Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: MadMary    14/08/2021    0 recensioni
Aceto Doppio era sempre stato affascinato dagli Strip Club, ma non si era mai osato.
Quella sera, però, si sentiva diverso: una forza non troppo sconosciuta lo stava spingendo ad entrare, a sperimentare. Doppio sentiva di aver bisogno di contatto umano, come se la sua vita dipendesse da quello.
Entrando nel locale capì di aver fatto la scelta giusta, quando posò gli occhi su di lei e la forza sovrannaturale lo spinse a prenderla.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Diavolo, Doppio Aceto, Ghiaccio, Prosciutto, Risotto Nero
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Threesome, Violenza
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-Sei davvero così disperato, Ghiaccio?- domandò ridacchiando Melone con voce tenue, iniziando a fare scendere le lunghe e gelide dita della propria mano dentro l’indumento intimo del compagno, facendolo tremare da un brivido improvviso, che gli percorse la schiena come un fulmine.

-Stai zitto! Lo sai che finisce sempre così, quando bevo…!- rispose quasi ringhiando, mentre i suoi occhi scuri si stringevano per la sensazione così rinfrescante dei soffici polpastrelli dell’amico, finalmente a contatto con il suo pene.

Il sorriso di Melone non svanì nemmeno un istante e i suoi occhi cristallini si posarono sulla figura in movimento, ma rigida e severa, di Celeste, che ancora dava loro le spalle, chiaramente fingendo di essere impegnata in qualche mansione di pulizia.
Era impossibile che la donna ancora non si fosse accorta di ciò che stava accadendo dietro la sua esile schiena, non dopo quel gemito che Ghiaccio proprio non era riuscito a trattenere, lasciandolo scivolare fra le sue labbra secche e arrossate.

E infatti Celeste aveva capito, l’aveva capito da tempo.

Aveva visto subito l’erezione dell’uomo dai capelli ricci premere insistentemente contro i suoi pantaloni della tuta. Non era riuscita a ignorare tutti quei suoi sospiri e quelle sue imprecazioni bisbigliate, trattenute in mezzo ai denti serrati, ogni volta che il suo bacino si spostava incontrollabilmente in avanti, nel vano tentativo di trovare qualcosa contro cui premere.
Vederlo così arrossato in volto, poco prima, l’aveva fatta sinceramente preoccupare, soprattutto dopo le numerose bottiglie ritrovate sverse sul tavolo, ma non appena si era avvicinata all’uomo per poterne misurare la temperatura, i suoi occhi stanchi erano finiti su quel tessuto teso e scosso da piccoli tremori e subito aveva afferrato il concetto; la reazione così aggressiva e repentina di Ghiaccio al contatto con la sua pelle poi, non aveva fatto altro se non confermare la sua ipotesi.

Ma ora, che cosa doveva fare?

Doveva fingere di non essersi resa conto del fatto che Melone stesse masturbando, alle sue spalle, il suo collega? Doveva scusarsi e uscire dalla stanza, ignorando tutti quei gemiti soffocati del ragazzo riccio? Doveva rimanere voltata e aspettare che egli venisse, prima di correre fuori dalla stanza?

E se le avessero chiesto di unirsi a loro?

Un brivido le percorse la schiena, scuotendo il suo esile corpo al solo pensiero: l’idea di doversi unire a quella disgustosa pratica le rivoltava le budella.
Il terrore che la voce liscia e persuasiva di Melone la chiamasse, per ordinarle in quel suo solito modo pacata di aiutare il suo caro amico a raggiungere l’agognato orgasmo l’attanagliava.

Doveva riuscire a fuggire da quella stanza dall’atmosfera soffocante, prima che quel disastro potesse accadere.

-Melone, cazzo…!- gemé Ghiaccio all’improvviso, mordendosi subito dopo il pugno della mano, cercando di non farsi sentire dalla donna, quando il compagno dai capelli setosi si piegò verso il suo membro, per prenderne la punta lucida in bocca e iniziare poi a leccarla giocosamente.

