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Autore: crazy lion    10/08/2021    0 recensioni
Julie è una capopalestra che sta soffrendo per la perdita del suo Pikachu. È molto raro che un Pokémon muoia, ma in questo caso è successo. Passano i mesi e nessuno riesce a smuoverla da quel dolore. Ma un giorno, un grido disperato catturerà la sua attenzione.
Disclaimer: i Pokémon non mi appartengono, ma sono proprietà degli autori che li hanno ideati. Arbora è una regione inventata dalla mia amica Emmastory, che mi ha permesso di utilizzarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pikachu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Flower-Pikachu

L'AMICA DI PIKACHU

 
Julie era un'allenatrice distrutta. Aveva quarantaquattro Pokémon, era capo palestra della regione di Arbora, eppure era sfinita. Il suo Pikachu era morto durante una battaglia ed erano giorni che lei non usciva dalle sue stanze. Era abbastanza raro che un Pokémon morisse, di solito svenivano e bastava che riposassero, ma in questo caso, purtroppo, era successo. Non avrebbe più dimenticato gli ultimi respiri affannosi del suo Pikachu. Lasciava liberi i suoi Pokémon per giocare e nutrirsi, ma lei non usciva. Mai. E nemmeno Eva, un'altra allenatrice e sua amica, e altri allenatori riuscivano a smuoverla. usciva soltanto per fare pochi passi e raccogliere le foglie di Iperico e Melissa. Gli amici le avevano detto, pur nella loro ignoranza in materia, che credevano potesse soffrire di ansia e depressione ed Eva, la più esperta in quel campo date delle ricerche da autodidatta, le aveva consigliato quelle piante.
"Vieni a fare una passeggiata con me, Julie. Ti farà bene stare un po' in mezzo alla natura" le disse Eva una mattina, tre settimane dopo l'accaduto.
"No" rispose questa, "non voglio."
L'altra non insistette, sospirò e se ne andò.
Passarono otto mesi e Julie non era migliorata per niente. Usciva poco, parlava ancora meno. Ormai nemmeno Edward, il fidanzato, sapeva più cosa fare per tirarla su. Ma tutti erano consapevoli di una cosa: era lei a doversi salvare. E anche Julie lo sapeva, solo che non ci riusciva. Il dolore la consumava da dentro, mangiandola giorno dopo giorno, calpestandole l'anima. Aveva anche pensato al suicidio, ma si era fermata dal commettere quel gesto solo perché sapeva che il suo Pikachu non avrebbe voluto che la sua vita finisse così.
Di notte, a letto, sentiva la sua mancanza. Tra tutti i Pokémon che aveva, lui era stato l'unico a voler venire sul letto assieme a lei e Julie gliel'aveva lasciato fare. Il topo elettrico le si era addormentato vicino e da quella notte l'aveva fatto sempre, per ben cinque anni. Ora il letto era freddo e vuoto, e anche quando veniva Edward non era la stessa cosa. Lei lo amava e voleva bene a tutti i suoi amici, ma non riusciva a superare il lutto. Ne parlava con loro e i ragazzi la ascoltavano, ma Julie aveva l'impressione che alcuni cominciassero a stancarsi di quel suo comportamento. Non certo Eva o Edward ma altre persone sì, e la cosa la rattristava.
Una mattina uscì, prese le foglie che le servivano, tornò in casa, scaldò dell'acqua in microonde e poi le mise in infusione. Tornò fuori e si inginocchiò davanti  a un albero e abbassò la testa fino a sentire il profumo della Terra.
"Pikachu" disse. "Oh, Madre Natura, ti prego, proteggilo."
Dopo la battaglia l'aveva portato in braccio al centro Pokémon, ma non c'era stato nulla da fare, ci era arrivato quasi morto. Le ferite erano troppo gravi. Da quel giorno Julie odiava l'allenatrice che aveva  combattuto con lei e il suo Pokémon, un Raichu. Ironicamente, l'evoluzione finale di ogni Pikachu. Più grande, e per questo più pesante e meno veloce, ma, e in quel caso tristemente, più forte di lei. Di loro. Prima della battaglia Julie aveva chiesto di poter ispezionare il campo, quel giorno una semplice radura erbosa con pochi alberi, e la ragazza l'aveva anche lasciata fare, salvo poi ridere di lei. Le sembrava assurdo. Come poteva una ragazza non vedente, no, cieca, aveva usato apposta quella parola per ferire Julie, essere capopalestra? Decisamente sicura delle sue capacità, aveva deciso di sfidarla, e lì era iniziato tutto. Fidandosi, il Pikachu di Julie aveva fatto del suo meglio con ogni mossa, ma la durata dello scontro e gli sforzi l'avevano sfiancato, e dopo un'ultima Locomovolt andata a vuoto, il Raichu aveva fatto la sua, di mossa, sopportando chissà come il colpo e inchiodandolo all'albero con la coda. Spaventato, Pikachu aveva tentato di liberarsi, ma purtroppo invano, e la mossa finale, un Iper Raggio a distanza ravvicinata, aveva colpito nel segno. In quel momento, il tempo sembrava essersi fermato. Julie