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Autore: BabaYagaIsBack    11/08/2021    0 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo Ventunesimo
La linea sottile tra alleati e nemici
parte terza


Nell'incrociare Alexandria sulla soglia del bagno, Levi non era riuscito a tenere a bada il senso di assoluto sollievo che lo aveva pervaso e, senza rendersene conto, aveva allungato la mano e scostato dal viso della sorella una ciocca sbiadita, quasi a volersi assicurare che fosse realmente lei. Il solletichio dei suoi capelli sulle dita lo aveva infine rincuorato, dimostrandogli che non si trattava di alcuna allucinazione: stava bene, o quantomeno era abbastanza in forze da reggersi in piedi - cosa che, ad essere onesti, aveva seriamente temuto non potesse più accadere, soprattutto quando di mezzo c'erano l'Alchimia e un alchimista incapace di controllare il proprio smisurato potere.
Sì, in Noah risiedeva l'anima di Salomone, ma purtroppo ciò non bastava a renderlo l'uomo che era stato in passato, così, quando Nakhaš aveva avvertito l'Hakhotem bruciare, il sangue ribollirgli nelle vene e il corpo andare in fibrillazione in quel modo, aveva capito che doveva intervenire prima che la situazione potesse degenerare. Di certo però, piombando in salotto, non si sarebbe mai aspettato di trovare Z'èv coinvolta in tutta quella faccenda; e la paura a quel punto aveva avuto la meglio. Già, perché la sola idea che l'Hagufah le stesse strappando via la vita aveva fatto scattare qualcosa, in lui, e se non fosse stato per la lucidità sviluppata in tanti anni di addestramento probabilmente avrebbe seriamente fatto del male a Noah, anche se ciò avesse significato ferire il proprio migliore amico, l'uomo a cui aveva giurato assoluta obbedienza. Il suo era stato un gesto istintivo, del tutto privo di logica e, sinceramente, avrebbe preferito non rendersene conto perché poi, sotto al getto d'acqua della doccia, tra i pensieri che lo avevano assillato era riemerso un ricordo, una promessa; non a caso ci era voluto un po' prima che Levi riuscisse a smaltire la preoccupazione e la rabbia e, anche quando aveva avuto la certezza che Alex stesse bene, il sapore amaro che aveva in bocca non era passato. Si era arrovellato su tutta quella situazione fino all'ultimo, ma poi, una volta rivestito e tornato in salotto, nello scorgere l'espressione crucciata del ragazzo, si era reso conto di quanto ciò che era successo fosse stato un errore di entrambi. Letale, certo. Stupido, senza alcun dubbio, eppure solo un mero errore, un impeto che tutti e due non avevano saputo tenere a bada. A chi non era mai capitato? Lui per primo aveva perso il conto di quante volte gli fosse successo; così, alla fine, si era avvicinato a Zenas, gli aveva chiesto di preparare qualcosa per cena e, con una certa nonchalance, aveva preso il suo posto finendo con il fronteggiare colui a cui, per poco, non aveva rotto l'osso del collo.

«Come ti senti?»
Gli occhi di Noah si spostarono nella sua direzione, rivelando un senso di colpa tanto grande da risultare quasi opprimente.
«Mi prendi in giro? Come dovrei stare? Ho quasi ammazzato-» l'Hagufah sembrò mordersi la lingua prima di voltare il capo con stizza. Nemmeno riusciva a pronunciare il nome di lei, a dire ad alta voce cosa era accaduto; e come biasimarlo? In quella vita non doveva mai aver fatto nulla di vagamente simile, non doveva aver conosciuto l'assuefazione data dall'Ars, la sensazione di assoluto potere che si provava nel sentire tra le dita l'esistenza altrui e, di certo, doveva esserne rimasto inebriato, tanto da perdere contatto con la realtà.
Con un sospiro lo vide poi prendersi la testa tra le mani, nascondendosi: «Non so nemmeno come sia stato possibile, io...»
«Ti ha per caso istigato?» estraendo il pacchetto di sigarette dalla tasca delle brache la Chimera se ne portò una alle labbra.
«No!» udì rispondere con prontezza prima di trovare l'accendino: «No, noi... stavamo solamente parlando» e a quell'affermazione, involontariamente, Levi corrugò le sopracciglia.
«Di cosa?» ma il suo tono parve non tradire la curiosità che si stava pian piano facendo sempre più fastidiosa. Quale discorso poteva aver aizzato i poteri del Re? Quali parole aveva usato, Alex, per far scoppiare una simile bomba? Nakhaš voleva saperlo. Voleva dare un nome o una spiegazione al fattore scatenante dell'Ars, ma soprattutto voleva impedire a Noah di riuscire nuovamente a far del male ai suoi fratelli - perché nonostante gli anni di lontananza non aveva mai smesso di pensare a loro, di preoccuparsi per quella che era la sua unica famiglia.

