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Autore: Gaia Bessie    16/08/2021    9 recensioni
Orietur in tenebris lux tua.
Piovevano gocce di buio, il giorno in cui s’era addentrato nel cimitero dei Caduti, e acqua carbonifera gli dipingeva il viso in pennellate di nero-blu.
Gli è rimasta la terra incastrata sotto le unghie e un fantasma l’ha afferrato per il mantello, importa qualcosa?
Il rumore dei suoi passi rincorre la pioggia scrosciante, mentre la sua risata sbocconcella il silenzio per poi venire coperta dal rumore di acqua che scola e si porta via anche le parole.
[Severus/Lily Luna | Accenni di Non-Con]
Prima classificata al contest "La Geografia del Buio" indetto da Asmodeus sul forum di Efp
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 nella categoria "Miglior sceneggiatura fanfiction" indetti sul forum Ferisce più la penna
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con | Contesto: Nuova generazione
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Avvertenze: 

(1) La trama è ispirata, come presupposto base, alla trama di "Il giardino delle parole" (2013). Il resto è farina del mio sacco.
(2) C'è una scena di Non-Con non descrittivo, stay safe.
 




Piovevano gocce di buio, il giorno in cui s’era addentrato nel cimitero dei Caduti, e acqua carbonifera gli dipingeva il viso in pennellate di nero-blu.
Gli è rimasta la terra incastrata sotto le unghie e un fantasma l’ha afferrato per il mantello, importa qualcosa?
Il rumore dei suoi passi rincorre la pioggia scrosciante, mentre la sua risata sbocconcella il silenzio per poi venire coperta dal rumore di acqua che scola e si porta via anche le parole.
 

 
A sette passi di distanza
 

Il rombo del tuono
nel cielo nuvoloso
forse pioverà.
E, quando accadrà resterai con me?
 
Il rombo del tuono
nel cielo nuvoloso
e anche se non piovesse
resterò con te.
(Man'yōshū)
 
 
C’è sempre un dopo e un secondo prima.
Un secondo prima di vederla e un secondo dopo, quando lo osserva con la piccola spalancata in un grido muto: ha una voce molto meno poetica del suo nome, un po’ roca e gorgogliante, o forse è solamente l’atto di gridare che la rende tale. Lily Luna Potter ha lasciato cadere a terra un libro, forse uno dei romanzi Babbani che legge con tanta inutile passione, e nemmeno si dà pena di raccoglierlo – lo fa lui, chinandosi a fatica, per sfuggire una manciata di attimi al suo sguardo inquisitore.
Quando si rialza, lei è ancora lì, una macchietta su uno sfondo grigio e niente di più. Li separano una manciata di passi, sei o sette o pochi di più, ma tende comunque la mano come per toccarlo – ma le manca il coraggio, in piena coerenza con la sua sciarpa verde e argento, e allora lascia ricadere il braccio lungo il fianco, disorientata.
Ha perso le parole, lui gliele ha strappate con un’occhiata color carbone che s’è smangiucchiata tutti i colori del parco di Hogwarts. È novembre, il mese più scolorato dell’anno, e lei non ha idea di quel che la vita le sta riservando.
Ha perso le parole e lui non può restituirgliele – Lily Luna non può saperlo, ma Severus Piton non è capace, a sua volta, d’esprimersi in suoni articolati: quando s’è risvegliato dal suo sonno non troppo eterno, ha scoperto che il veleno di quel dannatissimo serpente gli aveva bruciato le corde vocali. Meno doloroso di altre ferite, con conseguenze letali: il silenzio che ustiona una diciassettenne Potter. Se la guardasse bene (e non vuole farlo) si accorgerebbe che le tremano vistosamente le mani.
C’è rumore di tuoni all’orizzonte, il cielo si sta aprendo in pioggia come quel buco nella camicia di lei. Non l’ha notato, ma c’è. Minuscolo, vicino al cuore, ma sufficientemente largo da far sbucare una piccolissima porzione di pelle.
Potrebbe richiuderlo con la magia o slargarlo a ogni respiro e divenire tutta un buco che inghiotte le parole e non suona più. Tutto ha un suono, anche i silenzi – ma, quando si trova ad ascoltare il suo silenzio, le rimane addosso solamente una spiacevole sensazione di stasi e niente di più.
«I-Io…» balbetta, sistemandosi nervosamente i capelli. «Mio padre ha detto che eri morto».
Severus scuote il capo a volume azzerato e gocce di pioggia gli trafiggono silenziosamente il volto giallastro. La resurrezione non ha giovato al suo aspetto e grosse cicatrici gli deturpano il collo, così che ogni suo respiro è merito della magia e della benedizione di una qualche divinità ultraterrena, e quel sibilo perenne dell’aria che esce dalla pelle mal cucita è l’unico rumore che riesce a produrre.
Non le risponde, nemmeno a gesti o scrivendo su una pergamena che s’inzupperebbe di pioggia nerastra.
Incassa il capo nel proprio mantello nero, si volta e sparisce sui propri passi – da lontano, pensa Lily, è del medesimo colore della pioggia che lacrima giù dal cielo e tocca terra.
 
