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Autore: CrossoverManZero    18/08/2021    2 recensioni
Il mondo criminale di New York è sotto assedio. Qualcosa o qualcuno sta terrorizzando i criminali della città, in una solitaria guerra contro il crimine. Non è un supereroe, ma qualcos'altro. E' una Creatura della Notte. Un Uomo Pipistrello. Un Crociato Incappucciato. Un Cavaliere Oscuro. Lui è... Batman
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Saaaaaaaaaaaaaaalve a tutti! Sono tornato e con un capitolo, anzi, con il PRIMO capitolo della mia fanfiction su Batman! In questo capitolo verranno presentati alcuni dei personaggi di questa storia. Avviso che ci sarà poca azione, ma spero che vi piaccia comunque. Buona lettura!
 
 
 
 
Max Drake
 
 
 
Il detective Carlie Cooper trattenne uno sbadiglio, mentre si versava del caffè prima di dirigersi nella sala riunioni della Centrale di Polizia. Ultimamente non si parlava d’altro se non di quel nuovo vigilante che sembrava aver preso di mira la malavita newyorchese. Perciò il nuovo Commissario, appena giunto da Chicago, aveva indetto una riunione per capire come lavorare al caso. Durante il tragitto, Carlie passò davanti al muro dove erano appese le foto di tutti gli agenti morti in servizio e una in particolare attirò la sua attenzione. Raffigurava una donna con la pelle abbronzata, gli occhi azzurri e i capelli neri raccolti in una coda di cavallo. Lesse il nome nella targhetta sottostante: Sergente Megan Hobbs. Carlie sospirò pesantemente, mentre andava indietro nei ricordi. Megan era una sua vecchia compagna d’accademia e si erano piaciute fin da subito, diventando presto buone amiche. Era una tipa coraggiosa, tenace e soprattutto testarda. Quando si metteva in testa una cosa, non c’era verso di farle cambiare idea. Questo le valse il soprannome di “Bulldog”. Una volta ottenuto il distintivo, le due si persero di vista, rimanendo però sempre in contatto. Grazie alle sue abilità, Megan fece subito carriera e in pochi anni venne promossa al grado di sergente. Purtroppo, a differenza della sua vita lavorativa, quella privata fu un disastro: sposò un uomo di nome Jacob Drake che si rivelò essere un poco di buono. Quando Megan rimase incinta, lui scappò con tutti i loro soldi, facendo perdere le sue tracce. Fortunatamente il padre di Jacob, Albert, ex marine che gestiva un pub, accolse Megan in casa sua e le cose sembrarono migliorare con la nascita di suo figlio, Max. A quanto pare, Megan aveva finalmente trovato un po' di pace… finché, un brutto giorno, Carlie seppe dal notiziario che la sua amica era stata uccisa in un vicolo da un rapinatore. E il peggio fu che accadde tutto di fronte al piccolo Max di soli sei anni. Carlie non scorderà mai il volto di quel povero bambino quando lo portarono in centrale come unico testimone. L’espressione apatica, tradita solo dalle lacrime che scendevano copiose. L’ultima volta che lo vide, fu al funerale di Megan, insieme ad Albert. Da allora sono passati undici anni e non ha più saputo niente di nessuno dei due. Attribuirono la morte di Megan a una rapina finita male, ma Carlie non ci ha mai creduto, perché lei sapeva che la sua amica stava indagando su un traffico di droga collegato a Vito Gigante, potente boss mafioso. Diceva sempre di essere a una svolta, che presto avrebbe trovato prove sufficienti a incastrarlo. Ma purtroppo non ne ebbe l’occasione e, con la sua morte, il caso venne archiviato. Carlie bevve il resto del caffè e continuò per la sala riunioni, relegando nella mente quei brutti ricordi. Una volta entrata, vide che erano presenti molti dei suoi colleghi, compreso uno che avrebbe preferito evitare: il detective Eduardo Rojas. Carlie trattenne un moto di stizza; Rojas non era quello che si può definire un poliziotto modello: era meschino, vendicativo, presuntuoso, sessista, razzista e violento. Correva voce che fosse anche corrotto ma non venne mai provato per mancanza di prove. Però si diceva che due notti fa aveva avuto un faccia a faccia proprio con il vigilante, prendendole di santa ragione e sia il collare ortopedico che i cerotti che portava sul naso e sulla tempia destra sembravano confermarlo. Appesi al muro c’erano tre fogli per l’identikit e su ciascuno era raffigurata una possibile descrizione del vigilante. Il primo rappresentava un mostruoso pipistrello antropomorfo, degno di un film horror di serie Z. Il secondo aveva un aspetto più umano, simile al classico supereroe in costume. Infine il terzo era simile al secondo ma con dettagli più evidenti: si notavano meglio gli stivali e una cintura, i bordi del mantello erano più appuntiti e la maschera presentava due orecchie a punta. In quel momento entrò un uomo sulla cinquantina dai capelli rossicci, folti baffi e con gli occhiali. Era il nuovo Commissario, Michael B. Bale.
 
-Va bene, signori, sedetevi e smettete per un attimo di fare gli isterici, ok? C’è del lavoro da fare.- esordì, mettendosi di fronte ai fogli per l’identikit mentre gli altri si sedevano.
 
-Secondo i dati che abbiamo raccolto finora, questo nuovo vigilante… o Batman, come lo chiamano tutti… avrebbe commesso settantacinque aggressioni nelle ultime cinque settimane, le più recenti risalgono a ieri notte. Sono emersi degli schemi fissi nella sua tempistica e nei suoi metodi. Quell’uomo possiede straordinarie capacità fisiche…-
 
-Macché uomo…- borbottò Rojas, interrompendo Bale.
 