non vedeva, ma sentiva il Pokémon prepararsi ad attaccare, e nel mentre, quasi ridere sinistramente. Solo una sfera energetica arancione, un colpo e un'esplosione, poi nulla più. L'aveva seppellito proprio sotto quell'albero, perché era lì che lui amava stare di più. Ricordava ancora quante lacrime aveva versato sul corpicino di quella povera creatura. In più, quel  giorno splendeva il sole. Sembrava che l'astro volesse prenderla in giro, mostrandosi in tutta la sua bellezza in un cielo limpido quando lei stava così male. Tutto avrebbe, invece, dovuto essere immerso nella tetraggine. E se un giorno avesse incontrato di nuovo quell'allenatrice, che Dio non lo volesse, pensò che l'avrebbe picchiata, o strangolata, o entrambe le cose. Ma lei non era una persona violenta e quelli erano solo pensieri scatenati dal dolore.
Decise di uscire di nuovo poco dopo essere rientrata e aver bevuto le tisane. Lo fece da sola, senza i suoi Pokémon, e fare una breve passeggiata. Non incontrò Eva, né nessun altro allenatore. Alle cinque di mattina nessuno era ancora sveglio. Mentre camminava, sentì un grido.
"Pika Pika, Pi!" esclamava la creatura.
Sembrava disperata. Era un Pikachu, come quello che lei aveva  perso. Iniziò a correre verso quella voce, ma poi si bloccò. Che cos'avrebbe potuto fare per lui, se a fatica riusciva a prendersi cura di se stessa? Dovevano essere gli amici a ricordarle di lavarsi i capelli o vestirsi, ogni tanto, e di notte dormiva poco. Eppure, forse a causa del suo istinto materno, le fu impossibile rimanere indifferente a quel grido.
"Pika, Pika, Pikachu!"
Julie corse e corse seguendo il rumore e inciampando, nonostante il bastone bianco, su qualche radice. Era non vedente, ma aveva imparato a riconoscere le piante che le servivano dalle foglie. Andò avanti fino ad avvicinarsi al suono e, quando sii abbassò, sentì due corpi, uno più grande, l'altro più piccolo. Il primo giaceva immobile e, a quanto sentiva con le mani, aveva diverse ferite sul corpo. Lo scosse, ma era freddo. Doveva essere morto.
"Pika, pi."
L'altro continuava a ripetere il suo nome, a volte intero, altre spezzato. Doveva essere un cucciolo e quella la sua mamma. Lui la toccava, la mordicchiava. Tentava di svegliarla, ma non ci sarebbe mai riuscito.
"Piccolino, sei rimasto solo?" gli chiese la ragazza.
"Pi…" disse questi, triste.
La ragazza provò a toccarlo, ma lui si allontanò. Allora Julie mise una mano per terra e aspettò, paziente, che il piccolo si avvicinasse. Incuriosito, il cucciolo lo fece con molta cautela e le annusò la mano, poi gliela leccò e infine la mordicchiò e la toccò con una zampa. Fu allora che Julie si accorse che il Pokémon era ferito in quel punto. Provò a prenderlo in braccio. La prima volta lui scappò, ma la seconda riuscì a prenderlo.
"Sei ferito, ti porto al centro Pokémon" gli disse. "Lì ti cureranno."
Da quando arrivò, non lo lasciò solo un momento, a parte nei minuti in cui i medici lo visitarono.
"Ha una ferita sotto la zampa destra, ma non è grave. L'abbiamo disinfettata e fasciata" disse l'Infermiera Joy. "La disinfetti due volte al giorno per alcuni giorni e la tenga fasciata. Guarirà presto. Abbiamo anche tolto tutto il terriccio che aveva dentro. Doveva soffrire tanto, povera creatura."
"Chansey!" fece un Pokémon lì accanto, che Julie non conosceva. Era grande, rosa e morbido, con il corpo a forma di uovo. Il fatto che ne trasportasse sempre uno in una tasca simile a un marsupio, poi, non doveva essere un caso. Oltre all'uovo, però, portava con sé le bende e il disinfettante che sarebbero serviti a Julie.
"La ringrazio di cuore, davvero, e grazie anche a te, qualunque sia il tuo nome." rispose Julie, sinceramente grata.
"Si tratta di un Chansey, cara. Lei e tante sue simili lavorano con noi." Rispose l'infermiera, sorridendo.
Limitandosi ad annuire, Julie fece una carezza frettolosa al Pokémon aiutante, poi prese Pikachu in braccio e lo portò con sé fino alle sue stanze. Per il momento non l'avrebbe messo in una sfera, almeno fino a quando non fosse guarito.
Entrambi avevano perso qualcuno di caro, ma avevano trovato conforto l'uno nell'altra e viceversa. Julie sapeva di amare quella creatura con tutta se stessa. Non avrebbe mai sostituito il Pikachu che aveva perso, non sarebbe stato né giusto né possibile, ma le dava l'opportunità di avere un altro esserino da amare. Con il tempo, poi, il nuovo amico riuscì a guarire completamente, e un giorno, scorrazzando fra l'erba assieme a Espeon e al resto del gruppo, aveva trovato il modo di ripagare la ragazza che l'aveva aiutato, affidando le sue parole al dono di un bellissimo girasole.
   
 
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