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Autore: Joy2000    16/08/2021    0 recensioni
Olivia è stata arrestata...e ci eravamo lasciati lì. Dal testo:" Non posso crederci. Chi ha osato toccare il mio pub? Chi si è permesso di darlo in pasto alle fiamme?"
TOM POV
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Ritrovarmi davanti a Westminster Abbey senza Olivia è tremendo. Mi sento vuoto, incompleto eppure così carico di vendetta che non vedo l’ora di spalancare le porte della chiesa. Questa volta sono fiducioso e niente andrà storto. Sostanzialmente il piano non ha grossi cambiamenti rispetto a quello originale, l’unica variante è che ora sono certissimo di voler uccidere Kimber. Gli punterò la mia pistola sotto il mento, schiacciando sulla giugulare e poi premerò il grilletto facendogli saltare il cervello. Nascondo la mia sete di vendetta mentre carico la mia pistola e mentre anche gli altri fanno come ho detto. Siamo in minoranza, ma siamo determinati e affamati come un branco di lupi. Entriamo. Spalanchiamo le porte con non poca paura, ma subito noto che avevo ragione: un mucchio di bestie camuffate da damerini sono seduti sulle panche e girati verso di noi. Sono attoniti e assaporo il potere che è concentrato nelle mie mani. Mi basta un cenno e i miei uomini li farebbero fuori.
“Signor Kimber, finalmente riesco ad incontrarla” esordisco mentre procedo verso la navata principale continuando a puntargli la mia pistola alla testa. I suoi occhi scuri e impauriti non mi impietosiscono minimamente e anzi aumentano la mia sete di vendetta. Distolgo per un secondo lo sguardo da lui, posandolo su Margaret, in un vestito bianco che le sta divinamente e con il volto coperto da un velo leggero che non nasconde i suoi occhi chiari e il colore acceso dei suoi capelli. Sembra agitata e spaventata, come un cerbiatto che osserva il suo carnefice. Ma non c’è niente per cui mi debba temere, infatti mi avvicino a lei e mi paro dinnanzi a Kimber, facendole da scudo qualora l’omuncolo esca la pistola. “Purtroppo la scorsa volta mi ha tolto questo immenso piacere. Ma ora eccoci qui” concludo osservandolo mentre suda come un maiale, nervoso com’è.
“Sta’ rovinando il giorno delle mie nozze, signor Shelby” ringhia lui tra i denti, provando inutilmente a intimorirmi.
“Si sbaglia, queste nozze sono state rovinate ancor prima che iniziassero. Non ha alcun ritegno, alcun rispetto verso la sua non ancora sposa, motivo per cui questo matrimonio non si terrà.” Gli dico. Poi mi rivolgo agli invitati “Se nessuno di voi vuole morire è pregato di accomodarsi fuori entro tre secondi. Uno…” la folla si accalca verso l’uscita in modo disordinato. La gente corre in preda al panico e senza neanche dover arrivare al tre, l’abbazia è presto vuota, occupata solo dai miei uomini, da me e dalla coppia che sto per dividere. Faccio un cenno a Margaret con la testa per farle raggiungere gli altri, che presto escono per portarla in salvo. “Adesso che siamo soli, posso ucciderla” mi limito a dirgli, mentre estinguo la distanza tra me a Kimber a non più di due passi. Gli poggio la pistola proprio sotto la gola, come mi ero ripromesso e tengo ben saldo il grilletto.
“La prego, non lo faccia…io…le ridarò i clienti, mi leverò dai suoi affari. Non vi sarà più concorrenza, non vi saranno più morti…”
“Ci sono già stati i morti signor Kimber, non si può tornare indietro. Ha ucciso la mia innamorata e mi creda, questi sono gli ultimi istanti che le restano”
“Vorrebbe freddare un uomo disarmato? La credevo più corretto signor Shelby”
Rido sarcastico, mentre immediatamente getto la mia arma lontano da entrambi. Mi levo la giacca gettandola a terra, mi alzo le maniche della camicia e mi metto sulla difensiva.