-Vuole partecipare alla discussione, detective Rojas?-
 
-Dico solo che non è umano, ecco. Io l’ho visto bene e non aveva nulla di umano. Di sicuro sarà un mutante o uno di quegli Inumani. Ormai quei mostri sono dappertutto e…-
 
-Sì, grazie detective Rojas.- lo interruppe il commissario, accendendosi una sigaretta. Anche Cooper fu sollevata che l’odioso collega fosse stato zittito, non dovendo così sorbirsi l’ennesimo commento razzista. Bale espirò una lunga boccata di fumo per poi continuare.
 
-Come stavo dicendo, anche se il vigilante è stato attento a restare imprevedibile, scegliendo a caso i quartieri in cui effettuare le sue aggressioni, agisce regolarmente tra la mezzanotte e le quattro del mattino. Sta rapidamente scalando i vertici della malavita newyorchese, passando dai criminali di strada ai livelli più alti, dal tossico rapinatore allo spacciatore, fino al trafficante… e anche a tutti i poliziotti che magari “facilitano” questi passaggi.-. A quel punto si girò di nuovo verso Rojas.
 
-Allora, Rojas, mi hanno detto che ha avuto un incontro ravvicinato con Batman. Ci dica quello che sa. E non esageri.-
 
-È come ho scritto nel rapporto, signore. Due notti fa ho ricevuto una soffiata anonima e ho sorpreso in flagrante un traffico di cocaina dalle parti del Bronx. Stavo procedendo ad arrestare da solo i criminali, poi…- finge di tossire e si guarda intorno per vedere se qualcuno contesta quello che dice e poi prosegue. Carlie alza gli occhi al cielo, sapendo benissimo che gran parte di quello che dice il suo collega è inventato di sana pianta.
 
-…poi ho sentito battere due ali gigantesche. È volato giù dal cielo…-. Qualcuno ridacchia. Rojas si fa ancora più rosso.
 
-Le sue ali erano larghe almeno dieci metri. Urlava come… bè, non ho mai sentito niente del genere. Uno dei criminali non ancora arrestati ha estratto una 357 Magnum, ha sparato a bruciapelo alla creatura… e il proiettile gli è passato attraverso, come se fosse fatto d’aria…-. I grugniti e le risatine lo bloccano per un secondo. Carlie lo vede lanciare uno sguardo che vorrebbe incorniciare e appendere al muro.
 
-Altri trafficanti hanno estratto le pistole… dalla mano di quell’essere è volato qualcosa. Ho notato che aveva gli artigli… erano delle specie di dardi… hanno paralizzato i criminali. E poi ha preso di mira me.-. Cominciarono a volare commenti ironici che fecero agitare Rojas. Bale sollevò le mani, tentando di calmare gli animi.
 
-Signori, per favore… La ringrazio, Rojas. Lo terremo in considerazione. Ora, anche se questo Batman è in azione da poco tempo, la sua popolarità sta crescendo a vista d’occhio, sollevando un bel polverone. Di conseguenza, l’ufficio del Procuratore Distrettuale mi sta col fiato sul collo per far sparire dalle strade quel vigilante. Dobbiamo circoscrivere gli avvistamenti, capire in che zona sono più frequenti e riuscire ad anticiparlo in modo da tendergli una trappola.-
 
-Scusi, Commissario…- s’intromise Carlie -… ma siamo sicuri che sia la cosa giusta da fare? Voglio dire, i metodi di Batman sono discutibili e di sicuro sta infrangendo un sacco di leggi con la sua condotta di giustiziere, ma… in fondo, se la prende solo con i criminali, no? Sono molte le testimonianze che lo confermano e non è certo l’unico vigilante mascherato in città: Iron Fist, Spider-Man, Daredevil e molti altri ne sono un chiaro esempio.-
 
-Figurarsi se non intervenivi in sua difesa, Cooper. Da bravo sbirro in gonnella quale sei. Sempre a fartela con quei criminali mascherati.- intervenne Rojas con fare provocatorio. Ma Carlie non raccolse la provocazione e rispose a tono, rincarando la dose.
 
-Sai, Rojas, non tutti i criminali si nascondono dietro a una maschera. Alcuni lo fanno dietro a un distintivo.-. La contro-provocazione ebbe l’effetto desiderato, dato che Rojas si alzò in piedi, furibondo.
 
-Chiudi la bocca, stupida putt- -
 
-BASTA COSI’!- urlò Bale sbattendo una mano sulla scrivania.
 
-Questo non è il momento di metterci a litigare tra noi! Adesso si sieda, Rojas!-
 
-Ma, Commissario…-
 
-Si sieda! O la sospendo!- concluse Bale, risoluto. Rojas rimase interdetto per qualche attimo, per poi bofonchiare un “sissignore” e sedersi, non prima di lanciare a Carlie uno sguardo vendicativo.
 
-Riguardo a lei, detective Cooper, capisco la sua opinione e, in un certo senso, la condivido: il mese scorso Devil ha salvato mia moglie da un’aggressione. Tuttavia noi restiamo dei poliziotti e il nostro dovere è far rispettare le regole. Adesso tutti al lavoro!-
 
Iniziarono tutti ad uscire dalla sala. Nel mentre, Carlie si rese conto che il commissario Bale la pensava come lei riguardo a Batman e aveva anche la convinzione che quest’ultimo si sarebbe presto rivelato un alleato prezioso.
 
 
 
In un modesto appartamento di Long Island, Albert Drake stava preparando la colazione, a base di uova, bacon e toast imburrati, per suo nipote Max. Dopo aver sistemato la colazione nei piatti, prese il giornale e s’incupì leggendo la prima pagina: l’articolo era intitolato “BAT-MARCHIO DI GIUSTIZIA?” e la foto mostrava il criminale Pagliacci portato via dalla polizia, con il corpo pieno di lividi e lesioni. Un ingrandimento della foto mostrava il marchio a forma di pipistrello impresso a fuoco sulla pelle del criminale.
 
-Non può essere! Mi aveva promesso che non l’avrebbe fatto!- disse contrariato prima di gettare il giornale sul tavolo. -Stavolta mi sente!- sbottò prima di cominciare a chiamare il nipote.
 
