Videogiochi > Danganronpa
Ricorda la storia  |      
Autore: Subutai Khan    20/08/2021    0 recensioni
Se per caso conoscete il videogioco da cui è tratto il titolo di questa storia, allora potreste capire di cosa parla. Forse.
Altrimenti lo scoprirete solo vivendo e leggendo.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kyouko Kirigiri, Makoto Naegi
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un diario. Io, Kyouko Kirigiri, ho un diario.

Penso risulterebbe più assurdo solo se vi venissero a dire che sono scivolata nella doccia, ho battuto la testa e sono morta. E magari che perseguito Hagakure perché sfortuna ha voluto fosse l’unico in grado di vedere il mio fantasma.

Pffft. Insensato, vero?

Beh, quello che mi è successo ora non ci va troppo lontano.

Vogliamo cominciare coi botti? E cominciamo.

In realtà basta una singola informazione, contestualizzata, per farvi esplodere il cervello. L’informazione è la seguente: ho ventisette anni.

Oh, sento i fuochi d’artificio dei vostri neurotrasmettitori sin da qui. Ho specificato che devo contestualizzare, lasciatemelo fare.

Ho ventisette anni e in questo momento sono nella mia stanza alla Kibougamine, accademia super famosa e super rinomata. Per ragazzi delle superiori.

Toh, vedo quello che si crede furbo in fondo alla sala: “Bla bla bla, Kyouko. Chi vuoi prendere per i fondelli? Lo sanno anche i sassi che sei la vicepreside della nuova Kibougamine.”

Vero, lo sono. Dopo l’esperienza paragnosta con la morte durante il Final Killing Game, io e gli altri superstiti della fu 78 ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricreato la scuola che tanta pena ci ha dato e tanto lutto ci ha causato. Con Naegi a capo della baracca come lo era stato mio padre, Asahina come insegnante di educazione fisica, Fukawa di letteratura, Togami di insensibilità applicata e Hagakure relegato a fare il giardiniere che si nasconde nello sgabuzzino degli attrezzi per fumare.

Quindi dove sta la bomba che paventavo? Detto fatto.

Questa non è la nostra Kibougamine, è la Kibougamine originale. Nella stanza da letto del preside in questo momento non ci sta dormendo Makoto Naegi, ci sta dormendo Jin Kirigiri.

Ecco. Ora sì che avete la faccia appropriata.

Com’è stato possibile, vi chiedete? La risposta è semplice: non ne ho la minima, dannata idea.

Io so le seguenti cose.

Qualche ora fa stavo camminando per i campi sportivi sul retro della scuola. Era il periodo dell’orario scolastico in cui la spumeggiante Aoi Asahina deve tenere a bada una mandria di ragazzini indemoniati. Supervisionavo per assicurarmi che tutto si svolgesse a regola d’arte, da brava perfezionista quale sono.

Di punto in bianco, dal nulla, mi sono vista schizzare addosso una pallina da baseball colpita con notevole violenza. Kuwata sarebbe stato soddisfatto di quella battuta, sono convinta che sotto sotto non gli facesse poi così schifo.

Una microscopica parte di me ha avuto paura. Era davvero veloce, prenderla in mezzo agli occhi non sarebbe stato piacevole.

E a proposito di occhi, li ho chiusi attendendo l’impatto. Non avrei fatto in tempo a scostarmi, oramai.

Un attimo di qualcosa che non so definire.

Quando li ho riaperti, dopo qualche secondo in cui non era successo niente…

La prima cosa che ho notato è che la pallina si era volatilizzata. Puff. Sparita.

La seconda cosa che ho notato è che… come dire… non ero in sintonia col mio corpo. Mi sentivo… piccola.

Mi sentivo piccola perché lo ero.

Mi sono tastata le braccia, i gomiti, le ginocchia, la pancia, le cosce, la testa.

Quel corpo… non era il mio. Non lo percepivo come tale.

Onestamente inquieta, solo in quel momento ho cominciato a rendermi conto dell’ambiente che mi circondava. Che non era più la zona vicina al diamante della nostra accademia.

Era sempre una scuola, solo… diversa. Facce sconosciute, edifici che in un primo momento non mi dicevano nulla, un’atmosfera strana.

E poi il colpo di grazia.

In lontananza c’era l’inconfondibile sagoma rotondeggiante di Hifumi Yamada, il quale passeggiava tranquillo in compagnia di Celestia Ludenberg.

Ma sì, perché no. C’è il 3x2 sugli zombie oggi.

Come volevasi dimostrare. Tre metri dietro a loro ho visto la figura di Mondo Oowada inseguirli, pompadour al vento e un’apparente voglia di far volare le mani.

A quel punto, e mi vergogno ad ammetterlo ma non posso proprio nasconderlo almeno a me stessa, ero terrorizzata. Qualcosa di impossibile mi stava sbattendo in faccia una realtà che non esisteva più da un sacco di tempo.

La mia mente impanicata ha ritenuto opportuno effettuare un controllo sul fatto che mi sentissi fuori posto a livello fisico. Quindi, senza perdere un solo secondo, mi sono guardata attorno alla ricerca di qualcosa in cui potermi specchiare.

La finestra più vicina ha assolto il compito.

Ciò che ho visto…

Ho ancora un momento di debolezza nel ricordarlo.

Ero io, ma non lo ero. Nel senso che quella era la mia faccia quando avevo sedici anni.

Per un istante, un solo istante, ho avuto l’impulso di urlare. Impulso represso con un certo sforzo.

Dovevo star avendo un qualche strano tipo di allucinazione, non c’era altra spiegazione plausibile.

Non ero tornata indietro di undici anni. Non lo avevo fatto. Non era vero.

Anche dando per buona la stupidaggine di Maizono sui poteri ESP, io non sono una esper. Se proprio proprio forse magari ma guarda esagerando può esserlo Hagakure, non di certo io. Non so far fluttuare gli oggetti col pensiero, non sparo fuoco dalle mani e non ho gli artigli d’adamantio sotto la pelle. Tutte cose che sarebbero venute utilissime per sbarazzarsi di Enoshima, all’epoca.

Eppure l’anima da detective si è attivata da sola e ha riassunto gli indizi. Avevo la faccia della me ragazzina, mi sentivo un pesce fuor d’acqua, nel posto sconosciuto in cui mi sono ritrovata c’erano persone decedute da tempo.

Che poi, a una più approfondita analisi, col cavolo che l’ambiente mi era estraneo. Mi ci è voluto un po’ ma ho riconosciuto lo spiazzo appena fuori l’ingresso della vecchia Kibougamine, a poca distanza dalla fontana che faceva come da divisorio fra la parte dedicata al corso principale e quella per il corso di riserva.

La prima risposta che mi sono data è stata: qualcuno mi ha versato dell’LSD nel caffè e ora sto avendo esperienza in prima persona di un cosiddetto trip. Spera di non essere stato tu, Makoto-kun, perché sennò la faccia te la gonfio molto volentieri non appena ne esco.

Ma la seconda, inaspettata risposta è stata: tutto quello che vedo, sento, odoro, tocco è reale. In qualche modo che non so spiegarmi, presumibilmente collegato alla palla da baseball che ha cercato di cavarmi un occhio, sono stata spedita a calci nel passato. E, se questa pazza ipotesi è vera, mi vien da pensare che sia avvenuto uno scambio (se io sono entrata in lei, lei dove può essere finita se non in me?) e la me stessa sedicenne se la sia presa in piena faccia. Povera. Scusami Kyouko, non volevo.

Allora, facciamo ordine.

Devo dirla tutta, non mi sono mai sentita sotto l’influsso di qualche sostanza allucinogena. Neanche per un momento. Ero sì scombussolata ma comunque lucida, presente, pronta. Conosco le altre conseguenze dell’acido lisergico e nessuna di esse si era manifestata in me. Strike uno per la prima teoria.

Ma i punti di cui sopra restano validi. Non sono una X-Woman, benché ammetta che non sarebbe poi male volare o comandare gli elementi atmosferici. O il magnetismo, che ho sempre sofferto il fascino di Erik Lensherr.

Note nerdiche a parte.

Continuo a non essere paranormale. Anche perché, ovviamente, al paranormale non credo. Sono tutte fandonie.

O forse no e io ne sono la dimostrazione vivente.

Maledizione, non sono mai stata così confusa e incerta in vita mia. È una sensazione veramente, veramente brutta.

Oh, giusto. Non l’ho specificato perché mi sembrava scontato, ma mi sono assicurata che questa fosse davvero la prima Kibougamine. Ottenendo solo conferme.

Mio padre è esploso dalla gioia come un petardo quando ho timidamente messo la testa dentro il suo ufficio, dopo aver richiesto un colloquio informale (durante il quale non sono riuscita a spiccicare parola, troppo nervosa per star lì a cianciare di fuffa variopinta). I vantaggi di essere la figlia del boss.

Ho provato, in maniera velata, a parlare con gli altri (futuri?) superstiti del nostro Killing Game a proposito della Future Foundation e dei Remnants. Loro sono caduti tutti dal pero, non capendo a cosa mi stessi riferendo. Nel caso di Hagakure è stata una normalissima conversazione, dato che quello sa solo cadere dal pero. Il mio giudizio professionale e il loro aspetto mi dicevano che non stavano mentendo.

Enoshima si è messa a ridere forte abbastanza da farsi sentire dall’intera scuola quando ho cercato di insinuare il suo ruolo di mastermind. A posteriori, forse l’idea di accusarla così (sebbene solo facendo giri di parole e buttando lì mezze frasi) non è stata esattamente una delle mie migliori. Ma il presunto senno di poi mi ha permesso di cogliere uno scintillio da serial killer nei suoi occhi, il che mi ha confermato un sacco di cose. Quello e il sospetto movimento della mano di sua sorella verso la gonna, dove per quel che ne so può tenerci una scimitarra grossa quanto me.

Insomma, è un gran casino. La cosa peggiore, e per fortuna non mi capita di dirlo spesso, è che non so davvero che pesci pigliare.

Va bene, Kyouko. Sei stanca, stressata e ti sta venendo mal di testa.

Si è fatto tardi. Va’ a letto e comincia a vedere se questo bizzarro stato di cose perservera anche domani.

Sempre che mi ricordi in quale armadio stavano le tenute da notte. Ehi, anch’io ho il diritto di dormire in maglietta extra large e shorts.

 

*

 

Di giorni ne sono passati tre. Volevo esserne sicura oltre ogni ragionevole dubbio.

Ho ancora ufficialmente sedici anni.

Va bene tutto, ma quale trip dura così tanto?

Temo di dover considerare quanto mi circonda la mia nuova realtà, almeno per il momento.

La schizofrenica, totalmente fuori di testa seconda teoria parrebbe essere quella giusta. Stupido Rasoio di Occam, stavolta non vali eh?

Su, sii sincera. Svuota il sacco fino in fondo.

Io… io sono felice di poter rivivere questi giorni, se davvero è andata così.

Pur con i generosi sforzi della Foundation, infatti, io e i miei compagni di sventura non abbiamo mai recuperato del tutto i ricordi del periodo scolastico.

Le cose più importanti sì, come il Killing Game del consiglio studentesco, la Parata e buona parte di tutto quel macello. Oltre a una discreta fetta dell’anno che la 78 ha vissuto murata dentro le pareti dell’edificio vecchio, un nascondiglio che credevamo sicuro e che invece era già stato infettato dall’Ultimate Despair. Sia ringraziata l’inglesofilia di Enoshima, Super Disperazione non si può proprio sentire.

Ci tornerò su quelle due, diario. Non temere.

Però mancavano i giorni lieti. Non ricordavo com’era la classe nel suo complesso, come ci rapportavamo gli uni con gli altri, qual era il clima generale che si respirava in aula. Cosucce del genere.

Mi sta facendo un inaspettato piacere riscoprirle pian piano, vivendole sulla mia pelle una seconda volta che però è come se fosse la prima.

Vedere un Togami sì altezzoso, ma tutto sommato più malleabile di come lo conosco.

Vedere una Ludenberg meno vipera e che meno si vergogna del suo vero nome.

Vedere una Fukawa che sbava meno dietro al suo cavaliere bianco, meno persa nel suo mondo onirico e un po’ meno critica verso se stessa.

Vedere un Oowada dal pugno meno pronto e con la miccia un pelino più lunga.

Alcuni sono identici a come li ho sempre visti comportarsi. Specialmente Oogami, Asahina, Hagakure e Naegi.

Ah. Naegi.

Mi concederò una parentesi pseudo-sentimentale: mi manca. Cioè, ci ho a che fare tutti i giorni. Ma non è il Makoto-kun ventisettenne, è il Naegi-kun sedicenne. A cui chiaramente non posso andare a dire della mia relazione… intima con la sua controparte adulta.

Smettila di sfottermi! Lo sai che, da questo punto di vista, ci sono dei terrificanti paralleli fra me e lo Scion nazionale, Vossignoria Byakuya Togami. Faccio fatica a essere franca quando l’argomento mi riguarda direttamente.

Mi era riuscito di esserlo durante il Final Killing Game, giusto prima del quarto timeout. Sapevo di star per morire e ho voluto buttare fuori tutto.

Tutto tranne che… io… io lo…

Ssssssh. Lo so io e tanto basta.

E comunque non devo sconcentrarmi. Ho una questione più pressante.

Credo di dover dire che sono a tutti gli effetti bloccata nel passato.

Ciò mi crea degli evidenti problemi, certo. Ma nel contempo mi dona una chance enorme perché ho la possibilità di cambiare la storia.

Siamo nella seconda metà del primo anno. Penso proprio di essere in tempo.

Io so.

So fin troppo bene cosa si nasconde dietro le ciocche rosa, la risata irritante e il modo di fare da oca di Enoshima.

Posso fermare sul nascere la fine del mondo.

Posso evitare la Tragedia.

Posso annientare l’Ultimate Despair.

Porto un bagaglio di conoscenze e informazioni preziosissime in questa mia testa.

Ma devo agire con cautela. Perché ho come la vaga sensazione che, se facessi come mio solito e mi mettessi a ficcanasare in giro, un giorno di questi Mukuro Ikusaba busserebbe alla mia porta. E non sarebbe una visita di cortesia.

Immaginati la faccia di mio padre se dovessero andare a dirgli che mi hanno trovata appesa a testa in giù in camera mia, squartata come un vitello e con l’intestino spiattellato contro la finestra (nel caso peggiore usato come corda per scendere al piano inferiore… kami, la visione di Machete mi ha lasciato delle cicatrici mentali indelebili).

Meglio evitare.

A tal proposito c’è un pensiero che mi perseguita. Un pensiero che non mi piace, ma che nonostante l’impegno non riesco proprio a scacciare.

Perché una parte di me, quella pragmatica e se vuoi senza scrupoli, mi suggerisce una soluzione rapida ed efficace.

Uccidere Junko Enoshima.

Ha senso, no? Mi procuro una lama, mi avvicino a lei con una scusa e gliela pianto nel collo.

Semplice, veloce e salva la vita di non so quanti milioni di persone. La sua setta, privata del cervello e del cuore tutti assieme, si affloscerebbe come un palloncino sgonfio. E sì, so per certo che la Despair subirebbe un durissimo colpo in caso di trapasso del suo leader. Vedasi solo la voce mi suicido perché lady Junko non illumina più le mie giornate.

Allora perché non sono lì a cercare di crearle un nuovo condotto d'aerazione in gola? Beh, ci sono alcuni ostacoli.

In prima istanza, la fattibilità. Perché non devi dimenticare che la nostra Super Modella ha il brutto vizio di farsi marcare strettissimo dalla sua protettiva gemella, la quale non esiterebbe credo neanche mezzo secondo a spezzarmi il polso se solo mi avvicinassi troppo al bersaglio. Per poi finire il lavoro in santa pace in qualche angolo buio dell’accademia. Torna alla parte dell’intestino sulla finestra.

In seconda istanza, l’eventuale dopo. Metti che per non so quale miracolo riuscissi a privarla della vita e a non subire la ritorsione di Ikusaba, ci sarebbero altre conseguenze. Papà organizzerebbe delle indagini, perché figurati se lascerebbe passare un omicidio sotto silenzio. Avendone tutte le ragioni, sia chiaro. E finirebbe col chiamare me per investigare, mettendomi nella scomoda posizione di dovermi inventare un colpevole. O di dover confessare, cosa che alla lunga il senso di colpa mi porterebbe a fare. La galera a vita è appena un pochino meglio del venire sgozzata, senza considerare l’eventualità di una possibilissima condanna a morte.

In terza e più importante istanza, il fatto che mi rifiuto di ricorrere a un mezzo così barbaro per quanto ottimale possa essere. Io non sono un’assassina, non mi chiamo Enoshima. Se c’è un modo per risolvere la situazione senza spargimenti di sangue, specialmente da parte mia, quella sarà la prima via che batterò.

Solo che non ho idea di quale sia.

Mi sento arenata, come una balena che finisce con lo spiaggiarsi.

Dovrò inventarmi qualcosa. E presto.

 

*

 

Ci ho riflettuto e qualcosa l’ho trovato.

Solo che si basa su semplice intuito e speranza che me la mandino buona. Odio sentirmi così.

Avanti Kyouko, è probabilmente la tua opzione migliore.

Fallo e vada come vada.

 

*

 

Ok, è andata. L’ho fatto.

Ho parlato con Naegi-kun e gli ho detto tutto.

Oggi, al termine delle lezioni, l’ho agganciato chiedendogli se gli andava di fare una passeggiata, io e lui, soli soletti. A quell’adorabile porcellino è venuta tutta la faccia rossa. L’ho portato in una parte poco frequentata, vicina al campo da baseball. Ormai sono qui da quasi una settimana e quel posto specifico mi crea ancora disagio e nostalgia.

Perché lui, potresti chiederti. Perché ho voluto parlare proprio con lui e non con, chessò, mio padre. Semplice: sapevo… speravo che mi avrebbe creduto.

Una persona che non vuole Junko Enoshima morta alla conclusione del Killing Game può tutto, anche non far internare una compagna di classe che dice di venire dal futuro.

Vediamo se mi ricordo il dialogo.

“Allora Kirigiri-san, c’è qualcosa di cui volevi parlarmi?”

