Libri > Forgotten Realms
Segui la storia  |       
Autore: NPC_Stories    13/08/2021    3 recensioni
Sequel di "Vampier's Diaries - Libro primo: la mia morte"
.
Sono sempre io, Erika Lesmiere, l'adorabile ragazza che avrebbe dovuto avere davanti a sé un brillante futuro. Avrei potuto fare una vita da nobildonna, o intraprendere una carriera militare, oppure avrei potuto ribellarmi alle tradizioni della mia famiglia e scegliere un percorso accademico come alchimista.
E invece no, mai una gioia. Mi sono ritrovata a diventare un vampiro.
Ma forse anche la non-vita mi riservava qualche sorpresa, dopo tutto. Forse finché siamo al mondo possiamo sempre trovare un po' di felicità.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 9: Il mio vero talento


Terry venne a sapere dell’incidente durante l’esame di alchimia, ma non me la sentivo di raccontargli tutti i dettagli. D’altra parte lui mi chiese soltanto se fossi rimasta coinvolta nell’esplosione, e io dissi di no; era la verità. Non disse una parola sul ragazzo che era morto. Forse non lo conosceva di persona, eppure quel disinteresse mi suonava un po’ strano in un essere umano. Non avrebbe dovuto provare almeno un po’ di empatia? Si era preoccupato per la sua amica bionda quando aveva scoperto che era malata, mentre ora un giovane era morto e non gli importava affatto?
Forse Terrence era uno di quelli che si interessano solo a chi conoscono di persona?
Quella era la mia teoria, all’epoca.
Devo dire che è un po’ la mia teoria anche adesso.
Penso che anche io non mi sarei molto interessata alla vicenda, se non fosse accaduta proprio sotto i miei occhi: gli umani sono come quegli insetti dalla vita brevissima, le effimere, la loro morte non è una cosa inaspettata o strana. In teoria. Se non sono costretta ad esserne testimone.
Forse Terrence ha solo una capacità di astrazione superiore alla mia. Anche a lui gli umani devono apparire come effimere. O forse, dopo aver visto morire sua madre di vecchiaia, ha voluto mettere un muro fra sé e il concetto di mortalità. Era una cosa che potevo capire.

Io forse dovevo cominciare a pensare di mettere un muro fra me e il concetto di alchimia. Era chiaro che non ero molto portata, inoltre avrebbero potuto verificarsi altri incidenti come quello occorso a Francis; ma ancora non mollavo, perché l’alchimia era tutto ciò che mi restava di mio padre. Mi aggrappavo al pensiero che se avesse saputo dei miei studi sarebbe stato fiero di me, così in qualche modo potevo quasi sentirlo ancora vivo.
Comunque, intorno a noi, anche le altre persone stavano mettendo da parte il lutto e stavano andando avanti. La vita al collegio tornò più o meno come prima e la morte di Francis venne… non proprio dimenticata, ma ridimensionata. La sua dipartita divenne un ammonimento per gli altri studenti, per ricordargli di prestare particolare attenzione, e qualche tempo dopo divenne un caso di studio citato anche nei libri di testo. L’ho scoperto per caso, perché per allora avevo già lasciato gli studi, ma questa è un’anticipazione di cui non dovrei ancora parlare.
Tutto tornò più o meno come prima perché gli umani hanno una grande capacità di ripresa, e forse in me era rimasta abbastanza umanità da riuscire a fare altrettanto.
Lo so, è paradossale. Quando si parla dell’umanità delle persone, di solito si intende parlare della loro empatia, eppure anche riconoscere quando un fardello è diventato troppo pesante è una caratteristica che fa parte di ciò che chiamiamo umanità. E alla fine dei conti, in questo frangente quello che definiamo umanamente accettabile è solo l’atto di conformarsi alle aspettative della società sul tempo che un lutto deve durare. Non troppo poco, o hai un cuore di ghiaccio; non troppo, o sei una persona che si approfitta di una tragedia per cercare attenzioni. Era la prima volta in cui la morte di un estraneo mi toccava di persona, essendo stata testimone dei fatti, quindi era la prima volta in cui mi trovavo ad assistere a quello stranissimo fenomeno sociale.
