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Autore: Etali    10/08/2021    4 recensioni
"Nina, parliamoci chiaro, per quanto tutti noi augureremmo loro un roseo, bollente, risvolto della serata, chiusi in quella stanza ci sono una devotissima Suli con trascorsi agghiaccianti e troppi coltelli addosso, e un capo banda del Barile che non ha mai sfiorato una donna – o chicche sia – nemmeno da sotto i guanti di pelle, che dimostra in media lo stesso coinvolgimento emotivo di un ratto stecchito."
"È qui che ti sbagli: chiusi in quella stanza ci sono due diciassettenni in piena tempesta ormonale, che da mesi muoiono dalla voglia di saltarsi addosso."
Del sano fluff Kanej, a ambientazione imprecisata e fine a se stesso, che fa sempre bene.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di Spettri e fantasmi passati'
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- Non ci credo nemmeno morto.

- Jes, te lo giuro, li ho visti con i miei occhi.

- Magari avrai frainteso, lo sai come sono fatti quei due.

- Andiamo, come se tutti non sapessimo…

- Oh, questo non lo nego, ma mi sembra che il massimo approccio romantico che siano in grado di sopportare sia un fugace contatto visivo mentre discutono come uccidere silenziosamente una guardia.

- Ma che contatto visivo!

- Nina, parliamoci chiaro, per quanto tutti noi augureremmo loro un roseo, bollente, risvolto della serata, chiusi in quella stanza ci sono una devotissima Suli con trascorsi agghiaccianti e troppi coltelli addosso, e un capo banda del Barile che non ha mai sfiorato una donna – o chicche sia – nemmeno da sotto i guanti di pelle, che dimostra in media lo stesso coinvolgimento emotivo di un ratto stecchito.

- È qui che ti sbagli: chiusi in quella stanza ci sono due diciassettenni in piena tempesta ormonale, che da mesi muoiono dalla voglia di saltarsi addosso.

- Ti sentisse Mattias, fare queste supposizioni impudiche!

- Non è certo mia intenzione sminuire la purezza della loro relazione, quei due bastardi rivolterebbero il mondo l’uno per l’altra, ma saprai meglio di me che un po’ di sana tensione sessuale si sposa alla perfezione con questo genere di cose.

- Sagge parole mia cara, sagge parole.

- E io te lo dico, stasera c’era qualcosa di diverso. Fidati di una Spaccacuore.

- Sarà, ma per me sono seduti alla scrivania, con una mappa bella grossa distesa nel mezzo. 

.

Erano, in effetti, seduti alla scrivania di Kaz, insieme dietro la porta chiusa all’ultimo piano della Stecca, come innumerevoli altre notti. I guanti di pelle nera erano abbandonati su un angolo della scrivania, inermi da quando Inej era arrivata. Prima Kaz li aveva soppesati velocemente con lo sguardo, aspettandola, ma quella sera aveva deciso di non aver bisogno della sua armatura.

Stavano discutendo gli ultimi dettagli di un lavoro che si sarebbe svolto di lì a breve, ma più Kaz cercava di focalizzarsi sulle informazioni che lo Spettro gli stava dando, più sentiva la concentrazione andare e venire, come onde cullate dalla marea. Decisamente poco professionale.
Percepiva distintamente la presenza di Inej qualche metro di legno tarlato da lui, le braccia flessuose appoggiate al piano della scrivania, la treccia che le cadeva morbida lungo la schiena. Era costretto ad ammettere a sé stesso che in quel momento il traffico illecito appena nato al Terzo Porto non era in cima alle sue priorità.
 