“Uh? Cosa te lo fa pensare?”

“Hai la faccia di una che sente l’impellente necessità di sfogarsi.”

“Sapessi quant’è vero…”

“Eh? Tutto bene? C’è qualcosa che ti preoccupa?”

“Naegi-kun, tu ti fidi di me?”

“Ma certo, Kirigiri-san. Certo che mi fido di te!”

“Anche se dovessi dirti una cosa incredibile e fuori da ogni logica?”

“Quella faccia… mi stai spaventando…”

“Fai bene a spaventarti, perché quanto sto per rivelare potrebbe spingerti a chiamare gli infermieri e a farmi mettere la camicia di forza.”

“Per la miseria, di cosa stai parlando?”

Qua ci ho messo la pausa drammatica per darmi un tono. Una ragazza deve divertirsi come può. E poi dovevo decidere la strategia d’approccio.

Alla fine ho optato per fare la semi-romantica: “Mi manca sentirti dire Kyouko-san quando ti rivolgi a me…”

“N-Non l’ho mai fatto! E… e poi… non mi permetterei mai di… prendermi tutta questa confidenza… senza il tuo permesso…”

“C’è stato, o per meglio dire ci sarà, un periodo in cui la confidenza ce l’avevi. O ce l’avrai. Dannazione, tutta ‘sta situazione mi fa impappinare coi tempi verbali.”

“Kirigiri-san, non capisco cosa stai cercando di comunicarmi…”

Tanto valeva essere chiari, girarci attorno non serviva a nulla: “Io vengo dall’anno 2021.”

Attimo di pausa. Le sue pupille che si dilatavano.

“CHECCOSA? Ma il 2021 è fra… undici anni…”

“Non parlo di camicia di forza per caso, sai.”

“Aspetta aspetta aspetta aspetta aspetta aspetta! Mi hai appena detto… che vieni dal futuro?”

“Piacere.” ho esclamato, allungando la mano nella sua direzione in un atto di presentazione formale “Sono Kyouko Kirigiri, vicepreside della nuova Kibougamine.”

Sentendo questa è quasi svenuto. L’ho afferrato al pelo.

Dopo un paio di bicchieri d’acqua e tante esortazioni a star sveglio, finalmente ho potuto riprendere: “Va meglio adesso, Naegi-kun?”

“Mah, insomma… quel che mi hai detto…”

“Suona impossibile, vero?”

“Ben più che impossibile.”

“Non mi credi. Va bene così, grazie del tempo che mi hai dedicato. Dimentica quel che ti ho detto e buona giornata.”

“Fermati! Non andar via!”

“Perché dovrei rimanere? Ti sei ripreso e non hai bisogno di avere una pazza vicino.”

“Tu… tu non sei pazza!”

Per un decimo di secondo mi sono bloccata, allibita.

Quel maledetto allocco mi credeva, glielo leggevo negli occhi.

Deve ringraziare che non sono una stalker. O Enoshima. Fra le due meglio la stalker.

“S-Spiegami bene, per favore. Sono curioso.”

Sì, lo confermo. Mi credeva, o se non altro non pensava fossi uscita di melone. E nel contempo aveva una paura folle, anche quella facilissimamente leggibile nei suoi occhi. Non mi è proprio riuscito di fargliene un torto.

Ma mi stava quantomeno dando il beneficio del dubbio prima di telefonare alla casa di igiene mentale. Tanto valeva approfittarne: “Naegi-kun, ti rendi conto che io ora potrei inventarmi qualunque panzana e tu non hai il minimo modo di confermare o smentire le mie parole? Potrei dirti che sono finita nel passato perché Gojira mi ha schiacciata sotto il suo piedone, tanto per tirar fuori la prima cretinata che mi è passata per la testa.”

Non mi sono potuta impedire di farglielo presente. Doveva essere totalmente consapevole di quello a cui stava andando incontro.

E lui…

Kami, quel sorriso. Il sorriso della Super Speranza (porca miseria, che bruttura di titolo). Era già lì.

Ho fatto fatica a tenermi assieme, rischiavo seriamente di sciogliermi.

“Ti conosco abbastanza da sapere che non mentiresti su una cosa del genere, Kirigiri-san. Se dici di essere venuta dal futuro perché gli alieni ti hanno scagliata qua, spero non gli stessi alieni che avrebbero fregato il panino ad Hagakure-kun, io ti credo. Ora, per favore, raccontami.”

E quindi mi sono messa lì e gli ho raccontato praticamente tutto.

Il Killing Game del consiglio studentesco, la Parata, la Tragedia, il nostro Killing Game, la Future Foundation, il Killing Game della 77, il Final Killing Game, la nuova Kibougamine.

Tutto quello che ricordo, al meglio di come potevo esporlo. Tutto tranne le cose personali fra me e la sua versione ventisettenne, erano superflue… e private.

Naturalmente ha rischiato di avere una sincope almeno nove o dieci volte.

Quando è riuscito ad aprire bocca, ha espresso una commistione di orrore e sorpresa difficile da descrivere: “Quindi… quindi… alla fine di tutto… questo… “

“Dell’attuale classe 78 ci siamo ancora io, te, Togami, Asahina, Hagakure e Fukawa. Solo noi sei. Tua sorella, che come mio nonno era stata presa in ostaggio dall’Ultimate Despair, è viva e sta bene. Purtroppo si sono perse le tracce dei tuoi genitori e non ne conosciamo il destino. Più in generale il mondo sta appena cominciando a guarire dall’anarchia e dalla distruzione seminata da quel branco di fuori di testa. Questa è la mia storia fino al giorno fatale in cui mi sono ritrovata qui, senza sapere come sia successo.”

Gli ci è voluto ancora qualche minuto per recuperare stabilità mentale ed emotiva, e soprattutto fiato, e dire qualcosa di un po’ più articolato: “Cavolo, sono una serie di botte belle pesanti da digerire…”

“Me ne rendo perfettamente conto e mi scuso molto per avertele scaricate addosso tutte assieme. Ma una storia horror va raccontata dall’inizio alla fine, no? Anche perché a puntate sarebbe stato probabilmente peggio.”

Qualche istante di silenzio.

“Kirigiri-san, ma in tutto ciò… perché sei venuta a dirmi di questo tuo viaggio nel tempo? A che scopo?”

Ho sospirato prima di rispondergli: “Perché, se fosse possibile, vorrei il tuo aiuto.”

“Per cosa?”

“Ho intenzione di fermare Enoshima prima che possa darsi alla pazza gioia con il corso di riserva, con la 77 e… con noi. Dovrei essere in tempo.”

“E cosa posso fare io? Non so sparare, non so elaborare piani d’azione, non ho chili su chili di muscoli.” Lo sguardo da cucciolo bastonato con cui l’ha detto. Tenero ingenuo.

“Forse no. Anzi, sicuramente no. Non sai fare tutte quelle cose. Ma hai un’importantissima caratteristica. Anzi, due.”

“E… e quali sarebbero?”

“Sei fortunato, tanto per cominciare. E speranzoso. Sono entrambe cose davvero molto utili quando devi combattere contro Junko Enoshima. Per esempio, ho tralasciato di dirti che durante il Killing Game a cui abbiamo partecipato… noialtri cinque ti avevamo condannato a morte. Ebbene…”

Mani sulle mie spalle. Voce tremolante: “M-M-Mi… avevate c-c-c-condannato… a morte?”

“È stata tutta colpa mia, me ne assumo la piena responsabilità.” Ha fatto male doverlo ammettere ad alta voce, anche a distanza di tutto quel tempo. “Comunque, stavo dicendo che sei sopravvissuto per via della tua fortuna. E quella fortuna ha permesso poi alla tua speranza di aiutarci a sconfiggerla una volta per tutte. Per questo servi al mio fianco, se volessi essere così gentile da darmi il tuo apporto.”

“Tu… tu… tu mi stai chiedendo tanto, lo sai vero?”

Solo lì, di fronte alla sua titubanza, mi sono pienamente resa conto che sì, gli stavo davvero chiedendo tanto. Proprio tanto.

Il “mio” Naegi mi avrebbe risposto affermativamente a occhi chiusi. È un uomo temprato dall’esperienza e dalla consapevolezza di cosa vuol dire ergersi contro la disperazione a mo’ di ultimo bastione dell’umanità, o qualcosa di altrettanto altisonante.

Il Naegi che avevo davanti, invece, era poco più di un bambino. Che, se lasciato in condizione di farlo, sarebbe poi sbocciato nello splendido faro di speranza a cui sono abituata. Ma che, allo stato attuale, non è altro che il bozzolo di quella persona. Oltre a essere comprensibilmente frastornato da tutto il mio discorso.

Non potevo addossargli un compito tanto gravoso a cuor leggero.

Ho annuito con la testa, sentendomi anche un po’ colpevole. Poi ho aggiunto: “Hai ragione, Naegi-kun. Hai solo ragione. Mi sto comportando da egoista, senza considerare come avresti potuto sentirti dopo la mia rivelazione.”

“Kirigiri-san…”

“Buono, buono. Posso essere ancora un po’ egoista e chiederti di accettare? È vero, la mia richiesta è impegnativa. Molto impegnativa. Ma qui si sta parlando della fine del mondo. Io e i miei compagni superstiti abbiamo visto e vissuto l’inferno in terra. Oowada trasformato in burro, Maizono pugnalata nella tua doccia, Oogami suicida. Quelli della 77 che si facevano a pezzi fra di loro, sebbene solo in una simulazione. Abbiamo perso praticamente l’intera dirigenza della Foundation, alcune delle persone più in gamba e di buon cuore che abbia mai conosciuto, in una maniera assurdamente inutile. Io sono stata quasi morta per mezz’ora e ho ancora delle cicatrici viola sulla faccia. E questa è solo la parte che ci riguarda più da vicino, senza stare a citare quanto è successo fuori mentre noi eravamo imprigionati in esilio volontario. Tu capisci che non si parla di bruscolini, non sei stupido. So che è un grande sforzo per te, ma…”

“Ti prego, basta così!”

Uh?

“Kirigiri-san, non puoi riversarmi addosso questo mare di informazioni sconvolgenti e aspettarti che non abbiano il minimo effetto su di me!”

“Non sto dicendo questo, dico che…”

“Per favore, non costringermi a rifiutare.”

Mi sono fermata. E mi sono maledetta.

Brutta deficiente, datti una calmata. Hai intenzione di sovraccaricarlo finché non fa BOOM? Ha ragione, non potevo aspettarmi che accettasse tutto col sorriso sulle labbra.

Idiota che non sei altro.

In quel momento il titolo di Super Detective apparteneva a qualcun altro, non di certo a me. Perché di sicuro non me lo meritavo.

“Quindi… non mi aiuterai…”. Un pulcino sarebbe risultato più determinato.

“Non ho detto questo.”

“…scusa?”

“Sostieni di venire dal futuro. Hai prospettato scenari apocalittici, morte e devastazione, la Kibougamine che praticamente si autodistrugge. Per quanto vorrei fare altrimenti, proprio non mi riesce di scrollare le spalle come se nulla fosse. Ho bisogno… ho bisogno di tempo per pensarci. Concedimi due o tre giorni, poi ti saprò dare la mia risposta.”

Mi è sembrata più che equa, come richiesta. Considerato il carico che gli ho piazzato sulle spalle, anzi, dovevo solo ringraziare che non mi avesse piantata in asso senza neanche guardarmi in faccia.

“C-Certamente. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Io ti aspetterò.”

“Grazie. Ora scusami, devo andare.”

E mi ha mollata lì, evidente il suo desiderio di alzare i tacchi e allontanarsi il più possibile.

Complimenti, Kyouko Kirigiri. Hai combinato il più gigantesco casino dei tuoi ventisette anni.

Speriamo bene.

Ma non è neanche la cosa peggiore.

Per tutta la durata di questa conversazione, infatti, ho soppresso l’incontenibile voglia che avevo di strizzargli quelle guanciotte.

Brrrr. Pedofilia, portami via.

 

*

 

Oggi, ottavo giorno della mia permanenza nel 2010, è successa una cosa… inquietante.

Non inquietante in sé, inquietante perché mi ha dato di che pensare.

Me ne stavo seduta tranquilla al mio posto, in classe. Eravamo al cambio dell’ora e in questo neanche gli alunni della Kibougamine sono diversi da un manipolo di adolescenti scalmanati. Quindi c’erano rumore, palline di carta che volavano e quant’altro.

La mia attenzione però è stata catturata da una conversazione condotta a voce piuttosto bassa.

Si trattava di Fujisaki e di Fukawa.

Lui si è avvicinato al suo banco, l’ha salutata e poi le ha chiesto se aveva cominciato a giocare al videogioco che le ha consigliato.

“I-In realtà n-no, Fujisaki… h-ho una s-scadenza importante… a b-breve…”

“Capisco. Non fa nulla, tranquilla. Tanto Vapor non scappa.”

“M-Ma sei proprio s-sicuro che mi piacerà? Io n-non sono una g-grande videogiocatrice…”

“Ne sono certissimo! Nine Nine Nine ha quello che serve per andare incontro ai tuoi gusti!”

“T-Tu credi?”

“Come no. Ad esempio, se ti dicessi che la base di tutto sono le realtà parallele?”

Il mio quinto senso e mezzo di detective ha preso a trillare e ha cominciato a seguire la discussione, estremamente incuriosito. Al momento non ho capito bene il perché, ma se ho imparato una cosa in ventisette anni di vita è che non devo disturbarlo quando si mette in moto da solo.

Il Super Programmatore ha cominciato a snocciolare alcuni dettagli di trama del suddetto gioco: “Non è mia intenzione spoilerarti, quindi se ti sembra che stia dicendo troppo fermami pure. Ma credo di non rovinare nulla spiegandoti che ci sono più finali, e questo perché ogni scelta che fai apre un ramo diverso della storia. Puoi riuscire a fare ciò che devi fare, oppure finire con un pugnale nella schiena a seconda delle tue decisioni.”

Uhmmmmmmm…

Fukawa sembrava parecchio presa dalla breve spiegazione e ha cominciato a fare domande tecniche, citando il nome di una città europea e altre parole che onestamente mi suonavano tipo invocazione a Satana. Lì ho preso l’appunto mentale di approfondire.

“Per farla breve” ha chiuso Fujisaki “tutta la saga di Zero Escape ha questa forte componente con le varie linee temporali, chiamate histories. Che, fattore importante, accadono tutte. Quando arrivi al true ending non significa che il resto del gioco non serva a nulla perché tanto.. oh beh, sono i finali in cui la gente muore, non contano. Contano eccome! Sono fatti successi davvero, solo in un’altra history.”

Proprio mentre Fukawa rinnovava il suo interesse nel provarlo, è suonata la campanella.

Nell’esatto momento in cui le lezioni sono finite mi sono fiondata in biblioteca. Avevo da studiare. Perché io sono un’involontaria viaggiatrice temporale e, nell’eccitazione di trovarmi undici anni indietro, ho subito pensato a cambiare il corso degli eventi.

Ma chi mi assicura che non farò danni?

E soprattutto, dopo aver sentito quel discorso, come faccio a sapere che il mio operato qui non possa cancellare l’esistenza dei miei cinque amici? Della nostra Kibougamine? Di tutto ciò che di buono abbiamo fatto? Nel caso sarebbe perché ho neutralizzato in qualche modo Enoshima, è vero, ma non ne sarei particolarmente felice.

“Kirigiri, per quale motivo invadi il mio feudo? Devo forse farti mettere alla gogna?”

Smamma, Togami. Non è il momento per i tuoi deliri d’onnipotenza.

Nel passargli vicino, seduto come l’ho sempre ricordato con un libro e un caffè di cacca di pipistrello in mano, ho fatto finta di nulla.

Ok, ero arrivata a destinazione.

“Ti dai alle materie da Nobel? Sicura di esserne all’altezza? A quanto mi risulta sei una schiappa in fisica.”

…calma.

Ho cominciato a frugare in quegli enormi tomi.

“Non ci troverai foto di bellimbusti in mutande e senza materia grigia, là dentro.”

Va bene Scion di ‘Staceppa, era troppo.

Mi sono voltata verso di lui, l’ho fulminato con lo sguardo e gli ho detto: “Sempre meglio di te, che passi le tue giornate a leggere ripetutamente i file con le vittime di Genocider Syo. E forse ti ci ecciti pure sopra.”

Wow. Non ci sono andata leggera.

Lui ha reagito ringhiando e discolpandosi, buttando anche lì una domanda su come facevo a saperlo (domanda che ho bellamente scansato con un colpo d’anca). È la magia del senno di poi, bellezza.

“E comunque a me piacciono bassi e ben dotati” ho sussurrato.

“Scusa?”

“No, niente.”

Kyouko, si vede che stai invecchiando. Da ragazzina non eri così scavezzacollo, men che meno ti lasciavi andare a battutine del genere. Poi me lo traumatizzi, che questo Togami è tanto giovane e addirittura più imbranato di quello che ti chiama Joan Watson pensando di farla franca.

Poi, per fortuna, ha lasciato perdere ed è tornato a dedicarsi alle sue cose.

Io ho fatto altrettanto con le mie.

Mamma mia, la fisica quantistica è una roba per cervelloni. Io mi reputo intelligente, ma non possiedo il tipo di intelligenza necessaria per farmi capire ‘sti paroloni e tutte ‘ste formule complicatissime.

Per fortuna c’erano anche parti scritte in giapponese e non in matematichese, pertanto una vaga idea sono riuscita a farmela.

Pare che nei circoli dei luminari vadano per la maggiore due teorie applicabili ai viaggi nel tempo, dandoli per possibili. Sono l’interpretazione di Copenhagen (la città nominata da Fukawa) e quella di Everett-Wheeler, altresì detta a molti mondi. Per non cadere nel baratro dei termini tecnici posso riassumere in tal modo: la prima dice che esiste un’unica linea temporale e che eventuali modifiche al passato si ripercuotono inevitabilmente sul futuro, alla Forward to the Past per intenderci. O almeno, tenderei a considerare il collasso della funzione d’onda con simili effetti. D’altronde, citando l’esempio del gatto di Schrödinger, secondo questa spiegazione non ci sono alternative. Il gatto o è vivo, o è morto. Una delle due.

