Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    13/08/2021    0 recensioni
“Shin resterà con noi” pensava, pur consapevole di quanto folle sarebbe sembrato il suo pensiero alle percezioni di qualunque mente razionale. “Resterà … o me lo andrò a riprendere anche oltre la morte!”.
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Fanfic scritta per la challenge “Dammi tre parole” del gruppo Facebook Parole tra le dita
 
Autrice: PerseoeAndromeda, Heather-chan
Fandom: Yoroiden Samurai Troopers
Prompt: Sole, cuore, amore
Titolo: Non sarà sempre così
Personaggi: Tutti e cinque, Shin-centric
Generi: angst, drammatico, hurt/comfort
Rating: giallo per tematiche delicate e malattia
Note: fanfic appartenente al mio verse nel quale Shin ha una grave malattia cardiaca. Come prendere una triade di prompt fluff che più fluff non si può e tramutarli in qualcosa di estremamente angst XD
 
 
 
NON SARÀ SEMPRE COSÌ
 
 
Il sole era alto e caldo quel giorno, si tuffava nella stanza inondandola di luce e accendendo di riflessi preziosi i capelli rossi del giovane disteso sul letto, che sembrava immerso nel sonno.
In realtà non dormiva: le sue palpebre erano appena schiuse, così come le labbra, attraverso le quali sfuggiva un respiro lento, stanco, troppo stanco per una persona di quell’età, di solito energica e forte, una persona che aveva combattuto come samurai, che sapeva nuotare come una sirena.
Purtroppo, da un po’ di tempo, non poteva più fare niente di tutto quello, solo compiere due passi, scendere le scale per raggiungere i nakama al piano inferiore, diventava un pesante esercizio che lo fiaccava, costringendolo a sedersi o, addirittura, a sdraiarsi.
Gli altri ragazzi, che condividevano con lui quel grande appartamento di Ueno, temevano ogni istante che quel respiro flebile cessasse, da un momento all’altro, senza preavviso, che quel ragazzo che amavano più della loro stessa vita si consumasse lentamente senza che loro potessero trattenerlo.
Lo vedevano scivolare via, giorno dopo giorno.
Fragile acqua che si sarebbe dissolta, per andarsene chissà dove.
Un raggio di sole più intenso riverberò contro il vetro e gli colpì le palpebre. Le strinse più forte per un istante, poi le socchiuse: era così bello il sole, aveva un tale desiderio di sentirlo sulla pelle, non importava quanto bruciasse.
Per lui, sentire addosso i raggi del sole, equivaleva ad una carezza, ad un abbraccio così forte da mandarlo in pezzi forse, ma in grado di farlo smettere di pensare.
Sospirò, si puntellò con le mani contro il materasso e si tirò su, per mettersi seduto.
Quel semplice movimento fu sufficiente perché le pulsazioni del suo cuore accelerassero e il respiro diventasse più affannoso.
Si portò una mano al petto, mordendosi le labbra.
“Sono dunque a questo punto?” pensò, senza sapere se sentisse quel desiderio di piangere più per la frustrazione o per la tristezza che la sua condizione fisica gli procurava.
Non lo accettava, era più forte di lui, non poteva credere di essersi ridotto ad un invalido che non riusciva neanche più a fare due passi senza crollare per la fatica.
Scostò il lenzuolo e mise i piedi a terra.
Aveva bisogno di aria e di sole, aveva bisogno di aprire quella finestra e lo avrebbe fatto da solo.
Si mise in piedi, ignorando il senso di oppressione al petto, si concentrò sul piacere che gli dava il fresco del pavimento a contatto con i piedi nudi, sulla gradevole sensazione dello yukata che, ad ogni passo, gli carezzava le gambe.
“Sono stanco” mormorò. “Sono così stanco”.
Era stanco di stare male, di non essere più se stesso, di dover pesare sulle spalle di chiunque.
Neanche sua madre, dalla quale aveva ereditato quella malattia invalidante, si era mai aggravata a tal punto, lei era ancora indipendente, non aveva bisogno della continua assistenza di qualcuno, mentre lui…
“Cosa sono diventato, io? Sono davvero così debole, dopo tutto quello che ho passato? Davvero il mio corpo mi tradisce così?”.
Giunse alla finestra, posò la mano sul vetro e rimase così, esitante.
Poi la aprì e un refolo d’aria fresca gli scompigliò la frangia ordinata, subito seguito dal tocco di un sole tiepido e gentile.
Chiuse gli occhi, assaporando gli odori della primavera che giungevano fino alle sue narici.
Era tutto così vivo e gioioso.
Tutto il contrario di quel che lui era diventato.
“Shin! Hey, Shin-chan!”.