“Avanti, colpisca lei per primo”. Kimber ha un attimo di smarrimento, ma recupera tutta la lucidità con un respiro profondo. Poi mi sferra un destro diretto in pieno volto, ma lo schivo abilmente e rispondo con un pugno sulle costole ben assestato che per un attimo gli fa mancare il fiato. Tossisce ma si riprende.
“Sa Shelby, lei è molto simile a me” inizia a parlarmi nel tentativo di distrarmi, ma io rimango concentrato sui suoi movimenti e provo ad assecondarlo.
“Non credo proprio, io un onore ce l’ho” lo colpisco di nuovo, stavolta sul volto, dritto al naso che prende a sanguinargli. Kimber sputa del sangue a terra e continua.
“Onore? Ho letto che solo per colpa sua sono morti 230 soldati in un attacco, in Francia, ad Aubers, le ricorda niente?” Un lampo mi attraversa la mente e il ricordo di quei ragazzi sotto il mio ordine mi raggela il sangue e mi pietrifica. Ero uno di quelli che voleva riprendersi la Francia ormai depredata e conquistata dai tedeschi, ma purtroppo l’operazione non andò a buon fine. Delle mie truppe non si salvò nessuno eccetto me. Ancora sento i fischi dei proiettili delle mitraglie che veloci e incessanti attraversavano i corpi dei miei ragazzi. All’improvviso un dolore lancinante allo stomaco mi catapulta sulla terraferma. Kimber mi ha colpito all’addome, e io non posso far altro che ripetere a me stesso di respirare, di concentrarmi.
“Non fu solo colpa mia” gli dico faticosamente, tentando di giustificarmi più con me stesso che con lui. Kimber ride di gusto.
“Così come Olivia non è morta per colpa tua giusto? Tom non prendiamoci in giro” un altro pugno, questo in pieno viso, sulla mascella. Eppure, ironicamente il dolore che sento è localizzato proprio all’altezza del cuore ed è dovuto ai sensi di colpa. “Avresti dovuto lasciare le cose com’erano, invece la tua troppa ambizione ti ha fatto sempre perdere le persone a cui tenevi, mi sbaglio?” continua lui, non dandomi neanche il tempo di recuperare le forze o la ragione e presto mi ritrovo a terra a causa di un montante ben assestato. Sono stordito e il peso che ho sul cuore mi impedisce di rialzarmi. Sento dei passi frettolosi, e il rumore tipico di chi sta caricando un’arma. E poi vedo Kimber davanti a me che mi punta la mia pistola alla testa. “Se vuoi posso portarti da Olivia” le sue parole echeggiano nella mia mente e hanno un sapore così dolce. Sono tentato dal dirgli di sì, perché infondo vivere con il peccato equivale a morire ogni giorno, quindi tanto vale finirla qui. “mi basta premere il grilletto.” Insiste lui e sono sul punto di chiudere gli occhi accettando la sua offerta. Non ho più nulla da perdere, e il desiderio di raggiungere la piccola Lily si fa sempre più pressante. Eppure sono certo che lei non vorrebbe questo…
“NO!” dico ad un certo punto, quando il mio istinto di sopravvivenza prende il sopravvento. Tiro un calcio alla mano di Kimber, quella che impugna la pistola, che adesso cade di nuovo a terra producendo un rumore ovattato a causa del tappeto rosso della chiesa. Ci guardiamo al contempo, sentendo le parole mute dei nostri occhi: “è mia”, e entrambi ci precipitiamo sull’arma, strisciando a terra, ma sono io il più veloce e una volta recuperata mi alzo in piedi e gliela punto contro.
“Va’ all’inferno, e salutami il diavolo!” annuncio trionfante mentre con l’indice premo finalmente il grilletto. Il suono sordo dello sparo non mi impedisce di guardare e di godermi lo spettacolo del proiettile che attraversa il cranio di Kimber facendo schizzare qua e là qualche pezzetto di cervello. Il corpo del farabutto viene sommerso da una chiazza di sangue e poi abbandonato al silenzio di Gesù in croce, sotto il cui sguardo ci eravamo scannati qualche istante prima. Vorrei distogliere gli occhi da quello spettacolo a dir poco raccapricciante, ma non ci riesco e me ne sto inerme, con l’affanno, a pensare di aver aggiunto l’ennesimo uomo alla lista dei miei peccati.