Invece, stando alla teoria a molti mondi, entrambi i casi sono validi. Nel senso che esistono sia un universo in cui il gatto è vivo, sia uno in cui il gatto è morto. Poi ovviamente la faccenda è ben più complessa di così, ma voglia di farmi scoppiare la testa non ne ho.

Riflettiamo.

Prendiamo per buona la Copenhagen.

Se per caso riuscissi a rendere Enoshima inoffensiva, questa interpretazione mi dice che il futuro come lo conosco sparirà. Perché, a rigor di logica, senza Enoshima non ci sarà la Tragedia e senza Tragedia non ci sarà nessun Killing Game. Il che vuol dire che i superstiti della 78 non fonderanno mai un’altra Kibougamine, anche perché non ci sarebbero superstiti. Alle riunioni di classe ci andremmo tutti e quattordici (perché le Sorelle Disperazione sarebbero in galera o… peggio).

E ciò è bene, di sicuro. Molto bene.

Solo che…

Solo che così… dove finirebbero il Togami che, miracolo dei miracoli, ogni tanto sorride? La Fukawa che morirebbe per salvaguardare Komaru Naegi? L’Asahina che, dopo lunghi giorni chiusa in camera sua alla Foundation, ha superato la perdita del fratello Yuta dimostrando forza di volontà e caparbietà? L’Hagakure… no, lui è sempre lo stesso imbecille.

E soprattutto, che fine farebbe il Makoto Naegi che… di cui… sono innamorata? Finalmente sono riuscita a dirtelo. Soddisfatto?

Tutte queste cose si disperderebbero come polvere nel vento. Personalmente non ne sarei molto contenta, sempre che mantenga i ricordi del futuro che non sarebbe più.

Sono affezionata a quei cinque. Sì, persino ad Hagakure.

Li considero la mia famiglia, in particolar modo dopo che mio padre è morto e mio nonno si è comportato in maniera a dir poco censurabile.

Uno di quei cinque è la mia anima gemella, colui che mi dà sostegno e la prospettiva di una vita appagante.

Non voglio perderli.

E se invece fosse valida l’interpretazione a molti mondi?

Vorrebbe dire che, alla prima cosa diversa che succede, si crea una seconda linea temporale che nasce dal punto di rottura e si sviluppa in maniera indipendente.

Quindi eviterei la Tragedia, ma non cambierei il futuro. O per meglio dire, lo cambierei… sì e no. È odiosamente complesso.

Non so neanche se voglio questa ipotesi.

Mi sentirei come se avessi lavorato per nulla. O peggio ancora, come se avessi lavorato per qualcun’altro. Qualcuno che, senza colpo ferire e senza neanche esserne consapevole, godrebbe dei frutti del mio sudore.

Detto con la massima franchezza: mi girerebbero le scatole. Gente che vive serena e pacifica perché qualcun altro si è fatto il mazzo dietro le quinte e probabilmente ha rischiato di morire a ripetizione. O è morto nel tentativo.

Inoltre significherebbe che il mio futuro rimarrebbe. Anche se non so se e quando ci tornerei, salvo (ri)vivere naturalmente questi undici anni di distacco. O forse no, non ci capisco davvero un’acca.

Insomma, gioia a catinelle. Da una parte rischio di mandare a carte e quarantotto tutta la storia della mia vita così come la conosco, e non solo della mia; dall’altra creerei una linea temporale alternativa in cui un branco di mangiapane a tradimento andrebbe in spiaggia, giocherebbe a softball e si masturberebbe per merito mio senza saperlo. Nessuna delle due opzioni mi consuma dall’entusiasmo.

Peraltro tutto ciò partendo dal caso in cui effettivamente abbia successo, cosa per nulla scontata. Allo stato attuale non sono neanche certa del supporto di Naegi, di cui per carità capisco le difficoltà e l’incertezza ma… per la miseria Naegi-kun, non lasciarmi ad affogare da sola…

Sono del tutto consapevole del fatto che le mie considerazioni hanno un grande difetto, cioè che sono estremamente egoistiche. Le eventualità che prospetto mi risultano indigeste perché, di riffa o di raffa che sia, quella che in qualche modo ci rimetterebbe sarei sempre io. Ma il resto del mondo ne trarrebbe giovamento pressoché infinito evitandosi gli insulsi e sanguinosi giochetti di quella psicotica.

Come ho detto ne sono consapevole.

E l’esserne consapevole mi ha consentito, in quel momento, di alzarmi dal tavolo della biblioteca, di evitare con maestria Togami che cercava di farmela pagare per quanto accaduto poco prima, di uscire da quel luogo con la ferma intenzione di non lasciarmi scuotere da quanto verrà.

Perché se… quando fermerò Enoshima, poco importano le conseguenze per me. Non contano davvero niente di fronte a un’umanità che non correrà il serissimo rischio di estinguersi per colpa di un’unica, oscura mente malvagia.

Feh. In questi momenti l’influenza di Makoto-kun (quando uso il nome di battesimo mi riferisco al mio coetaneo) brilla come il fanale di un’automobile sparato direttamente negli occhi. La correzione sul se è da lui, non da me. Non mi scoccia riconoscerlo, è un risvolto positivo. Ho tanto bisogno di pensare positivo adesso.

Mi sono diretta in camera per venire a scrivere queste righe, un inusuale sorriso sulle mie labbra. Mi sto proprio rammollendo.

 

*

 

Dieci giorni dopo il mio arrivo.

Ho chiuso la porta di camera mia da circa trenta secondi. Makoto Naegi se n’è appena andato.

Mi sono precipitata a scrivere, devo sfogare.

Ha detto sì.

Siano ringraziati tutti i kami, ha detto sì.

Ha detto sì!

…Kyouko, respira. Non dare in escandescenze. Resti una Kirigiri e noi non reagiamo così.

È che… diavolo, quando si è seduto sul mio letto per parlare avevo la netta sensazione che mi sarebbe esplosa la valvola aortica. Mai ho sentito il mio battito così accelerato.

Facile pensare che sia stato dovuto, almeno in parte, alle implicazioni sentimentali che mi trascino dietro nei confronti dell’uomo che diverrà.

Ciò non toglie che l’agitazione fosse vera. Palpabile.

Credo che pure lui, non esattamente un campione d’intuito, se ne sia accorto.

Salterò i convenevoli, non interessano a nessuno.

“Kirigiri-san, ci ho riflettuto molto. Davvero molto. La tua storia è oltre il limite del possibile. Mi è risultato difficile crederci, volendo usare un eufemismo. Per qualche motivo imperscrutabile staresti occupando il corpo della te stessa sedicenne, trovandoti undici anni nel tuo passato. E quello che mi hai detto di aver vissuto e visto succedere è terrificante, ma altrettanto inverosimile. Eppure… ormai ho capito che sei il tipo freddo a cui non piace esporsi emotivamente troppo, se non per nulla… eppure la tua sincerità mentre raccontavi era evidente. La si notava mentre ti stropicciavi le dita anche se hai cercato di non darlo a vedere, quando hai leggermente sussultato nel momento in cui hai parlato delle cicatrici viola sul tuo volto, dal rimorso che filtrava in mezzo alle tue parole citando l’occasione in cui mi avreste condannato a morte. In realtà, forse perché sono un povero credulone che si berrebbe ogni tipo di fandonia, sin dall’inizio ero propenso a fidarmi. Dovevo solo farmi passare lo shock iniziale e, scemato quello, è rimasta la mia accettazione. D’altronde l’hai detto tu stessa che essere speranzoso è una delle mie qualità.”

Sì, l’ho detto. E lo confermo con tutta me stessa.

Fra l’altro gli devo delle scuse per averlo definito poco intuitivo. Mi sono dovuta ricredere, non è facile cogliere i miei minuscoli segnali di disagio.

L’ho guardato dritto negli occhi, sollevata da questo suo discorso. Poi gli ho chiesto: “Quindi il tuo è un sì?”

Di nuovo abbiamo rischiato di avere una marmellata di Super Detective quando ha sorriso rispondendomi che già, quello era proprio un sì e che mi avrebbe affiancato nella mia missione.

L’ho ringraziato di cuore, con tanto di abbraccio plateale. Si sarà convinto definitivamente che vengo dal futuro, perché a sedici anni avrei preferito una marchiatura a fuoco lento rispetto a un simile slancio. E quanta, quanta fatica nel trattenermi dal baciarlo.

Ci siamo poi messi d’accordo sui dettagli. Allo stato attuale reputo il pedinare Enoshima come la tattica migliore da seguire. Mi meraviglierei di non trovarla assieme a sua sorella mentre va a commettere chissà quali turpi nefandezze, pertanto dovremo fare estrema attenzione a non farci notare. O le nostre giugulari avranno il piacere di conoscere personalmente un coltello da sopravvivenza.

Ora finalmente vedo un barlume di luce all’orizzonte.

Ce la posso… possiamo fare.

 

*

 

No, questa non è una voce del diario. Il mio nuovo migliore amico è rimasto sulla scrivania di camera mia.

Già faremo abbastanza fatica così, figurati se mi posso portare dietro un libro per annotare in tempo reale. Se proprio volessi ho il cellulare, peraltro. Va bene che sono della vecchia scuola, ma non vedo perché non sfruttare le meraviglie della tecnologia moderna quando possibile.

Adesso, da brava giornalista amatoriale, colmerò le cinque W: who, when, where, what e why.

Il chi credo sia palese: Junko Enoshima e Mukuro Ikusaba. Rispettivamente Super Modella e Super Soldato, ma in realtà Ultimate Despair.

Il quando: è tardi, da circa quaranta minuti è scattato l’orario notturno e in teoria nessuno tranne gli agenti di sorveglianza dovrebbe essere in giro.

Il dove: siamo alle calcagna delle Sorelle Disperazione da un po’ e le suddette sembra si stiano dirigendo verso un edificio a cui normalmente non è consentito l’accesso a nessuno.

Il perché: tutto questo sta accadendo perché sostanzialmente Enoshima è una pazza furiosa. La parte meno interessante.

Purtroppo non sono in grado di riempire la colonna sul cosa per il semplice fatto che non lo so. Non ho realmente idea di cosa stiano combinando, ora come ora. Anzi, scoprirlo è proprio il motivo che mi ha spinta ad agire in questo modo.

Naegi, da bravo ragazzo, non fa rumore e si limita a fare quel che faccio io. È intelligente abbastanza da capire che non è furbissimo farsi beccare da quelle due, soprattutto considerando quella specie di mannaia affilata che Ikusaba fa ciondolare in maniera svogliata dalla sua mano. Le starebbe bene il camice da macellaio.

…Kyouko, ti prego. Focalizza.

Stiamo acquattati nelle fresche frasche per un po’ mentre le vediamo entrare in quella porta preclusa a tutti i comuni mortali.

Gli appostamenti sono sempre stata la parte dolente del mio lavoro. Devo ringraziare la mia natura stakanovista che mi consente di sopportarli, altrimenti temo che non sarei stata capace di reggere un tale coagulo di nulla cosmico concentrato.

Passano cinque minuti. Poi dieci. Poi quindici.

Sì, ma che cavolo state facendo voi due? Un bagno turco vestite?

Naegi dà segni di cedimento e comincia a spingere per farci entrare. Al che mi tocca mettergli una virtuale museruola e dirgli che è fuori discussione, troppo pericoloso e senza alcuna garanzia di successo.

“Kirigiri-san, però così come puoi scoprire cosa stanno facendo?”

“Vedendone i risultati. Per favore, lasciami fare il mio mestiere.”

“Se lo dici tu…”

Quanta poca fiducia nella tua Super Detective di quartiere.

Finalmente la nostra pazienza paga.

La porta si apre. Ne esce la sola Ikusaba. O meglio, ci sono tutte e due ma la minore delle gemelle sembra svenuta e l’altra se la sta scarrozzando in spalla. Mi piacerebbe credere che possa essere morta, ma in realtà so che non è così. Finora non ho interferito al punto di provocare cambiamenti clamorosi.

Sviluppo non previsto ma… interessante, devo ammetterlo.

Cosa può essere accaduto per ridurla in quel modo?

Faccio cenno al mio piccolo Watson di stare più bassi, farsi vedere ora non sarebbe il massimo della vita.

Quando poi si è allontanata a sufficienza, mi alzo e mi avvio. Lui fa altrettanto.

“Quindi vuoi andare?” sussurra.

“Esatto. Come hai visto loro sono entrate in due e sono uscite in una e mezzo. Qualcosa deve pur essere successo e ho tutte le intenzioni di sapere cosa.”

Sempre tenendo la guardia alta che sai mai che quella potrebbe tornare sui suoi passi, ci avviciniamo all’ingresso e lo apriamo.

Lo spettacolo che ci accoglie è…

Nauseante.

Il lungo corridoio che ci si presenta davanti, illuminato solo da fredda luce al neon, è letteralmente disseminato di cadaveri.

Sangue ovunque.

Sembrano… sembrano guardie.

Sgozzate, con fori di proiettile in testa, un paio sono quasi aperte in due.

Dietro di me sento Naegi che cerca di trattenere il vomito. Non posso fargliene una colpa.

L’odore… l’odore è disgustoso.

Di morti ne ho visti in vita mia, fra la professione che svolgo e i vari Killing Game a cui sono stata obbligata a partecipare, ma un simile tanfo non si era mai presentato prima.

Nonostante l’abitudine, devo ammettere che persino io lo soffro.

Appare evidente che la dottoressa Jekyll e miss Hyde si siano fatte largo con la forza. Il che mi porta a pensare che, qualunque sia la cosa qui custodita, l’accademia non vuole che si sappia in giro.

Un dubbio tremendo mi sfreccia nel cervello.

Non si tratterà mica di…

Calma, ci vuole calma e sangue freddo. Non fasciarti la testa prima di essertela rotta.

Appuriamolo.

Gli dico di non guardare per terra. Sguardo alto e dritti verso il bersaglio.

Proseguiamo, sempre facendo finta di non vedere i mucchi di corpi che adornano l’ambiente. Si fa sempre più difficile ogni secondo che passa. Ma ce la facciamo. Dobbiamo farcela.

Poi, dopo un breve tragitto, arriviamo.

Di fronte a noi una porta blindata. Schizzata di rosso, tanto per non farsi mancare nulla.

Evviva.

Non sembrano esserci serrature, maniglie o altri sistemi tradizionali per aprirla.

Mi avvedo di un dispositivo a muro.

Comincio a studiarlo.

È a riconoscimento oculare. Dubito che il mio occhio o quello di Naegi vadano bene. Presumo serva quello di un dirigente di alto livello.

Che anche loro si siano fermate qua?

No Kyouko, stai sottovalutando Enoshima. Si parla di una persona capace di sobillare l’intero corso di riserva, di ribaltare la scuola e di portarla alla catastrofe, di arrivare a tanto così dalla distruzione totale del mondo.

È entrata, non può essere altrimenti.

Ma come…

Noto per terra uno strano oggetto rotondeggiante. Mi chino per prenderlo.

Yaugh!

Hai capito la dannatissima sadica.

“Naegi-kun, fai un paio di passi indietro. Non voglio che tu debba assistere”. Finché posso ho intenzione di evitargli traumi gratuiti come questo. Sorrido fra me e me al pensiero che alla sua età probabilmente non avrei usato una simile premura nei confronti di chicchessia, avrei preso l’occhio e gliel’avrei sventolato sotto al naso con aria trionfante.

Lo sento ubbidirmi. Bravo bimbo.

Faccio quel che devo.

ZIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN.

Eccoci.

E qui tutte le mie paure si concretizzano in una volta sola: sull’unico pezzo di arredamento presente nella stanza che ci si para davanti, cioè una branda, sta seduta quella persona.

Izuru Kamukura.

Ora ha tutto più senso. Ora vedo l’insieme nella sua completezza, o se non altro le zone d’ombra cominciano a rischiararsi.

Enoshima dev’essere venuta a parlargli, poco fa. Se è riuscita a portarlo dalla sua parte…

No, aspetta. Non correre.

Ikusaba l’ha portata via in spalla, svenuta. Ci dev’essere stato qualche intoppo e lui l’ha messa fuori combattimento per motivi a me sconosciuti.

Inoltre, per quanto poco lo abbia visto in azione, so quasi per certo che Kamukura non è il tipo che si lascia ammaliare dalla prima sirena che passa. Tutt’altro. A ripensarci i suoi “…che noia”, detti con un tono che persino io ho trovato fin troppo piatto, mi risuonano ancora nelle orecchie.

Ragiona, Kyouko. È di fondamentale importanza capire cosa può essere successo fra quei tre per stabilire quanto sia pericoloso essere ora in questa stanza.

E, pur con tutta la buona volontà, non riesco a disdegnare l’ipotesi che potremmo morire qui. Non è da escludere. Per quel che ne posso sapere, dietro quella faccia inespressiva sta contando il numero di tocchetti in cui è intenzionato a ridurci.

D’altro canto l’occasione che ho davanti è più unica che rara. Difficilmente potrò trovarmi di nuovo faccia a faccia con lui in un prossimo futuro, sarebbe utile approfittarne e cercare di carpire qualche informazione.

“…chi siete?” chiede, la voce che avrebbe un morto se potesse parlare.

Niente panico. Niente panico. Non puoi fare figuracce davanti a Naegi.

Ok, prima la tattica aggressiva: “Perché hai steso Enoshima?”

“…non mi hai risposto”. Nei suoi occhi, vitali quanto delle sogliole surgelate, balugina un lampo. E quando una persona come Izuru Kamukura ha un lampo negli occhi, nemmeno io riesco a negare l’impellenza di afferrare un pannolone e indossarlo.

“Sei tu il super genio, no? Arrivaci da solo”. Sto giocando non con un fiammifero, ma con il grande incendio di Londra. Eppure sono curiosa di testare le sue mirabolanti capacità o presunte tali, non avendoci mai avuto a che fare a tu per tu.

Stupiscimi.

Per una frazione di secondo sembra quasi tradire lo spettro dell’ombra di una reazione di sorpresa. Forse non si aspettava che lo conoscessi. Poi schiude le labbra e dice “…detective.”