Aprì gli occhi e guardò in basso.
Ryo lo stava salutando agitando il braccio e, accanto a lui, anche Byakuen aveva sollevato il viso e lo fissava, con un’espressione che, sul suo muso di tigre, appariva tanto simile ad un sorriso.
Invece Ryo smise quasi subito di sorridere, sul suo viso si stese un velo di preoccupazione, quello che Shin detestava tanto vedere:
“Come ti senti? Perché ti sei alzato? Devi…”.
Non lo lasciò finire.
Cogliendo alla sprovvista persino se stesso, Shin chiuse di colpo la finestra, con una violenza e una rabbia della quale si pentì immediatamente. La forte emozione e quel gesto incontrollato ebbero su di lui un effetto distruttivo, una stanchezza insopportabile si diffuse in tutto il corpo e non poté fare a meno di scoppiare a piangere, una mano appoggiata al muro, l’altra a coprirsi gli occhi e le gambe che tremavano, rischiando di farlo crollare a terra.
Forse avrebbe dovuto davvero tornare a letto, perché il suo corpo lo tradiva. Era una punizione perché lo stava odiando?
“Patetico… inutile… senza senso…”.
Pensava tutto questo di sé mentre, con cautela, staccava la mano dal muro per poter tornare sui propri passi.
Ma come si trovò senza appiglio, le gambe vennero meno e cadde in ginocchio, tra un’imprecazione e un singhiozzo generato dalla rabbia.
Fu in quel momento che la porta della stanza si aprì e Ryo si precipitò all’interno, seguito dagli altri nakama, allertati dalla sua urgenza.
“Lo sapevo” esclamò, gettando le braccia intorno alla figurina smagrita e tremante di Shin che, pieno di vergogna, non osava sollevare il viso.
“Cosa sapevi?” mormorò, con la sua voce più sottile e senza difese. “Che solo per il fatto di essermi alzato dal letto, mi avresti trovato in condizioni pietose? Che non posso neanche affacciarmi alla finestra senza crollare in preda alla stanchezza?”.
“Shin…”.
Era stato Seiji a sussurrare gentilmente il suo nome.
Nessuno come Seiji poteva capire come si sentisse, in quali condizioni tremende fosse ridotta la sua forza morale, ancora più a pezzi del malessere fisico.
Seiji aveva sempre lottato contro i problemi di salute…
si era sempre rialzato, non erano riusciti ad abbatterlo…
Lui invece…
Alle sue labbra sfuggì l’ennesima imprecazione ed era così strano udire simili parole da Shin che tanto bastava a rendere la situazione ancora più straziante.
L’abbraccio di Ryo si fece più saldo e, ad esso, si unì quello di Shu: le sue braccia forti, che avrebbero potuto fare a pezzi con un solo tocco, si mostravano invece, in quel momento, delicate e gentili, l’abbraccio di chi si prendeva cura del proprio tesoro più prezioso.
“Ora basta, Shin, agitarti così…”.
“Mi fa male? Questo vuoi dire?”. Il viso del guerriero dell’acqua si levò sul suo, i suoi occhi verdi rilucevano di furia, di disperazione, di tutta la frustrazione che il suo animo provava in quel momento. “Cosa non mi farebbe male? Solo stare a letto a dormire? Io non…”.
Un singhiozzo violento interruppe ogni nuova parola e Shu, che previde ogni cosa, attirò il suo volto contro il proprio petto, a soffocare lì, nel rifugio del proprio cuore, l’esplosione emotiva del nakama.
Ma lo fece anche per non mostrare a Shin che neppure i suoi occhi riuscivano più a trattenere le lacrime, neanche quelli di Ryo.
E pure gli occhi di Seiji e di Touma erano lucidi e grondavano impotenza.
Ryo prelevò gentilmente Shin dalla stretta di Shu, lo attirò contro di sé e si alzò, tenendolo tra le braccia. Shin era così sconvolto che non oppose resistenza, si limitò a intrecciare le mani sotto la nuca del coetaneo e posò la fronte sulla sua spalla.
Shu seguì ogni movimento e rimase ad osservarli dalla sua posizione inginocchiata. Seiji passò una carezza dai capelli al braccio del giovane malato:
“Non sarà sempre così, Shin… te lo prometto”.
Non sapeva come, non aveva idea del modo in cui avrebbero affrontato i momenti drammatici che il futuro riservava, non era così ingenuo da credere che l’amore immenso che provavano gli uni per gli altri sarebbe stato sufficiente per sottrarre Shin al proprio destino.
Ma non significava che avrebbe accettato.
“Shin resterà con noi” pensava, pur consapevole di quanto folle sarebbe sembrato il suo pensiero alle percezioni di qualunque mente razionale. “Resterà … o me lo andrò a riprendere anche oltre la morte!”.
 
 
 
 
           
 
   
 
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