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Autore: EleAB98    19/08/2021    4 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo IX – Era Un Gioco, E Non un fuoco – Parte Terza

Lunedì


«Richard Thompson a ore nove!» gracchiai, imitando alla perfezione una voce robotica.

Megan mi guardò di sbieco. «Potresti essere serio, almeno per una volta?»

«Ma io sono serissimo! Il carissimo signor so-tutto-io è proprio dietro di te! E io, umilissimo servo di Ryan Vermut, non posso fare altro che servirmi di questo stupido menù per coprire parte della mia faccia, quasi fossi un agente segreto. Se mi scoprisse sarei un uomo finito, lo capisci questo? E se affondassi io... affonderesti anche tu, e, sottolineo, insieme al sottoscritto!» sbottai, pronunciando l'ultima frase con un malizioso ghigno. «E credo che tu questo non lo voglia, vero?»

«Falla finita», sbuffò Megan, con un sorrisetto divertito. «Non credo che quell'uomo possa riconoscerti, puoi anche smetterla di nasconderti.»

Feci cadere il menù sulla tavola imbandita di bicchieri di vetro temprato, le solite posate con annessi tovaglioli a fantasia e una bella bottiglia di vino rosso piazzata al centro. «Come fai a dirlo? Non ricordi l'ultima volta?»

«Devi solo rilassarti», mi disse Megan per tutta risposta. «Ci penserò io a distrarlo. Aspetta e vedrai. D'altronde, non ho modificato la mia pettinatura e il mio trucco per niente, no?»

«Lo credi davvero così stupido?»

«Il fascino può accecare le persone, non credi anche tu? E gli uomini, in particolare, hanno una stupidità assai spiccata. Quindi sì, lo credo uno stupido», mi rispose, sembrava davvero sicura di se stessa e dei suoi mezzi. Come, d'altronde, ero sempre stato io. Spavaldo, gagliardo, testardo. Sempre pronto all'azione.
«Vedrai, non si accorgerà di niente, te lo posso garantire», proseguì lei, continuando a sorridere.

«Non avrai mica intenzione di andargli a parlare!»

L'altra scrollò le spalle, addentando finalmente un pezzo di bruschetta al pomodoro che il cameriere ci aveva servito poco prima, insieme a una miriade di affettati disposti con rigore su un tagliere di legno. «Perché no?»

Sbarrai gli occhi. «Perché no?! Ma ti rendi conto di quello che dici? Come farai a—»

«Ad adescarlo? Be', ho anch'io i miei metodi, caro Malcom. E non venirmi a dire che tu non ne conosci neanche uno...»

Quello sguardo seducente mi spedì in orbita. E quando quegli occhietti da cerbiatta mi scrutarono con viva intensità, credetti veramente di morire. Starle vicino mi faceva davvero effetto; il mio corpo, poi, non ne voleva proprio sapere di collaborare, provava un'attrazione a dir poco fatale nei suoi riguardi. Come avrei potuto starmene con le mani in mano una volta tornati in stanza?

«Ehi, Malcom! Ti sei incantato?»

Mi riscossi per l'ennesima volta dai miei più infidi pensieri e annuì distrattamente. Lei, dal canto suo, aveva assunto un'espressione concentrata e pensierosa, forse stava pensando a quel Thompson e a come avrebbe potuto attirare la sua attenzione.
Come se ce ne sarebbe stato bisogno, farfugliai nella mia mente. Appena Richard la vedrà, partirà direttamente con l'Apollo 11, destinazione lunare. E poi, dritti dritti su Marte. Verso l'infinito e oltre.
Scossi la testa. Mi stavo facendo sin troppi film mentali. Desiderare con tutto me stesso quella donna nel mio stesso letto mi stava giocando brutti scherzi. E pensare che saremmo davvero finiti nello stesso letto, a fine giornata! Mi rimproverai ancora una volta per quel maledetto cruccio, chiaramente di natura anti-professionale. Dovevo soltanto occuparmi di quel maledetto.

«Allora? Che piani avresti, sentiamo!»

Megan addentò una fetta di salame piccante.
Deglutii a fatica. Vederla mangiare con così tanta grazia si stava rivelando una delle esperienze erotiche più eccitanti della mia vita.

Una settimana. Devo soltanto resistere una fottuta settimana.