***
 
La cerca.
Qualcosa in lui gli suggerisce che tornerà – che il buio è una declinazione che conosce fin dalla tenera età e silenziosamente ne è attratta e, allora, s’addentrerà nuovamente sul confine della Foresta Proibita per conoscerne la geografia più intima. Per scoprire che ogni cosa, a questo mondo, è fatta di una mappa puntiforme dove ogni segno, ogni graffio, rimane inciso nell’anima e appena fuori.
Quando lei finalmente raccoglie i residui di coraggio ereditati da padre e madre, sono passate due settimane e non ha mai smesso di piovere. O, forse, ha appena ricominciato e lei nemmeno se n’è resa conto.
Lo trova nel medesimo punto in cui l’ha lasciato, come se la pioggia l’avesse scolpito lì con terra e lacrime, gli abiti zuppi e pesanti che lo fanno assomigliare a uno spaventapasseri Babbani. Non l’ha detto a nessuno.
Qualcosa le ha suggerito, silenziosamente, che non le avrebbero creduto: è famosa per le sue storie, bellissime, colorate e piene di magia. Ginny Weasley l’ha imbottita di fiabe fin da piccola e, Lily Luna, gliele ha raccontate con gli interessi. Così, non ha detto una parola, anche se il dubbio l’ha rosa dall’interno, bucandole il cuore come quella camicetta che svela, da quel buco slargato, un filo sfilato da un reggiseno color lillà.
Si avvicina, contando i passi – uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette – e si ferma quando è talmente vicina da udire chiaramente quel respiro sibilante. Lui scuote il capo, non dice una parola.
«Non parli» sussurra Lily, stringendosi la vita in un abbraccio sottile e fragile come carta velina. «Perché non parli mai?».
Severus s’indica la gola, frugandosi tra le tasche per estrarne la bacchetta: l’agita in cielo, componendo una singola parola.
Nagini.
La ragazza annuisce, sistemando nervosamente una ciocca di capelli rossi – rosso Evans – dietro l’orecchio. Non somiglia a nessuno, pensa distrattamente lui, osservandola con attenzione: non ai Potter, né ai Weasley né, come forse silenziosamente deve aver sperato, a Lily Evans. Ha qualcosa di tutti e, al contempo, niente di nessuno in una singolare mescolanza che la fa sembrare figlia di un confine.
Le hanno dato tutti qualcosa, non ha tenuto niente. Quando alza gli occhi su di lui, azzurri, non scorge somiglianza con nessuno dei suoi parenti o, forse, con tutti quanti.
«Pensano tutti che tu sia morto» osserva, prudentemente. «Perché sei riapparso solamente adesso? Mio padre… immagino che avrebbe voluto incontrarti, se solo l’avesse saputo».
Severus Piton scuote il capo, senza darle una risposta – incassa nuovamente la testa sulle spalle, in un vano tentativo di ripararsi dalla pioggia scrosciante, e fa per andar via.
Lei allunga la mano, come per fermarlo, ma l’unica cosa che riesce a stringere è il rumore (umido, bagnato) dei suoi passi mentre si allontana.
Lily Luna rimane ferma, gli occhi sgranati su quell’improvvisa mancanza, e inizialmente nemmeno si rende conto di quelle lettere di fuoco che serpeggiano nell’aria, in un sibilo simile al suo respiro.
Per vedere te, ha scritto nella pioggia Severus Piton. Se sono tornato, è per vedere te.
 