-Cosa c’è, Ghiaccio? Non ti piace?- chiese scherzosamente, prendendo subito dopo in bocca metà del suo pene, mantenendo il contatto visivo mentre iniziava a succhiare avidamente la sua carne.

Il ragazzo si lasciò sfuggire l’ennesimo gemito strozzato, stringendo con forza una manciata di capelli del collega per forzarlo più in profondità.

-Brutto coglione, vuoi farti sentire da tutto il vicinato?- grugnì nuovamente, tentando invano di mantenere il proprio tono basso, pur di non farsi sentire da Celeste, che rimaneva adesso immobile davanti a lui, col capo basso e la schiena rivolta verso loro.

-Mmh…- gemette Melone attorno al pene di Ghiaccio, facendogli digrignare i denti -Lo sai che mi piace quando mi tratti così…- e ridacchiò, prima di riprendere il proprio compagno tra le labbra umide.

“Devo andarmene” pensò la ragazza, sentendo il sudore iniziare a colare lungo la sua pelle, mentre il viso le andava in fiamme e lo stomaco si contorceva su sé stesso “Questi psicopatici stanno davvero per fare sesso davanti a me… che cazzo hanno nel cervello?!”

Prendendo un lungo e profondo respiro, Celeste spostò lo sguardo verso la porta alla sua destra, che distanziava poche falcate da lei: con uno scatto sarebbe riuscita a raggiungerla in fretta.
Quei due erano troppo ubriachi e soprattutto troppo impegnati, a giudicare dai rumori che sfortunatamente poteva sentire dietro di sé, per avere le forze di mettersi a rincorrerla lungo i corridoi di quella casa.

L’importante era riuscire a scappare da quella situazione senza che loro se ne accorgessero in tempo: l’obiettivo era riuscire a non farsi richiamare da uno dei due quando ancora era nella stanza. Se l’avessero chiamata urlando quando ormai la sua figura era lontana, la scusa di non averli sentiti sarebbe risultata plausibile e viste le loro misere condizioni, forse non si sarebbero nemmeno adirati tanto… tuttavia, in caso l’avessero richiamata quando ancora era nella sala con loro, ella sarebbe stata costretta a fermarsi e rispondere loro, poiché impossibilitata nel trovare una scusa valida.

Doveva correre, doveva scattare.

Voltando di poco il capo, quasi impercettibilmente, riuscì a scrutare con la coda dell’occhio i due uomini: le parve di vedere il capo di Ghiaccio poggiato sullo schienale ingrigito del divano, mentre le labbra erano tese, nel tentativo fallito di trattenere dei gemiti. La sua mano sinistra era avvinghiata al bracciolo polveroso, mentre quella destra era impegnata a stringere in una morsa quasi spasmodica i lisci capelli glicine di Melone che, quasi disteso lungo i cuscini, era occupato a succhiare il pene dell’amico, interrompendo l’azione per leccare lungo la sua asta, facendosi leva per aver il busto leggermente alzato grazie ai suoi gomiti, che premevano contro le cosce muscolose del ragazzo dai capelli azzurri. Una sua mano era intenta a massaggiare delicatamente le palle dell’amico, mentre l’altra, con movimenti ritmici e decisi, scendeva e saliva lungo il pene lucido di saliva, che sembrava sul punto di scoppiare, da quanto gonfio e pulsante fosse.

Tremante, ella riportò lo sguardo terrorizzato verso la porta e iniziò a contare, lentamente.

“Uno”.

E con passo incerto, posizionò il suo piede destro verso la via d’uscita.

“Due”.

E piegò leggermente le ginocchia, pronta per scattare.
Sentì il proprio battito cardiaco riempire la stanza e per un istante ebbe paura che persino i due mafiosi alle sue spalle potessero udirlo e potessero capire le sue intenzioni.
Doveva calmarsi, non poteva continuare a ragionare così: il panico non era la soluzione e lei lo sapeva bene.
Aveva bisogno di ragionare a mente lucida e aveva bisogno di mantenere il proprio corpo pronto per l’azione… doveva riuscire a fuggire da lì.