«Avanti, mangia quella benedetta costata, che si raffredda», esclamò lei, riscuotendomi dal torpore.

Feci un mezzo sorriso. «Posso dirti che in questo momento mi ricordi tanto mia madre?»

Megan non commentò. Stava studiando la situazione, era più che evidente. «Quello sciocco di un imprenditore ha intenzione di creare un'associazione a scopo di lucro, nascondendosi dietro a degli ideali che sembrano davvero ammirevoli, quando invece—»

«Sono semplicemente agghiaccianti. Credi che non lo sappia?»

«Dobbiamo portare a termine l'inchiesta, a tutti i costi», convenne Megan. «Altrimenti—»

«Il nostro capo ci farà un culo così. E non solo lui.»

«Proprio per questo dovrò cercare di attirarlo nella mia rete.»

«Be', spero non nelle tue calze a rete, almeno», replicai, ripensando a quanto indossava. No, non potevo proprio fare finta di niente.

«Sempre in prima linea tu, eh?»

Sorrisi compiaciuto. «Dovrai sopportarmi ancora per poco. Puoi farcela.»

«Io sicuramente. Non so se potresti farcela tu, invece...» sorrise, beffarda.

«Te la farò vedere io, una volta rientrati in stanza.»

«Credevo che tu avessi ben altro da mostrare», ribatté lei, per nulla imbarazzata. «Sei un uomo, no?»

Rimasi a bocca aperta, ma solo momentaneamente. Non potevo farmi cogliere impreparato da una donna. «Se avessi questo ardire... cosa faresti? Sentiamo!»

«Non puoi neanche immaginare quel che sarei in grado di farti, caro Malcom...»

Senza aspettare un minuto di più, si alzò dalla sedia e, ancheggiando, si diresse verso il nostro bersaglio comune. Inutile dire dove cadde il mio sguardo. Era stupenda, non riuscivo proprio a smettere di guardarla, anche se, per pura prevenzione, avevo ripreso il menù tra le mani portandomelo al viso per camuffare la mia presenza, riparandomi, almeno in parte, da possibili occhi indiscreti. Dopo qualche attimo, Megan si allontanò dal damerino e mi fece un cenno, quindi mi alzai dal tavolo. Non appena uscii dal ristorante, mi trascinò verso di sé, dietro un colonnato in stile dorico, posto proprio ai lati della porta d'ingresso. Quell'improvvisa presa di posizione mi fece sussultare.

«Tu finisci pure la costata, io devo andare un attimo di sopra», mi disse, in un sussurro appena udibile.

«Di sopra?! Per fare cosa?» domandai, tentando con tutte le forze di non soffermarmi sulla scollatura del suo vestito. Era semplicemente divina.

«Una gentildonna non rivela mai i propri segreti», rispose lei, secca.

Indietreggiai, stanco di quei continui sballottamenti. In meno di mezz'ora, era tornata a rivestire i panni della Megan di sempre. Una donna tanto schietta quanto volubile. A piccoli passi, rientrai dentro al ristorante e mi rifugiai di nuovo dietro al tavolino, sperando che quell'uomo non mi notasse. Nelle ultime settimane, mi ero fatto crescere la barba; questa, però, era più folta del normale, avevo paura che quell'uomo tutto d'un pezzo potesse smascherarmi. D'altronde, ero pur sempre il caporedattore del Ciak Magazine. Studiai di sottecchi i lineamenti di quel Richie Rich da quattro soldi. Mascella volitiva, capelli castano scuro, leggermente più lunghi ai lati, labbra carnose, naso sporgente. Non era un tipo affascinante quanto il sottoscritto – sì, lo so, sono più vanitoso di un pavone albino –, ma se la cavava piuttosto bene.

Nell'istante in cui Megan tornò, la scrutai confuso. «Allora? Sono degno di conoscere questo tuo grande segreto, oppure—»

«Eccolo qui!» esclamò, con aria soddisfatta.

Buttai un'occhio sull'aggeggio che aveva in mano. «Un CD! Tutto questo mistero per un CD!»

«Questo non è un CD qualsiasi! Ma è Il CD, quello che farà capitolare il nostro caro Thompson!»

Alzai gli occhi al cielo. «Carissimo! Si può sapere cos'è quella roba?» domandai, addentando un altro pezzo di costata per poi sorseggiare un bicchierino di Chianti.

