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Autore: CatherineC94    16/08/2021    6 recensioni
La sua mente è sempre stata avvolta dalla nebbia più profonda, iniettata di sangue e risate contorte. Quando nella notte, sanguinante, aggrappandosi ad una scopa si è diretto tra le nuvole più alte, la nebbia fitta nella sua mente si è dissolta. Ci sono momenti in cui la sua mente è una fitta nebbia di sbagli e rimpianti, ma ogni volta James ha teso la mano, tirandolo fuori. James scompare e Sirius, che nella sua mente ha per un attimo-così breve, fugace- ritrovato una strada si perde, non riuscendo a tornare più.
"Questa storia al contest Ad ogni libro, la sua storia indetto da Bella Black sul forum di Efp".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Black, James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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La fitta nebbia
 
La sua mente è sempre stata avvolta dalla nebbia più profonda, iniettata di sangue e risate contorte.
Il suo sguardo vaga avido nella ricca carta da parati verde smeraldo.
Segue l’intarsio, perso in quel mondo complesso di pigmenti che con la sua proverbiale schiettezza vorrebbe distruggere, pezzo dopo pezzo.
Invece seduto, con la testa bloccata tra le ginocchia ossute riflette.
Sulla lingua un sapore acido, sulle labbra un urlo che non riesce in alcun modo ad esprimere; il corpo è sconvolto, scosso da continui tremiti e singhiozzi.
Sulla schiena, il peso troppo grande che prova a trascinare da anni sta logorando la sua mente; sulla pelle nivea le cicatrici  arrossate che continuano a fare male.
«La bocca dice ciò che la mente suggerisce» ha detto stizzita sua madre durante la cena.
Sirius l’ha osservata con dura disapprovazione, ma lei, con la sua voce atona, ha rifiutato ogni forma di ribellione da parte sua.
«Siediti, Sirius» ha invece ordinato suo padre perentorio.
Nelle pieghe della sua voce, una muta preghiera rassegnata che Sirius non ha mai mandato giù.
«Mi ripugni, madre. Mi ripugni anche tu padre, col tuo tacito accordo» invece ha sputato lui a denti stretti.
La donna ha urlato, rapace, torturandolo senza pietà.
Suo fratello invece, l’ha osservato in silenzio senza muovere un dito.
Sirius ha riso mentre la donna che l’ha portato al mondo ha volontariamente usato il suo corpo come affilacoltelli.
«È tutto inutile» ha rantolato beffardo.
 
 
Quando nella notte, sanguinante, aggrappandosi ad una scopa si è diretto tra le nuvole più alte, la nebbia fitta  nella sua mente si è dissolta.
 
«Io non voglio disturbare. Troverò un lavoro, questa è  una soluzione temporanea…» si giustifica Sirius con un tono dimesso.
James lo sta osservando, gli occhi ancora gonfi.
Sirius si maledice, probabilmente si trova in quello stato perché dorme come un bradipo e quindi l’avrà disturbato; Euphemia invece  trattiene un urlo sommesso quando nota la maglia gocciolante di sangue.
«Cosa ti è successo, figliolo?» chiese la donna tremante.
Sirius a malapena si regge sulle gambe, deglutisce per trattenere le lacrime.
«Oh ecco, nulla di grave solo che…» tenta ma non riesce nemmeno a finire la frase che la donna lo sta già abbracciando, e Sirius che di calore non ha mai assaporato si sente sopraffatto da chissà quale sconosciuto sentimento.
James si scaglia veloce verso il migliore amico, preoccupato.
«Perché dici così? Questa è casa tua!» ribatte l’amico, con il viso tutto rosso che Sirius nei momenti di idiozia adolescenziale definisce come:” Faccia da dodicenne troppo truccata”.
Ma Sirius non sa nemmeno cosa rispondere, in quel momento il cuore è gonfio di commozione e di lacrime che tenta in tutti i modi di camuffare.
Annuisce e si lascia abbracciare, inerme.
 
Ci sono momenti in cui la sua mente è una fitta nebbia di sbagli e rimpianti, ma ogni volta James ha teso la mano, tirandolo fuori.
 