“Tre” pensò tremante, quasi sorridendo dall’eccitazione: eccola che scappava, superando a gran passo la porta legnosa, correndo disperatamente lungo i corridoi bui e vuoti della casa, fino a raggiungere la sua stanza, per poi gettarsi sul suo letto duro e basso, finalmente al sicuro da quei due malati esibizionisti.

Era salva.

-Celeste.-

La voce severa, bassa e gutturale di Ghiaccio, così colma di odio e risentimento, la riportò alla realtà, come uno schiaffo in pieno volto, come una folata di vento gelido su un corpo nudo.

Non era riuscita a scappare.
Era rimasta immobile, pietrificata sul posto, mentre la sua mente folle era fuggita da quel luogo, fantasticando già di essere al riparo, sotto le sue coperte di lana, che le pungevano la pelle.

Deglutendo, si voltò verso l’uomo, spalancando persino di più gli occhi rossi e stanchi quando vide lo sguardo pieno di lussuria e cattiveria con cui egli la stava scrutando: pareva quasi che la stesse spogliando sul posto, furioso di averla trovata ancora vestita in una situazione del genere.

-Vieni qui, sbrigati.- comandò, passandosi la mano libera lungo i capelli umidi di sudore, affondando invece con l’altra il viso di Melone, fino a far sprofondare il suo naso nei suoi peli ricci e azzurri, facendolo gemere per l’intrusione così inaspettata e violenta.

La ragazza si fermò a pochi passi da lui, mantenendo il proprio sguardo basso, concentrandosi sui propri piedi, nel vano tentativo di non assistere ancora una volta a quella scena.

-Cosa c’è, Ghiaccio?- chiese, quasi sussurrando, come se non volesse farsi sentire dai due, perché intrusa in quel momento di intimità che non le apparteneva.

-Spogliati.-

Il respiro le si bloccò in gola e la sua visione incominciò a vacillare, facendosi sempre più sfocata: stava per succedere di nuovo.

-Ti prego…- provò a protestare, non osando ancora alzare lo sguardo verso l’uomo, che era certa la stesse trapassando coi propri occhi neri.

-Fai come cazzo ti ho detto.- sputò, con voce roca -E’ l'ultimo avvertimento, non costringermi a strapparti quegli stracci di dosso.-

Nonostante ella sapesse le condizioni in cui entrambi i mafiosi fossero, l’idea di disubbidire a Ghiaccio la paralizzava dalla paura. Non aveva idea se, anche da ubriaco, fosse capace di farle del male e non osava immaginare cosa avrebbe potuto farle una volta sobrio, colmo di odio e risentimento per il suo rifiuto.

Doveva ubbidirgli e lo sapeva, altrimenti questa sarebbe stata la volta buona in cui egli avrebbe provato a ucciderla con le sue stesse mani callose e chissà, forse ci sarebbe anche potuto riuscire.

Tremante, iniziò a slacciare i bottoni della propria gonna grigia, lasciandola poi scivolare lungo le sue gambe ormai secche, fino a raggiungere il pavimento, seguita subito dopo dal suo dolcevita bianco, rimanendo così in intimo davanti ai due.
Melone aveva continuato per tutto il tempo a praticare del sesso orale al compagno, ma il suo sguardo era passato dagli occhi dell’amico, al corpo quasi nudo della ragazza e una sua mano aveva abbandonato il sesso dell’uomo, per iniziare a palpare la sua stessa erezione, trattenuta dal tessuto dei suoi pantaloni di maglina nera.

Erano rare le giornate in cui quegli strani mafiosi si presentavano alla casa vestiti con abiti considerabili come “normali” e quello era uno di quegli eccezionali giorni; Celeste non l’avrebbe sicuramente scordato.

