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Autore: Asmodeus    11/08/2021    3 recensioni
Di Martino, Giovanni e qualche bicchiere di gin di troppo.
Quando non c'era ancora nessun Niccolò nella vita di Marti, ma solo un subconscio ingombrante e tanto senso di colpa.
[Dal testo]: Non è sempre facile ritrovare la strada all’interno dei propri sogni, una volta che la realtà è riuscita a strapparci per un po’ da essi, ma Martino è diventato un esperto viaggiatore nel suo mondo onirico.
Specialmente se il sogno in questione riguarda lui e Giovanni.
E non importa cosa stessero facendo insieme prima che quel telefono infernale lo strappasse dalla sua immaginazione: ora è di nuovo insieme a Gio, e questo gli basta.
Non ha ben chiaro come mai si trovino entrambi in quella che sembra una strana SPA, in una specie di idromassaggio vibrante con poca acqua e tanto, troppo caldo e odore di gin – la cosa fondamentale è che sono solamente loro due.

~ Questa storia partecipa al contest "A Reality contest: Amici edition - contest fiume" indetto da BessieB sul forum di EFP
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giovanni Garau, Martino Rametta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un po' di gin di troppo


Che ti svegli un giorno ubriaca
Di fantasia e pensi che ti passerà
["A volte capita", Deborah Iurato]

11:23
SABATO
27 maggio 2017



Il telefono di Martino vibra in modo infernale, facendo tremare tutto il comodino e, con lui, il suo cranio da troppe ore abbandonato sulla superficie legnosa del mobile.
Il rosso impreca mentalmente, cercando di trovare le forze per abbandonare quel terremoto legnoso e ritornare con la testa sul letto. Purtroppo, è ancora intontito dal sonno e dall’alcool della notte precedente, ed ogni suo sforzo per ottenere la collaborazione dei suoi arti sembra cadere nel vuoto. Anzi, non sembra nemmeno più percepire la presenza del braccio destro, abbandonato di fianco al letto in una posizione da contorsionista del Cirque du Soleil, mentre il sinistro deve essere finito direttamente sotto a una montagna vista la pesantezza che grava sul suo gomito.
Anche il suo cellulare sembra approvare i suoi tentativi, però: ormai ha preso a saltellare qua e là, rendendo la permanenza della sua testa sul comodino sempre più pericolosa. Da un momento all’altro, quello stupido oggetto potrebbe finirgli dentro un occhio, tanto vibra vigorosamente, ed è meglio fuggire prima del disastro.
Spinto da un innato spirito di autoconservazione di fronte al pericolo imminente, il suo braccio destro sembra ritrovare la strada di casa: con la forza della disperazione, Martino riesce a fare leva sullo spigolo ligneo della rete del letto, innalzando all’indietro il suo tronco e in qualche modo facendolo seguire dalla sua testa ancora mezza ubriaca. È un piccolo movimento, ma tanto basta alla gravità per farlo ripiombare giù pochi centimetri più a sinistra, dritto sul cuscino ormai per metà fuori dal letto che costituisce la sua Terra Promessa.
Martino affonda il viso profondamente in quel soffice rifugio, incosciente del pericolo di soffocamento che corre e che rischia di tramutare quella salvezza in una nuova tragedia. Un lampo tra i suoi neuroni ancora mezzi addormentati e mezzi ubriachi è sufficiente per metterlo in guardia dallo spingere con forza bocca e naso contro il cuscino, e per una seconda volta lo spirito di autoconservazione lo salva, facendogli voltare lievemente la testa verso l’aria e la vita.
Un sorriso felice si apre sulla sua faccia, vittoriosa per aver schivato due volte la morte nel giro di pochi istanti, e mentre il suo cervello torna a spegnersi, Martino si culla del tremolio sul comodino, ora una sorta di ninna nanna che lo ricaccia tra i sogni che tanto brama.