-Max! Forza, svegliati! È pronta la colazione!- ma non ci fu risposta.
 
-Andiamo, Max. tra poco devo aprire il pub e tu devi andare a scuola, perciò alzati!- ma ottenne di nuovo il silenzio. A quel punto, spazientito, Albert iniziò a camminare, aiutato dal bastone, verso la camera del nipote, deciso a dirgliene quattro.
 
-Maximilian Drake! Non ho acconsentito a lasciarti scorrazzare la notte, vestito da topo volante, solo perché tu dormissi tutto il giorno!- tuonò solenne, aprendo di scatto la porta della stanza, trovandola vuota e il letto completamente intatto, segno che non è stato utilizzato. Dopo un iniziale smarrimento, Albert si portò la mano alla fronte, sospirando rassegnato.
 
-Ha di nuovo passato la notte lì sotto. A volte vorrei sapere perché mi ostino a rifargli il letto, dato che non lo usa praticamente mai!-. Mise la colazione e il giornale su un vassoio e si diresse verso la porta d’ingresso. Una volta arrivato, aprì una botola lì vicino, scese delle scale e arrivò a un’altra porta che portava al suo pub, l’“Old Soldier”, situato proprio sotto l’appartamento. Entrò nella dispensa, fermandosi di fronte a un enorme scaffale pieno di bottiglie di vino. Lì accanto c’era un vecchio orologio a pendolo. Albert poggiò la mano sulle lancette e le ruotò in senso orario, con un giro completo. Così facendo, attivò un meccanismo e lo scaffale si aprì in due, rivelando un ascensore segreto. Entrò nell’ascensore che, una volta richiuso, iniziò a scendere. Durante la discesa, ripensò a come aveva scoperto quasi per caso quell’ingresso segreto, durante una pulizia del pub. Lui e suo nipote, tornato un anno prima da un lungo viaggio all’estero durato sette anni, scoprirono che era l’ingresso di una base sotterranea situata in un enorme complesso di caverne e tunnel che si estendeva per chilometri sotto la città. Talmente vasto che non riuscirono a esplorarlo per intero. Suo nipote Max s’intendeva di tecnologia e riuscì a riattivare i computer della base, scoprendo che in origine quei tunnel appartenevano all’Uomo Talpa, vecchio nemico dei Fantastici Quattro, e che l’organizzazione terroristica A.I.M.(Avanzate Idee Meccaniche) aveva piantato lì uno dei suoi tanti laboratori. Ma ora era abbandonato. Nel giro di un anno, Max riaggiornò la tecnologia di quella base, trasformandola nel suo quartier generale, a cui Albert diede affettuosamente il nome di “Batcaverna”. Una volta arrivato, Albert attraversò la caverna, notando gli strumenti tecnologici, le passerelle con sopra mezzi di trasporto ancora in costruzione e teche contenenti costumi da Batman di ricambio. Albert trattenne una smorfia infastidita: quando sua nuora, Megan, venne assassinata, Albert prese con sé Max, crescendolo e addestrandolo in modo che potesse difendersi. Per i primi tre anni lo allenò personalmente, insegnandogli tutti i trucchi che aveva imparato nei marines. Poi lo mandò da un suo vecchio amico in Oriente, in modo che imparasse le arti marziali, e non lo rivide per sette anni. Certo, quando tornò, non poteva immaginare che volesse intraprendere una sua personale guerra al crimine, per di più come un vigilante mascherato. Infatti, all’inizio si oppose, ma poi lo guardò negli occhi e vide quello sguardo determinato che ha avuto da quando aveva seppellito sua madre. Capì che non sarebbe mai riuscito a fermarlo, quindi decise di aiutarlo, in modo da poterlo proteggere, facendosi però promettere che non avrebbe mai ucciso nessuno e che avrebbe continuato gli studi. Albert si avvicinò al Bat-Computer e vide suo nipote, Max Drake, mentre dormiva sdraiato sulla sedia, russando sonoramente. Aveva ancora addosso il costume eccetto la maschera, rivelando il volto di un diciassettenne dalla pelle chiara e corti capelli neri. Gli mise la mano sulla spalla e lo scosse leggermente, in modo svegliarlo.
 
-Avanti, Max, svegliati. È ora di alzarsi.-
 
Il ragazzo grugnì infastidito prima di aprire gli occhi azzurri.
 
-Hrm. I pipistrelli sono animali notturni.- biascicò mentre si sfregava gli occhi.
 
-Può darsi, ma le persone non lo sono e di solito, a quest’ora, si alzano per andare a scuola. Però prima… spiegami QUESTO!- sbattè il giornale sulla tastiera. Max lesse l’articolo che riguardava il suo alter-ego, con il volto apparentemente inespressivo.
 
-È della buona pubblicità. E comunque bisognava mandare alla malavita un messaggio ben chiaro.-
 
-Un messaggio?! Cristo, Max, quel poveraccio è mezzo morto! E mi sembrava di averti già dato la mia opinione riguardo al “marchio”!- sbottò Albert, spazientito.
 
-Per prima cosa, quel “poveraccio” contrabbandava esseri umani, trattandoli come se fossero solamente della merce! E per quanto riguarda il marchio…- Max s’interruppe, per poi sospirare. –Siamo criminali, nonno. Per il mondo lo siamo sempre stati. Tutto questo tempo e non è cambiato nulla.-
 
-Oh, ti sbagli Max: è cambiato tutto.- digitò qualcosa sulla tastiera e sugli schermi apparvero immagini riguardanti l’attacco dei Leviatani e la conquista del mondo da parte dell’Hydra. –Le bestie cadono dal cielo. Gli idoli tradiscono il loro stesso popolo. Degli innocenti muoiono. È così che inizia: la smania, la rabbia, il senso di completa impotenza. Avvelenano l’animo degli uomini buoni e li rendono… crudeli.- mentre Albert parlava, Max iniziava a cambiarsi d’abito. Nel farlo, si scoprì la schiena, rivelando alcuni lividi e ferite ricucite, frutto di mesi passati a combattere il crimine. Ogni volta che li vedeva, Albert aveva un moto d’apprensione.
 