-Forza, togliti anche l’intimo, puttana.- disse Ghiaccio, mordendosi subito dopo il labbro rosso quando vide il seno nudo della donna, spostando poi le sue pupille dilatate verso l’intimità di Celeste, ora esposta davanti ai due -Esatto, proprio così…- bisbigliò, lasciando che la propria schiena affondasse fra i cuscini, mentre continuava a guardare con occhi affamati il corpo della ragazza davanti a sé: era dimagrita molto, lo aveva notato, ma era comunque rimasta estremamente attraente per i suoi gusti.

Dopotutto, ciò che rende attraente una persona non è solo l’aspetto fisico, giusto? Quando si parla di una persona, sono tanti i fattori che si sommano: il fascino, l’umorismo, la testardaggine, il carattere, la gentilezza, la sensualità, l'irraggiungibilità…

Forse ciò che più la rendeva attraente ai suoi occhi era proprio il fatto che lui, in realtà, non avrebbe mai potuto averla.
Certo, proprio come in quel momento, tutti nella squadra potevano metterle le mani addosso, stringere i suoi seni, mordere le sue soffici carni, gustare il suo unico sapore, sentirla gemere e urlare al proprio tocco.
Tutti quanti però sapevano che, nonostante quello, lei era proprietà del Boss.

E lui odiava il suo Boss. Cazzo se lo odiava.

Detestava ogni minimo particolare di quello stronzo e non lo aveva neppure mai sentito o visto dal vivo! Come cazzo faceva qualcuno così discreto e anonimo a rendersi così detestabile a centinaia di persone?! Bisognava essere proprio dei coglioni per riuscirci e Ghiaccio odiava i coglioni come lui.

Però, l’idea di poter stringere fra le proprie braccia un qualcosa prima che il suo stesso Boss potesse farlo… lo eccitava da morire.

-Toccati.- disse, quasi senza fiato, iniziando a sorridere, spalancando di poco le palpebre.

-Cosa?- la voce di Celeste parve un sussurro, come una supplica disperata a quella richiesta folle.

Aveva sentito male, vero? Ghiaccio non poteva averle veramente chiesto, in una situazione simile, di toccarsi davanti a loro due.

-Sei diventata sorda, brutta puttana?!- sbraitò, causando la risata soffocata di Melone, intento a leccare giocosamente la lunghezza dell’amico -Ho detto di toccarti.- e la guardò dritta negli occhi, che la fecero tremare sul posto.

“E’ un folle” pensò, avvicinandosi ancora ai suoi, prima di sedersi ai piedi del divano, aprendo le gambe davanti all’uomo, mostrandogli finalmente la sua intimità.
Quella non era affatto la prima volta in vita sua in cui si era ritrovata così esposta davanti a degli uomini che non fossero il suo compagno, ma non era mai successo in quelle condizioni: non stava lavorando, in quel momento, non era consenziente. La stavano obbligando a fare qualcosa contro la sua volontà e, sfortunatamente, neppure quella era la prima volta.

Notando come lo sguardo di entrambi gli uomini fosse fisso sulle sue più segrete labbra, schiuse davanti a loro, ella iniziò a passarvi delicatamente il dito medio in mezzo, immergendo leggermente la punta fra le sue pieghe asciutte, che non permettevano un facile scorrimento.
Avendo percepito lo spiacevole e possibilmente fastidioso particolare, dovuto alla situazione altamente intimidatoria in cui si ritrovava, Celeste spostò la sua mano da in mezzo alle cosce verso la sua bocca e cominciò a leccare sensualmente la lunghezza del suo dito medio, immergendolo subito dopo fra le sue labbra arrossate, assieme all’indice e l’anulare, iniziando a inumidirli con la propria lingua.
Soddisfatta, riportò il palmo verso la sua intimità e ricominciò a far scorrere le dita fra le sue pieghe, sentendole aprirsi più piacevolmente al contatto ora lubrificato.

