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Autore: hapworth    18/08/2021    0 recensioni
Era stata una decisione improvvisa, la sua. Il desiderio di incidersi la pelle, farsi male, rendendo reali i suoi sentimenti, quel continuo martellare nella sua testa che non smetteva mai, neppure mentre dormiva. Era lì, e lo rendeva diverso, malato per la società e, in parte, anche per se stesso.
[Touya/Shouto] ~ Scritta per il "Our Summer" indetto da Torre di Carta | Scritta per la challenge "Il fiore si nasconde nell'erba, ma il vento sparge il suo profumo" indetta da Torre di Carta
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Incest
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Buongiorno! Era da un po' che non scrivevo nel fandom e quindi niente, mi è venuta voglia di buttarmi di nuovo su questi due. L'ultima che ho scritto non era adatta a questi lidi, ma stavolta ho preferito soffermarmi su un'ambientazione più soft, dove il punto di vista è esclusivamente di Touya, l'adulto tra i due. E niente, se non vi piace l'incest, seppure solo a livello più soft essendo che ovviamente non ci sono scene esplicite, siete i benvenuti.
Continuo a scegliere "Altri" per Touya dato che non vorrei fare spoiler - sebbene AO3 non si faccia tanti problemi in merito -, e quindi niente. Vi auguro una buona lettura!

hapworth

Questa fanfiction è stata scritta per l'iniziativa 
"Our summer • if we’re together, feel like summer" indetta da Torre di Carta.
Prompt: #22. Tatuaggio
Questa fanfiction partecipa alla challenge "Il fiore si nasconde nell'erba, ma il vento sparge il suo profumo" indetta da Torre di Carta.
Prompt: #01. "Sei la fiamma del mio cuore" (Tabella colori, Camelia | Rossa)