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- Dormi con me stanotte? – Glielo aveva chiesto solo poche ore prima, con voce bassa nel trambusto del Club dei Corvi, prima che lei sparisse per i tetti dello Stave.
Si era sentito ridicolo nel momento stesso in cui lo aveva pronunciato. Lui, Kaz Bekker, ridotto a racimolare coraggio per una giornata intera per convincersi ad andare a parlare con lo Spettro. Per Ghezen, se era caduto in basso... ma lei aveva annuito. Aveva annuito, incatenandolo con gli occhi, e dopo un istante era svanita. Su per i tetti, sopra i cornicioni, verso Terzo Porto, immersa nella nebbia di Ketterdam. Però quella notte sarebbe tornata da lui.
Era apparsa sul davanzale, nel punto in cui si ritrovava a indugiare lo sguardo di Kaz quando la aspettava. Aveva sentito il familiare respiro mozzato premergli per un istante contro la gola, lieve e sempre presente. L’aria per alcuni secondi era sembrata farsi di vetro, poi lei aveva parlato, la sua voce tranquilla che frantumava l’aria della stanza.

- Mi sa di aver visto Nina, di sotto. 

.

- Credo sia tutto per stasera.

Non era tutto, neanche lontanamente, ma forse Inej si era accorta che la concentrazione di Kaz stava arrivando al limite; lavorare in quelle condizioni era tutt’altro che fruttuoso. E, chissà, magari addirittura il suo stoicismo Suli era a messo alla prova.
Kaz spense le candele sulla scrivania, avvicinandosi al materasso malmesso. Combattendo agivano sempre consci dei movimenti dell’altro, intendendosi senza neanche il bisogno di uno sguardo. Questo era solo un campo di battaglia diverso, si costrinse a pensare Kaz, prima che lo Spettro lo cogliesse alla sprovvista. Trasalì sentendosi colpire alle spalle, sia dall’acqua che dalla risata di lei. Il suo fidato Spettro lo stava schizzando con l’acqua del catino, mentre si sciacquava il viso.
Lo lasciò a scrollarsi le gocce di dosso, con una buffa smorfia dipinta in faccia, mentre lei iniziava a slacciarsi i pugnali.

- I Suli hanno anche qualche storia della buonanotte o solo tanti proverbi?

Inej sorrise, riponendo ordinatamente le lame l’una accanto all’altra sul pavimento polveroso.

- I genitori Suli hanno tante storie della buonanotte quante i genitori Kerch o Shu, magari varia un po’ il tema di luogo in luogo… sai, immagino che ciò che entusiasma un Fjerdiano sia un po’ diverso dai gusti di un Ravkiano, tanto per dire.

- A tal proposito, credo Nina abbia raccontato a Mattias una qualche favola Ravkiana non di suo gradimento, sembra il nostro druskelle ne sia uscito un po’ sconvolto.

Inej spalancò gli occhi. – E questo a te chi l’ha detto? Nina di sicuro, Mattias non ce lo vedo a confidarti certe cose.

- Ho orecchie ovunque Spettro, proprio tu dovresti saperlo.

Si voltò per incrociare il suo sguardo e la trovò in piedi, alla luce delle poche candele rimaste, con solo una tunica leggera che le scendeva dalle spalle, fasciandole il corpo.

- Dormo così, stanotte. Magari è più facile… per entrambi.

Kaz annuì, chinando la testa nel finire di liberare le asole della camicia. Non sapeva esprimere quanto era grato per quel minuto miracolo munito di pugnali.
Le sue dita da prestigiatore non tradirono un tremito nello sganciare i bottoni o liberarsi dalle maniche. Si sfilò la camicia, sorprendendo Inej a guardarlo nella penombra. Senza vergogna, lentamente, sembrava rivendicare sotto i suoi occhi scuri ogni lembo di pelle chiara, esposta e vulnerabile, ogni punto marchiato da tatuaggi o cicatrici, botte e anni di violenze, da quando era un bambino.

Il suo sguardo, era tutto ciò che gli era concesso. Deglutì, riponendo la camicia sullo schienale della sedia. Quella consapevolezza faceva male.
Avrebbe desiderato prenderla, attirarla a sé, spogliarla di ogni cosa e potersi beare della sensazione della sua pelle calda, viva. Guarirle a forza di baci la cicatrice dove una volta c’era il marchio del Serraglio, e le mille altre, di coltelli e altre disavventure, spesso ricevute anche a causa sua.
Stringerla senza che il passato potesse frenarli in alcun modo.
Ma i desideri non sopravvivevano a lungo nel Barile, non vi era il clima giusto. Come facesse Inej a pregare ancora era un enigma per lui, ma spesso sperare scioccamente che parlasse anche di lui, di tanto in tanto, a quei suoi Santi lontani, gli dava uno strano conforto.