-Andiamo…- disse con voce strozzata Ghiaccio, non distogliendo lo sguardo dal sesso della donna nemmeno per un istante -Penetrati.-

Spostando i propri occhi cristallini da quelli color carbone dell’uomo, fece come comandato e lentamente immerse due delle proprie dita sottili dentro di sé, sentendo le proprie pareti iniziare ad allargarsi con delicatezza: non aveva intenzione di muoversi con violenza, né con troppa velocità. Per quanto la situazione fosse alienante, non assecondava affatto l’idea di rendere un momento così intimo col suo corpo un brutto ricordo. Non aveva intenzione di ricollegare quell’attività a un qualcosa di doloroso: doveva concentrarsi per estraniarsi da quella situazione il più possibile e vivere il momento come se fosse sola con sé stessa e il suo piacere… non quello di due pervertiti che la stavano forzando a toccarsi per il loro soddisfacimento.

-Esatto… proprio così…- il tono lascivo e vellutato di Melone le fece aprire di scatto le palpebre, sorpresa dal sentire la sua voce dopo così tanto tempo.

Alzando gli occhi verso il divano, lo vide intento a sorriderle con fare libidinoso, mentre scherzosamente si picchiettava la guancia lievemente incavata col membro ancora duro e umido di saliva del compagno.

-Vai più veloce.- le comandò ancora Ghiaccio, aiutando l’amico ad alzarsi dal posto, senza togliere le proprie pupille fisse dalla donna.

-Lasciala fare, Ghiaccio… non credi conosca il suo corpo meglio di noi?- protestò scherzosamente il ragazzo dai capelli lilla, sistemandosi tra i cuscini in posizione seduta e cominciando a sua volta a toccarsi, abbassando i propri pantaloni, ma lasciando ancora che l’indumento intimo trattenesse il suo pene.

Celeste si costrinse a rivolgere un sorriso di riconoscimento a Melone per le sue parole, continuando a penetrarsi lentamente, aggiungendo poco dopo un terzo dito, stringendo di poco le labbra alla nuova sensazione.

-Il clitoride…- sussurrò nuovamente l’uomo dai capelli setosi, liberando il proprio membro dai boxer -Non vorremo mica trascurarlo, vero tesoro?- e fece cenno di “no” col capo, sussurrando quella parola molto lentamente e marcando il labiale, come se stesse parlando con una bambina che proprio non riusciva a capire cosa stesse succedendo.

Odiava essere trattata in quel modo.

Non solo la forzavano continuamente in atti disgustosi, costringendola in azioni degradanti e privandola sempre di più della sua dignità, come fosse un oggetto, ma la trattavano persino come se fosse incapace di comprendere le frasi più semplici.
Avevano sempre quel tono di supponenza quando le parlavano, come se le fossero in qualche modo non solo fisicamente superiori, ma persino intellettualmente.
Che diritto avevano loro di considerarla una stupida? Solo perché faceva un lavoro che veniva ancora considerato un tabù dalla società, non era vero? Unicamente perché la consideravano una sporca puttana che vendeva il suo corpo a dei vecchi ubriaconi in un locale, intenta a volteggiare su un palo al centro di un palco.

Loro non erano sporchi come lei, vero?
No affatto, loro sì che facevano un lavoro tanto onesto e intellettualmente complesso!

Quei porci si atteggiavano sempre come se non fossero loro stessi i semplici schiavi di una persona a loro superiore in tutto: intelletto, denaro, capacità, cattiveria, forza, fascino! Tutti i requisiti che un capo mafioso come quello di Passione doveva soddisfare, ma che loro non possedevano affatto e proprio per questo erano solo dei luridi sottoposti frustrati!

Che cosa volevano da lei allora? Cosa pensavano di ottenere, atteggiandosi con così tanta superbia, trattandola come una povera cretina, quando loro stessi erano i primi a essere degli animali?

Mordendosi il labbro, Celeste iniziò a stimolare delicatamente il proprio clitoride, massaggiandolo con docili movimenti circolari del pollice, sentendo le sue pareti stringersi spasmodicamente attorno alle tre dita che continuavano a penetrarla, per soddisfare quegli occhi affamati che, infuocati, non distoglievano le proprie attenzioni dalla sua intimità nemmeno per un istante.