Non è sempre facile ritrovare la strada all’interno dei propri sogni, una volta che la realtà è riuscita a strapparci per un po’ da essi, ma Martino è diventato un esperto viaggiatore nel suo mondo onirico.
Specialmente se il sogno in questione riguarda lui e Giovanni.
E non importa cosa stessero facendo insieme prima che quel telefono infernale lo strappasse dalla sua immaginazione: ora è di nuovo insieme a Gio, e questo gli basta.
Non ha ben chiaro come mai si trovino entrambi in quella che sembra una strana SPA, in una specie di idromassaggio vibrante con poca acqua e tanto, troppo caldo e odore di gin – la cosa fondamentale è che sono solamente loro due.
Giovanni sta scherzando con lui, parla di qualcosa che lui non capisce bene: ma non è importante neanche questo, perché ciò che conta è che sia una cosa soltanto loro.
Nessuna Eva all’orizzonte per andare in centro a fare shopping, né Elia o Luchino con cui dividere quel momento tra loro due per giocare a Fifa o altre cazzate del genere.
Martino sa di essere ubriaco, perché quella SPA puzza decisamente troppo di gin e lui sta sudando più di quanto sia umanamente accettabile, eppure l’alcool sta rendendo quel luogo particolarmente eccitante.
Non c’è solo l’odore del gin nelle sue narici, ma anche il timbro del sudore di Gio: ha imparato a riconoscerlo in maniera inconscia, con tutti quegli anni passati a giocare a calcio insieme per poi essere sempre vicini di panca negli spogliatoi.
È un odore forte, da adolescente pieno di ormoni e di vitalità, non particolarmente gradevole.
Eppure, non può che essere contento che quella SPA onirica sappia così tanto di Giovanni e di lui sudati, e che bicchieri pieni di gin siano cominciati ad apparire tra le loro mani mentre dall’idromassaggio si dirigono verso la sauna.
Fa già maledettamente caldo lì dove sono, come se ci fosse una stufa accesa proprio di fianco a lui, eppure a quanto pare entrambi vogliono sentire ancora più calore.
Martino non si fa domande: più calore vuol dire più sudore, e dunque ancora più odore di Giovanni.
Ormai quella sensazione olfattiva è l’unica cosa che pervade la sua mente, mentre la SPA svanisce e lui si ritrova sotto al suo migliore amico.
Non sa dove sono finiti, sa solo che Gio è sopra di lui e lo guarda in una maniera strana, che ha sempre invidiato perché quegli occhi non sono mai stati per lui.
Sente quel corpo che conosce a memoria sfiorare il suo, farsi realmente carne contro carne e pelle bollente contro pelle bollente, mentre quello che non vuole accettare si realizza per la prima volta.
Sa tutto di Gio e di lui e di gin, mentre scopre che si trovano insieme in un enorme letto, a fare l’amore in una perversa versione di ciò che è naturale. I suoi capelli sono molto più lunghi di quanto dovrebbero, ricordano un po’ quelli di Eva, e forse è per questo che Gio lo sta baciando con così tanta passione mentre lo prende con forza, mandando la sua eccitazione al limite.
Sente gli accenni della barba del suo migliore amico sfiorargli la pelle, mentre è tutto un fuoco e un desiderio che continuano ad aumentare la temperatura nella stanza, che comincia addirittura a tremare.
Sembra di stare su una barca, perché si sente affondare qua e là, e non sa se è perché Gio lo sta inglobando tra le sue braccia e lo spinge contro il materasso o sono davvero su una nave, lontani da tutto e da tutti.
È tutto così sbagliato, e al contempo così eccitante, che non ha voglia di conoscere la risposta – anche perché non è rimasto molto tempo ancora.
Molto tempo per cosa?
I suoi neuroni non hanno la risposta nemmeno per questo, e lui non la vuole.
Vuole solamente Gio e il suo sudore e la sua pelle e quelle mani che lo stringono forte e la sua voce che lo chiama…