“Da cosa l’hai capito?”

“…hai almeno otto segni distintivi che ti identificano come tale.”

“Ad esempio?”

“…il modo di camminare e il portamento.”

“E poi?”

“…questa tua petulante insistenza. Tipica.”

Touchè. Meno male che non sono in compagnia di Yui-san, se la sarebbe presa.

“E il mio… compagno?”. No, tentazione di usare amato, fa’ silenzio. Stattene a cuccia.

“…una nullità.”

“Eh?” pigola il diretto interessato, immagino non entusiasta di farsi definire in tal modo.

“Perché dici così?”

“…la sua totale mancanza di talento è accecante ai miei occhi.”

“E basta così poco per chiamarlo in quel modo orrendo?”

“…il talento è tutto.”

Oddio, sul serio? Persino questo intelligentone crede in una cosa tanto ridicola?

Il talento è tutto.

Sin da quando ho avuto la sfortuna di sentire Nagito Komaeda ragliare questa fesseria o una qualche sua variante durante il Killing Game su Jabberwock, ho sviluppato un odio viscerale per le persone che la pensano. È una così palese, così chiara, così evidente bugia che io… sul serio, come si può arrivare a convincersene? Non mi capacito di un tale salto nel vuoto.

Mi basta uno sfolgorante esempio per smentirli: Makoto Naegi. Tecnicamente parlando Kamukura ha ragione, è senza talento (escludendo la fortuna, che però è intermittente e soprattutto non sovrumana come quella del suo pari titolo della 77). Ma io so bene di cosa quell’apparente esemplare medio di umano medio è realmente capace.

Dannazione, sono viva per merito suo. Io e gli altri quattro, per rendergli piena giustizia, dovremmo svegliarci ogni giorno e intonare un ringraziamento nei suoi confronti. Se lui non ci fosse stato, Enoshima ci avrebbe schiacciati sotto il tacco della sua disperazione. Eravamo cinque cadaveri svuotati di ogni velleità di sopravvivenza e solo il suo intervento, chirurgico e mirato a ognuno dei nostri cuori, ci ha riscossi dalla coltre di apatia che ci aveva avvolti.

Questa è davvero opera di una nullità? Io non credo.

“Non hai nemmeno idea di quanto ti stia sbagliando” dichiaro, l’aria di quella che tutto sa e non ha timore di venire contraddetta perché è forte nella sua convinzione di essere nel giusto.

La mia temeraria frase, perché ammetto di essere stata temeraria al punto dell’incoscienza, pare sortire un vago effetto sulla sua maschera di impassibilità. Vago eh, non allarghiamoci troppo. Ma persino io, che pur non essendo la Super Psicologa proprio scema non lo sono, arrivo a notare i piccoli cambiamenti nel suo linguaggio del corpo.

Decido di spingere, ringalluzzita dal minuscolo vantaggio: “Ti ho stupito? Ma davvero? E io che pensavo che nulla potesse scalfirti. Non ci sono più i Super Analisti di una volta”. Sì, so che ha in comune con la nostra finta Super Modella questa cosa. Entrambi, essendo in grado di prevedere le reazioni altrui senza possibilità d’errore, si sono fatti prevaricare dalla noia.

Alle mie spalle sento un rumore poco definibile, come se qualcuno stesse parlando fra sé e sé a bassa voce. Dopo mi spieghi, Naegi-kun.

“…solo un’altra persona ha colto la mia curiosità in modo simile.”

Wow, questa si che è una notizia sugosa. C’è stato un precedente, un altro piccone che ha creato un’infinitesimale crepa nel suo muro di acciaio inossidabile.

Aspetta, aspetta un attimo.

Ho capito. Credo di aver capito.

Sì sì, dev’essere così. Ne sono certa.

“Ha a che fare con la visita che hai ricevuto poco fa, vero?”

Non risponde.

Il suo sguardo. Non è lo sguardo di nulla totale che mi ha rivolto finora. Cioè, è nulla al 99,99% ma ci vedo una sottile, sottile, sottile, tanto sottile voglia di sentirmi mentre mi spiego.

Non sprecare questo spiraglio, Kyouko. Potrebbe non portare a nulla, potrebbe essere una perdita di tempo… o potrebbe essere ciò che risolve il casino in cui ti trovi attualmente.

“Allora, lasciami ricostruire la situazione. Ho visto Enoshima e Ikusaba uscire poco fa. Posso dire con quasi totale certezza che si sono lasciate alle spalle quella scia di cadaveri perché il loro obiettivo era ben difeso dall’accademia. E il loro obiettivo, mi sembra evidente, eri tu. Vuol dire che ci hai parlato. Per quale motivo Junko Enoshima si è fatta largo per avere un’udienza con il segreto meglio custodito dell’intera Kibougamine? Io so cosa sta architettando quella pazza, ne sono dolorosamente consapevole. L’unica opzione che posso considerare valida la vede venire qui di persona per convincerti a schierarti dalla sua parte, presumo cominciando a raccontarti di quanto bella ed eccitante dev’essere la disperazione e che solo essa può liberarti dal giogo della prevedibilità che ti stritola. E so anche che finiresti con l’accettare, se non altro nominalmente, per confermare o smentire di tuo pugno la veridicità dei suoi proclami. In realtà sei alla disperata ricerca di qualcosa che possa stimolarti a livello intellettuale, se non addirittura emozionale, e rendere la tua vita da 300 di QI degna di essere vissuta. Uno scopo, ecco cosa vuoi. Uno scopo che non sia il mero esistere.”

Va bene, i prossimi venti secondi sono cruciali. Se si alza sarà per spezzarmi il collo con una mano sola.

No, non lo fa.

Si passa una mano nei capelli, lento. Sembra… incredibile, sembra… pensieroso. Potrei sbagliarmi, si parla sempre di qualcuno espressivo come una lastra di vibranio.

“…come lo sai?” chiede poi, prendendomi di sorpresa.

“Come so cosa?”

“…sei stata circostanziata nella tua disamina, citando fatti specifici e dandoli come assodati. La tua categoria non si espone mai più del necessario ma tu hai parlato per assoluti, come se conoscessi avvenimenti che dovrebbero esserti preclusi.”

Innanzitutto mi devo considerare fortunata, almeno per ora sembra sorvolare sul fatto che ho tracciato il suo profilo psicologico. Mi piace pensare che sia perché ci ho azzeccato e non è permaloso. In secondo luogo, mi frulla un’idea folle in testa. Terribilmente folle. Eppure ci voglio provare: “Se ti dicessi che è così perché so quel che accadrà?”

Andata. Bomba buttata nella mischia. Vediamo quanto rumore fa nell’esplodere.

Naegi, dietro di me, si lascia sfuggire un verso di stupore. So che può sembrare da malati mentali mettere in piazza questo piccolo particolare, Naegi-kun, ma anch’io ogni tanto ho bisogno del brivido dell’ignoto.

Se poi ci costerà la vita… scusami, è stata colpa mia.

No, forse quest’ultima frase è un po’ affrettata. Kamukura si alza, senza però dare il minimo segno di aggressività, e prende a fissarmi. Rimane impalato come uno stoccafisso, le braccia conserte e la testa appena appena inclinata verso destra.

Se non sapessi che è impossibile giurerei che mi stia passando ai raggi X, quasi come se stesse scavando nella mia anima. Ammetto di sentirmi violata.

Poi, dopo lunghi minuti di silenzio, emette la sentenza: “…tu non sei chi dici di essere.”

Oh dai, non metterla giù così. Suona male. Non che sia sbagliato, ma…

“Cosa intendi?”

“…il mio talento da Super Detective non mi porterebbe mai a formulare la tua ultima affermazione, seppur posta come domanda. Anche dando per scontato che tu sia molto meno dotata di me, sicuramente lo sei abbastanza da non sproloquiare in siffatto modo. La conclusione logica è che non stavi sproloquiando. Quindi, lo ripeto, tu non sei chi dici di essere.”

Che faccio? Gioco a carte scoperte, visto che ormai c’è quasi arrivato?

Ma sì. Facciamolo.

“Hai ragione. Io non sono la persona che ti appare davanti. O, per essere più precisi, lo sono pur non essendolo”. Ancora un po’ di mistero, giusto per darmi un tono.

“…spiegati”. A quanto pare non è d’accordo col giochino. Peccato.

Va bene, direi che mi tocca svuotare del tutto il sacco: “Nel caso non lo sapessi, il mio nome è Kyouko Kirigiri. Solo che non ho i sedici anni che dimostro, bensì ventisette. Vengo dall’anno 2021 e, non ho idea del come, mi sono improvvisamente trovata catapultata dentro la me stessa del passato. È per questo motivo che conosco a menadito, o quasi, le intenzioni di Enoshima. Ed è sempre per questo motivo che ho ipotizzato con un certo margine di sicurezza la tua reazione alla sua proposta. Eri nel gruppo dei Remnants of Despair che hanno partecipato al Killing Game della classe 77, presumibilmente ti sei fatto catturare apposta e fatto mettere in quella simulazione per infettare il Neo World Program con l’AI di Enoshima. Ops, scusa, avrei dovuto usare il tempo futuro nel tuo caso.” Finora l’essere sarcastica non mi è costato nessun osso, spero che l’andazzo continui così.

La mina è grossa e non mi aspetto che se la ingoi intera senza contestare. Sarebbe troppo facile e troppo poco da lui.

E difatti che fa? Continuando a guardarmi dice “…stai mentendo.”

“Reazione prevedibile” gigioneggio, perché dire una cosa del genere a Izuru Kamukura sfiora la volontà suicida “anche se errata. Sono sincera. Confusa su come possa essere successo, ma sincera.”

“…quanto sostieni è scientificamente impossibile.”

“E chi ha parlato di scienza? Se vuoi conoscere i dettagli, stavo camminando per il campus della scuola che aiuto a gestire e una pallina da baseball mi stava arrivando dritta sul naso. Ho chiuso gli occhi, un po’ spaventata per l’imminente impatto, e quando li ho riaperti… puff, ero indietro di undici anni. Attorno a me c’erano persone morte da un sacco di tempo. Una volta di fronte a uno specchio sono praticamente sbiancata, vedendovi riflessa una faccia che non era più mia da quella che mi sembra un’eternità. Adesso dimmi, visto che hai sicuramente studiato le mie microespressioni e tutta quella roba lì durante il discorso: pensi ancora che stia mentendo?”

Risponde molto più velocemente di quanto mi aspettassi: “…no. O perlomeno non credi di star mentendo. Sei convinta di quanto dici. Ma le credenze di un singolo non sovvertono le leggi della fisica quantistica. Il viaggio nel tempo non è fattibile.”

“Allora come giustifichi il fatto che sappia cose che non dovrei sapere? Il contenuto sommario del discorso che Enoshima ti ha fatto, per esempio. O la previsione del tuo comportamento futuro, che sai essere in linea con le tue intenzioni. E se anche non lo fosse al momento, fidati che andrà così.”

Si rabbuia leggermente, quasi l’avessi preso in contropiede. Gioisci Kyouko, non tutti possono dire di avere avuto questo titanico effetto su di lui.

Intuisco una cosa: è il momento di accelerare. Non so dove sto andando a parare comportandomi così, ma se mi riesce di scatenare una scintilla di interesse in questo pezzo di ghiaccio secco… beh, qualcosa lo porterà. L’alternativa è star ferma e lasciare campo libero a Enoshima e alla sua apocalisse.

“Kamukura, io ti sfido” dichiaro impettita, con solo un po’ di sana fifa che mi trattiene dal puntargli l’indice verso la faccia “Fammi delle domande su quanto sarà e io ti risponderò in maniera corretta. Anzi no, facciamo di meglio. Sarò io a dirti delle cose che non dovrei sapere. Ad esempio il nome della tua precedente identità, prima che costui decidesse di sottoporsi al Progetto di Coltivazione del Talento promosso dall’accademia. Ti chiamavi Hajime Hinata, un normalissimo studente del corso di riserva che però viveva nella venerazione del talento e si struggeva nel non possederlo. Per questo, nonostante io sappia che c’era una sua amica chiamata Chiaki Nanami che ha cercato di dissuaderlo, ha acconsentito a fungere da cavia. Il risultato sei tu. Izuru Kamukura, quello che il direttivo della Kibougamine ha ribattezzato Super Speranza.”

Grazie, fascicoli della Foundation e Tengan. Il vostro essere logorroici finalmente ha pagato.

Bene, signor Super Tutto Megagalattico. Io ti ho rivelato quel che avevo da dire. Che hai intenzione di fare adesso?

Silenzio.

Tensione.

Anche un filo di paura.

Ecco, ci siamo. Sta per parlare: “…perché?”

“Perché cosa?”. La confusione dev’essere evidente sul mio volto, non capisco questa domanda.

“…perché mi hai raccontato tutto questo? Cosa speri di ottenere?”

Oh. Ecco cosa intendeva.

“Io… non lo so. Riconosco che forse ho semplicemente dato corso a una vaga intenzione di parlare per il gusto di parlare, senza uno scopo preciso. Ma sentivo che dovevo metterti di fronte al mio dilemma.”

“…dilemma?”

“So che la situazione ti apparirà aliena per più di un motivo, ma cosa credi farebbe chiunque al mio posto?”

“…dando per buona l’impossibilità del tuo viaggio a ritroso nel tempo?”

Ancora non ti ho convinto, iper-razionale che non sei altro: “Dandola per buona, sì.”

“…semplice. Un normodotato cercherebbe di porre un freno a quanto Enoshima si appresta a compiere, qualunque cosa nello specifico essa sia. Il modo in cui hai parlato dei suoi piani rende evidente il fatto che si è trattato di un evento di grandi proporzioni che porterà grandi quantità di morte.”

“Esattamente. Non so quale paradosso, divinità o volontà superiore debba ringraziare, o in alternativa maledire, per quanto mi è capitato. Ma ora sono qui e posso fermare la Tragedia. Ho tutte le intenzioni di farlo.”

“…allora uccidi Enoshima.”

La frase congela il sangue nelle mie vene.

Dovevi proprio riportare a galla quell’ipotesi? Anzi, dovevi darle forza? Perché, nei momenti di stanca, si faceva sentire da sé.

Per fortuna Naegi-kun, per la prima volta da quando siamo qui, rende nota la propria presenza: “No! Uccidere è sbagliato! E comunque Kirigiri-san non lo farebbe mai, non è un’assassina!”

“…eliminare il problema alla radice è la soluzione più rapida, efficace e sicura.”

“Forse, ma ci sono altre implicazioni di natura…”

“…ridicoli lacciuoli spessi come carta velina che si frappongono fra te e il tuo obiettivo. È estremamente irragionevole permettere loro di fermarti. La moralità è sopravvalutata.”

E poi, dal nulla, quello che può essere un colpo di genio. O il definitivo segno che sono uscita di testa del tutto: “Allora dimmelo tu come.”

“…cosa?”

“Riformulo la sfida che ti ho lanciato prima. Prendi la mia storia e trattala come se fosse vera, a prescindere dal fatto che ci creda o meno. Tutto, anche le parti più inverosimili. Accettala in blocco. Poi escludi la possibilità dell’omicidio, perché come dice giustamente lui non è una strada percorribile. A quel punto, tu cosa faresti se fossi nei miei panni?”

Riflette. Il solo fatto che la sua risposta non sia istantanea denota la complessità della questione. Ammetto di provare un fine piacere nell’essere riuscita a porgli un quesito che lo obblighi alla riflessione.

Dopo circa un minuto la risposta arriva: “…sfrutta le tue conoscenze.”

“In che modo? Io non so poi…”

“…sai a sufficienza, probabilmente. Conosci le intenzioni di Enoshima e le mie, mi risulta difficile credere che non possieda informazioni date dal senno di poi che possano venirti utili.”

Consiglio semplice ma efficace. In effetti non mi sono fermata neanche un attimo a pensarci sopra, ero troppo presa dall’impellenza per ragionarci lucidamente.

Potrebbe essere l’asso nella manica che mi porterà a vincere la mia personale guerra. O a morire nel tentativo.

Ok, direi che questa sortita ha ottenuto i suoi frutti. In più di un modo.

Ci accomiatiamo, con lui che ovviamente non si spreca nel salutarci. Simpatico come un mattone.

Ripercorriamo a ritroso la strada, badando a non soffermarci più del dovuto sui corpi.

Una volta fuori, l’aria fresca della sera mi porta a respirare a pieni polmoni. Reazione dovuta non solo dall’aver attraversato un corridoio che sembrava un mattatoio, va detto. Sento una brezzolina di ottimismo nelle giunture.

Sto per dire a Naegi di tornarsene in camera sua quando mi avvedo del suo sguardo smarrito.

Uh? Piccolo, qualcosa non va?

“Kirigiri-san…” inizia, timido come un porcospino con problemi relazionali. Eddai, non farmi preoccupare.

“Naegi-kun, che c’è? Aver avuto l’onore di conoscere Izuru Kamukura ti ha turbato fino a questo punto? Sei anche stato inopinatamente silenzioso, là dentro.”

“È che…” tentenna, sembrerebbe alla ricerca delle parole giuste con cui esprimersi.

“È che?”

“È che… io che cavolo ci faccio qui?”

Scusi? Non ho capito, le passo mio marito.

“Perdonami se sembro stupita, ma lo sono. Cosa intendi dire?”

“Tu non avevi bisogno di me mentre gli parlavi. Te la sei cavata egregiamente da sola. E difatti il mio apporto qual è stato? Fare da tappezzeria.”

Lo sguardo mogio con cui pronuncia l’ultima frase è un duro, potente, oserei dire preponderante attacco al mio autocontrollo. Adorabilissimo sleale che non sei altro.

“Non sottovalutarti così tanto. Devo essere onesta? In simili situazioni forse non puoi aiutare in maniera concreta, vero. Ma mi pareva di averti detto chiaro e tondo che la tua presenza mi è di conforto e di sostegno.”

“E come? Dubito che il motivo a fiorellini che c’è sui muri della tua camera sappia essere una valida spalla.”

Accidenti, no. Non devo provare… irritazione. Non devo.

Respira Kyouko, respira. Vienigli incontro.