«Io...» per un attimo sembrò quasi che l'Hagufah stesse faticando a ricordare i fatti, a trovare le parole giuste con cui raccontare la disavventura, ma d'un tratto, per sua fortuna, fu qualcun altro a concludere la frase, facendo sussultare tutti i presenti.
«Voleva sapere per quale ragione lo evito.»
Gli occhi di Levi saettarono verso il lato opposto della stanza, lì dove, appoggiata al muro, Z'èv li stava osservando da... quanto? Non si era minimamente accorto di lei, della sua presenza. Non aveva avvertito la vibrazione dei suoi passi sul pavimento o del suo respiro nell'aria, non aveva percepito la temperatura aumentare con il suo arrivo. Come c'era riuscita? Ma nell'osservandola per capire, Nakhaš notò in lei qualcosa di diverso rispetto a prima. Sembrava rinvigorita. Il colorito del suo viso aveva una tonalità più rosea e il corpo pareva meno instabile - eppure quanto era passato dal loro quasi scontro? Poco. Troppo poco per far sì che si riprendesse a quel modo.

Le labbra di Levi si schiusero appena, ma non a sufficienza da far cadere la sigaretta: «E?» le domandò cercando di prendere tempo, di trovare una spiegazione plausibile.
«"E?" cosa, akh?» Con le braccia conserte e lo sguardo severo, Alexandria sembrava tutto tranne che propensa a conversare con lui della questione.
«La ragione per cui lo eviti quale sarebbe, se davvero ce n'è una?»
La vide ridere. I suoi denti brillarono come lame nella penombra del tardo pomeriggio e, per un solo istante con la coda dell'occhio, gli parve veder Noah ritrarsi appena. Anche lui aveva scorto quella sorta di minaccia in lei, la sensazione che fosse pronta alla caccia. In qualche modo la sua parte animale, la Chimera, stava avendo la meglio sul quella umana. Era forse un effetto collaterale di ciò che era successo prima? Possibile? Era quella la causa del suo cambiamento?
«Davvero me lo stai chiedendo?»
«Così pare.» Strinse i denti. Più cose notava e meno riusciva a spiegarsi cosa stesse succedendo alla sorella.

Alexandria a quel punto alzò lo sguardo al cielo e staccandosi dalla parete avanzò verso di loro, riportando, dopo un paio di falcate, la propria attenzione su di lui. Lo stava fissando dritto negli occhi esattamente come un predatore che si ritrova di fronte un avversario - e un brivido quasi piacevole gli corse lungo la schiena a quel pensiero.

«Sappiamo tutti perché lo faccio, General Levi» un passo dopo l'altro, la vide avvicinarsi pericolosamente a Noah, a colui che solo un'ora prima l'aveva quasi uccisa, ma nonostante il rischio a cui Z'èv stava andando incontro non riuscì a muoversi, a impedirle di mettersi nuovamente a repentaglio; il suo corpo sembrava essersi bloccato. Nakhaš avrebbe voluto alzarsi, frapporsi tra di loro impedendole di fare una sciocchezza, ma le gambe non collaborarono minimamente.
Il braccio di lei riuscì così ad allungarsi fino ad arrivare allo schienale della sedia su cui si trovava l'Hagufah: «Yesh li harageti be'avar, im hu hayiti lehiterakheq bo nevater shezeh yiqereh shuv. Non pensi?» Disse prima di interrompere il loro contatto visivo per portarlo sul ragazzo accanto a sé - e a quel punto il brivido di prima si fece più intenso, peccato che al posto di risultare piacevole gli fece storcere lo stomaco. Odiava la sola idea che dalle labbra di Alexandria potessero uscire simili parole, che nella sua testa esistesse ancora quella convinzione.
Strinse i denti e poi i pugni, ma prima che il fastidio potesse avere la meglio su di lui Zenas gli poggiò una mano sulla spalla, distraendolo.