Lasciò che i suoi occhi vagassero su di lui come le carezze che non poteva accettare. Questo era ciò che poteva offrirle, i pezzi di sé stesso che era riuscito a rimettere insieme per lei. Un ragazzo, in calzoni, tremante all’idea di toccarla e terrorizzato di non riuscirci mai. Questo. Per il momento. Era sopravvissuto al Barile, aveva rimesso su gli Scarti, aveva espugnato la Corte di Ghiaccio, fatto crollare un impero economico, era il peggiore incubo dei mercanti di Ketterdam. Sarebbe riuscito ad amare Inej come si meritava, in qualche modo.

La vide avvicinarsi a passi silenziosi. – Me la sciogli? – Disse girandosi.

Kaz trattenne il respiro, facendo scorrere le dita lungo la treccia. Quante volte aveva fantasticato di farlo, indugiando mentre si muovevano nella notte sui giochi che la luce della luna faceva sui suoi capelli lucidi. Lentamente li sciolse, lasciandoli cadere in morbide onde sulla schiena, sfiorandoli appena.

- Inej… - non sapeva come continuare. Cosa avrebbe dovuto fare? Inej fece un passo verso di lui. Avrebbe voluto farla stare bene, farla sentire al sicuro, invece tra i due era lui che tremava come una foglia al pensiero del suo tocco. Lei lo guardava, con tutta la pazienza della terra. – Io non so quanto riuscirò a… - a cosa? Non lo sapeva neanche lui di preciso. Le parole sembravano incastrarglisi in gola.

- Neanche io. – Rispose semplicemente lei, a bassa voce. Con quella piccola, complice ammissione incontrò lo sguardo di Kaz. – Abbiamo tutte le notti che vogliamo. Nessuna fretta. Stanotte voglio addormentarmi e risvegliarmi con te. Magari vedere se russi.

- Io non russo.

- Si, come no. – Gli lanciò un fugace sorriso canzonatorio. – Da che parte dormi? 

Non era la prima volta che la teneva tra le braccia, ma mai era stato tanto consapevole della sua presenza. Sentiva il corpo di lei rannicchiato contro il suo, senza schiacciarlo, leggera come una piuma; il calore della sua pelle scura premere contro la sua, solo un sottile velo di stoffa a separarli. Il suo Spettro, la sua Inej.
Provò a passarle un braccio intorno alle spalle, sfregando la sua pelle morbida. Serrò gli occhi, respingendo le ondate di nausea che gli risalivano dallo stomaco.

- Parlami Inej. – Tienimi lontano l’inferno.

E lei iniziò a parlare. Parlò tanto quella notte, parlò della carovana Suli e delle terre di Ravka che aveva visitato, degli allenamenti sulla fune, dei suoi genitori, le loro voci, i gerani selvatici che piacevano tanto alla madre, delle stelle opache che si vedevano dai tetti di Ketterdam, della scura acqua torbida tra le banchine di Quinto Porto e del gracchiare dei corvi al mattino. Parlò tanto lo Spettro, fino ad avere la voce roca, affievolita dal sonno, finché non sentì il respiro di Kaz tranquillizzarsi, e anche allora continuò a raccontare, accompagnandosi con disegni tracciati con la punta delle dita sul suo avambraccio.

La amava. Kaz di questo ne era sicuro, mentre scivolava piano nell’incoscienza, cullato dalla sua voce. La amava e avrebbe trovato il modo di dimostrarglielo, prima che dirglielo. Intanto quella notte gli era concesso di addormentarsi con il calore dello Spettro tra le braccia, il naso affondato nei suoi capelli di seta.







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Nota: della storia Ravkiana a cui si riferisono viene parlato in CK, su una principessa Ravkiana e un Fjerdiano, in una grotta... insomma, immaginatevi voi.
   
 
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