“Non sospetti neanche lontanamente il tuo reale valore se parli così, Naegi-kun. Nel futuro da cui provengo ci sono state varie occasioni, durante il nostro Killing Game, in cui la 78 è andata molto vicina all’autodistruggersi. Non c’era coesione, non c’era unità d’intenti, non c’era niente di positivo. Solo paranoia e sfiducia fra quelli che un tempo erano stati inseparabili compagni di bisboccia. Indovina chi è stato il prode paladino che puntualmente, ogniqualvolta ce ne fosse la necessità, si è fatto carico della situazione e ci ha ricondotti all’ovile.”

Stupore. Puro stupore nei suoi occhi.

“Esatto, caro mio. Sto parlando proprio di te. Mentre noi poveri idioti brancolavamo nel buio, fissandoci guardinghi e sospettosi, qualcuno di mia conoscenza ha sempre fatto del suo meglio per mostrarci la via più giusta da seguire. Con costanza, generosità e un sorriso perenne stampato sulla faccia. Non puoi capire quanto la tua presenza sia stata fondamentale per far sì che non ci annientassimo a vicenda. E adesso, dopo questo excursus, hai ancora il coraggio di chiederti cosa ci fai qui con me ora? Suvvia, non sei stupido.”

Sta per dire qualcosa, immagino esternare il proprio sbigottimento, quando mi scappa una coda al precedente discorso: “Ti voglio sempre al mio fianco, sempre. So di non potercela fare senza di te, sei l’unico che può sorreggermi nei momenti di sbandamento o di sconforto. E ce ne saranno, li vedo disseminati sulla strada che mi… ci si para davanti. Non sarà per nulla facile. Anche se mi piace atteggiarmi da persona tutta d’un pezzo che non inciampa mai, in passato ho inciampato parecchio camminando da sola. Lo rifarei e non me lo perdonerei, così come non mi sono perdonata i precedenti episodi. Non vuoi essere parziale responsabile dei miei incidenti di percorso, vero?”

Giuro, il mezzo ricatto morale non era voluto. Non sono una manipolatrice seriale. Si è solo trattato di esternare le mie più profonde insicurezze, riuscendo per una volta nella mia esistenza a non vergognarmi nel mostrarmi vulnerabile. Perché, porca di quella miseria, sono dannatamente vulnerabile in questo momento. Alla ricerca di un metodo efficace per riuscire nella missione, ancora spaesata dal viaggio nel tempo, instabile nella marcia. Ci vuole un nulla per mettere il piede sulla classica buccia di banana, finire a gambe all’aria con panty shot gratuito e spaccarsi il bacino senza quindi poter proseguire.

Mi servono certezze, basi su cui potermi appoggiare. La mia base più forte e sicura è Makoto Naegi, senza ombra di dubbio.

Ho… ho bisogno di lui.

Lo fisso negli occhi, gli prendo le mani nelle mie e gli dico: “Ti prego, restami vicino.”

Tentenna. Lo incoraggio con lo sguardo.

“Se… se me lo chiedi con una simile forza, Kirigiri-san…”

“Fammelo sentire, per favore. Mi serve sentirlo chiaramente.”

“S-Sì, sono con te.”

“Fino in fondo?”

“F-Fino in fondo.”

“Anche se rischiamo entrambi la vita?”

“Anche se rischiamo e-entrambi la vita.”

Non piangere. Non piangere. Non piangere.

Esternamente lo ringrazio con l’intensità di mille soli.

Internamente mi do alla pazza gioia come neanche durante un addio al nubilato particolarmente sopra le righe. Spogliarello sul tavolo ballando al ritmo della canzone di Nove Settimane e un Pezzo e Mezzo, bottiglia di champagne scolata a vetro, urla e schiamazzi tipo le Japan Series più tirate e appassionanti del secolo.

Mentre ci avviamo verso i dormitori, realizzo che ora sono due i motivi per cui mi tocca innalzare una preghiera di osanna a suo nome ogni mattina.

 

*

 

Cretina. Cretina. Cretina. Cretina. Cretina.

L’ho già detto di essere una cretina?

Sto scrivendo queste righe alla fine della giornata più lunga da quando mi sono ritrovata nel passato.

Da una settimana, sin da dopo l’incontro con Kamukura, Naegi-kun veniva in camera mia dopo le lezioni. Ufficialmente per studiare, ma in realtà pensavamo a un metodo efficace per muoverci in questo pantano.

Sette giorni. In sette giorni non siamo riusciti a venire a capo di nulla. Non ci è venuta una sola idea valida che non fosse provare a staccare la testa di Enoshima dal suo collo con una roncola e morire nel tentativo, sventrati dalla claymore di Ikusaba. Da quando sono diventata così teatrale?

Ovviamente la colpa è mia. Sono io la viaggiatrice temporale, cioè quella che sa cosa sarebbe dovuto succedere. E poi, non che voglia essere irrispettosa ma questo non è il campo in cui lui dà il meglio di sé. Non è mai stato un gran stratega.

Ma sul serio. Era mio il dovere di escogitare un piano, non suo.

Mio.

Io ho fallito.

Io sono l’incompetente.

Io sono stata lenta. Incapace. Indecisa.

Quelle anime pesano sulla mia coscienza e lo faranno per sempre.

Non mi perdonerò per non essere stata in grado di salvarle. Non posso perdonarmi. Non devo perdonarmi. Non voglio perdonarmi.

Andiamo con ordine.

Stamattina, dopo l'ennesimo girare in circolo della sera precedente, io e il mio boy toy (santo cielo Kyouko, sembri una cougar terrorizzata dall’arrivo incombente della menopausa) abbiamo deciso di alzare le nostre chiappe flaccide e di darci finalmente una smossa.

Come?

Andando a parlare con mio padre.

Banale, lo so. Me ne rendo conto fin troppo bene. Ma quando l’acqua ti sta salendo alla gola non ti metti a fare la primadonna con mosse roboanti.

Naturalmente è stato più che felice di vedermi, così come lo era stato la precedente volta in cui ho messo piede nel suo ufficio. Non si aspettava la presenza di Naegi-kun e non posso biasimarlo, non me la sarei aspettata neanch’io al suo posto.

Dopo un rapido giro di convenevoli, con la partecipazione straordinaria di quell’impiccione di prima categoria di Kizakura che non si schioda mai da quell’ufficio, ci ha fatti accomodare: “A cosa devo la vostra visita, figlia mia?”

La confidenza che si permette di prendere è snervante. Comportarsi facendo finta che non ci sia un problema fra di noi. O, per essere più chiari, come se io ci tenessi sul serio ad essere al suo cospetto. Cos’è, per caso pensa che io non provi neanche un’oncia di risentimento e di delusione nei suoi confronti?

Va bene, stavi esagerando. Non ti è ancora passata del tutto, inutile negarlo, ma non puoi neanche dire che fosse il padre degenere che hai creduto per anni e anni.

La tua foto in camera sua al secondo piano. La password del suo computer. Altri elementi sparsi qua e là, compreso l’immotivato astio di tuo nonno nei suoi confronti. Ora hai un quadro più completo della situazione e sai che non sarebbe giusto nei suoi confronti trattarlo così.

Tienilo a mente per la prossima volta in cui ci avrai a che fare.

Mi sono schiarita la voce e gli ho risposto: “Preside, volevamo avvisarla di una cosa.”

Mi ha guardata come se avessi appena detto che ho un cancro allo stadio terminale: “Kyouko, mi dai del lei?”

“Il nostro rapporto di sangue non ha nulla a che fare con il motivo per cui ci troviamo qui, pertanto reputo corretto mantenere le giuste distanze e portarle il rispetto che si merita.”

Ogni tanto mi dimentico di essere capace di mentire con una poker face invidiabile. Senza dargli il tempo per controbattere ho ripreso a parlare: “Siamo venuti a conoscenza di una cosa molto…”

DRIIIN DRIIIN. Gli è suonato il telefono. Stupide interruzioni fuori luogo.

Ha risposto.

Per circa un minuto entrambi lo abbiamo fissato mentre la sua pelle sbiancava sempre di più. Quando ha concluso la conversazione…

“V-Vi prego di… di scusarmi, è appena accaduta una cosa… terribile…”

Caz… caz… no, ok. Ci va. Cazzo.

Dio, come… come… come ho potuto…

Avevano appena trovato i cadaveri dell’intero consiglio studentesco, trucidato nelle peggiori maniere.

Dannata Enoshima, che tu sia dannata. E io subito dietro per non essere riuscita a impedirtelo.

L’avevo completamente rimosso. Del tutto. Solo quando ha alzato la cornetta del telefono è tornato alla ribalta nella mia mente.

Sono riuscita a dimenticarmi di quattordici persone uccise all’interno delle mura scolastiche. Come se fosse una cosa che succede tutti i giorni, no? Ma certo, dai. È un evento talmente normale da passare inosservato.

Un’ondata di qualcosa di orribile, viscoso e puzzolente, mi ha travolta e fatta annegare lì sul posto. Ho trovato a malapena la lucidità mentale per prospettare a mio padre quanto sarebbe successo da lì a breve, con il corso di riserva che avrebbe messo in piedi la sua innocua protesta verso l’amministrazione dell’accademia.

Poi la voglia di impiccarmi ha avuto la meglio e me ne sono andata senza un’ulteriore parola, Naegi alle mie spalle. Appena fuori l’ufficio del preside mi ha fatto la domanda più ovvia, visto che probabilmente avevo il colorito del mostro di Frankenstein: “Kirigiri-san... tutto… tutto bene?”

Ho preferito assicurarmi che fossimo soli lungo il tragitto prima di rispondergli, ci sarebbe giusto mancata la segretaria impicciona che ascoltava tutto: “No. Sto uno schifo.”

“P-Perché?”

“…me ne sono dimenticata. Sapevo sarebbe successo e, non so come, l’ho scordato.”

Si è portato una mano alla bocca, inorridito. Mi potevo aspettare niente di diverso? Potevo forse rimproverarlo per la reazione?

Ho sorriso, il sorriso di chi ama l’ironia al punto di volerla strangolare, e gli ho detto: “Visto? Tranquillo che ora avrò bisogno di te, da sola non so come potrei uscire da questa fossa.”

Ecco. Che ci si creda o meno, questi sono i momenti in cui desidero ardentemente di essere com’era Togami all’inizio del nostro Killing Game. Piena di me fino a scoppiare, insensibile, convinta di non poter sbagliare. Mi eviterei un sacco di problemi e di rimorsi.

Credere di non avere sentimenti è così comodo in un caso del genere. Peccato che poi gli infami vengano comunque a reclamare tutto ciò che è loro dovuto, con gli interessi. Lì sì che il conto si fa salato.

“Kirigiri… Kirigiri-san… d-davvero tu…”

“Davvero. Ho commesso il più madornale degli sbagli. Uno sbaglio che non avrei commesso all’inizio della mia carriera, quando non ero neanche in grado di pronunciare correttamente la parola detective. E quei poveracci hanno pagato le conseguenze della mia imbecillità.”

“Ma no, non dire così! Tu…”

“Cos’altro dovrei dire? Che è comprensibile perdere per strada un dettaglio del genere? No maledizione, non lo è. NON LO È! Naegi-kun, voglio che questo sia chiaro: il tuo aiuto non mi serve per convincermi che questo non sia stato un errore da parte mia, perché lo è stato. Un errore gigantesco. Il tuo aiuto mi serve per andare avanti sulla mia strada senza lasciarmi schiacciare da quanto ho appena permesso di accadere. Io non intendo far finta di nulla, tirar dritto scrollando le spalle e bollare una tragedia simile come un semplice, trascurabile incidente di percorso. Quattordici persone ci hanno rimesso la vita e io avevo tutti i mezzi per impedirlo. Tutti!”

Mi sono portata le mani sulle faccia. Ero seriamente vicina al punto di rottura e non volevo che mi vedesse piangere.

E meno male che Kamukura mi aveva suggerito di sfruttare il senno di poi. Se non riesco a fermare ciò che so accadrà, come posso fermare qualcosa di così nebuloso e poco definito come il resto del progetto di Enoshima?

Me ne stavo lì ferma a singhiozzare, come una mocciosetta disperata perché il suo amichetto speciale ha appallottolato la sua lettera d’amore e la usa per giocare a baseball durante la ricreazione. Poi, all’improvviso, qualcuno si è avvinghiato a me. Non ho scostato i guanti per vedere chi fosse, era ovvio. Ovvio ma comunque apprezzato.

“Kirigiri-san… ora… ora credo di capire…perché hai chiesto il mio aiuto…”

Non sono riuscita a rispondergli.

“Ma… ma non devi caricarti tutto il peso di questa cosa sulle spalle. Ti distruggerebbe. Non sei sola.”

Lo… lo so. Ho insistito per un motivo.

“P-Però” ho balbettato “resta… resta che…”

“Resta che, stando a quanto mi hai raccontato, non sei a conoscenza dei dettagli del piano di Enoshima-san. Non sapevi quando e dove sarebbe successo, né avevi un reale modo di fermarlo. Sempre che non volessi presentarti lì armata del tuo sdegno e di nient’altro. Solo che immagino lei fosse accompagnata da sua sorella…”

Facilissimo, anzi praticamente certo.

Intestino. Finestra. No, grazie.

“Non c’era molto che tu potessi realmente fare per impedire questa disgrazia. L’unica tua possibilità era di mettere le carte in tavola col preside, dicendogli ciò che hai detto a me, e sperare che ti credesse.”

“Non… non è questo il punto…”

“E qual è, allora?”

“Il fatto che me ne sia dimenticata!” ho quasi urlato, anche se la stoffa ha smorzato. Davvero non lo capiva?

“Se ricordo bene il tuo lungo e dettagliato riassunto, ci sono diecimila e più cose a cui devi prestare attenzione e persino per una come te non è facile. Ti sei assunta un compito a dir poco impegnativo e lo stai portando avanti da sola, almeno dal lato più prettamente dell’azione. Capisco che ti senta in colpa e non intendo sminuire la cosa, perché purtroppo in quello hai ragione. È stata una tragedia. Ma hai detto che non è comprensibile perdere per strada un dettaglio del genere… ebbene, mi tocca dissentire. Sei umana, non un robot a cui nulla sfugge. Forse definirlo dettaglio non è del tutto corretto perché si sta comunque parlando di vite perse per sempre, però nessuno può pretendere che tu abbia una cronologia precisa degli eventi stampata in testa. Nemmeno tu stessa, specie se sei la prima a non essere sicura del loro quando.”

“Mi… mi concedi troppe attenuanti…”

“Valide, per come la vedo io. Attenuanti, non giustificazioni. Non sarò io a dirti che non c’è nulla che non vada, anche perché so che non ti convincerei e comunque sarei bugiardo. Vorrei solo… ecco, vorrei che cercassi di passare oltre all’ostacolo. O che almeno ti sforzassi in tal senso. L’hai detto tu stessa, non vuoi permettere a questo tremendo errore di frapporsi fra te e il tuo obiettivo e personalmente non posso che credere sia giusto così. D’altronde non puoi proprio riportarli in vita, ma puoi far sì che la loro morte non sia stata vana. Da parte mia ti darò tutto l’appoggio di cui sono capace.”

Ero incredibilmente poco in possesso delle mie facoltà mentali, pertanto non ho detto nulla mentre mi ha messo un braccio sulla spalla e mi ha condotta verso la zona dei dormitori. Mi ha chiesto se preferivo la mia camera o la sua per appartarci (troppo giù di morale per considerare il doppio senso sconcio, in quel momento), rispondendogli che la mia sarebbe andata più che bene.

Una volta dentro ci siamo seduti sul bordo del letto e ci siamo guardati in faccia per non so quanti minuti. Nessuno dei due sapeva come iniziare il discorso.

Poi, dal nulla, mi è uscita una confessione: “Sai, non è la prima volta che mi succede una cosa del genere…”

“Cosa? Ti capita spesso di viaggiare nel tempo?”

Mi sono sforzata di sorridere alla battuta: “No, scemo. Parlavo di… del peso della responsabilità.”

“Scusa, non credo di seguirti.”

“Riconosco di avere un brutto vizio: tendo a farmi carico di tutto e di tutti, come se da me dipendesse il destino del mondo intero. Il più delle volte ciò chiaramente non è vero, per quanto sia una brava detective resto pur sempre limitata dalla mia non onnipotenza. Certe cose, che mi piaccia o meno, sono fuori dal mio controllo e non ci posso davvero far nulla. Ma in questo caso…”

Ho sospirato. Lui mi ha guardata: “Oh. Forse ho capito. Stavolta… stavolta…”

“Sì, hai capito. Stavolta è così. Stavolta ho davvero la responsabilità. Sono l’unico essere umano in questo mondo che ha visto… no, che ha vissuto il futuro. In prima persona, spesso da protagonista. Io ho messo queste mie mani” ho detto piazzandogliele davanti alla faccia “sui colli di Maizono, di Ikusaba, di Fujisaki, di Yamada, di Ishimaru, di Oogami per controllare le loro pulsazioni senza trovarne. Io sono quella che ha fatto lo stesso lavoro con Kimura, Yukizome, Gozou e Izayoi. Io sono quella che ha visto Kuwata, Oowada e Ludenberg venire giustiziati in maniere atroci. Io sono quella che ha guardato mentre l’Impostore, Hanamura, Koizumi, Pekoyama, Mioda, Saionji, Tsumiki, Nidai, Tanaka e Komaeda venivano uccisi. In una simulazione, d’accordo, ma ti assicuro che era molto realistica. Io sono quella che ha visto il volto della follia più pura nello sguardo allucinato di Enoshima mentre premeva il grosso pulsante rosso che sanciva la fine della sua vita. E mille altre cose orribili che mi sono successe o a cui ho assistito. Non ultima la mia personale esperienza metafisica in uno stato di più morta che viva, per usare un sopraffino tecnicismo. Tu sei l’unico che può vagamente avvicinarsi alla mia invidiabile posizione e solo perché sono stata io a raccontarti. Un mese scarso di informazioni frammentarie e che non sei tenuto a ricordare non ti danno quel peso. Normalmente sguazzo in questo stato, mi fa sentire necessaria e corrobora la mia autostima. Ora, data la magnitudine della situazione, è solo un masso che mi ingobbisce. Anzi, più che un masso… se non ricordo male conosci qualcosa della religione cristiana, giusto?”