-Devi riconoscere i tuoi limiti, Max.-
 
-Batman non ha limiti. Non ne ha.-
 
-Ma tu sì.-
 
-Beh, non posso permettermi di conoscerli.-
 
-E che succederà, allora, il giorno in cui li scoprirai?-
 
-Andiamo, nonno. Sappiamo entrambi quanto ti piace dire “Te l’avevo detto”. Facevi così anche con la mamma.-
 
-Lo so, Max. e mi manca ogni giorno. Già è stato straziante perdere lei, se dovesse capitare anche a te…-
 
Max vide suo nonno chinare la testa, affranto. Gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
 
-Non accadrà, nonno. Non lo permetterò.-
 
Poco dopo i due si strinsero in un abbraccio.
 
-Bene. Spero almeno che la tua piccola scorribanda abbia portato a qualche progresso nella tua indagine.- disse Albert.
 
-Purtroppo no. Era un pesce troppo piccolo. Se voglio risposte, devo arrivare a lui.-. Sullo schermo comparve la foto di un uomo di mezza età, con i capelli castani e una cicatrice sopra l’occhio destro. –Rosario Gigante, figlio di Vito Gigante e attuale capo della famiglia mafiosa omonima, dopo la morte di quest’ultimo.-
 
-Quindi sarebbe Gigante il nostro uomo?-
 
-No. Risponde anche lui a qualcuno. Ma ancora non ho scoperto chi. Ma chiunque sia, deve essere una persona molto potente se tiene al guinzaglio gente come i Gigante.-
 
-Potrebbe trattarsi di Kingpin?- Max si prese il mento tra le dita, rimuginando sul quesito.
 
-Mmh, è possibile. Anche se ultimamente Fisk sembra più concentrato sulla sua carriera di sindaco. Secondo me abbiamo a che fare con un nuovo elemento.-
 
In quel momento, sullo schermo apparve l’avviso di una richiesta di chiamata. Max l’accettò e subito dopo comparve il volto di Anna Maria Marconi, capo della sede di Londra delle Parker Industries.
 
-Ehilà, come sta il mio vigilante preferito?- chiese la donna, sorridendo.
 
-Ciao, Anna.-
 
-Signorina Marconi.-
 
-Albert, ti ho già detto di chiamarmi Anna.-
 
-Anna, tra poco devo andare a scuola, quindi potresti dirci il motivo della chiamata?-
 
-Dritto al sodo come sempre, eh Max?- disse con un sorriso sornione. –Va bene, ti ho chiamato per dirti che i nuovi componenti per la moto sono già in viaggio. Dovrebbero arrivarti tra due settimane.-
 
-Grazie, Anna. Finalmente potrò muovermi più facilmente in città. A proposito, ti ringrazio anche per il nuovo rampino. Funziona a meraviglia.-
 
-È un piacere, Max. D’altronde non sei il primo eroe mascherato con cui lavoro: le Parker Industries forniscono tecnologia anche a Spider-Man, ricordi?-
 
-Sì, con la differenza che la vostra collaborazione con Spidey è praticamente di dominio pubblico, mentre con me sei costretta a mentire anche al tuo capo.-
 
-Beh, mentire a Peter è la parte più antipatica, ma finora è sotto controllo.-
 
-Mi dispiace metterti in questa situazione. So che tu e il signor Parker siete molto amici.- disse Max, sinceramente dispiaciuto.
 
-Rilassati, Max. come ti ho detto, è tutto sotto controllo. E poi lo faccio per una buona causa: anch’io credo ci sia bisogno di Batman.-
 
-Ti ringrazio, Anna. Ora devo proprio andare o faccio tardi a scuola.-
 
-Ok, allora non ti rubo altro tempo. Buona scuola, Max. Ciao, Albert.- la donna chiuse la comunicazione, mentre Max si diresse verso l’ascensore.
 
-A proposito, ti dà ancora fastidio quel tuo compagno di scuola? De Marinis, giusto?- chiese Albert al nipote.
 
-Purtroppo sì. Però il preside lo ha sospeso per aver quasi dato fuoco al laboratorio di chimica, quindi per una settimana dovremmo stare tranquilli. E pensare che, quando lo hanno beccato, ha avuto la faccia tosta di dare la colpa a me.- replicò Max, con fare scocciato.
 
-Bah, non mi è mai piaciuto quel ragazzo. Solo perché è di famiglia ricca, crede di poter fare quello che vuole. Per fortuna il preside Hoggins la pensa diversamente.-
 
-Ok, nonno, salgo a prendere lo zaino e vado. Se c’è un emergenza, il Batwave mi avviserà.- disse il ragazzo mentre le porte dell’ascensore si aprivano.
 
-Aspetta, Max.- lo chiamò Albert.
 
-Sì?-
 
-Dimentichi questo.- gli porse un oggetto avvolto nella carta stagnola. A quella vista, il volto di Max si rabbuiò per un attimo.
 
-Ti ringrazio, nonno.- prese l’oggetto ed entrò nell’ascensore che lo riportò al pub. Poi raggiunse la sua camera, dove prese lo zaino e lo skateboard e uscì di casa. Una volta fuori, salì sullo skate e cominciò a dirigersi verso la fermata dell’autobus che lo avrebbe portato a scuola. Lungo la strada incontrò due amici di suo nonno: i signori Kane e Finger, proprietari di un negozio di frutta.
 
-Hey, Max, buongiorno!- lo salutarono i due.
 
-Buongiorno, signor Kane. Buongiorno, signor Finger.- rispose il ragazzo.
 
-Dove te ne vai?- chiese Finger.
 
-A scuola.- rispose Max.
 