Io ne rimasi turbata un po’ più a lungo dei miei coetanei, forse lo diedi troppo a vedere con i miei musi lunghi e l’aria cupa, e ad un certo punto qualcuno mi tacciò di deviare l’attenzione su me stessa. Non ricordo chi fosse stato. Chissenefrega. Sapevo già che la morte di Francis mi aveva turbato per ragioni personali, e non perché mi importasse di lui, quindi quell’accusa non mi scompose. C'era un fondo di verità.
Ma comunque non volevo attirare l'attenzione su me stessa, quindi i miei silenzi cupi si trasformarono in silenzi menefreghisti, come erano sempre stati prima di allora. Nessuno mi disse più niente.

Terry pensava che sbagliassi a interessarmi ai commenti della gente. Secondo lui non valevano la mia attenzione. Credo che avesse ragione, ma cercate di capire, avevo sedici anni. Anche se ero una non morta, certe immaturità sono dure a morire, e io non avevo grande esperienza della vita in società. Non aspiravo a essere popolare, ma non volevo nemmeno essere quella strana, e soprattutto ero terrorizzata all’idea che qualcuno si accorgesse che non ero umana; quindi davo molta importanza all’esempio dei miei coetanei, ai loro discorsi. Credevo potessero fornirmi informazioni su che cosa fosse la normalità, e su come rientrarci.
Terry se ne infischiava bellamente, ma sapevo da quanto mi aveva detto che lui aveva almeno sessant’anni, e forse di più, quindi aveva già un’altra testa rispetto a me. E meno male: i suoi consigli si stavano rivelando utili, su più fronti.
Per esempio, mio zio il Barone non prese bene il fatto che avessi superato gli esami. Non poteva muovermi critiche apertamente e non poteva neanche costringermi a lasciare il collegio, ma sentivo la sua pressione psicologica. La sentivo nelle sue lettere fintamente cortesi, nelle sue congratulazioni false che celavano insulti tesi a minare la mia autostima. Parole sgradevoli come 'Le mie più vive congratulazioni, cara nipote, alla luce di quanto debba essere stato impegnativo per te questo semestre di studi; so bene quanto poco sei portata per la carriera accademica, il fatto che tu abbia la perseveranza di andare contro la tua natura ti fa onore. Attendo tue notizie quando ti renderai conto che l'impegno che hai preso è troppo gravoso per te. Ricorda che hai una famiglia da cui puoi tornare.'
E la cosa mi rendeva furiosa. Io non avevo mai detto di voler abbandonare la famiglia (per quanto in realtà volessi farlo, per evitare che lui prendesse decisioni sulla mia vita e anche perché temevo che qualcuno si accorgesse del piccolo dettaglio che ero morta); lui mi stava sostanzialmente dicendo che finché ero iscritta al Collegio della Signora non potevo considerarmi parte della famiglia.
Avevo sempre avuto il sentore che mio zio considerasse il mio ramo della famiglia come qualcosa di cui disporre a piacimento, uno strumento, e uno neanche troppo utile. Aveva voluto che crescessi sotto la sua supervisione per poter fare un qualche uso almeno di me, dandomi in sposa a chi voleva lui. Considerava il mio vecchio al pari di uno sfaccendato, un sognatore perditempo, e quando aveva saputo della morte di mio padre e di mio fratello aveva sfoggiato un lutto che era soprattutto di facciata. Si era un po’ angosciato solo per il fatto che entrambi fossero stati seppelliti in campagna (mio fratello con un vero funerale, mio padre di nascosto in piena notte, ma questo non lo sapeva nessuno, avevo detto a mio zio che anche per mio padre c'era stato un funerale); sì, per mio zio la più grande preoccupazione era stata che cosa avrebbero pensato i suoi pari dell'alta società, se avessero saputo che dei membri della famiglia Lesmiere avevano ricevuto uno spoglio funerale di campagna?
In poche parole, lo detestavo. Non riuscivo a considerarlo un membro della mia famiglia. I nostri rapporti erano perfino peggiori di quando vivevo presso di lui.
C'era una sola persona in tutto il mondo che odiassi più di mio zio, e di quella persona non sapevo nulla da più di sei mesi. Forse non è nemmeno giusto definirlo una persona. Che ne era stato di Yao Taman? Aveva davvero creduto alla messinscena della mia morte?