Non ha capito dove stessi andando a parare, quindi ha solo fatto di sì con la testa intimorito.

“Allora saprai a cosa mi riferisco se ti dico che mi sento un po’ come Gesù mentre saliva il Golgota. Ok, non sono la figlia del dio abramitico perché una cosa del genere la può pensare giusto quell’esaltato di Togami… ma credimi, ora capisco sin troppo bene cosa significa trascinarsi una croce sulle spalle. Una croce che peraltro, al contrario suo, non ho scelto consapevolmente di trasportare. Qualcosa o qualcuno me l’ha sbattuta sulla schiena e mi ha dato un calcio nel sedere per farmi cominciare la scalata. Scusa, non intendo annoiarti con i miei sciocchi patemi…”

È stato un attimo. Mi ha travolta in un abbraccio incredibilmente poderoso per un mingherlino come lui, con abbastanza spinta da farci finire sdraiati sul letto.

Se ne sarà accorto? Si sarà accorto che la mia temperatura era schizzata oltre i livelli di guardia e che probabilmente sono diventata viola non solo nella metà sinistra della faccia? Speriamo di no, sarebbe così sconveniente.

“Sciocchi patemi? Kirigiri-san, non devi dirlo neanche per scherzo! Non sono sciocchi! Come puoi definirli così? E se proprio devo dirla tutta, non credo che…”

“N-Naegi-kun.”

“Sì?”

“Puoi per favore… scostarti?”

“Ommioddioscusascusascusa! Non volevo travolgerti in questo modo! Scusami tanto!”. E si è tirato dritto, rosso come un semaforo. Una parte di me è stata grata della sua reazione rapida, un’altra ha cominciato a sciorinare una serie infinita di maledizioni sulle occasioni perse e sul suo ingresso nel magico mondo della pomiciata.

…statti zitta, perversa che non sei altro. È minorenne.

Ho idea che le rispettive tonalità di granata fossero molto simili, in quel momento.

Lui è stato incredibilmente veloce nel riprendersi, però: “Stavo dicendo, Kirigiri-san, che non sei poi tanto diversa da Gesù. Quella croce non ti è stata messa sulle spalle da qualcuno, l’hai guardata e hai deciso tu di fartene carico. Metti che al posto tuo ci fosse stata una persona meno altruista, diciamo che probabilmente quello non sarebbe stato il suo primo pensiero.”

“Ti riferisci a qualcuno di specifico?” ho chiesto nel raggiungerlo nella posizione eretta che avevamo prima di quell’eccessivo abbraccio.

“No. È solo che…”

“Bisogna essere degli psicopatici coi fiocchi per far sì che questo non sia il tuo primo pensiero, ti capitasse quel che è capitato a me. Ti ritrovi nel passato dopo aver vissuto una vita travagliata e hai la possibilità di sistemare tutto. Quale persona normale non si focalizzerebbe su ‘sta cosa?”

“Beh, se la metti così…”

“Apprezzo tanto il tentativo di farmi sentire più valorosa di quanto sia davvero, ma ti consiglio di trovare argomentazioni migliori. E comunque non ha nulla a che vedere con la questione della responsabilità che è tutt’altro affare e che, di mia volontà o meno che sia, ormai mi compete a pieno titolo.”

Una manciata di secondi di silenzio.

Poi una domanda a bruciapelo da parte sua: “Kirigiri-san, nel mio futuro e nel tuo passato… sì, beh, insomma, io e te abbiamo mai parlato a tu per tu dopo un processo?”

Ho risposto più velocemente di quanto io stessa mi aspettassi, il ricordo è vivido nella mia mente: “Sì. Dopo Maizono e Kuwata.”

“Oh”. A quanto pare non si aspettava proprio quella circostanza. Gli ho spiegato piuttosto dettagliatamente come si è svolta la faccenda e di come aveva subito il tradimento della sua vecchia amica: “E senti, ho per caso manifestato l’intenzione… chessò, di portare il loro ricordo con me nel percorso che ci si parava davanti?”

“Esattamente ciò che hai detto in quel momento” ho commentato, piuttosto meravigliata. Il ragazzino si conosce molto, molto bene a quanto pare.

“Allora… perché non fai lo stesso anche tu?”

“Beh. Per esempio per il fatto che non ho nessun ricordo loro, visto che non li conoscevo?”

“Pffffft. Scusa eh, ma mi sembri Togami-san quando bisogna spiegargli che leggere l’atmosfera non va interpretato in senso letterale. Ovviamente non intendevo ricordi personali, ma il loro ricordo come vittime del piano di Enoshima-san. Sai, per poterglielo rinfacciare mentre la polizia la porterà via ammanettata ad esempio. Questo è per Murasame-san e per tutti gli altri!, urlerai.”

“Per Junko Enoshima un paio di manette non basteranno mai. Dovranno probabilmente legarla con delle catene in acciaio inossidabile. E lo stesso vale per quella bestia in libertà di sua sorella. Tch, mi sembra di star parlando di due personaggi di One Part dove tutto è grande ed esagerato.”

“Ma dai! Leggi One Part?”

“Sì, come ogni buon abitante del Giappone. Ma se stai per chiedermi come si conclude… mi dispiace, non lo so. La fine del mondo con la faccia di Monokuma si è messa in mezzo.”

Non è riuscito a trattenere uno sguardo infastidito alla novità. Purtroppo, nel mio tempo, l’industria dei manga ha appena ripreso a funzionare e tutti i nomi di rilievo sono spariti, ingoiati dalla Tragedia.

Assurdo. Questa conversazione era cominciata con me che ho avuto una crisi isterica senza precedenti nel mio curriculum e si era conclusa con delle acculturate dissertazioni su One Part, sul fatto che non finirà e che non conosceremo mai il significato di quella dannatissima S.

Ma sai cosa, Kyouko? Chiudere la voce del diario di oggi con una nota positiva, sebbene estremamente stupida, non è poi tutta ‘sta brutta cosa. Avevi bisogno di un attimo per scrollarti la pesantezza di quanto accaduto dalle spalle, che viaggiare gravata da questo macigno non dev’essere proprio salutare.

Non li dimenticherò. Non posso dimenticarli.

Però posso usarli come benzina per alimentare la mia, al momento un po’ sgangherata, utilitaria e riprendere il tragitto. La meta è ancora lontana, i mocciosi si lamentano che non ne possono più, il marito (che stranamente è bassino e dotato di ahoge) guida svogliato. Ma il sorriso sulle tue labbra, anche se triste in questo momento, è ancora lì.

E poi, tutto da solo, il colpo di genio.

Juzou Sakakura.

Non ora, caro mio. Te ne parlerò domani. Adesso sono stanca.

 

*

 

Juzou Sakakura, quindi.

Ebbene sì. Ho rivisto per l’ennesima volta le parole di Kamukura sfrecciarmi davanti agli occhi e in quel momento, al contrario dei precedenti in cui sono rimasta ferma come un pesce surgelato senza cogliere nulla, qualcosa è apparso per magia dal vuoto cosmico.

Il faccione per nulla rassicurante del nostro ex campione mondiale di boxe, categoria dei mediomassimi. Sì, con quelle sei ante da armadio che si porta dietro diresti che è un megasuperultramassimo ma non è mai rientrato nella fascia di peso superiore.

Va beh, chissenefrega.

Perché Juzou Sakakura?

Perché io sono una ragazza fortunata (opinabile, ma diciamo di sì per comodità di spiegazione) e ho appreso i retroscena grazie al gentile, inaspettatamente utile apporto di un diario segreto spuntato fuori dal nulla. Sei in buona compagnia, contento?

Qualche tempo dopo essersene andato da solo come il più stereotipato dei ronin, Munakata si è messo in contatto con la direzione della nostra scuola e ci ha fatto sapere che tutto, e intendo tutto, il casino della Tragedia si sarebbe potuto evitare se solo il suo braccio destro non fosse stato un timidone spaventato dal giudizio altrui.

…no, non è bello fare sarcasmo su una persona che, per quanto mi riguarda, è morta salvando fra gli altri me, Makoto e Aoi. Anche se è vero che adesso lo incrocio praticamente tutti i giorni in corridoio, non posso fare a meno di considerarlo comunque in tale maniera.

Per farla breve: Belli Capelli d’Argento (nomignolo più azzeccato di sempre, grazie Byakuya Raggio di Sole Togami) ci ha detto che a quanto pare Sakakura aveva scoperto tutto quanto e aveva persino affrontato Enoshima pubblicamente, di fronte ai suoi lacchè del corso di riserva che le reggevano l’ombrello mentre pioveva. Quindi perché non si è scapicollato starnazzando dal suo inseparabile compagno di bevute per dirgli del ruolo di lei in quel gigantesco bordello a cielo aperto?

Eh. Onestamente? Posso capire perché non l’abbia fatto, per quanto il senno di poi mi faccia desiderare di avercelo davanti e di dargli l’alzaculo che si merita da qui al 2050.

Junko l’aveva ricattato. Stattene zitto e buono, altrimenti…

Altrimenti Munakata scoprirà che sei innamorato di lui.

Un ricatto. Un banale, abusato ricatto. Tramite il quale Junko Enoshima ha preso i virtuali testicoli del possibile salvatore del mondo e li ha stretti finché costui ha detto addio a ogni possibilità di procreare e ha visto sparire dal suo albero genealogico figli, nipoti, bisnipoti e trisnipoti.

È il giorno dopo il massacro del consiglio studentesco.

Sono sdraiata sul letto, nella mia camera. Il diario è appoggiato sulle mie cosce, permettendomi di usarlo e di poter persino guardare il soffitto quando devo cercare le parole giuste da scrivere.

Rifletti, Kyouko. Il bivio a cui sei giunta ora è forse lo snodo più importante di tutti.

Per quanto ti ricordi del resoconto di Munakata, il confronto fra Enoshima e Sakakura sotto le lacrime dei kami (basta teatralità, sul serio, che poi ti si rovina l’aura di donna che non deve chiedere mai) è avvenuto a Parata avviata. E nonostante i tempi stretti, il giorno buono potrebbe essere anche oggi. Pare difatti che la Despair si sia mossa in frettissima e che già discreti gruppetti di riservisti si stiano organizzando in una marcia per protestare contro la dirigenza. Beh oddio, in realtà oggi no perché non piove. Ci siamo capiti, su.

Come puoi sfruttare la situazione a tuo vantaggio?

Dunque.

La cosa importante è togliere il perno del ricatto a Enoshima. Logica vuole che, se non ha niente in mano per stringergli i gioielli di famiglia, Sakakura sarà più che contento di spifferare quel che sa su di lei ai quattro venti. Il problema è come toglierle questa leva, visto che ci sono almeno un paio di elementi che mi remano contro. In primis, Juzou Sakakura ha un’immagine di duro e puro e se saltasse fuori che è gay lo scandalo sarebbe notevole, senza considerare l’ostracismo e la discriminazione che la categoria soffre ancora oggi da queste parti; in secundis, giudicando da un po’ di cose che ho ficcanasato alla Foundation, sono giunta alla conclusione che lo stimato Kyousuke Munakata sia cotto e stracotto di Chisa Yukizome, che quindi abbia tendenze eterosessuali e che non corrisponderebbe la struggente dichiarazione d’amore. Visto che si sono conosciuti per anni e anni, e avendo presente il carattere notoriamente volubile del caro ex vicecapo, è lecito pensare che la cosa valga per il 2010 come valeva/varrà per il 2021.

Parlare faccia a faccia col pugile preferito da un po’ tutti è una possibilità potenzialmente percorribile, tenendo però presente che proprio non posso rivelargli come sono a conoscenza di tutte queste succulente informazioni.

Immaginatevi la scena: “Yo Juzou, come ti butta? Senti, un uccellino mi ha detto che quell’arpia malnutrita di Enoshima ti tiene per le biglie coi denti. Vuoi una mano a scrollartela di dosso?”

Il risultato? Un probabilissimo pugno sul mio visino di giada, seguito da una telefonata all’ospedale psichiatrico più vicino se per caso mi venisse lo sghiribizzo di entrare nel merito del come sono arrivata a saperlo. Nonostante tutto sono ancora troppo giovane per portare una benda sull’occhio e comunque, anche provandoci, non avrei il carisma da capomafia di Kuzuryuu.

Pertanto no, escluderei questa opzione. E poi non otterrei in nessun modo lo scopo che mi sono prefissata. Se la prospettiva della scuola distrutta non l’ha smosso, quale argomentazione posso tirar fuori dal cilindro senza dover entrare nei dettagli scabrosi dei viaggi nel tempo?

Bocciata, bocciata.

Qual è il fulcro della situazione?

Il fatto che Munakata non lo sa e che Sakakura farebbe di tutto, anche consentire a una pazza dai capelli rosa di ribaltare la Kibougamine, per impedirgli di scoprirlo.

E allora devo rimuovere di forza questo ostacolo.

Devo fare in modo che Munakata lo scopra.

Uh, aspetta.

Altro colpo di genio.

In quanto detective, sono sempre stata particolarmente stupita dal fatto che Enoshima avesse lasciato la sauna senza telecamere durante il nostro Killing Game. Suvvia Junko, un errore così marchiano da un mastermind altrimenti diabolico come te?

Poi, quando si è rivelata in tutta la propria caotica gloria nella coda del sesto processo, certi suoi comportamenti hanno assunto una luce e un valore diversi. La sauna era priva di telecamere di sicurezza? Peculiare modo di combattere la noia, dandoci uno spiraglio al di fuori del suo controllo in cui poter complottare in santa pace. Stupitemi, scemotti.

E allora mi viene da chiedermi: perché non posso far apparire la mia mossa come sua? Perché, per esempio, non informare Munakata facendo passare la fonte come proveniente da Enoshima stessa?

“Oh beh, quel prestante ammasso di muscoli non mi dà più alcuna soddisfazione. Sono la Modella più figa del cosmo e mi rompo le palle alla velocità della luce. Mettiamo del pepe in questa storia e vediamo cosa succede se dico a Munakata-chan che il suo migliore amico gli sbava dietro.”

A monte funziona, è in grado di elaborare un pensiero del genere. Magari nel mio passato non l’ha fatto perché nemmeno lei arriverebbe a mettersi un bastone così grande fra le ruote e ha preferito assicurarsi la buona riuscita del progetto, ma per concepirlo può concepirlo. Le ho visto fare cose almeno altrettanto assurde, come appunto la questione della sauna.

Potresti chiederti il perché di questa cosa. Cosa me ne viene in tasca a fare in modo che la notizia provenga direttamente dalla metà peggiore delle Sorelle Disperazione. Strettamente parlando forse nulla, non lo nego, ma potrebbe essere un buon modo di agitare il caro Pugile e convincerlo a svuotare il sacco.

Uhm.

Più ci penso, più non ci vedo tutta ‘sta genialità.

Mi prenderò del tempo per studiare i dettagli.

Ma l’ossatura di base è ancora valida. Far arrivare la news a Munakata, che sia a nome di Enoshima o meno al momento poco importa, e tirar fuori la magagna di Sakakura.

Realizzazione improvvisa.

Mannaggia. Di per sé fila, ma non consideravo…

Facciamo così. Aspetterò di sentire l’opinione di Naegi-kun in merito, perché sono sicura che sarà il primo punto che tirerà fuori quando gli esporrò il mio piano.

“Guarda il lato positivo, Kyouko. Hai uno straccio di programma in mano. Non sei ovviamente sicura della sua buona riuscita, le variabili sono tante e appunto variano, ma se non altro non sei dispersa con la zattera in mezzo a una tempesta tropicale.”

…sì, mi sono appena immaginata che il mio diario abbia preso vita e mi abbia detto queste parole. Non sto tanto bene, vero? Oh beh, ho una buona scusa freudiana per sentire le voci che non esistono.

Va bene. Afferro il cellulare e mando un SMS a Naegi chiedendogli se ha tempo per passare da me. Suonerò ridicola nel dirlo, ma WhateverApp mi manca.

Dopo quattro minuti sta bussando alla mia porta. Lo accolgo con un piccolo sorriso.

“Volevi parlarmi di qualcosa, Kirigiri-san?” esordisce entrando. Va a sedersi sul mio letto con estrema naturalezza. Lo affianco, altrettanto naturale.

“In effetti sì, volevo. Ti ricordi ieri, quando ci siamo separati? Ti avevo accennato che mi era venuto in mente qualcosa…”

“Sì, me lo ricordo eccome. Hai elaborato meglio?”

“L’ho fatto e voglio sapere cosa ne pensi. Il suggerimento di Kamukura finalmente ha dato i suoi frutti e ho trovato un appiglio a cui agganciarmi. O meglio, qualcuno a cui agganciarmi.”

“Davvero? E chi?”

“Juzou Sakakura.”

La sua faccia assume un’espressione un po’ stupita e un po’ spaventata: “Il capo della sicurezza? Cosa c’entra?”

“Immagino non conosca la sua storia personale, quindi temo di dovertela riassumere brevemente. Perdonami se sarò noiosa, ma è per farti capire bene. Allora, Sakakura è un ex membro della classe 74 di questa stessa scuola e aveva il titolo di Super Pugile. Durante la frequentazione conosce e stringe amicizia con Chisa Yukizome, lei dovresti aver presente chi è, e Kyousuke Munakata. Amicizia talmente forte e profonda che alla Foundation, prima del Final Killing Game, li chiamavamo Il Trio Lescano. Si tengono in contatto stretto anche dopo il diploma, tanto che in seguito alla vittoria del titolo mondiale molla tutto e viene a lavorare qui per conto del suo amicone barra capo. Questo perché Munakata aveva subodorato qualcosa di marcio alla Kibougamine, ben più che in Danimarca, e non mi stupirebbe che anche lei sia qui come sua operativa. Fin qui tutto bene, nessun problema. I problemi sorgono quando si passa all’aspetto sentimentale, perché in effetti è difficile che un’amicizia di così lunga data non sfoci in qualcosa di diverso.”

Si prende la briga di interrompere: “Scusa eh, ma davvero il triangolo che nessuno dei tre aveva considerato serve ai fini della spiegazione?”