-Bene, bene. Continua così, ragazzo. Studia e fatti un’istruzione. È l’unico modo per riuscire nella vita.- disse Kane. In quel momento sentirono una campanella e videro un uomo anziano coi capelli grigi, i baffi e gli occhiali, dirigersi verso di loro in bicicletta. Max lo riconobbe: era Stan, gestore di una pizzeria nei pressi Broadway e altro amico di suo nonno.
 
-Buongiorno, Max. Ragazzi.- salutò l’uomo.
 
-Ciao, Stan.- risposero in coro i tre.
 
-Come va, ragazzo? E che dice il vecchio Albert?-
 
-Una roccia, come sempre.- rispose Max.
 
-Heh, Albert, vecchia canaglia!- commentò Finger con fare scherzoso. –Credimi, ragazzo: tuo nonno ci seppellirà tutti!-
 
-Parole sante!- gli diede ragione Kane.
 
-Scusate, ragazzi, ma devo proprio andare o rischio di perdere l’autobus.- fece notare Max.
 
-Allora buona scuola, figliolo!- gli disse Stan –E ricordati…-
 
-Excelsior!- gridarono in coro mentre il ragazzo proseguiva per la sua strada, prima di arrivare ad un vicolo. Ma non era un vicolo qualunque, bensì uno che Max conosceva fin troppo bene: Crime Alley. Raggiunse l’unico punto illuminato e, mentre si inginocchiava, tirava fuori dallo zaino l’oggetto ricevuto dal nonno, rimuovendo la stagnola e mostrandolo per ciò che era: una rosa. Max la poggiò in un punto preciso del terreno, mentre la sua mente lo riportava indietro nel tempo. A quella tragica notte di undici anni fa: un Max Drake di sei anni era insieme a sua madre, Megan, e stavano tornando a casa dopo un pomeriggio passato fra cinema e parchi giochi. Tiene sua madre per mano mentre con l’altra agitava un pupazzo con le sembianze di Spider-Man, ridendo felice. Non poteva sapere che la sua felicità e la sua infanzia stavano per finire. Una volta imboccato Crime Alley e raggiunto un punto illuminato da un lampione, Megan prende Max per la spalla e lo porta dietro di sé per proteggerlo. Dall’oscurità emerge la figura di un uomo in impermeabile e cappello. Il piccolo Max non riusciva a vedergli il volto e aveva paura.
 
-Buonasera, sergente.- disse l’uomo, con voce falsamente cordiale.
 
-Chi è lei? Cosa vuole da me?!- chiese Megan, pronta a tutto pur di proteggere suo figlio.
 
-Mi hanno mandato a sistemare… una ficcanaso!- fece per estrarre la pistola ma la poliziotta gli si gettò addosso, tentando di disarmarlo.
 
-Scappa, Max!-
 
Il bambino era pietrificato dal terrore mentre vedeva la madre lottare contro l’uomo armato, finché…
 
BANG!!!
 
Lo sparo riecheggiò nel vicolo, mentre il corpo di Megan s’irrigidiva e del sangue cominciava a gocciolare sul pavimento.
 
BANG!!!
 
Il secondo sparo fu più forte del primo e Megan cadde all’indietro, con due fori di proiettile nell’addome, sotto gli occhi sconvolti di suo figlio. L’assassino punta la pistola su Max, ma poi sente le sirene della polizia e si dà alla fuga. Max è sotto shock, il suo volto è una maschera di pietra, senza emozioni, tradito solo dalle lacrime che gli rigano il volto.
 
-Max…- il gemito di sua madre lo fa voltare verso di lei e, con movimenti meccanici, le si inginocchia accanto, prendendole la mano sporca di sangue.
 
-Max… non piangere… non avere… paura…- con queste parole, Megan chiuse gli occhi. Per sempre.
 
-Mamma?- chiese il bambino, continuando a tenerle la mano e ottenendo in risposta solo il silenzio.
 
-Morta. È… morta.-
 
Il fascio di luce di una volante lo avvolse, mettendo fine al ricordo. Nel presente, Max era ancora inginocchiato a terra, con la rosa poggiata nello stesso identico punto dove sua madre morì. E aveva gli occhi bagnati di lacrime.
 
-“Sono passati undici anni, mamma.- pensò, sforzandosi di controllare le emozioni. –“Undici anni da quella notte. Undici anni da quando la mia vita ha smesso di avere senso. Oggi ti rinnovo la mia promessa che feci allora: giuro che vendicherò la tua morte, dedicando la mia vita a liberare questa città dal crimine. Quello stesso crimine che si è preso la tua vita e la mia infanzia. Te lo giuro, mamma, nessun altro soffrirà come ho sofferto io. Non finché avrò vita.”- pronunciando questo silenzioso giuramento, Max si alzò e uscì dal vicolo, lasciando lì la rosa. Una volta fuori si diresse verso la fermata dell’autobus, prendendo quello per la scuola. Per un po' il tragitto fu tranquillo, finché un tizio non iniziò a importunarlo.
 
-Ehi, piccolo, hai qualche spicciolo?- chiese con insistenza.
 
-Perché non ti trovi un lavoro, invece d’infastidire la gente?!- rispose Max, irritato. All’inizio sembrò rinunciare, ma poi si accorse che tentava di mettere le mani nello zaino.
 
-Giù le mani, mister!-urlò spingendolo via.
 
-Ok, stronzetto, ultimo avviso: dammi quello che hai nello zaino o ti spacco tutti i denti!- urlò l’uomo di rimando mentre gli altri passeggeri, conducente compreso, pensavano ai fatti propri avendo paura di farsi male.
 
-Ho dei libri di scuola, così almeno impari qualcosa.- disse Max, schernendo il borseggiatore. Questi provò a tirargli un pugno che venne prontamente schivato dal ragazzo, beccando invece una sbarra di metallo e facendo diventare rossa la mano.
 
-Argh! Piccolo verme!- disse tentando di colpirlo con la mano buona e finendo per colpire uno dei sedili.
 