***
 
Non piove per una settimana e lui non si fa vedere da nessuna parte: Lily Luna lo cerca in ogni brandello di esistenza, ma di trovarlo non lo trova mai. Non riesce nemmeno a comprendere come mai, lo cerchi con tutta quell’inutile insistenza, ma non sa come darsi una risposta.
Lo cerca perché deve, perché vuole e soprattutto perché ne è in grado – a suo padre non dice nulla. Per qualche motivo che ancora non comprende pienamente, pensa che l’ex professore di Pozioni non vorrebbe incontrarlo.
Ma il cielo diviene avaro tutto d’un colpo e, alla fine, Severus Piton viene inghiottito dalle nubi. Silenzio, risuona nella Foresta Proibita come una maledizione: e lui che non appare, per quante preghiere Lily possa dedicargli.
Finché non ricompare per davvero ed è un lunedì di fine mese, con la nebbia che insiste per smangiucchiare i contorni delle cose mentre la pioggia silenzia ogni rumore. Finché non ricompare, come un’ombra nel vuoto, invisibile, e lei se ne rende conto solamente nel momento in cui se lo trova davanti.
Prima di lui, il sibilo del suo respiro – Lily Luna apre la bocca, piena di domande e ansiosa di fornire risposte, ma lui scuote il capo.
È tutto una negazione, Severus Piton, la sua stessa esistenza lo è (negata), mentre si volta e s’allontana a grandi passi. Ma, questa volta, lei non ci sta e lo segue, un po’ correndo e un po’ camminando, riuscendo ad afferrarlo per il lembo del mantello.
«Aspetta» sussurra, a disagio. «Non mi hai nemmeno detto perché mi stavi cercando. Insomma… perché io?».
Lui sospira, muto, e prende tra le mani la propria bacchetta, agitandola lievemente come una carezza sulla pioggia che scende.
Le parole Lily non le comprende, così che deve sforzarsi di rileggerle, senza riuscire ad afferrarne il significato. Nella sua vita, è sempre stato tutto chiaro, netto e definito: Harry Potter, che è cresciuto in silenziosa incertezza, ha cercato di dare ai suoi figli ogni informazione, ogni esperienza, nella maniera più univoca esistente.
Eppure, nel momento in cui alza il capo, lettere argentee scrivono una frase che, per quanto impegno possa metterci, è destinata a non saper comprendere.
Perché qualcun altro?
Quando la frase svanisce, le rimane solo un silenzioso senso d’inquietudine a serrarle lo stomaco in una morsa – Severus Piton la guarda, in attesa, ma non si spiega ulteriormente: Lily apre la bocca, come per ribattere, ma ne esce solamente un suono atono e strozzato.
Lui ride, a volume azzerato, con il sibilo del suo respiro che si fa improvvisamente intermittente.
«Se lo dicessi a mio padre» sussurra lei, torcendosi le mani. «Forse, vorrebbe incontrarti: parla sempre di te, sai? E ha dato il tuo nome a mio fratello».
Lo guarda negli occhi, aspettandosi sorpresa, forse, ma anche gratitudine – d’esser sorpreso lo è, ma grato mai. Fa una smorfia che gli contorce il viso come una ferita e la pioggia non riesce a spazzarla via, quell’espressione disgustata, né ad annacquarla a sufficienza: Lily distoglie brevemente lo sguardo ma, quando lo riporta sul viso di lui, la trova sempre lì.
Non risponde. Lei non pensa mai che gli manchino le parole, ma solamente che forse preferisce non dar corpo ai suoi pensieri – corrisponde con quel che le ha sempre raccontato suo padre, e va bene così.
«Perché sei sempre qui?» insiste, sfregandosi le braccia contro gli abiti zuppi. «Fa freddo e piove sempre».
Muove un passo avanti, lui di riflesso ne muove uno indietro – e Lily pensa che, forse, è quella la distanza che deve separarli: sette passi, il buio che inizia a infettare il cielo come un morbo segreto e lui che sembra contenere le medesime oscurità.
Sette passi, il numero magico più potente. Ma, mentre lo osserva con curiosità, Lily Luna deve domandarsi.
Cos’è che accadrebbe se fossero sei?
Forse, si dice, le permetterebbe di toccarlo per scoprire che è vivo e tangibile e non uno spettro inconsistente.
«Spiegami» sussurra, torcendosi le mani. «Se mi hai cercata è per un motivo: cos’è che vuoi farmi vedere?».
Severus Piton scuote il capo, e i capelli neri (troppo lunghi) gli ricadono sul viso come una tenda lavata male. Ha le mani sporche di terra, nota distrattamente Lily, come se avesse scavato per risvegliare i morti.
E ha le unghie spezzate come se avesse compiuto quel gesto a mani nude, come un Babbano, e le nocche tagliate e scorticate. Fa per domandare, ma non le vengono le parole – lui gliele strappa con un singolo gesto, togliendole la terra da sotto i piedi e i pensieri dalla testa.
Perché, pensa distrattamente Lily Luna, è sempre e solo una questione di tempo e di spazio, non c’è niente da fare.
Spazio: sette passi, sei, cinque, quattro, tre, due. Uno.
Tempo: un secondo prima e quello dopo, con il durante che si scioglie nella pioggia insieme alle conseguenze che esso implica.
Chiunque dica che ogni azione è da sé e può essere atemporale e priva di spazio, non ha capito niente: non ha capito quanto pesi nel silenzio il rumore di passi inzuppati di pioggia, esattamente sette, e la consapevolezza che sia il prima sia il dopo non li saprà dimenticare mai.
Sono le sei di sera, ma oggi Lily Luna non avrà voglia di cenare – piena d’aria stantia e acqua piovana, non avrà spazio (né tempo) per riempirsi con il cibo.
Sono le sei di sera di un lunedì, ventisei novembre, e lei ha diciassette anni e speranze dolcificate con il miele. Quando si riflette nell’oscurità della Foresta, Lily Luna lo vede con chiarezza, in un’immagine che niente riuscirà a cancellarle dalla retina.
Severus Piton a sette passi di distanza, a sei, cinque, quattro, tre e poi due. Uno.
Quando s’è fermato e l’ha guardata negli occhi – dentro l’iride, il medesimo buio che si divorava la luna in un sussurro.
Le ha dato un bacio a fior di labbra e nemmeno ha capito perché.
 
