ho pure il disinfettante e i cerotti, nel caso servissero".

 

"L'efficienza del tuo kit di pronto soccorso va di pari passo con la fiducia che mi dai nel rimanere in piedi", rido mentre lo dico, ma in realtà è un modo per dirgli grazie per averci pensato lui al posto mio. Avrò evidentemente tolto di mezzo la variabile scomoda in cui mi ritrovo spalmata a terra imitando una pelle d'orso, perché nella mia borsa non ho nemmeno mezzo cerotto.

 

Mi bardo, che per dirla in maniera un po' più dignitosa, indosso la mia armatura, e salgo sul destriero a quattro ruote.

I primi giri c'è Adam che mi trascina, e da fuori deve sembrare una scena abbastanza ridicola e tenera, quasi stessi imparando a camminare. "Non provare a lasciarmi andare!" gli intimo tra un urletto e un 'mistomuovendooddio', e lui pronto a rassicurarmi "ma certo che no!".

 

Dopo aver fatto qualche giro sconclusionato di sali e scendi dallo skate, provo a salirci da sola e anche a fare un breve tragitto. Ma ehi, piano piano ci sto riuscendo sul serio!

Piangete, cerotti, non mi avrete mai!

 

"Guarda quanta strada hai fatto, e tutto da sola!". Mi fermo e osservo che effettivamente sono riuscita a fare un bel pezzo affidandomi al mio equilibrio, ma per quello devo ringraziare la danza, e sì infondo mi piace giocare facile, se posso.

 

Spesso serve qualcuno che ti faccia notare quanta strada hai fatto da solo, perché tu, sopra il tuo skate, tutto concentrato a non cadere, a pensare se ti stai muovendo nel modo giusto e a non sembrare solamente goffo e penoso, ecco mentre ti concentri a trovare le cose che non vanno in ciò che stai facendo, ti dimentichi che stai andando avanti. A volte appoggiandoti su qualcuno, stringendo le mani di chi ci tiene a te e si cura di avere dietro il kit di pronto soccorso e un'armatura solida per proteggerti, altre volte invece spingendoti solo con le tue gambe, scommettendo solo sulle tue capacità di rimanere in equilibrio, e anche tentando un po' la fortuna e la sorte, scommettendo su te stesso e allo stesso tempo sfidandoti.

 

Gli sorriso, sembro una bambina che ha appena realizzato di aver vinto il peluche dell'orsetto al tiro a segno del luna park, anche se questa non si avvicina per niente ad una vera e proprio vittoria, piuttosto ad un progresso.

Ma forse, può valere di più.

 

Un progresso condiviso vale più di mille vittorie in solitaria, soprattutto se questo progresso può essere considerato tale anche in altro, ad esempio, ma dico per dire, in un'amicizia che cresce e si rafforza sempre più.

In un'amicizia che decide di percorrere una strada fatta solo di curve a sinistra, che tanto si sa, in un modo o nell'altro, c'è sempre la possibilità di ritrovarsi senza mai tornare indietro.

 

   
 
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