-Dio, che dolore! Ti ammazzo, pezzo gi fogna!- urlò dandogli un calcio che Max riuscì a parare, per poi afferrare il piede del delinquente e rovesciarlo a terra. L’autobus arrivò a destinazione e Max prese lo zaino e lo skate, guardando le gente sul bus con aria schifata.
 
-Grazie per l’aiuto!- disse disgustato, scendendo dall’autobus di fronte alla Midtown High, ex scuola di uno dei suoi idoli: Peter Parker, fondatore delle Parker Industries.
 
-“Ecco Jordan, con la limo ovviamente”- pensò vedendo la limousine con una donna bionda, bellissima e formosa, in un completo bianco che apriva una delle portiere dell’auto, facendo uscire un ragazzo biondo con gli occhi di smeraldo e la camicia sbottonata: Jordan De Marinis, italoamericano di famiglia molto ricca e che amava bullizzare Max fin dalle elementari.
 
-Grazie, Beatrix.- disse uscendo.
 
-Ehi, De Marinis! Se non sbaglio sei ancora sospeso! Che diavolo ci fai qui?!- esclamò Max, parecchio arrabbiato nel rivederlo.
 
-Devo solo consegnare un foglio e poi me ne vado, Drake.- rispose facendosi accompagnare dalla segretaria. –Stai al tuo posto, pezzente.- aggiunse, facendo notare la differenza economica tra i due.
 
-“L’unico lato positivo dell’essere lui sarebbe avere quello schianto di donna sempre vicino.”- pensò guardando la donna di  circa trent’anni.
 
-Serve qualcosa?- chiese quest’ultima, notando che la stava fissando.
 
-No, no, grazie!- rispose Max, entrando frettolosamente a scuola. Una volta entrato sentì una voce.
 
-Ehi, Max…- si voltò e vide una ragazza castana con occhiali da sole alla moda, giacchetta di pelle nera e jeans con scarpe basse, il tutto accompagnato da un sorriso furbo e un viso dolce.
 
-“Oddio, Stephanie “Steph” Carson, la ragazza più carina della scuola, sta parlando con me! Dai, Drake, pensa a qualcosa di carino! E non sembrare idiota!”- pensò lui guardando la ragazza.
 
-Ehm, ciao Steph. Non dovresti essere già in classe? La lezione di Scienze inizia tra poco…- disse titubante.
 
-Sì, beh, non ho tutta questa fretta di sentire l’ennesimo sproloquio del professor Wagner. E poi… è molto più interessante parlare con te.- rispose lei avvicinando il viso a quello del ragazzo imbarazzato.
 
-Uh, Steph… è meglio che vada. Ci vediamo in classe.- si allontanò in tutta fretta, raggiungendo il suo armadietto.
 
-“Wow, ogni volta che parlo con Stephanie mi viene un batticuore incredibile! Ma come posso piacere a una come lei, io che sono un nessuno? E poi, è meglio così: Batman deve essere un simbolo incorruttibile, perciò non posso permettermi distrazioni.”- era così concentrato nei suoi pensieri, che si accorse all’ultimo di una mano poggiarsi sulla sua spalla. Con uno scatto felino afferrò l’individuo e lo sbattè sugli armadietti nel tentativo di immobilizzarlo, ma si fermò non appena lo riconobbe.
 
-Tommy!- esclamò, lasciandolo.
 
-Cavolo! Fortuna che non ho provato ad abbracciarti, altrimenti rischiavo la morte!- rispose il ragazzo irlandese dai capelli rossi e le lentiggini. Si chiamava Tommy Morrighan ed era il migliore amico di Max dai tempi dell’asilo.
 
-Che diavolo ti è preso?! Potevo spezzarti un braccio!- disse Max.
 
-Volevo farti uno scherzo, ma devo averti beccato in giornata no! Piuttosto, dove hai imparato a muoverti così?!-
 
-Te l’ho detto: seguo un corso di autodifesa.- rispose Max, inventando una scusa credibile.
 
-Ah sì?! Beh, deve essere gestito da Iron Fist, visto il modo in cui hai appena usato la mia faccia per pulire l’armadietto!-
 
-Scusami. Però tu mi sei venuto alle spalle.-
 
-Va bene, vedrò di non farlo più. Piuttosto, ti ho visto poco fa con Stephanie. Le hai finalmente chiesto di uscire?- chiese il rosso strizzando l’occhio.
 
-Aspetta e spera. Non le interesso affatto.- disse Max con fare rassegnato.
 
-Cosa?! Ma se non fa altro che sbavarti dietro!-
 
-Di sicuro lo fa per prendermi in giro. Jade ne è convinta.-
 
-E tu credi a quello che dice Jade?! Lo sanno tutti che detesta Stephanie e non perde occasione per screditarla!-
 
-E anche tu rischi di fare la stessa fine, Morrighan.- disse una voce che fece sobbalzare i due ragazzi. A parlare era stata una ragazza cinese dai lunghi capelli neri, abbinati ai suoi vestiti, con un ciuffo tinto di viola: Jade Huang.
 
-Aah, Jade! Insomma, prima Max mi usa come pungiball, ora tu mi fai quasi venire un infarto. Vi siete messi d’accordo per farmi fuori?!- disse Tommy con fare agitato.
 
-Credimi, Tommy, se volessi ucciderti, te ne saresti già accorto.- rispose lei. All’improvviso, due braccia afferrarono Max e lo appesero agli armadietti.
 
-Ehilà, Drake.- disse Randy Flass, capitano della squadra di calcio e membro della combriccola di bulli di Jordan.
 
-Ciao, Randy.- ironizzò Max.
 
-Per colpa tua, Jordan è stato sospeso e non potrà venire agli allenamenti e…- disse, venendo interrotto dalla vittima.
 
-Puoi saltare direttamente alla parte in cui mi ficchi dentro il cesso o l’armadietto? Almeno così salto la lezione di Scienze.- disse Max ironicamente, confondendo il ragazzo.
 