«Smettila con certe sciocchezze, akhòt
«Perchè dovrei? Dacă n-aș fi fost pentru mine, pentru ceea ce am făcut, nu am mai fi în această situație acum

L'uomo storse le labbra: «Alex, per favore...» e lei, quasi ignorando l'evidente fastidio dei due fratelli, si chinò tanto da sfiorare con la guancia quella di Noah - e il cuore di Levi quasi perse un colpo.
«Che ho detto di male? Siamo comunque entrambi qui, in un modo o nell'altro.» Sorrise, e nuovamente il suo ghigno parve quello di una belva, ma il suo sguardo, era evidente, celava ben altro - colpa o dolore, per Nakhaš fu difficile capirlo.
Akràv si protese verso di lei e con la mano con cui prima aveva stretto la spalla del Generale afferrò il braccio di Z'èv: «Non giocare con il ragazzo, akhòt, non vedi che a differenza tua è ancora turbato?»
L'Hagufah fu colto da un sussulto.

 «Oh, suvvia!» La guancia di lei si staccò dal viso di lui: «per così poco? Non è certo la prima volta che-»
 «Che ti tengo tra le braccia mentre muori?» Noah si scostò: «No, infatti. E realizzarlo mi ha sconvolto esattamente come in quel giardino.» Stavolta ad allontanarsi fu Alexandria. I suoi occhi si fecero grandi di stupore, mentre le labbra si schiusero appena. 
«C-cosa?» la si sentì biascicare; e anche Levi, si rese conto, avrebbe voluto fargli quell'esatta domanda, entrargli nella testa e sapere cosa era riemerso dalla memoria del Re - perché di quella notte c'era davvero molto che sarebbe stato meglio dimenticare.

 Il ragazzo abbassò il capo, intimidito da ciò che aveva rimembrato o, addirittura, da lei: «Io... ti ho vista. Ti ho sentita... ho ricordato il momento in cui sei morta.»
Z'èv mosse un altro passo indietro, quasi riluttante all'idea di star vicino a Noah. E da predatore, improvvisamente, si tramutò in preda. Perché? Cosa era successo quella notte che lui non aveva visto?
 «H-hai ricordato altro?»
Zenas a quel punto strinse la presa sul suo braccio, forse prevedendo prima di Levi la possibile reazione della Contessa: «Akhòt...»
«Ce ai mai văzut?» sibilò lei in rumeno, nella lingua che più le era familiare come se volesse proteggersi.
L'Hagufah corrugò le sopracciglia: «I-io non... non capisco.»
E lei strinse i denti quasi si stesse preparando a ringhiargli contro - e quando Nakhaš scorse il pericolo, finalmente, si frappose tra loro schermando il proprio sovrano. Occhi negli occhi con la sorella, provò a minacciarla con la propria stazza, con l'autorevolezza che da sempre lo aveva distinto e se lei avesse assunto le proprie fattezze inumane, ne era certo, l'avrebbe vista abbassare le orecchie e piegarsi a lui.
«Tafessiq.» Sibilò allargando le narici.
«Mishum? Hu 'alul-»
«Shama'eta oti, Z'èvTafessiq, zo pequdah» la sua voce non divenne mai più di un sussurro, eppure la fermezza delle parole parve sufficiente per metterla a tacere. Nonostante il comando però, i loro sguardi si sorressero ancora per qualche istante. Alex doveva ubbidirgli, era essenziale che lo facesse visto che non avevano la più pallida idea di quali parole o reazioni avrebbero potuto nuovamente far perdere il controllo a Noah - e appena lei piegò il capo, arrendendosi, lui aprì bocca, rivolgendosi stavolta a Zenas: «Totsi otah, akh. Hu tsarikhe al lisheof avir.» E così dicendo, lasciò cadere un silenzio greve nel salotto. La tensione divenne palpabile, fastidiosa, ma lui non cedette e, senza allontanare gli occhi da Z'èv, attese che il fratello l'accompagnasse a indossare scarpe e cappotto per poi condurla alla porta. Fermo come una statua attese che i loro corpi oltrepassassero la soglia e, solo a quel punto, si concesse un lungo sospiro.

Yesh li harageti be'avar, im hu hayiti lehiterakheq bo nevater shezeh yiqereh shuv: l'ho già ammazzato una volta, se mi sta lontano evitiamo che succeda ancora.
Dacă n-aș fi fost pentru mine, pentru ceea ce am făcut, nu am mai fi în această situație acum: Se non fosse stato per me, per quello che ho fatto, ora non saremmo in questa situazione. (rumeno)
Ce ai mai văzut?cos'altro hai visto? (rumeno)
 Tafessiqsmettila/ferma
Mishum? Hu 'alul-: Perchè? Lui potrebbe-
Shama'eta oti, Z'èv. Tafessiq, zo pequdah: Mi hai sentito, Z'èv. Smettila, è un ordine.
Totsi otah, akh. Hu tsarikhe al lisheof avirPortala via, fratello. Ha bisogno di prendere aria.

 
   
 
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