È dubbioso e capisco il perché. Lasciami finire, per favore: “Più di quanto tu creda.”

“Ok, mi fido. Scusa, vai pure avanti.”

“Ben gentile. Serve per un motivo: al contrario di quanto potresti presupporre, al centro del suddetto triangolo non c’è Yukizome. C’è Munakata.”

Strabuzza gli occhi: “Sul serio?”

“Sul serio. Sakakura è innamorato di lui, non di lei.”

“Sì, ma che importanza ha?”

“In un mondo ideale nessuna. Sarebbe libero di provare a conquistarlo, probabilmente fallendo perché nel mio futuro Munakata ha occhi solo per l’unico membro femminile del trio. Purtroppo risulta fondamentale quando diventa fonte di ricatto. E non da parte di una persona qualunque, ma di Junko Enoshima.”

“C-Che cosa?”

“Per farla breve, in qualche modo Sakakura ha scoperto o verrà a scoprire cosa la nostra psicopatica preferita sta escogitando e in teoria dovrebbe correre a riferirlo a Belli Capelli d’Argento, ma…”

“Belli Capelli d’Argento?”

“Ops. Scusa. Munakata, parlavo di Munakata. Dicevo, dovrebbe correre a riferirglielo ma, come immagino avrai intuito, lei è venuta a sapere di questa cosa e la usa o la userà come leva per ottenere il suo silenzio. Se ti azzardi a dirgli anche solo ba, io faccio sapere a cani e porci che lo ami. Capisci perché, dal tempo in cui provengo, non ha mosso un dito per fermarla?”

Si incupisce di brutto, annuendo greve: “Lo capisco sì. Un esemplare di machismo come lui rivelato come gay, con tutto quel che ne consegue… e la possibile reazione negativa di Munakata-san, anzi a ‘sto punto direi probabile se mi dici che ha permesso tutto questo pur di non rendergli nota la cosa… no, non mi stupisce affatto. Ma quindi? Cos’hai intenzione di fare?”

Va bene, o la va o la spacca. Perché sono moderatamente sicura che avrà da ridire.

Facciamo che non perdo tempo nel girarci attorno e gliela butto direttamente addosso: “Ecco, io ho pensato di fare in modo che Munakata venga a saperlo. Così facendo toglierei dalle mani di Enoshima lo strumento con cui gli impedisce di parlare.”

Vediamo. Vediamo. Vediamo.

Eccolo. Eccolo qui il Naegi-kun contrito e per nulla entusiasta di quanto ha appena sentito: “Sì, ma… Kirigiri-san… c’è un problema…”

Sospiro interiormente. Mi ero preparata apposta a questa evenienza.

“Sarebbe?”. Forse fare la finta tonta non è la mossa migliore, ma voglio sentire cosa mi dice esattamente.

“Il problema è che… finiresti col rovinare la vita di Sakakura-san… ci sarà un motivo se non ha voluto parlargliene mai…”

Ma guarda, sono una Super Preveggente senza Super Rasta. Avevo intuito in modo perfetto le sue rimostranze. Bravissima me.

Ok, tempo di ballare: “Lo so, hai ragione. E credimi, non ne sono felice. Per nulla.”

“E allora…”

“E allora devo farlo comunque.”

“Ma… ma come? Non… non puoi…”

“Invece posso. E temo mi tocchi.”

Silenzio. Lo vedo… deluso. Per nulla convinto.

Non mi aspettavo niente di diverso.

Riprendo: “Naegi-kun, ascoltami. Il segreto di Juzou Sakakura è praticamente l’unica cosa che si frappone fra Junko Enoshima e la sua fragorosa caduta da una posizione di potere. Io capisco che tu, per come sei fatto, veda quanto ti ho detto come una cosa brutta. E non posso darti torto neanche volendo, non sono orgogliosa di questa mia trovata. Ho vagliato altre possibilità, fra cui l’andare a parlargli direttamente, ma nessuna è efficace e dritta al punto come questa. E comunque non sarebbero meno dannose per il palestrato preferito di tutti. Ora, io spero tu capisca da solo che un’unica vita non pesa come quelle di praticamente l’intera umanità. Senza considerare il fatto che non ti sto proponendo di ucciderlo, sto solo dicendo che il suo amore andrà presumibilmente sacrificato sull’altare di un bene più grande. Ripeto, non è cosa che mi faccia particolarmente felice, ma sai come si suol dire: le necessità dei più sovrastano le necessità dei pochi. O del singolo, per citare in maniera perfetta. Inoltre, se vogliamo fare gli ottimisti a tutti i costi, chi ti dice che quei due non riescano in qualche modo a sistemare la faccenda dopo, chessò, una chiacchierata privata? Vedi, anche se dicessimo questa cosa non gli toglieremmo di certo la possibilità di metterci una possibile pezza in un secondo momento. Devi aver ben chiaro un punto, cioè che io ho libertà di movimento limitata in questa palude di incertezze e date non precise. Anzi, per quel che ne so adesso è già troppo tardi. Altri modi di agire, nonostante ore di riflessione matta e disperatissima, non ne ho trovati. Ne sei consapevole, per una buona fetta di tempo sei stato accanto a me a scervellarti a tua volta. Non ti sto chiedendo di fartelo piacere, so bene che non ci riusciresti mai. Ti chiedo solo di non ostacolarmi, per favore.”

“P-Perché…?”

“Perché cosa?”

“Perché me… me ne hai parlato? Non avresti… potuto… agire alle mie spalle e… mettermi di fronte al misfatto compiuto?”

Questo mi spiazza, sul serio. Credeva davvero che avrei potuto comportarmi così con lui? Dopo tutto quello che gli ho raccontato sul nostro Killing Game e su come abbia già commesso atti di cui mi sto pentendo ancora oggi? Mi ritiene tanto scorretta?

“Ti pare?” mi esce con giusto una o due ottave più alte del normale “Fammi capire. Ti aspettavi che facessi tutto per i fatti miei, senza dirti nulla? Dopo che sono stata io a tirarti in ballo? Hai una così bassa opinione di me? Sei il mio partner e nel mio passato ho già delle macchie nei tuoi confronti, non intendo aggiungerne altre. Era giusto che fossi messo al corrente della situazione attuale in tutte le sue sfaccettature. Il tempo in cui Kyouko Kirigiri non si fida di Makoto Naegi è andato e non tornerà mai più.”

Sorride nel sentirmi dire una cosa del genere. Non nascondo di esserne sollevata. Purtroppo dura giusto il tempo di un lampo e subito si rabbuia nuovamente: “Grazie… per l’onestà. Ciò non toglie… che trovi questa cosa… crudele…”

Crudele è forse un aggettivo esagerato, anche se vedo la ragione per cui la definisci così. Come ti ho spiegato non è la fine del mondo, né per Sakakura né per Munakata. Farà danno, indubbio, ma niente di assolutamente irreparabile. Il contrario, invece, lo è. Irreparabile o quasi. Credimi che sarei molto più contenta, oltre che soddisfatta da un punto di vista professionale, se al posto di Sakakura ci fossi io e avessi in mano il materiale che ha lui. E poi, specie perché provengo dal 2021, Enoshima potrebbe anche minacciarmi della morte più lenta e dolorosa di cui è capace ma non otterrebbe nulla da me. Sarei a sbattere quella roba sul tavolo di mio padre in questo preciso momento. Ahimè, non è così. È lui a stringere le prove, non io. Solo lui è in grado di fare quel passo senza farsi prendere per un mitomane. E quindi, in totale, sono messa nella condizione di dovergli dare la spintarella che gli serve per togliersi dall’impasse.”

Ecco Vostro Onore, ho finito. Giudichi lei.

Giudica. Non bene.

Quello sguardo corrucciato mi fa male esattamente come avevo immaginato: “Kirigiri-san… non ho… i mezzi retorici per… controbattere a quanto dici… so che… ci hai riflettuto sopra… e se mi dici che non sei giunta a conclusione diversa… ti credo… ma nonostante tutto questo… io… io proprio non ce la faccio… a non rimanerci male…”

Io… io… dannazione, non credevo che avrebbe reagito COSÌ. Il suo faccino intristito mi riporta forzatamente alla conclusione del quinto processo, sebbene in un contesto diversissimo. Il suo più totale e spiazzante stupore quando l’abbiamo visto trascinato via e messo su quel nastro trasportatore… qualcosa in me si è lacerato in quegli istanti. E si sta lacerando di nuovo ora.

Non… non farmi questo, Naegi-kun. Ho sofferto abbastanza a suo tempo, il bis non mi serve.

“Sì Kyouko, ma di chi è la colpa? Chi è che lo sta riducendo così, dopo averlo ridotto altrettanto male quando è stato dichiarato colpevole della morte di una Mukuro Ikusaba mascherata?”

Va bene, cervello. Facciamo come vuoi tu. Facciamo finta che abbia un interlocutore con cui discutere.

Io. Sono stata io, in entrambi i casi. Per quale motivo credi che sia qui a contorcermi nel rimorso?

“Mica dico che tu lo stia facendo volentieri. Mi rendo perfettamente conto che in entrambi i casi, ancor di più ora rispetto al passato, sia stata obbligata ad agire in questo modo. Resta il fatto che tu sei la causa del suo malessere.”

Grazie tante Capitan Ovvio, lo sapevo già da me. Cosa vuoi, si può sapere? Rigirare il coltello nella piaga?

“Hai pensato a chiedergli scusa, tanto per cominciare?”

Come? Non l’ho già fatto implicitamente?

“Fallo esplicitamente, allora.”

…e sia.

Prendo a fissarlo, spostandogli anche la testa per consentire ai suoi occhi di incrociare i miei: “Non posso far altro che scusarmi per esserti causa di tutto ciò, Naegi-kun. L’unica altra alternativa a mia disposizione è rinunciare, ma come ti ho spiegato prima mi è proprio impossibile. Sono costernata, credimi davvero costernata nell’essere colpevole di tutto questo. Posso fare qualcosa, rinuncia a parte, per farti sentire meglio? Qualunque cosa sia in mio potere.”

È abbastanza vicino alle lacrime, poveretto. Dev’essere ancora più tenero di cuore di quanto avessi preventivato, e avevo preventivato molto tenero di cuore. Gli passo un dito sotto agli occhi per scostargli i primi accenni.

“Di nuovo, scusami. Non era assolutamente mia intenzione. Se potessi prendere una strada diversa lo farei.”

Meglio non dilungarsi troppo nel ripetere la stessa lagna, potrà essere psicologicamente traballante ma non è diventato stupido tutto ad un tratto.

“Nel… nel futuro” dice improvvisamente “avrei… avrei reagito così?”

Domanda facile, in realtà. Non sono sicura che voglia sentirselo dire, però.

“Ehm, ecco… vedi…”

“Non… tergiversare, per piacere… dimmelo… hai detto che avresti fatto… qualunque cosa…”

“Uff. Sì, l’ho detto. Ma non ti farà piacere sentirlo.”

“Dimmelo… lo stesso…”

Santa pazienza. Non me lo ricordavo tanto masochista. Perché ho idea che la risposta l’abbia già nasata e sa che non gli farà bene, messo com’è ora.

“Nel mio futuro… mh, quanto non mi piace quel che sto per dire. Nel mio futuro mi avresti guardata disapprovando a livello teorico e concedendomi la tua benedizione a livello pratico. Makoto-kun è molto simile a te, più di quanto probabilmente tu possa pensare, ma la cosa importante in cui differite è che lui ha imparato suo malgrado a fare i passi che vanno fatti per combattere la disperazione. Non che te ne stia facendo una colpa, sapevo sarebbe andata così e non c’è nulla di male. Al contrario, è parte del tuo charme e parte del motivo per cui… per cui io…“

Per fortuna riesco a tirare i remi in barca e a zittirmi.

Sì, ecco. Diglielo dai, mica è un problema se lo viene a sapere.

Che cos’hai nel cranio Kyouko, calcinacci? Ti pare sensato rivelargli che sei innamorata della sua versione ventisettenne? Hai una vaga idea del casino che gli creeresti, in testa ed emotivamente? In questo momento poi, in cui è più instabile che mai.

Per essere la possibile salvatrice del mondo, sei un po’ troppo prona a delle gaffe a dir poco evitabili.

“Per cui tu…?” chiede, la curiosità evidente sul suo volto.

“Per cui io niente. Non è cosa che tu debba sapere.”

“Mmmmmmmh”. Cos’è quella faccia compiaciuta, ragazzino?

“Che c’è?”

“Oh no, nulla. Credo solo di aver intuito qualcosa di importante.” Ride, assai più rilassato di trenta secondi fa. Non gli è ancora passata del tutto, glielo leggo negli occhi, ma il peggio forse si è allontanato. Poi si schiarisce la voce e in tono più serio riprende: “Tornando alla questione per cui mi hai chiamato qui, credo di capire l’atteggiamento del me del futuro. Lui, immagino anche per via di quanto avete vissuto, ha smussato un po’ i lati forse eccessivi di quella che all’esterno probabilmente passa per ingenuità estrema, anche se come hai saggiamente sottolineato fa parte del mio charme. Ho idea che a me tocchi fare lo stesso, eh? Perché sul serio, capisco che tu ti ritrovi con le mani legate e un unico modo per sciogliere le corde. E anche se non mi piace e mai mi piacerà… non posso far altro che essere al tuo fianco in questa ennesima avventura. Ogni supereroe ha bisogno della sua spalla, giusto?”

“Giusto” confermo sorridendo, felice di constatare che finalmente vede meglio le mie ragioni. “Ora però ti è più chiaro il mio discorso di ieri sul peso della responsabilità, vero?”

“Cavolo se mi è più chiaro” conferma “È evidente che non vorresti percorrere questa via, eppure sei riuscita a convincermi del fatto che non hai alternative a disposizione. Dev’essere una gatta orribile da pelare per te.”

“Gramissima, già. Ma che ci vuoi fare, io sono qui e faccio quel che va fatto per la salvezza del maggior numero possibile di vite. Già ho toppato di brutto con il consiglio studentesco, non mi perdonerei un secondo sgarro ben peggiore del primo.”

“Brrrrrr. La mia invidia per te sta toccando il minimo storico.”

“Com’è che ciò non mi meraviglia per niente?”

“Perché sei troppo intelligente per fare altrimenti.”

“Accetterò il complimento. Grazie.”

Mi piace che il clima sia molto più respirabile adesso.

Ma la questione è lungi dall’essere del tutto chiusa: “Hai pensato a come intendi operare nello specifico, Kirigiri-san?”

“In effetti sì, avevo una mezza idea in proposito. Innanzitutto, anche per cercare di venirti incontro, ho pensato che si potrebbe agire in maniera discreta. Niente annunci sul Kibougamine Weekly con una foto di Koizumi che ritrae Sakakura vestito da drag queen… e scusami per il cattivo gusto, era solo una battutaccia. Eccessivo, oltre che potenzialmente pericoloso perché potrebbe mettere Enoshima in allarme. A noi serve che ne sia a conoscenza Munakata, non l’intera scuola. Potremmo spedire una mail anonima, per dire.”

Un dubbio gli sfreccia in faccia: “Uhm. Tu sai come si fa? Perché io sono totalmente a digiuno di queste cose.”

“Neanche per sbaglio. A volte ho avuto la tentazione di infilare il computer nel forno a microonde quando si guastava. Mi sa che ci tocca coinvolgere un esterno.”

“Parli di Fujisaki-san?”

“Sarebbe l’opzione migliore, sì. Chi meglio di… lei sarebbe in grado di aiutarci?”. Ma porca di quella miseria, ancora. Stavo per farmi sfuggire che Fujisaki è un maschio. Vedi davvero di darti una regolata, stupida di una Kyouko.

“Per favore, potresti pensare tu a questa parte Naegi-kun? Sei più bravo di me nel convincere la gente.”

“Oh, sì… certamente…” Sbaglio o non è entusiasta alla prospettiva?

Tasto il terreno: “Tutto ok?”

“Sì, tutto ok. È solo che…”

“Che?”

“Che… ecco, dover in un certo senso sfruttare Fujisaki-san… non mi riempie di entusiasmo…”

O suvvia, le rimostranze su Sakakura le capisco ma queste sono un po’ esagerate a mio parere: “Guarda che non ti sto dicendo di fare nulla di assurdo. Basta che ti inventi una balla e ti fai spiegare come si fa. Toh, dille che vuoi farmi uno scherzo e mandarmi… non lo so, qualcosa di scemo. Un… meme? Una di quelle cose stupidissime che girano per Internet”. Avrò anche ventisette anni, e quindi in teoria rientro perfettamente nel target a cui queste cose si rivolgono, ma non le ho mai capite e mai le capirò.

La mia rassicurazione pare sortire l’effetto desiderato, visto che quella brutta nuvola di insicurezza se ne va rapida dal suo volto: “Uh, hai ragione. E poi così avremmo le versioni che coincidono. Anche se mi dispiace doverti tirare in mezzo.”

“Ma dai, non è davvero nulla di che. A parte che questo scherzo non esiste davvero, ma anche fosse di certo non me la prenderei per così poco.”

“Certo che sei proprio svelta a inventarti le cose così, su due piedi. Ti invidio.”

“Non svelta come vorrei. E poi non puoi invidiarmi per questo e non invidiarmi per quello. O l’una o l’altra, caro mio.”

“È la verità! Solo ieri eri in crisi nera per quanto successo col consiglio e adesso hai un piano d’azione steso e pronto per essere messo in moto. Non è da tutti, sai.”

Dio ti prego smettila di incensarmi in questo modo che a parte imbarazzarmi da morire mi fai sentire inadeguata verso il compito di cui mi sono fatta carico e percepisco ancora di più il peso del fallimento che mi pende sopra la testa smettila smettila smettila.

“Kirigiri-san, stai bene? Sei tutta… oh.”

“Che… che c’è? Ho i capelli in disordine? Puzzo?”. Cacchio se non mi piace sentirmi così agitata.

Operisantissimikamibenedetti, Makoto Naegi… ghigna? Giuro, quello è un ghignetto: “No, nulla. Lascia stare, non è importante.”