«Un merengue!»

Il vino mi andò quasi di traverso. «Un che?»

«Un me-ren-gue. Cos'è, ti serve forse lo spelling?»

Continuai a non capire.

«Il Merengue è una danza caraibica! Non dirmi che non ne hai mai sentito parlare!»

«Non avrai intenzione di ballare con quel tipo!» Ero sconcertato.

«A quanto pare no, non ne hai mai sentito parlare...»

«Per tua informazione, detesto il ballo in tutte le sue forme... o quasi

Megan non si scompose. «So benissimo cosa di nasconde dietro quel o quasi. Lo ribadisco: con me non attacca.»

«Tu credi?» le rifilai un sorriso malandrino. A colpi di bacino ero piuttosto bravo, peccato che con lei non avrei potuto acclarare le mie abilità nell'ars amatoria. Megan Rossi era off limits.

L'altra ripose il CD in borsa e si affrettò a terminare la cena.

«Non vedi l'ora che quel tipetto ti salti addosso, eh?»

La donna aggrottò le sopracciglia. «Hai proprio uno strano modo di vedere le cose.»

Incurvai le labbra in una smorfia. «So come sono fatti gli uomini, tutto qui.»

«Insomma ti conosci molto bene», scherzò Megan, pulendosi gli angoli della bocca con il tovagliolino.

«Più o meno», alzai le spalle e mi guardai attorno. Il mio sguardo cadde sul mio acerrimo nemico. Distolsi immediatamente gli occhi da lui.

«Quell'uomo ci sta fissando. O meglio, è te che sta puntando

«L'ho già conquistato», annuì lei, soddisfatta e disgustata allo stesso tempo. «A voi uomini basta una piccola scollatura o un vestitino leggermente più corto affinché andiate in visibilio. Siete davvero scontati, non c'è che dire.»

«Vedo che il tuo astio per gli uomini continua a crescere di minuto in minuto», commentai, sorridendo forzatamente. Sarebbe stata dura resistere a una donna di quel calibro, ma altrettanto difficile starle accanto. «Dal canto mio, se pure indossassi il pigiamone della nonna, non ti staccherei gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Te lo posso garantire.»

«In effetti, mi sono portata proprio quel tipo di pigiama», rincarò lei, studiandomi attentamente. «Spero di non attentare alla tua vita e al tuo senso dell'estetica.»

«Sopravviverò», le risposi, più che convinto. «A dispetto di qualsiasi tentazione», scandii per bene quelle parole rifilandole un'occhiata intensa. Poi, estrassi una sigaretta dalla tasca e me la portai in bocca. Mi alzai dal tavolo. «Ho bisogno di scaricarmi un po'. Tutti questi discorsi mi stanno facendo salire la pressione. Ti aspetto fuori.» Le feci un occhiolino e me andai, scorgendo, però, un impertinente sorrisetto alla Megan. Quella donna mi avrebbe ucciso.

Non appena raggiunsi il terrazzo, mi beai della vista mozzafiato che lo stesso mi prospettava. Uno scenario notturno adornato di luci più o meno soffuse, accompagnato dal sordo rumore del traffico cittadino, la cupola di Michelangelo che svettava in tutta la sua maestosità. Uno scenario veramente impareggiabile. Almeno fino a quando... non sentii la sua risata cristallina. Dio, quanto mi piaceva sentirla ridere. Mi stregava. 

Diedi un'altra boccata di fumo dalla sigaretta, quindi mi voltai. I miei occhi, come subito s'illuminarono, tanto repentinamente si spensero. Richie Rich stava conducendo Megan sulla pista da ballo con il tipico sorrisetto di chi la sapeva lunga. Una musica dai toni intriganti e sensuali – Esta Pega'o dei Proyecto Uno, a detta del dj – cominciò a diffondersi nell'aria, mentre quell'uomo cominciava a muoversi a ritmo. Dovevo dirlo, ci sapeva davvero fare. Mordicchiai la sigaretta che avevo tra le labbra, mentre Megan mi scrutò con uno sguardo che sembrava dicesse: Sta' a guardare

Un volteggio, due volteggi, tre volteggi. Diavolo, si muoveva come se stesse su quei grossi cubi nei nights...