***
 
Smette di cercarlo – se ne vergogna, ma smette.
Se non fosse che lui è ovunque e in nessun luogo e, anche quando prova a chiudere gli occhi, quella sensazione le rimane cucita dentro l’anima. Un tocco leggerissimo ma che, per quanto provi a convincersi del contrario, c’è stato.
E, anche dietro il confine di sicurezza della sua medesima vista, Severus Piton le rimane incollato alla memoria – se ne vergogna, ma di smettere non riesce. Rimane il suo chiodo fisso, il volerlo tempestare di domande, ma non osa più cercarlo: se i suoi genitori sapessero, pensa Lily distrattamente, ne sarebbero delusi.
La rivalutazione di Severus Piton è stato uno dei punti cardine delle battaglie post-guerra di suo padre e, lei, è fuggita come una bambina sciocca – piovevano gocce di buio, si giustificherebbe, e io avevo paura: cosa m’importa se in me rivede mia nonna, papà, io non… come fai ad amare qualcuno che non hai mai conosciuto?
La risposta di suo padre non la sa immaginare, ma ne visualizza bene la delusione incagliata tra gli occhi e l’angolo della bocca.
Così – un giorno in cui la luce non c’è e la pioggia cade fitta come le sue lacrime – Lily ricomincia a cercarlo. Lo trova, con un albero che non basta a salvarlo dall’acqua scrosciante, ma a lui non sembra importare: Severus Piton le dedica uno sguardo atono, come se non contasse niente (insensato, quel bacio) e non riesce nemmeno a forzare i muscoli in un sorriso.
«Perché?» domanda Lily Luna, semplicemente, l’urgenza che è tradita da un tremolio della voce. «Perché lo hai fatto?».
Lui la guarda – le scava fin dentro alle ossa, con una singola occhiata e, quando finalmente sposta la propria attenzione sulla pioggia che la sta crocifiggendo al suo cospetto, le ha già lasciato cicatrici incancellabili. Tutto qui, pensa Lily osservandolo indicarsi gli occhi, niente di più: se solamente la vita non fosse dimenticabile in singoli gesti, sei come lei, allora la comprensione rischiarerebbe i giorni di pioggia.
Il temporale sbiadisce, di contorno, lasciandoli a respirare l’aria umida. Ma, di piovere, sembra che il cielo si sia stancato – quando lui fa per voltarsi e andar via, lei lo prende per il mantello come la volta precedente.
«Resta» sussurra. «Io ho così tante domande che… presto ricomincerà a piovere: se rimanessi qui ad aspettarti, allora torneresti indietro?».
Severus Piton sospira a volume azzerato, rigirandosi la bacchetta tra le dite troppo magre: forse, è morto davvero e lei sta parlando con un fantasma – inconsistente la sua figura, pare semplicemente uno scheletro ricoperto da un lievissimo strato di pelle secca e giallastra.
Ma, quando le risponde, è comunque in grado di spezzarle il fiato dentro la gola.
Anche se non dovesse piovere più, resterò con te.
«Solamente perché credi che io somigli a lei?» domanda Lily Luna, inclinando il capo. «Mi hai cercata per questo?».
Lui scuote il capo – la bacchetta disegna in aria altre lettere e risucchiando quelle precedenti in un vortice: ti ho cercata perché sei tu.
A Lily si blocca il fiato in gola, mentre la pioggia ricomincia a scendere coprendo ogni parola che potrebbe pronunciare.
 