«Marti! Ohi Marti! E svejate!»
La voce roca di Giovanni appena sveglio è come un trapano che buca la trama dei suoi sogni, mentre la sua mano che gli scuote il braccio fa a brandelli quel mondo onirico che è anche rifugio dalla realtà.
Martino bofonchia qualcosa mentre si rigira contro il cuscino, ma la presa del riccio è salda e impietosa.
«E daje Marti, alzati! So’ le tre, è tardissimo!»
Giovanni lo solleva con fin troppa facilità, rapendolo al cuscino così duramente conquistato e rigirandolo prono. La luce del giorno riempie la stanza, e Martino cerca faticosamente di scacciare quel nuovo alone dorato dai suoi sogni che ormai fuggono via.
Si aggrappa con disperazione al braccio di Gio, stringendolo come ha fatto fino a pochi istanti fa in quel mondo soltanto loro. Le sue dita sono come artigli, e l’altro gli piomba addosso, sbilanciato per la sorpresa di quel gesto.
Quel corpo è molto più pesante nella realtà, rispetto ai suoi sogni, e si divincola dalla sua stretta invece che rispondere con passione come ha fatto pochi istanti fa.
«Ma si può sapere che fai?» protesta il riccio, rialzandosi di scatto. Martino può vedere la sua faccia stupita anche ad occhi chiusi, ma ha difficoltà ad indovinare la piega delle labbra di Gio.
Il suo formidabile spirito di autoconservazione giunge in suo soccorso una terza volta, inventando di sana pianta una scusa plausibile che faccia virare quelle labbra all’insù, invece che farle inorridire.
«Cinque minuti» biascica, coprendosi il volto con il braccio per non rivelare il rossore che sente infiammargli la faccia. «Ancora cinque minuti»
«Non ce li abbiamo cinque minuti», ride l’altro. A quanto pare è stato convincente.
Sente il letto sollevarsi all’alzarsi in piedi del suo migliore amico, ed è quasi una ferita anche quell’ennesimo distacco. «Tra mezz’ora arriva Eva, vedi di muoverti mentre preparo il caffè e sveglio anche gli altri».
Giovanni esce dalla stanza, e il rumore dei suoi passi che si allontanano è l’ennesimo colpo che lo prende al petto ancora sonnolento. Poi finalmente, complice anche il sole che gli colpisce la faccia, riesce a liberarsi dagli ultimi rimasugli di sonno e a riprendere quasi completamente coscienza.