I nights. Li conoscevo sin troppo bene. Scossi la testa, deciso a concentrarmi sui movimenti di Megan. Era fantastica, e ovviamente anche il buon Thompson si mostrò terribilmente ammaliato da lei. Io, dal canto mio, ero un pezzo di legno, non avrei mai saputo starle al passo. Guardarla, però, era una gioia per gli occhi. Cominciai anch'io a battere il piede sul posto. Mi stavo lasciando travolgere dal suo sorriso, dal suo modo di ancheggiare, di volare sulle ali di quella musica che, dovevo ammetterlo, era piuttosto orecchiabile. L'uomo che la teneva tra le braccia le scoccò un sorriso malizioso e strafottente, il contatto tra i loro corpi si fece sempre più intenso. Sempre più intimo. Quasi invidiai quell'imprenditore da quattro soldi, a dire il vero. Sembrava davvero sicuro di far colpo. E Megan non sembrava volerlo scoraggiare. Cercai di non tradire la benché minima emozione agli occhi della mia collega. Dovevo abituarmi al fatto che non avrei mai potuto conquistarla, andare a letto con lei sarebbe rimasto il mio sogno proibito. Anche se c'era qualcos'altro, nell'aria. Un qualcosa che mi risultava indecifrabile, ma, per certi versi, incredibilmente familiare.

Strabuzzai gli occhi e mi ridestai da quella strana e fastidiosa malinconia che, alcune volte, mi coglieva. Quel furbacchione la stava stringendo un po' troppo per i miei gusti. Spostai lo sguardo verso Megan e, con mia somma sorpresa, colsi in lei un certo senso di disagio. Il suo sorriso era svanito. Senza pensarci due volte, mi avviai al cospetto di entrambi. «Mi scusi, ma credo che la signorina non voglia più ballare insieme a lei», enunciai, risoluto.

Thompson mi regalò uno sguardo feroce. «Ma tu chi cazzo sei, eh? Si può sapere?»

Mi inventai la scusa più banale che potessi trovare. «Un gentiluomo, ecco cosa sono!» La mia coscienza, di sicuro, si stava già facendo due risate. Tu, un gentiluomo? – mi stava gridando. «Allora, vuole lasciarla andare?»

«Sennò cosa mi fai, eh?» domandò, stringendo ancora più a sé Megan.

«Questo!» Gli rifilai un pugno in piena faccia davanti a un mare di persone, quindi presi Megan per mano e la condussi verso l'uscita, osservando da lontano l'espressione sofferente di Thompson. «Non ti rendi conto dell'effetto che fai agli uomini, non è vero?» le dissi, come se fossi un padre che rimprovera la figlia a cagione del suo comportamento spropositato. «Quel tipo ti voleva nel suo letto seduta stante, l'hai capito o no?»

La serietà di Megan venne rimpiazzata da una risatina sarcastica. «Ma senti da che pulpito! Sapevo molto bene quel che facevo, per tua informazione! Non c'era bisogno che tu facessi il principe azzurro della situazione!»

«Ma guarda un po'!» sbottai, inferocito e offeso. «Oltre a essere insopportabile e ottusa, sei persino estremamente orgogliosa!»

«Stavo soltanto facendo il mio lavoro!»

«Eh, ho visto, come lo svolgevi bene! Strusciandoti su quel pervertito come se fossi una...» mi interruppi e guardai verso il cielo.

«Una puttana? Era questo che volevi dire? Essere sensuali, per tua informazione, non significa essere dei poco di buono.»

«E io lo so bene!» le risposi, mettendo le mani avanti. «Quello che ho mal tollerato, è stato...» Mi interruppi ancora una volta. Non lo volevo ammettere, ma lo sguardo di quell'uomo su di lei mi aveva infastidito. «Lasciamo perdere. Hai ragione tu, Megan. Non sarei dovuto intervenire, malgrado la tua faccia implorasse disperatamente un aiuto.» Desideroso di interrompere quella discussione, chiamai un taxi e, dopo una ventina di minuti, ci ritrovammo nella stanza d'albergo. Adirato com'ero, non l'avevo nemmeno aspettata e, anzi, le avevo persino chiuso la porta in faccia. 