***
 
Inizia a sognarlo che è la Vigilia di Natale e lei è a casa: non piove mai e, anche se fosse, la Foresta Proibita è così drammaticamente lontana che non potrebbe vederlo nemmeno perdendosi in inutili preghiere – ma se ne accorgono tutti quanti.
Un secondo prima, è la Lily di sempre: dolce e allegra, innamorata dell’idea dell’amore e, per questo, impossibilitata ad amare chiunque – se non il migliore amico di suo fratello James, che a stento la considera una bambina o poco di più.
Il secondo dopo, Lily è persa per sempre e diviene scontrosa, irritabile, rinchiusa in un mutismo ostinato e annichilente: Harry e Ginny si domandano cos’abbia sconvolto tanto la loro figlia minore, ma non trovano risposta.
«Cosa significa quando sogni spesso una persona?» domanda però la piccola dei Potter, spezzando finalmente il gelo di cui s’è circondata.
Sua madre le carezza il capo, con aria divertita – hai visto, Harry? Lils è semplicemente innamorata.
«Oh, è semplice tesoro» ride sua madre, con un rimasuglio di quella dolcezza che tre figli le hanno succhiato via negli anni. «O lo ami o lo vorresti ammazzare».
Ginny ride, Lily Luna è immensamente seria quando la guarda e annuisce silenziosamente, tornando a rinchiudersi in camera sua.
È come se ci fossero sempre almeno sette passi di distanza tra lei e i suoi genitori – un divario infinitesimale e, per questo, incolmabile.
Lo sogna ogni notte per tutte le vacanze di Natale e, giunta sul pericoloso limite dell’esasperazione, arriva a domandare a sua zia Audrey se non potrebbe prescriverle una pozione soporifera: la moglie di Percy Weasley ride, dicendo che le revocherebbero la licenza di Medimaga, ma non pone domande. Scacciarlo dai suoi sogni è impossibile e, per un po’, cerca di rimanere sveglia – ma, appena chiude gli occhi, lui è lì ad attenderla.
Nel buio della sua mente, Lily Luna è braccata dal ricordo che ha di Severus Piton. E, alla fine dei giochi, deve domandarlo: potrebbe amarlo o volerlo uccidere?
«Possiamo andare per negozi, Lils, vedrai: sarai così bella che non potrà non guardarti» Lily sorride a sua madre, ma non le sfugge una parola e, allora, il sorriso di Ginny Weasley si incrina inesorabilmente.
Non riescono a strapparle quel nome dalle labbra – Lily Luna non emette fiato e, allora, iniziano tutti a domandarsi chi sia il misterioso ragazzo che tanto le distrugge i sogni e le scava dolorose occhiaie sul viso pallido.
Lei non risponde a nessuna domanda, non dà nessun indizio: solamente una volta, sulla spalla di suo padre, scoppia in un pianto isterico e glielo domanda.
«Come fai se non lo ami» inizia, masticando quelle parole amare come il caffè delle tre di notte. «Ma non puoi neanche ucciderlo?».
Harry Potter rimane talmente perplesso che non riesce a dirle niente – sua figlia ride, senza troppa convinzione, e gli sussurra di lasciar perdere.
«Sono solo cazzate, papà» sussurra, lasciandogli un bacio in fronte (il saluto di Giuda). «Dovevo crescere, prima o poi».
Chissà se sciogliersi in uno scroscio di pioggia, con l’oscurità che dal fondo del mondo ti guarda, non sia effettivamente crescere.
 