-Che fai? Non ti agiti?- chiese lui.
 
-Ormai sono anni che lo fai, una volta in più che differenza fa?- rispose il corvino senza problemi, venendo lasciato dal bullo.
 
-Per ora ti è andata bene, ma dammi ancora fastidio e te ne pentirai amaramente.- minacciò, andandosene via mentre il ragazzo si rialzava aiutato dai suoi amici.
 
-Perché non hai usato le tue mosse alla Shang-Chi?! Potevi fargli il culo!- disse Tommy.
 
-Mi ha colto di sorpresa. E poi non volevo rischiare una sospensione per uno come lui. Non ne vale la pena.-
 
-Morrighan! Drake! Huang! Filate subito in laboratorio o giuro che vi prendo a calci!- urlò una voce con forte accento tedesco, appartenente a un uomo alto, dai capelli scuri acconciati malamente, con un camice bianco e occhialini da laboratorio sulla testa: il professor Wagner, docente di Scienze. I ragazzi entrarono in laboratorio, ascoltando la noiosa lezione del professore che spesso si fermava a dire quanto le generazioni odierne fossero stupide e che non ci sono più grandi menti come quella del suo amico, il dottor Otto Octavius noto come il supercriminale Dottor Octopus, uno dei più acerrimi nemici di Spider-Man.
 
-Ehi, Max, secondo te è fan del Nazi-Cap?- sussurrò Jade al ragazzo.
 
-Non saprei, per me tiene una foto del Teschio Rosso come santino.- rispose lui per poi voltarsi a guardare Stephanie, la quale stava prendendo appunti.
 
-Falle una foto, così potrai vederla quando ti pare.- disse Jade con ironia.
 
-Sshh! Fate silenzio, per favore.- li zittì una ragazza bruna coi capelli a caschetto. Era Pilar Peinado, argentina amica di Max che aiutava in Scienze, essendoci portata. Finalmente la giornata scolastica ebbe termine e i quattro uscirono dalla scuola.
 
-Dio, era ora! Non ne potevo più!- esclamò Jade con fare distrutto.
 
-A chi lo dici. Wagner oggi ci è andato pesante.- gli fece eco Tommy.
 
-Invece di lamentarvi, fareste meglio ad applicarvi di più.- commentò Pilar.
 
-Ti prego, Pilar, non infierire. Già oggi è stato massacrante. Avverto un forte calo di zuccheri.- replicò Tommy.
 
-Quando è così, la cura migliore è un bel gelato.- propose Jade.
 
-Jade, sei il mio eroe!- esultò l’irlandese.
 
-Ti piacerebbe.- replicò lei, acida.
 
-Io purtroppo non posso, ragazzi. Ho delle… cose da fare.- dichiarò Max.
 
-Davvero? Neanche cinque minuti?- lo pregò Pilar.
 
-Mi dispiace, ma sono impegni improrogabili. Magari un’altra volta.- si giustificò lui.
 
-Oh… peccato.- si dispiacque l’argentina.
 
-Poco male, ragazze. Vorrà dire che mi avrete tutto per voi.- disse Tommy con fare teatrale, avvolgendo un braccio intorno a Jade.
 
-Hai due secondi per toglierlo, poi te lo stacco!- minacciò lei, venendo subito lasciata. Max salutò i suoi amici, dirigendosi verso casa. Gli dispiacque piantarli in quel modo, ma aveva dei doveri a cui non poteva sottrarsi. Era il tramonto e presto sarebbe stata di nuovo notte. L’ora di Batman! Una volta raggiunta casa sua, si diresse nella Batcaverna e si sedette al computer per cercare una qualche traccia che lo conducesse a Rosario Gigante. E alla fine trovò qualcosa. Anzi, qualcuno: Tony Romita, uno degli uomini fidati di Gigante, con una lista penale lunga un chilometro. Arrestato per aver picchiato e stuprato una cameriera. Il processo era stato questa mattina ma, nonostante l’intervento di Matt Murdock, il giudice dichiarò inattendibile la testimonianza della donna, dati i suoi precedenti con la tossicodipendenza, e Romita venne assolto. Max scoprì che era solito bere in un locale squallido tra la 27sima e la Madison, ed era sicuro che lo avrebbe trovato lì. Si diresse verso una teca e l’aprì, tirandovi fuori il suo costume. Lo indossò e, prima di mettersi la maschera, si cosparse intorno all’area della bocca con della vernice mimetica grigio-nera, come quelle usate dai Navy Seals, per mascherare il volto. Poi attivò un dispositivo situato nel cappuccio in grado di distorcere la voce, facendola sembrare profonda e cavernosa, in modo da renderlo più minaccioso. In quel momento, entrò Albert.
 
-Esci di già, Max?- chiese.
 
-Sì, forse ho finalmente trovato una pista. Ma prima faccio una deviazione.- rispose il nipote, preparando armi e gadget.
 
-Che genere di deviazione?-
 
-Gigante avrà sicuramente dei poliziotti sul suo libro paga. Anche se lo catturassi, c’è il rischio che qualcuno faccia sparire le prove e Gigante ne uscirebbe pulito. Questo non deve accadere! Ho bisogno di un aiuto all’interno della polizia, e forse ho trovato la persona giusta.-
 
Una volta finito di prepararsi, si diresse verso un cunicolo.
 
-Tornerò tardi. Non aspettarmi alzato.-
 
-In tal caso, non sarebbe meglio portarti qualche sandwich per cena?-
 
-Mangio strada facendo.-
 
Imboccato il cunicolo, arrivò sotto un tombino che dava in un vicolo. Una volta uscito, Batman usò il rampino per issarsi in cima a un edificio per poi iniziare a correre tra i tetti, dando inizio alla sua ronda. Ma non era l’unico eroe mascherato all’opera quella notte.
 