Era stata una giornata dura, non potevo negarlo. I fantasmi del passato stavano mescolandosi con un presente che mai avrei pensato di vivere. Avevo una donna per le mani, ma, paradossalmente, non potevo nemmeno sfiorarla. D'altronde, il suo comportamento non era certo dei più amabili, anzi. Lo scricchiolio della porta del bagno mi fece alzare lo sguardo su di lei per l'ennesima volta. Mi stava sorridendo, e io non capivo nemmeno perché. Fino a pochi secondi fa, sembrava essere la donna più burbera della Terra. Il buio che ci avvolgeva lasciò il posto alla fioca luce dell'abat-jour, mentre lei, inesorabilmente, si avvicinava verso di me.

«Sei davvero strana, Megan», mi lasciai sfuggire, il suo profumo mi avvolse in una spirale di sensazioni sin troppo grandi da quantificare. Ero ipnotizzato. «Una donna impossibile, oserei dire», incalzai, ancor meno convinto. Megan si era appena seduta su quel letto accanto a me, senza il minimo timore. Io ero così confuso, così spaesato... non riuscivo proprio a capire cos'avesse in mente, men che meno riuscivo a sostenere quello sguardo così impenetrabile, che poco si sposava con il sorriso appena accennato che stava rivolgendomi. Senza ulteriori parole, si avvicinò al mio viso. Ma io non mi mossi. Questa volta, non catturai le sue labbra in una morsa, come avrebbe fatto il vecchio Malcom. Avevo promesso di resistere a quella cieca passione per non darle soddisfazione, e avrei senz'altro continuato per quella strada.

«Sei così distante...» mi sussurrò, senza accennare ad avvicinarsi di più.

Mi richiusi a riccio. «Com'è giusto che sia, no?»

«Già. Siamo come due rette parallele che non s'incontreranno mai», precisò, allontanandosi di nuovo. «Ma possiamo comunque essere amici, no?»

«Credi davvero che funzionerebbe?» Se non lo avessi capito, sono palesemente attratto da te. E non come amico. Non ebbi il coraggio di pronunciare quelle parole ad alta voce. Ammetterlo a una donna dal temperamento così volubile sarebbe stato a dir poco umiliante.

«Sei stato tu a proporlo per primo, no?» rispose lei.

Sospirai, maledicendomi per l'ennesima volta. «Okay. Però, avrei una richiesta da farti... Posso vederti con indosso il pigiamone della nonna, anche se soltanto in veste di amico

Megan si abbandonò a una sonora risata, sciogliendo la tensione che ci attorniava fino a un secondo prima. «Sei davvero incredibile, non c'è che dire!»

Tornai a sorridere. «Mi accontenterò di essere solo incredibile. Ma ti garantisco che, di doti nascoste, ne ho piene le tasche!»

Megan scosse la testa e si avviò, di nuovo, verso il bagno. «Vado a cambiarmi. Tu non fare scherzi, d'accordo?»

Alzai le mani. «Sarò un vero e proprio angioletto, se è per questo.» Anche se non chiuderò occhio, lo so, pensai.

Mi distesi su quel letto e tornai con la mente a quanto accaduto tra noi poco prima. Il suo avvicinamento improvviso mi aveva destabilizzato e, nel contempo, non riuscivo a interpretarlo. Non mi accorsi neanche del fatto che Megan ci avesse messo poco più di dieci minuti a tornare alla base. Soltanto quando mi si sdraiò accanto, mi accorsi della sua presenza.

«Stavi già sognando a occhi aperti?»

«Sì. Ma non posso dirti cosa. O rischierei una ghigliottina alla Megan.»

Lei mi rifilò un sorriso enigmatico, quindi si voltò su un fianco e mi diede le spalle. «Buonanotte, Malcom», mi disse, senza aggiungere altro.

«Ti sta d'incanto», le dissi io, dando una sommaria occhiata al suo pigiama prima di voltarmi dall'altra parte. Almeno per quella sera, sarei rimasto con i miei vestiti addosso. Quella vista era troppo eccitante, e io non volevo bruciare ulteriormente spogliandomi nel bagno, con il rischio di vedere quali emozioni stesse tradendo il mio corpo e il mio sguardo. «Buonanotte, Megan», aggiunsi poi, dopo qualche minuto. Sospirando impercettibilmente, chiusi gli occhi e sperai, con tutte le mie forze, di dormire almeno un paio d'ore. Ne avevo un gran bisogno.

 

*Eppur Mi Son Scordato Di Te: brano dei Formula 3/Lucio Battisti (1971)

   
 
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