***
 
Si fa più audace.
I sette passi diventano sei, poi cinque, quattro, tre, due.
Uno – se la mangia, quella distanza che sembrava incolmabile e, quando Lily trova il coraggio di alzare gli occhi dal terreno umido di lacrime, si rende conto che lui è lì. A un singolo respiro di distanza.
E, quando è in grado di specchiarsi nel buio dei suoi occhi per delinearne una mappa imprecisa, deve fare i conti con il fatto che quella vicinanza significa solamente una cosa – la sua tangibilità.
Non solamente figurata, una bella metafora: può toccarla con una fatica minuscola e, quando lo fa, lei nemmeno riesce a stupirsi.
«Non mi lascerai mai andare, non è vero?» gli sussurra Lily, il respiro che si mescola con quello di lui. «Rimarrai sempre con me».
Lui annuisce – sempre.
«Era proprio quello che temevo» risponde lei, scoprendosi a trattenere le lacrime.
Non piove più – febbraio subodora di primavera e Lily Luna se ne rende conto con orrore: non piove più, ma Severus Piton è ancora lì. Non si è sciolto alla luce del sole, non è sparito nel vento più dolce che quel mese sappia concedere.
È febbraio e lui è ancora lì. E non c’è più tempo e nemmeno distanza, i secondi scivolano senza un prima e un dopo per venire fagocitati dal buio.
Un giorno, lui rompe quel silenzio: non parla, non lo può fare, ma Lily ne percepisce l’irritazione in quelle parole che compone con la punta della bacchetta.
Lo hai detto a qualcuno, che sono qui?
Lily scuote il capo – perché dovrebbe, vorrebbe chiedergli, mi prenderebbero per pazza: già pensano che lo sia, probabilmente.
Ma non le escono le parole: si sente muta tanto quanto lui e, allora, lo vede finalmente sciogliersi in un sorriso. Non caloroso, non brillante – un semplice stiracchiamento di labbra che ne tradisce la soddisfazione.
«Potrei farlo» tenta, cercando di cancellargli quell’espressione divertita dal volto. «Dirlo a qualcuno. Pensi che succederebbe qualcosa?».
Severus agita la bacchetta, mescolando altre lettere – lei vorrebbe cancellargli via il sorriso, ma a sparire sono solamente le sue parole.
Il buio si espanderebbe. Orietur in tenebris lux tua.
Per un momento, Lily Luna vorrebbe aver dato ascolto a sua zia Hermione, che aveva fatto studiare latino a Rose fin da quando aveva nove anni: devi sapere che incantesimo pronunci, bambina, per potenziarne gli effetti – ma poi è lui a rivelarle il significato di quelle parole e, allora, Lily si ritrova semplicemente a non credere più.
Non nel latino, non in quella frase e sicuramente non in lui: in mezzo al buio nascerà la tua luce.
Lily si domanda se, per farla finire in mezzo al buio, Severus Piton non l’avvolgerà nel proprio mantello, soffocandola, fino a farle definire una mappatura della propria oscurità. Non c’è luce, nella Foresta Proibita, da quando Lily Luna Potter vi ha scoperto Severus Piton.
Ma, quando lui allunga la mano per sfiorarle il viso, deve correggersi perfino nei propri pensieri.
Forse, luce, non ve n’è mai stata – né lì né da nessun’altra parte.
 