Barcollando esco dalla chiesa, facendo uno sbrigativo resoconto sulle mie ferite…nulla di grave, forse una costola incrinata e qualche livido in faccia. Eppure mi sento così debole, così pesante che quasi faccio fatica a trascinarmi sulla macchina di Arthur, tranquillizzato subito da un mio sintetico “tutto risolto”, al quale annuisce per poi mettere in moto.
“Margaret è a casa tua, non faceva che chiedermi di Olivia, ma nessuno di noi le ha detto nulla. Abbiamo lasciato a te l’onere di parlarle.” Mi dice mio fratello in tono sommesso, mentre il mio sospiro lo lascio nella mia testa per non dargli a vedere quanto ancora io sia provato dal lutto. Ma va bene così, adesso voglio solo tornare a casa ed essere avvolto dall’aroma di Lily.

“Tom, si può sapere dov’è Olivia? Ho chiesto a chiunque e nessuno mi ha saputo dare risposta, inizio a preoccuparmi” mi dice Margaret, non appena metto piede in casa mia. La guardo impassibile, mentre mi accorgo di come i suoi occhi chiari siano carichi di apprensione, come al tempo debito erano quelli di Lily per lei. Come faccio a dirglielo?
“Vieni di là in soggiorno, ho bisogno di bere” mi limito a dirle facendole strada. Sono così esausto.. Sorseggio frettolosamente il whiskey sperando in un effetto immediato che per fortuna non fatica ad arrivare. Sento i nervi della cervicale che pian piano si affievoliscono facendo però posto a un nodo allo stomaco, che cerco di sbrogliare con una sigaretta. Lo sguardo di Margaret è impaziente e mi scruta in ogni mio più piccolo movimento, in attesa che io inizi a parlare. Mi prendo ancora un istante per riflettere, mentre mi stringo il ponte del naso come se fosse un pulsante per far uscire qualche parola.
“Margaret, tu non sai cosa è successo ieri, perché probabilmente eri a casa tua a ultimare i preparativi del matrimonio. Quando Olivia è venuta a trovarti tu le hai detto che il matrimonio si sarebbe svolto nel fine settimana. Abbiamo dato per scontato che fosse sabato. Perciò ieri volevamo impedirti di compiere questo passo. Volevamo salvarti, come abbiamo fatto oggi. Purtroppo però ieri gli uomini di Kimber ci hanno teso un’imboscata a Westminster..e Olivia è rimasta ferita…”
“E ora come sta? Tom, ti prego dimmi che si rimetterà, dimmi che guarirà!” mi supplica lei con le lacrime agli occhi. E io abbasso lo sguardo trattenendo le mie.
“Vorrei potertelo dire, ma la verità è che aveva perso troppo sangue e purtroppo non ce l’ha fatta. Quindi abbiamo organizzato lo stesso piano per oggi, per vendicarci e per realizzare il desiderio di tua sorella che ti ha sempre voluto libera!” concludo ultimando la sigaretta. Margaret è stravolta e le lacrime scendono veloci e incontrollabili. Mi guarda negli occhi pietrificata e io non so che dirle.
“Olivia è morta!?” quelle parole mi trafiggono il cuore, già malmesso. Annuisco stringendo la mascella per trattenere le lacrime.
“E ora Tom? Che succederà Tom?” mi domanda con un filo di voce eppure riesco a percepire il suo stato di ansia, di preoccupazione, che comprendo e condivido. Ci troviamo entrambi in balia delle onde, a vivere con l’assenza incolmabile della nostra Olivia. E chissà cosa ci serberà il futuro, chissà quanto tempo ancora avremo da vivere prima che un altro uomo d’affari intralci la nostra strada.
“Non lo so Margaret, ma se vuoi, da oggi, sei parte della famiglia Shelby.” La rassicuro andando verso di lei. Margaret si alza e mi getta le braccia al collo, stringendomi in un abbraccio desideroso di calore e rassicurazioni. Singhiozza con la testa poggiata sul mio petto e cerco di tranquillizzarla accarezzandole i capelli rossi, da cui sale un leggero aroma di lavanda. Mi scappa una lacrima. Lily sarebbe stata sempre con noi.
  
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