C'è un breve periodo di riposo tra la fine degli esami e l'inizio del nuovo semestre di lezioni, e per me quella manciata di giorni sembrava fatta apposta per darmi il tempo di rivivere tutti quei pensieri che mi mettevano angoscia. Avrei dovuto usare quella parentesi di vacanza per rilassarmi, ma forse quelli come me non hanno bisogno di riposare. Forse quelli come me hanno bisogno solo di tenere la mente impegnata.
Fu Terrence, come al solito, a fornirmi qualcos'altro a cui pensare. Si era offerto di nuovo di andare a indagare alla tenuta del Ventesimo Miglio, per capire se il vampiro fosse ancora in zona, ma di nuovo io avevo rifiutato. La sola idea mi soffocava di paura. In quel momento non avevo bisogno di affrontare i miei problemi, avevo solo bisogno di continuare a fuggire. E lui mi permise di fuggire. Mi consentì di stare al suo fianco per tutto il tempo, mentre lavorava, mentre studiava, mentre praticava magia per esercitarsi. Era la prima volta che vedevo un mago all'opera. Era una cosa incredibilmente affascinante.
In realtà non sono nemmeno sicura che fosse un mago. Lo vedevo spesso studiare, ma non sempre su libri di magia. A volte si procurava libri sulla storia della magia, che citavano antichi incantesimi soltanto di sfuggita, usando nomi antichi oppure descrivendo grossolanamente i loro effetti. Terry si annotava su un quaderno tutti quegli incantesimi, come se avesse avuto l'intenzione di ricercarli il seguito, e poi li metteva da parte dicendo che se ne sarebbe occupato in futuro. Era uno strano modo di studiare. Altre volte invece lo vedevo studiare le leggende che parlavano di eroi e di santi, poi andava nei templi e si procurava pergamene di incantesimi divini. Anche se in teoria non avrebbe dovuto essere possibile, riusciva a imparare a lanciare quegli incantesimi che dovrebbero poter essere concessi solo ai preti, da parte della loro divinità. In tutto questo, non gli vedevo quasi mai studiare grimori di magia. Solo una volta siamo andati a studiare all'aperto insieme a un suo collega del corso di trasmutazione. Era una persona piuttosto sgradevole e non capivo perché Terry ci tenesse a studiare in sua compagnia.
Innanzitutto, mi fu subito chiaro che più che un collega era un rivale. Solo cinque studenti partecipavano a quel corso di trasmutazione sperimentale, e Terrence mi aveva rivelato che gli altri quattro erano in lizza per la posizione di Primo Allievo. Secondo lui era una cosa senza senso, perché tutti si sarebbero comunque diplomati, che importanza aveva decidere chi fosse il migliore della classe? Che importanza aveva ottenere il voto più alto? Lui si era chiamato fuori da quella competizione ma apparentemente gli altri non ci credevano.
Il collega di Terrence si esibì in diversi incantesimi, mutando forma egli stesso a piacimento. Terry non provò nemmeno ad imitarlo, gli fece i complimenti per la posa perfetta delle sue mani e per la precisione con cui scandiva le parole, e prese un sacco di appunti sul suo taccuino. Alla fine, il giovane mago raccolse un bastoncino rinsecchito da terra, pronunciò una formula magica e lo trasformò in un fiore, che mi porse in dono.
Che faccia da schiaffi.
Con Terrence proprio . Va bene, non era il mio ragazzo, ma mi aveva invitata lui ad assistere alle loro esercitazioni, era implicito che io fossi… associata a lui, per così dire.
La sua sfacciataggine ebbe il potere di ricordarmi che io e Terry non eravamo una coppia, eravamo solo due persone che stavano in piedi fianco a fianco su un prato sulla sponda sud del fiume. Non eravamo niente. Non eravamo niente ed era così palese che perfino un brufoloso signor nessuno si permetteva di flirtare con me davanti al mio amico.
Osservai il fiore che mi veniva porto, con occhi di brace. Ero quasi sorpresa che non avesse ancora preso fuoco.
“Affascinante!” Intervenne Terry, spezzando la tensione. “Erika, prendilo, guarda com’è perfetto! Può sembrare un incantesimo da nulla, ma in realtà è estremamente difficile. La materia inerte risponde meno bene alla magia, rispetto alle creature viventi. Winddrivver ha già padroneggiato incantesimi avanzati, e senza alcuna difficoltà!”