***
 
La notte, i suoi incubi si sono fatti tangibili e, a volte, la toccano come tentacoli facendola svegliare. È tutto intrecciato, nel suo onirico, tutto un doloroso toccarsi che, sul finire, le causa una tachicardia senza fine – e Lily Luna si deve domandare perché non riesca a smettere di tornare.
La risposta è estremamente semplice: teme che, se guardasse negli angoli bui di camera sua, comunque vi vedrebbe Severus Piton nel suo mantello nero, i capelli e gli occhi del medesimo colore e la pelle giallastra che lei ha toccato senza che si sfracellasse come pergamena troppo vecchia.
Quando, ai primi di aprile, torna a casa per le vacanze di Pasqua non sa come farà a nasconderlo, che la notte è tutto un incubo continuo e anche quando sogna sogna di lui: che per questo è dimagrita ed è sempre più nevrotica, le mani scosse da un perenne tremore quando quelle immagini le tornano alla mente.
Sono solamente un paio di gambe – se lo dice ogni sera, quando le coperte gliele sfiorano e lei deve reprimere un brivido di disgusto: sono solamente delle gambe, anche se di chi non lo saprebbe dire. Se sono le sue, attorcigliate attorno ai fianchi di lui.
Se sono le sue, a sfregarle le cosce quando – sospira – quando le ha ridipinto il mondo in ombreggiature e niente luce.
E, ora che tutto è dipinto in nero e non c’è modo di discernere cos’è ombra e cosa no, Lily deve domandarsi se semplicemente non sia finita. Se non sia arrivato il momento di dirlo ai suoi genitori e, insieme, ricostruirla coccio dopo coccio e usare il buio come collante, luce non se ne vede.
Ma, la sera di Pasqua, entra in camera sua per cambiarsi d’abito e si rende conto che non può – lui è ovunque, ormai. Dentro l’armadio, dietro le sue spalle nello specchio, in tutti gli angoli di buio in camera sua.
Lily si domanda spesso quanto mancherà prima che lasci la Foresta Proibita per comparire in casa sua – e se dovrebbe dirlo a suo padre, le crederebbe mai?
Qualche volta s’immagina di dirglielo e guardare i cambiamenti del suo volto – ma la mente umana è sciocca e lei, ogni singola volta, vi vede una gioia e una gratitudine che sicuramente Harry Potter non proverebbe.
Stringe i denti in un sorriso innaturale, a cena, quando sua madre le domanda perché non si sia cambiata.
Lily non le risponde che non si spoglierà mai di sua spontanea volontà davanti a lui – sarebbe come perdere le piume. E, adesso che non volerà mai più, cammina passettini in cerca delle briciole.
Sua madre lascia perdere, suo padre sta bisbigliando con Ron del suo ultimo caso: Lily Luna vorrebbe gridare che a lei non importa della miracolosa fuga di Rodolphus Lestrange da Azkaban, che non le importerà mai più di niente.
Continuerà a sentire i rumori della foresta che s’attutiscono mentre lui la stende sul terreno ormai asciutto e le foglie le graffiano la schiena.
E lui sarà sempre lì, dentro di lei, a muoversi per farsi spazio e conquistare quegli angoli di Lily Luna che lei pensava le sarebbero appartenuti per sempre.