Solo un altro giorno


Touya fece per accarezzare con la punta delle dita la porzione di pelle coperta dalla maglia, non si toccò, perché sapeva che si sarebbe fatto male. Era un gesto apparentemente insensato per chi guardava, ma non per lui: sentiva la pelle bruciare e pulsare, prudere di irritazione mentre la ferita di inchiostro sulla scapola cominciava il suo lento processo di guarigione.
Era stata una decisione improvvisa, la sua. Il desiderio di incidersi la pelle, farsi male, rendendo reali i suoi sentimenti, quel continuo martellare nella sua testa che non smetteva mai, neppure mentre dormiva. Era lì, e lo rendeva diverso, malato per la società e, in parte, anche per se stesso.
Ripensò a Shouto, così delicato e dolce, così ingenuo mentre gli sorrideva e lo cercava, lo amava. Ma non era la stessa cosa, non era mai la stessa cosa, né abbastanza.
«Ti amo, Touya-nii!» diceva con quella sua innocenza dettata dai suoi tredici anni e lui, che di anni ne aveva ventitré, cominciava a rendersi conto della reale portata del desiderio che provava verso suo fratello minore; era pericoloso e ruggente, reso più agitato dall'età e dalla consapevolezza.
Era stato facile arginarlo durante l'adolescenza: gli ormoni avevano fatto il lavoro al posto suo, rendendolo un ragazzo tutt'altro che per bene; aveva cominciato a uscire e divertirsi, fare sesso senza strascichi. Preferiva fossero vergini però, in un palliativo di quel fuoco che gli ardeva dall'interno, quella fiamma che gli imprigionava il cuore e su cui era inciso il nome di suo fratello.
Si chiuse la porta di casa alle spalle. Il rumore non passò inosservato, ma non si era aspettato tanta fortuna: del resto era l'irresponsabile di famiglia.
«Dove sei stato?» la voce di suo padre era severa, ma non troppo crudele: era arrivato per tempo e sua madre gli sorrideva dal piano cottura. Non c'era modo per cercare il litigio, non in quel frangente e Touya non aveva voglia di pensare. Natsuo probabilmente era in camera ad ascoltare della musica e Fuyumi al telefono, magari con un'amica. Shouto...
Non ebbe neppure bisogno di chiederselo, dato che il rumore di passi nel lungo corridoio annunciò il suo arrivo - avrebbe riconosciuto la sua falcata tra mille. «Touya-nii!» ed eccolo lì, il suo fratellino, l'immagine stessa della gioia. Touya sapeva di essere fortunato: aveva una famiglia amorevole, dei fratelli con cui si trovava bene e che lo amavano. Eppure qualcosa era andato storto, nel mezzo; cosa aveva reso, la famiglia Todoroki, adatta a crescere quell'errore che era lui?
Touya sorrise, scompigliando i capelli rossi e bianchi del fratellino che, con quel suo sguardo di duplice colore, sembrava irradiare pura luce.
Non sapeva se era la sua percezione, ma Shouto lo guardava davvero come se fosse la sola cosa importante nell'intero mondo; era qualcosa di strano, perché neppure con Natsuo – con il quale era molto legato – succedeva. Loro erano fratelli, proprio come con Fuyumi... ma Shouto, Shouto si illuminava e gli faceva così paura la consapevolezza che se avesse ceduto ai suoi desideri, non ci sarebbe voluto nulla, per averlo davvero tra le sue braccia, che avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva.
Non era neppure questione di “se”, in effetti, ma di “quando”. Touya non era così forte; si era fatto incidere sulla pelle il proprio desiderio come memento, ma sapeva che non sarebbe bastato, non sarebbe mai stato abbastanza per ancorarlo. Shouto era il sole – al contrario di quello che l'altro sembrava pensare nel guardarlo – e lui era la luna: erano un cliché. E in lui stava crescendo il male.
«Vado in camera. Tra quanto sarà pronta la cena?» domandò, rivolgendo lo sguardo verso sua madre; era una donna gentile, pacata e fragile, qualità che aveva trasmesso a tutti, specialmente a Shouto, ma non a lui, a riprova che dovesse esserci un figlio differente. Lui era come suo padre: tormentato, diretto e ossessivo.
«Tra mezz'ora. Non ti mettere a dormire!» lo reguardì la donna, tornando alla pentola da cui proveniva un odore di buono, come sempre. Suo padre stava leggendo il giornale e non prestava loro attenzione, ma era la prassi. Non era un uomo cattivo, solo... non era il padre perfetto.
«Posso venire?» gli domandò Shouto, il suo sguardo deciso. «Solo se hai finito i compiti, Sho-chan.» lui annuì. «Tutto fatto.»
Ovviamente, non si era mai aspettato di meno: era così responsabile in tutto ciò che faceva che, a volte, lo odiava quasi quanto lo amava.
Si limitò a fargli un cenno, mentre procedeva lungo il corridoio. Shouto gli era dietro di qualche passo, ma Touya sapeva che stava sorridendo.
«Hai detto che ti saresti fatto un tatuaggio.» gli rese noto Shouto, una volta che furono in camera; Touya si era seduto sul letto, Shouto era sul pavimento, in una posizione inginocchiata così per bene, che gli faceva venire voglia di spingerlo a terra.
«Già.» glielo aveva detto? Probabile, dato che l'altro riusciva sempre a farlo parlare, in un modo o nell'altro. «L'ho fatto.»
«Papà si arrabbierà.» gli fece notare il fratello minore, ma Touya ammiccò. «E sarai tu a dirglielo?»
«Ma-»
«Non è in un punto che scopro spesso.» Shouto lo guardò, le labbra socchiuse e gli occhi un po' dilatati, mentre arrossiva. Ah, accidenti, perché doveva lasciarsi andare alle provocazioni, se la sola visione di Shouto che si imbarazzava pensando a dove avrebbe potuto farsi il tatuaggio, lo rendeva la bestia che era e doveva usare tutta la sua presa per non cedere?
Touya si sporse un poco, prima di sollevarsi la maglietta, abbastanza da scoprirsi la scapola destra e mostrarla al fratello, girandosi nella sua direzione. «Lo vedi?»
Era di dimensioni contenute, avrebbe coperto il dorso di una mano: un cuore rosso, sfumato di bianco, da cui partivano delle fiamme di fuoco che lo circondavano, avvolgendolo completamente. Era un gioco di colori e sfumature di rosso, grigio, bianco e azzurro, inchiostrato di nero. «Mi piace un sacco.» mormorò Shouto; non osava allungarsi per toccarlo, perché vedeva la pelle traslucida di crema e arrossata, ancora coperta da una pellicola trasparente.
Touya sorrise amaro, non visto. Il fatto che Shouto lo trovasse bello, rendeva la situazione ancora più surreale, perché quel cuore era il suo, avvinto dalle fiamme che Shouto gli scatenava dentro. Aveva chiesto che le fiamme formassero una “S” intorno al cuore, in modo da non rendere così palese la presenza di quel dettaglio che, a un occhio non attento e superficiale, sarebbe sfuggito, considerando anche l'utilizzo dell'alfabeto straniero. Si era inciso la propria condanna sulla pelle per non dimenticare mai, nella speranza di farvi appello nei momenti più duri. Sapeva che sarebbero arrivati, ancora e ancora e ancora.
La voce di Rei, sua madre, li riscosse entrambi. Shouto si sollevò in piedi, con quel suo portamento aggraziato e Touya si riabbassò cautamente la maglia, sfregando sulla ferita e rabbrividendo, perché faceva male, ma era giusto così. C'era abituato.
Osservò Shouto sorridergli, prima di precederlo e sentì una fitta al cuore e là, dove se lo era fatto denudare sulla pelle. Ce l'avrebbe fatta ancora.
Doveva resistere fino al giorno successivo e quello dopo, e poi quello dopo ancora, in un loop infinito che era il solo appiglio che aveva per mantenere lo status quo, almeno fino a quando non avrebbe ceduto o fino a quando Shouto lo avesse voluto accanto come fratello. Ancora un po', solo un altro po', mentre le fiamme lo incenerivano.


Fine
   
 
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