Guardai Terrence di sbieco. Lui non era tipo da leccare i piedi a qualcuno, non ne aveva motivo, quindi o stava portando avanti una sceneggiata per qualche ragione, oppure era davvero colpito dai progressi del collega.
Sembrava che nel suo animo non ci fosse posto per l’invidia, e lo ammirai ancora di più per questo.
“Che capolavoro. Grazie, Winddrivver” mi sforzai di sorridere, prendendo il fiore che mi veniva porto.
“Le fanciulle possono chiamarmi Fred” mi rivolse un accenno di inchino e ammiccò.
Il sangue mi andò alla testa (per la rabbia), o l’avrebbe fatto se avessi goduto di una circolazione normale. Fanciulla all’epoca era una parola che indicava una ragazza giovane, ma una vergine in particolare. Era una parola accettabile all’interno di una famiglia - mio zio mi chiamava così - ma se pronunciata da un estraneo si sentiva il peso del suo connotato sessuale, ed era molto inappropriato.
“Allora vi chiamerò Winddrivver” risposi, con una nota di gelo nella voce. Non ero più vergine, dopotutto, e la sua scostumata confidenza me lo aveva ricordato. Senza volerlo, strinsi il gambo del fiore con più forza, e sentii la mia rabbia diventare qualcos’altro. Energia. Una specie di onda di energia mi stava accarezzando la schiena, confortante come la mano di un genitore che ti sostiene mentre impari a camminare. Non so perché, ma fu proprio quella l’associazione mentale che mi venne spontanea. Era una sensazione così giusta, come riscoprire una parte di me che non vedevo da molto tempo. Ma non feci in tempo ad analizzare tutte quelle strane sensazioni, perché l’energia si concentrò nella mia mano destra e il fiore, già bistrattato dalla mia stretta, avvizzì all’improvviso.
Terrence e il tizio chiamato Winddrivver guardarono il fiore secco per un momento, con lo stesso interesse scientifico.
“Magia?” Sussurrò il trasmutatore.
“Così parrebbe. Necromanzia, forse.”
“Smith, ma non avevi detto che la tua amica era solo un’alchimista?”
“Ehi!” Sbottai, offesa. “Che diavolo vuol dire ‘solo un’alchimista’?
“Non badarci” Terry agitò una mano, con noncuranza “voleva dire che gli alchimisti di solito non hanno poteri magici propri, creano portenti attraverso la loro scienza.”
“E non mi sembra una cosa da poco” insistetti, puntando le mani contro i fianchi. “Gli alchimisti sono pionieri, i maghi studiano solo roba già studiata da altri…”
“Be’, almeno studiano” ribatté Winddrivver, chiaramente punto sul vivo. “Io direi che avete la vocazione dello stregone, se veicolate così facilmente energie magiche senza aver mai studiato… la magia”.
Aveva lasciato una pausa un po’ troppo lunga dopo ‘mai studiato’, credo per provocarmi. Lo sa il cielo se gli alchimisti non devono studiare, non meno dei maghi.
“Non mi interessa se ho la vocazione dello stregone o della portinaia, io sono un’alchimista!” Ripetei, mettendo un punto alla discussione. “E forse non vi farebbe male andare a prendere lezioni da qualche stregone, mi risulta che loro abbiano un sacco di successo con le ragazze.”
Detto questo mi voltai e me ne andai per la mia strada, lasciandoli lì. Terry sapeva dove trovarmi, alla bisogna, ma in quel momento non avevo voglia di parlare con nessuno.
Passato quel breve momento in cui avevo sentito sorgere l’energia magica dentro di me, mi riusciva difficile richiamare alla mente la sensazione esatta. Era stato un caso? Un evento eccezionale destinato a non ripetersi? Era davvero magia, o aveva a che fare con la mia natura vampirica? Non lo sapevo, ma la cosa mi faceva un po’ paura.
Un po’, anche, mi esaltava.
Infilai il fiore morto nella mia borsa, intenzionata a studiarlo per bene, più tardi.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Forgotten Realms / Vai alla pagina dell'autore: NPC_Stories