«Hai sentito, Hermione?» domanda Ron, voltandosi verso sua moglie. «Pare che l’abbiano avvistato».
Il Ministro della Magia rivolge uno sguardo pacato ai suoi due migliori amici, sistemandosi il severo chignon cui acconcia la chioma indomabile.
«Davvero?» domanda, sinceramente interessata. «E dove?».
«Vicino Hogwarts: ho già provveduto ad avvisare la Preside McGrannitt» risponde Harry, cupo. «Ha scavato alcune tombe nel cimitero dei Caduti, sospetto che sia in possesso della Polisucco».
Lily Luna spalanca gli occhi – aveva le unghie sporche di terra come la sua schiena e, lei, s’è fatta graffiare da quelle mani.
«Che tombe?» esala, torcendosi le mani.
«Non immischiarti nei discorsi di tuo padre, Lils» la rimbecca Ginny, piccata. «Ad Hogwarts sarai sempre al sicuro».
Ma Harry fa un cenno con la mano, occhi pieni di comprensione. «Penso sia giusto che sappia» dice, semplicemente. «Qualcuno ha fatto sparire dei corpi, Lily».
L’ha sporcata di terra e sperma, lei non si è posta domande – ha pianto per avergli permesso di toccarla a una profondità tale ma, di dirlo, non ha detto niente.
«Per ora siamo a conoscenza solamente della sparizione delle salme di Remus Lupin e Ted Tonks» commenta Ron, con aria disgustata. «E di Piton, no?».
Lily Luna guarda suo padre – ed Harry aggrotta le sopracciglia, nel rendersi conto che sua figlia ha bisogno di dirgli qualcosa.
«Avete cercato nella Foresta Proibita?» pigola lei, con un suono che sa di pianto.
«Certo che sì» ribatte Ginny, piccata. «Sono Auror, Lily, non dei dilettanti».
Ma sua figlia scoppia a piangere – si volta a guardare suo padre e, ad Harry Potter, è tutto immensamente e dolorosamente chiaro. Che Lily Luna ha una storia, che è una storia di oscurità.
E lui non ne aveva idea.
«C’è un posto…» sussurra, guardando suo padre. «Posso portarti?».
«Lils» la richiama Harry, carezzandole dolcemente il capo. «Spiegami cos’è successo: perché non mi hai detto niente?».
Il sorriso di Lily Luna è macchiato di paura.
«Il buio si espanderebbe».
 
***
 
Piovevano gocce di buio, il giorno in cui hanno arrestato Rodolphus Lestrange – ancora vestito come Severus Piton, s’è messo a ridere incontrando il volto serio di Harry Potter.
«Volevo toglierti quello che tu hai tolto a me» gli ha gridato contro, mentre lo portavano via. «Tua figlia in cambio della mia».
Harry Potter non ha risposto – Delphini Lestrange riposa in una struttura di sicurezza, conscia di chi fosse il proprio vero padre: Rodolphus, che padre lo era solamente nel cognome, non la vedrà mai più.
«Te l’ho tolta» sibila, mentre lo portano via. «Non riuscirai a portarla via di lì».
Harry pensa che non è vero, che c’è ancora della luce nello sguardo di sua figlia quando finalmente può dirle che è al sicuro.
O, almeno, così crede.
«Non ti preoccupare più, papà» sussurra Lily Luna, dipingendosi di nero gli occhi. «Orietur in tenebris lux tua».
Ha le unghie sporche di terra ma non gli dice mai il perché.


 

1La frase in latino è del profeta Isaia
   
 
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