-Si vede che ci sei abituata, puttana…- gemette Ghiaccio, iniziando ad aumentare freneticamente i movimenti della sua mano, che imperterrita continuava a salire e scendere lungo il suo membro gonfio, quasi come se fosse sul punto di esplodere dopo tutto quel tempo -Ti piace metterti in mostra, eh? Dillo che ti piace, forza.-

La ragazza dovette piantare i propri denti nella sua lingua rosea per impedirsi dal rispondere a quel porco: come si permetteva di dirle certe cose, quando fino a pochi minuti fa era lui quello a dare spettacolo, assieme al suo odioso compagno.

-Che domande fai, Ghiaccio…- ridacchiò con voce stanca Melone, imitando gli stessi movimenti del compagno lungo il proprio membro -E’ ovvio che le piaccia, non ricordi dove lavorava la nostra puttanella?-

-Dillo Celeste…- ansimò il ragazzo dai capelli ricci, con un tono strozzato che lasciava trasparire il suo bisogno, mentre il ritmo della sua mano iniziava a diventare più erratico e disordinato, alla ricerca disperata del proprio piacere -Avanti.-

Che altro doveva fare in quel momento, se non accontentare quei due mostri?
Era chiaro che fossero entrambi vicini all’orgasmo, ormai stavano andando avanti da molto tempo e viste le loro condizioni alterate dall’alcol, era strano che non fossero venuti precedentemente.
Una volta raggiunto il picco, lei sarebbe potuta fuggire da quella stanza, lo sapeva.. quindi doveva darsi da fare, doveva soddisfare le loro malsane richieste e finire quell’atroce spettacolo il prima possibile.

-Sì…- disse sommessamente, penetrandosi con più forza e premendo con più insistenza sul suo clitoride -Mi piace mettermi in mostra, mi piace così tanto…- e gemette di proposito, vedendo gli occhi dei due uomini illuminarsi a quelle parole, mentre la sua pelle si inaspriva al suono della sua voce pronunciare tali assurdità; non poteva credere di star dicendo certe cose solo e unicamente per fare in modo che due ragazzi ubriachi vi ci masturbassero sopra.

Era disgustata da sé stessa.

Finalmente li sentì emettere entrambi un lungo e strozzato lamento, mentre degli schizzi di sperma biancastro macchiavano loro l’addome vestito e leggermente umido di sudore.

Celeste sorrise, rimuovendo le proprie dita dalla sua intimità: era tutto finito, poteva uscire da lì.
Dopo essersi alzata, si diresse verso la pila dei propri abiti abbandonati e cominciò a rivestirsi, adocchiando di tanto in tanto i due, che sembravano dormire, distesi sul divano, ancora sporchi dei propri fluidi e con i propri membri esposti, ormai morbidi.

“L’alcol li ha finalmente stesi” pensò, guardando con disprezzo e disgusto i loro corpi, prima di andare verso la cucina per sciacquarsi accuratamente le dita della mano.

-Che cazzo è appena successo…- disse senza fiato dopo alcuni minuti di silenzio, reggendosi al lavandino, piegando il capo verso i propri piedi per poi iniziare a dondolarsi avanti e indietro sul posto: l’avevano davvero costretta a masturbarsi davanti a loro, mentre i due a loro volta facevano lo stesso?

Come diavolo gli venivano in mente certe cose a questi uomini? Davvero non riusciva a capire.
Come poteva qualcuno eccitarsi davanti a una persona che stava soffrendo?

Nessuno in quel gruppo aveva delle tendenze sessuali normali, ne era certa. Ognuno aveva una qualche parafilia,, malata e distorta, proprio come la loro mente malsana.
Erano stupratori, assassini, ladri, truffatori… erano tutto ciò di male che l’uomo poteva aspirare a diventare.

Il brivido che le percorreva la schiena al ricordo di ciò che le avevano fatto in tutti quei mesi venne di colpo interrotto da una presa non troppo delicata sulla propria spalla ossuta, accompagnata da una voce bassa e severa, che soffiò calda sul suo collo.

-E’ successo qualcosa, Celeste?-

   
 
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