 
 
 
A qualche isolato di distanza, su un edificio ancora in costruzione, tre giovani supereroi si stavano godendo il panorama della Grande Mela e la loro cena a base di cibo cinese. Questi eroi erano Ms. Marvel (Kamala Khan), Nova (Sam Alexander) e Spider-Man (Miles Morales), ex membri degli Avengers e, attualmente, membri fondatori dei Champions.
 
-Cavolo, mi erano mancati questi momenti.- disse il ragno.
 
-Che momenti?- chiese il Razzo Umano, continuando a ingozzarsi di noodles.
 
-Questi piccoli momenti di pace, in cui ci siamo solo noi tre. Niente disastri da impedire o criminali da combattere. Solo noi e la città.-
 
-Hai ragione, Miles.- confermò la giovane inumana  -Con tutto il casino che c’è stato negli ultimi tempi, ci voleva un po' di tranquillità.- disse per poi assumere un’espressione pensierosa.- Piuttosto, avete saputo cosa è successo a Pagliacci?-
 
-Sì, e fatico ancora a crederci.- disse Nova. –Torturato e marchiato come un animale. Non che la cosa mi dispiaccia, eh. Era una carogna e ha avuto ciò che meritava.-
 
-Ma non è questo il modo giusto di agire!- esclamò la ragazza. –La prima volta che lo abbiamo affrontato, avremmo potuto lasciare che Hulk lo uccidesse. Ma, per quanto lo desiderassimo, non lo abbiamo permesso. Perché noi siamo migliori di così. È per questo che sono nati i Champions. Per far capire alla gente che la violenza non ha sempre l’ultima parola! E adesso questo “Batman” rischia di mandarci di nuovo in cattiva luce, compromettendo quello che stiamo cercando di costruire!-
 
-Non posso darti torto, Marvel.- disse Spider-Man. –Però dobbiamo ammettere che, da quando è apparso questo tizio, i crimini si sono ridotti notevolmente negli ultimi giorni. La maggior parte dei criminali ha paura a uscire la notte. Le mie ronde serali non sono mai state così tranquille.-
 
-Non dico di fermarlo, ma non dovrebbe ergersi a giudice e giuria.-
 
-Hey, avete visto?!- esclamò Nova all’improvviso.
 
-Che succede, Sam?!-
 
-Lì, sui tetti! Mi è sembrato di vedere un’ombra!-
 
In quel momento un fulmine cadde sullo sfondo, rivelando l’oscura sagoma del Cavaliere Oscuro, intenta a saltare tra i due palazzi. I tre ragazzi osservarono tutto con stupore.
 
-Era…?- chiese Nova.
 
-Sì.- rispose Ms. Marvel.
 
-Parli del diavolo…- disse Spider-Man.
 
-Forza, dobbiamo seguirlo!- esclamò l’inumana, aggrappandosi a Nova che decollò, mentre Spider-Man sparò una ragnatela, iniziando a oscillare. In poco tempo si misero alle costole del Pipistrello che, come se avesse avvertito la loro presenza, si voltò un attimo per poi accelerare la sua corsa.
 
-Mi sa che ci ha visti!- disse Spider-Man, cercando insieme agli altri di stare dietro al vigilante che, nonostante i loro poteri, riusciva comunque a non farsi raggiungere.
 
-Cavolo, è veloce!- esclamò Nova.
 
Ad un tratto, mentre stava per saltare su un altro tetto, Batman lanciò delle capsule che esplosero in una nuvola di fumo che lo inghiottì, facendolo sparire alla vista. Non appena la nube si diradò, del Pipistrello non c’era più traccia.
 
-Cosa?! Dove è andato?!- esclamò sconvolta Ms. Marvel, fermandosi sul cornicione del palazzo mentre Spider-Man atterrava su quello di fronte e Nova rimaneva in volo, guardandosi attorno.
 
-Era proprio qui! Poi ha creato quel fumo ed è sparito!- disse Spider-Man.
 
-Deve trovarsi ancora in zona. Non può mica essere svanito nel nulla!- continuò Nova. In quel momento vibrò il cellulare di Spider-Man. L’eroe lo prese e lesse il messaggio.
 
-Ehi, gente, è Viv: dice che la soffiata che ho avuto è confermata: stanotte arriverà al porto un carico di armi e droga. Amadeus e Scott sono con lei, ci aspettano al solito posto per organizzare un piano.-
 
-E come facciamo col “Bat-tizio”?!- chiese Nova. I due si voltarono verso Ms. Marvel, attendendo una risposta. La ragazza rifletté per un attimo e poi prese una decisione.
 
-Di lui ci occuperemo dopo. La droga e le armi hanno la priorità. Muoviamoci!-. E così i tre eroi interruppero la loro “caccia”, per raggiungere i loro compagni. Intanto, poco distante, un’altra eroina, Cindy Moon, stava sul tetto del suo appartamento con il costume del suo alter-ego, Silk, quando intravide Batman muoversi tra i tetti dei palazzi di fronte. Cercò di oscillare verso di lui ma quando raggiunse i tetti, era già andato via.  A quel punto, si calò la sciarpa rossa dalla bocca e prese il telefono.
 
-Bobbi, sono Cindy. Hai presente quel “Bat-vigilante” di cui parlano tutti? Beh, l’ho appena avvistato, ma è riuscito a scappare. Aggiorna Fury.- disse, chiudendo la chiamata e lanciandosi dal palazzo, continuando la ricerca.
 
 
 
 
 
 
 
Ciao di nuovo. E abbiamo fatto la conoscenza di Max Drake, il Batman della Marvel, e di molti altri personaggi. Vi faccio notare che in questo capitolo ci sono molti easter egg legati al Pipistrello. Chi riuscirà a trovarli tutti, è un vero fan di Batman. Un'ultima curiosità: per il costume mi sono ispirato a quello che compare nella serie a fumetti "Smallville Undicesima Stagione", la terza versione per essere esatti. E con questo vi do appuntamento al prossimo capitolo, dove ci sarà molta più azione. Alla prossima! Buone vacanze a tutti!            
   
 
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