«Vuoi sposarti? Hai sbattuto la testa forte, questa volta» latra.
James è torvo, nell’aria percepisce una sfuriata in arrivo.
Sirius con innata nonchalance afferra un’altra birra e si sistema meglio, osservando il cielo blu notte.
«Sei sempre il solito cretino» si limita a dire James, con quel tono offeso che Sirius ha udito solo in poche e determinate occasioni.
Sirius ride burbero.
«Non pensavo facessi sul serio, tutto qua» ammette beandosi di quella brezza.
James questa volta riflette, sa che Sirius più degli altri lo capisce a fondo e per questo ha deciso di trascinarlo quella notte sulla Torre di Astronomia.
«C’è una guerra fuori…» inizia.
«Nessuno ci farà del male!» ribatte rapido Sirius.
James invece per una volta è cauto e sussurra:« Non lo so, però devo farlo ora io lo sento».
Sirius percepisce un sentimento nuovo nelle parole spaventate di James e con un cenno scattante le manda via, provando a spazzare quella che reputa una stupida incertezza.
«Non succederà nulla, fino a quando staremo tutti insieme. Poi non ti credevo cosi femminuccia!» ironizza schiaffeggiando il braccio dell’amico.
«Finiscila palla di peli!» urla James ridendo a sua volta.
«AH!» esclama Sirius lanciandogli un’altra birra.
James l’afferra e con fare meditabondo beve un sorso.
«Dovresti essere il mio testimone, sai i cagnacci come te queste cose l’adorano. Tipo essere al centro dell’attenzione, leccare il viso alle vecchie zie e via dicendo…» mormora.
Sirius in un primo momento non si rende conto, per poi rimanere di stucco; nel cuore, lo stesso abbraccio di Euphemia quella notte quando è scappato di casa.
Si volta dall’altra parte, il dolore, lo smarrimento, scompaiono per un attimo che ricorderà come l’ultima ancora della sua vita.
«Magari Lily decide di scappare con me, come darle torto?» lo provoca sarcastico, nascondendo in realtà una sfumatura commossa che prova ad emergere.
James capisce, sorride sghembo finendo la bevanda in silenzio.
 
James scompare e Sirius, che nella sua mente ha per un attimo-così breve, fugace- ritrovato una strada si perde, non riuscendo a tornare più.
Nelle narici un sottile odore di felce corrompe il sapore dolce dell’alba.
Non manca molto tempo, prima che i raggi del sole irrompano nel gelo della notte appena passata e Sirius, che ormai è abituato all’alternarsi della vita incessante e rituale a dispetto della sua, si stiracchia.
La gamba destra anche quel giorno continua provocare dolore, immagina che in forma umana sia davvero messa male, infatti sopra il ginocchio nota che il profondo taglio ricevuto ormai ha il colore di un rubino scarlatto.
Non bada molto al tutto, la sua anima è invasa da un altro tipo di patimento, così intenso, così radicato che spesso non respira.
Il petto magro adesso ricoperto di peluria canina non rende giustizia, ma se James lo vedesse in quello stato sarebbe sbiancato; non ha mai avuto stomaco per le malattie anche se per Remus non ha fatto  mai presente questa sua debolezza.
Già, James.
Quel luogo gli sembra un continuo pugno nello stomaco.
Si ritrova a vagare per le strade già battute molti decenni prima, quando la nebbia della sua mente non ha ostruito quella del suo cuore.
Lì, in quella foresta che conosce come le sue tasche lo vede spuntare dietro qualche albero seguito da Remus e dal codardo di Peter tutto sorridente e con qualche battuta stupida impigliata tra le labbra blu per il freddo provocato dalla notte passata di giro.
Nella sua testa il fuoco lambisce ogni pensiero razionale.
Per Harry, Harry, Harry… che insopportabile-straziante-nenia.
Il ragazzo è liberazione, ma anche condanna e lo afferma senza trattenere i singhiozzi che sono scaturiti quando l’ha osservato volare.
Per un attimo, breve è quasi sobbalzato via quando ha rivisto James che scendendo dalla scopa dice:«Vuoi un passaggio, cane pulcioso?».
Si ripete che deve vendicare il suo migliore amico, lo continua a promettere chissà a chi; sa che in un modo o nell’altro la verità sarebbe saltata fuori.
Quando però riesce a specchiarsi nel lago-in forma umana-urla atterrito.
Anche se tutto andasse come previsto, lui non sarebbe ritornato come prima
Certi vetri infranti non si possono ricostruire, la nebbia della sua mente prende il sopravvento ostruendo la ragione, i ricordi e quel guizzo di felicità che ha visto.
Poco dopo si ritrova disteso su un prato, il corpo scheletrico vibra, i capelli sudici sono sparsi al sole e l’aria è colma della sua risata agghiacciante e folle.
 
 
“La mente è la sua propria dimora, e in se stessa può fare un paradiso dell’inferno e un inferno del paradiso”.
Paradise Lost.
 
 


Note.
Ve l’ho mai detto che adoro Sirius Black? Ahaha non mi linciate, lui è sempre stato il mio primo amore. Spero vi piaccia, un abbraccio.
 
 
 
   
 
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