Martino si passa le mani sul volto, premendosi le tempie con le dita e cercando di scacciare quegli ultimi rimasugli dei sogni nel buio del suo subconscio.
Non è la prima volta che resta a dormire da Giovanni, nemmeno la prima volta che lo fa da ubriaco. Eppure, non è mai andato così in là in quei suoi viaggi onirici, mentre stavolta deve aver evidentemente superato un limite.
Si guarda intorno, notando sulla scrivania di Giovanni la bottiglia di gin vuota che loro quattro si sono seccati la sera precedente, per festeggiare insieme il suo sedicesimo compleanno. La vera festa sarà stasera, ricorda, insieme ad altri compagni, ad Eva e alle sue amiche, ma loro quattro ci tenevano a festeggiare insieme prima di tutti, e soprattutto più ubriachi di tutti.
Martino fissa la bottiglia vuota con astio, incolpandola di tutto quel casino onirico e della testa che continua a girargli e sembra poco propensa a fermarsi.
Sente delle grida provenire dal salotto, la voce di Luchino che gli perfora il cervello ancora annebbiato e gli ricorda che no, lui e Gio non sono mai stati soli, nemmeno quella notte.
Un brivido gli corre lungo la schiena, mentre cerca di negare il ricordo di quel sogno così particolare e le oscene sensazioni che ha provato durante il sonno.
Prova poi ad alzarsi, barcollante, per dirigersi in bagno e pisciare tutta quell’ubriacatura, e solo in quel momento si accorge dell’alzabandiera in mezzo alle sue gambe.
Martino caccia una bestemmia a denti stretti, maledicendo il suo corpo per quella reazione inappropriata e ringraziando i pantaloncini del pigiama che spera abbiano nascosto il misfatto a Giovanni; poi si fionda in bagno, sempre barcollando, e caccia la faccia sotto l’acqua gelida del lavandino.
Lo schiaffo umido e ghiacciato lo riporta completamente alla realtà e spegne istantaneamente i suoi bollori, e finalmente Martino riprende a respirare in modo normale.
«Marti, hai finito? Anch’io devo pisciare!» urla dall’altro lato dell’uscio Elia, bussando con vigore contro la porta del bagno.
Martino gli urla di attendere, poi alza il viso verso lo specchio e si fissa dritto negli occhi. Alcune lacrime di rabbia e frustrazione si mischiano alle gocce d’acqua prima di piovere nel lavandino, e Martino ricaccia la testa sotto al flusso gelato per uccidere ogni traccia di sentimento e di stupida fantasia.
Non sa quanto resta con la testa praticamente sotto al rubinetto, ma Elia bussa di nuovo alla porta con forza e lo costringe a chiudere tutto e ad asciugarsi.
«Giuro che se non ti muovi a uscire piscio sul tuo zaino, Marti!» lo minaccia l’amico, e lui si sbriga a posare l’asciugamani e ad aprire la porta. Elia è lì davanti che lo fissa impaziente, e non fa in tempo a scansarsi che l’altro ha già preso possesso del bagno buttandolo fuori.
«Ehi voi due, vedete di muovervi e di non rompermi il bagno!» urla dalla cucina Giovanni, prima di sgridare Luchino che a quanto pare sta già provando a seccarsi da solo tutti i biscotti rimasti a casa Garau.
Martino chiude gli occhi e alza il volto al cielo, pregando con rabbia il Dio in cui non crede di liberarlo da quello schifo che ha sognato.
Dopotutto, lui è un ragazzo normale, non è mica malato o pervertito no?
E poi Gio è il suo migliore amico, e nient’altro.
Giusto?
Giovanni appare in fondo al corridoio, mentre le sue preghiere silenziose nascondono i passi alle sue orecchie.
«Ehi Marti, è tutto ok?» chiede il riccio, facendolo sobbalzare.
Martino si volta di scatto verso il suo migliore amico, indossando istantaneamente quella maschera che ha imparato a portare alla perfezione negli ultimi tempi, nascondendo tutto ciò che sicuramente non sente dentro.
Perché sì, quello era solo un sogno, e presto passerà tutto.
Il rosso annuisce, strappando un accenno di sorriso al suo ospite, poi lo segue in cucina, pronto a lasciar morire quelle fantasie notturne nel caffè e nelle stronzate di Luchino.
Dopotutto, lui è un ragazzo perfettamente normale, che ha solo bevuto un po’ di gin di troppo e niente più.

🦊🍸🛌

NdA:
Bentrovati a tutti di nuovo tra le mie storie, dopo un po' di tempo di pausa. Sono stati mesi un po' complicati per il mio rapporto con la scrittura, ma forse finalmente sto cominciando a sbloccarmi. Questa storia è la prima che riesco a terminare di scrivere dopo varie settimane, e forse non è un granché ma sono felice di riuscire a pubblicarla.
Ringrazio Gaia Bessie per l'ispirazione che mi ha dato con il suo contest fiume - lasciamo perdere che il contest sia iniziato a marzo e sia agosto, alla fine l'ispirazione è arrivata ed è questo l'importante ahahah
Leggendo e rileggendo i pacchetti da me scelti, la canzone di Deborah ha finito per farmi venire voglia di analizzare una "fantasia che pensi che ti passerà", ovvero il difficile rapporto di Martino con la sua omosessualità e con Giovanni, ben prima dell'arrivo di Niccolò. Ho dunque deciso di esplorare un momento delicato per Marti, non certo il primo in cui si accorge di essere attratto dai ragazzi, e soprattutto da Giovanni, ma comunque un momento che lo porti a trovare sia gioia in quello che sogna, sia dolore e rifiuto per ciò che è.
Spero di essere riuscito ad esprimere l'idea che avevo in mente, e ringrazio ognuno di voi per aver dedicato un po' del suo prezioso tempo per leggere questo mio tuffo nel passato di Marti.
Un forte abbraccio, e visto che siamo proprio nel momento clou dell'estate, un augurio di tante buone vacanze a tutti!
Pacchetto
1) Deborah Iurato (1): Che ti svegli un giorno ubriaca | Di fantasia e pensi che ti passerà (A volte capita)
Obbligo: Gin
Bonus: “A te” (Jovanotti) cantata da Nick Casciano → prompt: Dedicato a te (non utilizzato)



   
 
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