…sono finita. L’ha capito. Sa che, nel migliore dei casi, ho una cotta per il lui del futuro. Quel sorrisino vagamente malvagio mi dice che potrebbe usare la cosa contro di me. Ho paura.

“Va bene” cerco di riportare la conversazione su binari più consoni prima che mi esploda l’intera faccia “Abbiamo stilato la tabella di marcia, direi. Cerca di parlare con Fujisaki il prima possibile e fatti spiegare quella stregoneria e come funziona.”

“Sarà fatto, gran capo!” mi sfotte mimando il saluto militare.

No, ma fai pure eh. Meno male che non eri così quando io avevo diciotto anni, avrei potuto avere dei ripensamenti.

Lo caccio ridacchiando dalla mia camera.

Ora non mi resta che aspettare il suo ritorno, da bravo cagnolino ubbidiente.

Mentre mi butto sul letto mi scappa un sorriso divertito. Certo che non è da tutti avere turbamenti romantici come i miei mentre si cerca di contrastare un evento del genere.

 

*

 

Io… wow.

Dire che non mi aspettassi lo sviluppo che si è presentato oggi di fronte ai miei occhi non è l’eufemismo dell’anno, e nemmeno del secolo. Facciamo del millennio, toh.

Di cosa starò mai parlando? Presto detto.

Ero rientrata in camera mia dopo le lezioni, intenzionata a stendere la lettera da mandare a Munakata come primo passo del mio ingegnosissimo piano. Con me l’ormai inseparabile Naegi-kun.

Ad un tratto, come un fulmine globulare nel cielo, mi hanno bussato alla porta.

Ohibò, chi sarà mai a quest’ora del mattino. Andiamo a vedere.

Ho aperto e…

“Ma ciao, nipotina! Sono il conte Dracula!”

…ommioddio. Era Kizakura. Nonostante il tono allegro ho riconosciuto la faccia. Era la faccia di chi aveva una domanda importante da fare.

E quando una persona come Koichi Kizakura ha una domanda importante da fare, il consiglio di default è di preparare le bende del pronto soccorso che facilmente ti serviranno.

“Beh, non mi fai entrare? Ti pare carino far aspettare il tuo zio preferito?”

“Tu non sei mio zio.”

“Massì, massì, si fa per dire. Ora posso, per favore?”

Che dovevo fare, lasciarlo lì impalato? Mi sono scostata per lasciargli strada.

Si è accomodato sulla prima sedia disponibile, ha salutato Naegi e ha atteso che mi sedessi sul letto. Dopodiché si è schiarito la voce, ha tossito in maniera fintissima e mi ha fulminata con uno sguardo ficcante come la punta di una lancia che ti buca il petto: “Bene bene, cara mia. Sono venuto perché tu hai un sacco di cose da sputar fuori e io non vedo l’ora di sentirti sciorinare tutti i dettagli, anche i più macabri.”

Eh? Ma quest’uomo vive in un perenne stato di ubriachezza? Ne sarà felice il foro gigante nel suo fegato.

“Scusa, come al solito quel che dici non ha senso. Ti spiacerebbe spiegarti almeno un po’, per favore?”

Il sorriso. Quel sorriso smargiasso e che probabilmente gli è costato chissà quanti denti: “Su su, non essere l’adorabile bambina riottosa che faceva sempre i capricci. Ah Naegi, se sapessi quanta fatica mi costava scattarle le foto quand’era piccola. Sai di cosa parlo, Kyouko.”

“No, veramente non ne ho la minima idea. Di nuovo, spiegati di grazia.”

“Uff. Ti piace giocare a fare la dura, eh. E va bene, tanto non ho niente di meglio da fare. Solo un indizio per aiutare quella birbantella della tua memoria: il giorno in cui voi due siete venuti a parlare al preside ed è arrivata la telefonata sul consiglio studentesco.”

O per la miseriaccia ladra. È vero, c’era anche lui. Quella volta è stato così inusualmente silenzioso che avevo totalmente rimosso la sua presenza.

Kyouko Kyouko Kyouko, lo sai che sei circondata da gente sveglia e che non ti perdona nessun errore. Sei adulta, non una ragazzina senza esperienza. Dovresti essere più furba di così.

“E?” ho cercato di svicolare per non dargliela vinta, ma avevo già capito dove stava andando a parare.

“E… suvvia, deve davvero venire da me? Non sei una pollastra sprovveduta.”

“A parte che è sessista da morire darmi della pollastra in quanto femmina, ma passi. Giuro che non so di cosa stai blaterando, vecchio beone.”

“Invece lo sai. Ti ho vista crescere sin da quando eri alta così” ha detto facendo il gesto all’altezza delle ginocchia “e non puoi sperare di fregarmi. Hai capito benissimo a cosa mi sto riferendo.”

Maledetto. Mi aveva beccata in piena flagranza, non ne sarei uscita neanche facendo una capriola con triplo carpiato da ferma.

“Porca eva…”

“Lavati le mani che sono tutte sporche di marmellata. E poi svuota il sacco, fino in fondo mi raccomando.”

Naegi-kun mi ha guardato spaventato, giustamente aveva capito dove stava virando il discorso e a quanto pareva non voleva che mi sbottonassi più del dovuto. Sei tanto carino, sappilo, ma ero nella sua rete e non ne sarei uscita se non gli avessi dato quel che chiedeva.

“Mi stai chiedendo della… come la devo chiamare, profezia?”

“Ti sto chiedendo esattamente di quella, già.”

“Quindi immagino tu voglia sapere come e perché ero a conoscenza del fatto che il corso di riserva si sarebbe sollevato in una vera e propria rivolta verso l’accademia.”

“Esatto anche questo. Al momento l’avevo presa come una sparata tanto per, anche se mi ha stranito vederla uscire dalle tue labbra che di solito sono così composte. Ora però, con ciò che puoi vedere affacciandoti dalla finestra…”

“Kirigiri-san… sei… sei sicura di volerglielo dire?” si è intromesso il mio ragazzino prediletto.

“Sono spalle al muro, Naegi-kun. E come ben sai, quel che sto per rivelargli potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Tu stesso sei andato molto vicino a scatenarle.”

Ah, ben ti è stato Kizakura. Quella faccia contorta in una smorfia indecifrabile mi sarà di compagnia nei momenti mogi: “Conseguenze catastrofiche? Devo forse dedurre che la mia nipote preferita è invischiata in qualcosa di losco?”

“Per prima e più importante cosa: NON. SEI. MIO. ZIO. Finiscila. In seconda battuta: no, niente di losco per tua sfortuna. Solo qualcosa di incredibile, nel vero senso della parola.”

Sì, avevo deciso di raccontargli il mio segreto. È un uomo troppo intelligente e astuto per accontentarsi di una bugia, non avrei risolto nulla mentendo. E poi mi ha presa in contropiede e non sono brava a inventarmi una scusa sul momento. Non è neanche nella mia natura di ricercatrice della verità a tutti i costi.

“Allora dai, stupiscimi. Dimmi questa sconvolgente cosa. Faccio che avvisarti: se dovessi sbadigliare ti chiedo scusa sin da ora.”

…ma guarda te ‘sto tizio. Arriva qui a sconvolgermi la vita, come se non fosse già abbastanza complicata di suo al momento, e si permette pure di fare quello incapace di farsi scuotere.

E sia, ometto con la barba. Preparati a un colpo di bazooka in piena faccia e vediamo come ne uscite, tu e la tua incrollabile fiducia nella tua sconfinata fighezza.

“Mi stai sfidando, Kizakura?”

“No. Ho solo idea che non sarà così devastante come la stai prospettando.”

“Oh, va bene. Allora lascia che te la dica.”

“E dimmela.”

“In che anno siamo?”

“2010, ovviamente. Che razza di domanda idiota è?”

“Per te e per lui può essere idiota, forse. Per me non così tanto.”

“Prego?”

“Chiaro che anche per me l’anno è il 2010. Peccato che fino a circa tre settimane fa la mia risposta sarebbe stata diversa.”

“…eh?”

“2021. La mia risposta sarebbe stata 2021.”

E poi silenzio. E gli avvoltoi sulle case sopra la città, senza pietà.

Giuro che ho sentito i denti di Naegi battere per il terrore. Al contrario io ero abbastanza calma, tutto considerato. Un po’ per i motivi sopra descritti sul fatto che non sarei riuscita a farla franca con una balla, un po’ perché avevo solo detto quanto mi era successo e personalmente sono della scuola di pensiero che la verità, anche la più terrificante, non debba spaventare chi se ne fa portavoce. Sulla reazione di chi lo sta ad ascoltare, invece, se ne può tranquillamente parlare.

Esempio emblematico la persona che in quel momento mi stava osservando con gli occhi pallati, dilatati di almeno una volta e mezza le loro normali dimensioni, mentre probabilmente si chiedeva di che forma e di che colore fossero i vermi che mi stavano sgranocchiando pian piano il cervello. Perché quello era decisamente lo sguardo di chi stava avendo un faccia a faccia con un pazzo.

Te lo sei ficcato dove penso io lo sbadiglio, vero?

Ho rincarato la dose: “La persona che hai davanti risponde sì al nome di Kyouko Kirigiri, ma al suo ultimo compleanno ha festeggiato non i sedici anni, bensì i ventisette. Alla nostra Kibougamine.”

“Cosa vuol dire la vostra Kibougamine?”

“Questa centenaria istituzione ha i giorni contati. Se le cose andranno come so, fra non più di un paio di mesi la scuola sarà un cumulo di macerie fumanti. Devi sapere che quanto sta accadendo fuori nel cortile è solo l’antipasto di quanto verrà.”

“…”

“Inutile che mi guardi come se fossi una scimmia a tre teste, sto solo dicendo la verità. La mia verità, che spero non sarà anche la vostra. Una certa persona sta mettendo in pratica i suoi piani che fra le altre cose comprendono la distruzione di questo posto, il suicidio di massa dell’intero corso di riserva e una lunga, lunghissima serie di crimini efferati oltre ogni dire.”

“…”

“A questo seguirà un periodo di anarchia su vastissima scala, che finirà con l’inglobare l’intero mondo. Sarà sostanzialmente l’armageddon, sai di quelli che leggi nei manga? Solo che non sarà colpa degli alieni o dei robot, ma di una studentessa di liceo.”

“…”

“Io sono una delle poche sopravvissute della classe 78. Eh già. Il collerico Oowada? Morto. L’onorevole Oogami? Morta. L’infida Ludenberg, altresì conosciuta come Taeko Yasuhiro? Morta. Il disciplinato Ishimaru? Morto. Vuoi che continui?”

“…”

“Immagino tu ti stia chiedendo quanti disordini mentali mi stiano affliggendo in questo momento. Ed è un dubbio più che legittimo. La mia nipotina ha preso a fare colazione con i funghetti allucinogeni e non sta più tanto bene. Ho un solo modo per dimostrarti che non sto mentendo.”

“…”

“So tutto a proposito di Izuru Kamukura, che allo stato attuale dovrebbe essere un segreto inarrivabile per uno studente come me.”

“…”

“E quando dico tutto intendo tutto, probabilmente più di te. Conosco Hajime Hinata, il ragazzo che è servito come cavia per l’esperimento. Conosco Chiaki Nanami e il ruolo che la sua presenza ha avuto nel tutto. Conosco il Progetto di Coltivazione del Talento promosso dalle teste quadre che governano questa accademia. Un po’ di tempo fa sono anche andata a trovarlo. Ci ho scambiato due chiacchiere in merito al mio problema e, nonostante il suo modo di porsi estremamente annoiato, è riuscito persino a essermi utile e a darmi un buon suggerimento. Potresti giustamente voler sapere che cavolo è successo e perché sono qui ora se davvero vengo dal futuro. Mi piacerebbe risponderti ma, esattamente com’è stato nel suo caso” e indico Naegi “la mia risposta è che non ne ho idea. Fatto sta che adesso il mio posto è questo, spero non in maniera definitiva, e quindi trovo stupido starmene seduta con le braccia conserte mentre osservo la storia che si ripete, con esattamente gli stessi schizzi di sangue. Avresti fatto così anche tu al mio posto. Oh sì, sei molto più tenero di quanto vuoi dimostrare. Una volta mi hai anche salvato la vita al prezzo della tua.”

“…”

“Sai per certo che, almeno per quest’ultima cosa, sono sincera. Te lo sto leggendo negli occhi, il non stupore per quanto ti hanno appena detto. E ciò perché sai di essere disposto a farlo. Anche qui e adesso, se servisse.”

Colpito e affondato, con la fiancata squarciata peggio della Akagi durante la battaglia delle Midway. L’ho visto accasciarsi contro il muro, la faccia completamente sbiancata e la mano che rapida ha estratto la fiaschetta, l’ha portata alla bocca dopo averla aperta e ha scaricato tutto il suo contenuto nel gargarozzo.

“…poco scotch. Me ne serve di più.”

Ho sogghignato, prendendomi la mia giusta rivincita: “Lui è minorenne e tecnicamente lo sono anch’io, quindi caschi male. Ma se volessi abbassare il tuo nobile palato al volgare gusto della birra, Oowada ti sarà di immenso aiuto. Tiene almeno due casse di Asahi nascoste in caffetteria.”

“E… e tu come fai a…”

“Futuro, caro mio. Futuro.”

Queste ultime due battute mi hanno ripagato dei precedenti minuti in cui ha fatto il bello e il cattivo tempo. Ben ti sta, alcolizzato.

Ora, sollazzarsi alla faccia di Kizakura era divertente e terapeutico. Ma il problema non se ne sarebbe andato solo perché ci ho riso sopra.

Mi sono avvicinata a lui, che era ancora più di là che di qua. L’ho scosso un attimo cercando di rivitalizzarlo: “Ehi! Ehi! Sveglia, bell’addormentato. Torna nel mondo dei vivi, su.”

Si è mosso in maniera convulsa ma sembrava aver riacquistato le facoltà cognitive di base: “Oh… sì, sì…”

L’ho aiutato a rimettersi in piedi, strappandogli per precauzione la bottiglia: “Non fare il bimbo cattivo, mi servi lucido.”

“Quello era solo un goccetto innocuo! Ridammela!”

“Te la riempio d’acqua se non la smetti.”

L’orrore. L’orrore sul suo volto.

“Non… non oseresti…”

“Non solo oserei, ti costringerei a scolartela tutta di fronte a entrambi.”

“Kami… come puoi essere… così malvagia?”

“Ho imparato dal migliore.” ho chiuso lo scambio facendogli l’occhiolino. Poi mi sono ricordata che era tempo di cose serie: “Va bene, stop alle stupidaggini. Cosa hai intenzione di fare con le informazioni che ti ho dato?”

“Quali, che… verresti dal futuro?”

“Non mi credi, Kizakura?”

“Faccio fatica, devo essere onesto.” Si è ricordato dell’esistenza di Naegi dal nulla e, indicandolo casualmente col dito, ha dedotto: “L’hai detto anche a lui quindi, visto che non sta scappando con le mani nei capelli.”

L’altro gli ha restituito il suo sguardo perplesso DOC e ha annuito.

“Ti dirò, non mi meraviglia che tu non mi creda. Non capita tutti i giorni di avere di fronte un viaggiatore temporale, viaggiatore temporale che peraltro starebbe occupando il suo corpo dell’epoca invece di essersi portato il proprio. Ma due cose dovrebbero farti capire che io possiedo il mistico potere del senno di poi, cioè la mia previsione sul corso di riserva che si sta realizzando or ora… e anche la storia di Kamukura, che ripeto non dovrei sapere in quanto povera studentessa non immanicata nelle sconcerie commesse dalle alte sfere. Se nonostante questo non accetti la mia spiegazione su come le conosco, preparati a tornare da mio padre per riferirgli che la missione esplorativa è miseramente fallita e che sua figlia dovrebbe diventare amica di una camicia di forza.”

“Cosa ti fa credere che sia qui per conto del caro Jin?”

…cavolo. Quest’uomo è bravo, non c’è niente da dire. Mi sentivo ben stabile sul mio trono tempestato di diamanti mentre lo giudicavo severamente, ma a lui è bastato alzarsi e dirmi questo per farmi capitombolare giù con discreta violenza. L’intervento ricostruttivo del naso lo paghi tu, sappilo.

“Sei in solitaria? Ma davvero? A quanto ricordo ti muovevi solo se il tuo padroncino allungava abbastanza il guinzaglio.” Porca eva, che colpo basso gli avevo appena inferto. Mi sono sentita un po’ colpevole. Appena appena un pochino ino ino.

Ha avuto un attimo di stordimento, dal quale si è ripreso velocissimamente: “Ok, che tu ci creda o meno quanto hai appena detto mi fa rivalutare la possibilità del tuo viaggio nel tempo. La Kyouko che conosco non avrebbe mai detto una cosa del genere con quel sorriso che invita a prenderla a pugni.”

“Semplicemente perché io non sono la Kyouko che conosci.” In quel momento mi sono chiesta… ma dov’è la Kyouko Kirigiri che lui conosce? La me stessa sedicenne?

Dopo. Dopo.

“Ora riesco a vederlo meglio e le tue parole acquistano un colore e un peso specifico diverso. Comunque sì, sono davvero in solitaria e non per conto di tuo padre. Il che non significa che non gli spiffererò tutto prima o poi. Più prima che poi, data la magnitudine di quanto mi hai rivelato.”

Oh. Voleva dirlo a papà.

Va bene Kyouko, per non saper né leggere né scrivere preparati all’impatto.

Sono passati due secondi. Tre. Cinque. Dieci. Venti. Trenta.

Strano. Il maremoto emozionale che paventavo non si era fatto vivo.

Temevo che avrei sentito, in ordine sparso: salire il cuore in gola, le ginocchia che cercano di entrare nelle orecchie, le dita che si piegano come se fossero dei cucchiaini messi in mano a Uri Geller, il fegato che comincia a prendere a testate il pancreas urlando di fargli spazio. Poca roba, niente di grave.

E invece no, nulla del genere. Ero… calma.

Meglio così, sul serio. Momenti per starci male ce ne sarebbero stati in abbondanza una volta concluso con lui.

“Hai intenzione di dirlo al preside. Dirgli cosa, esattamente?”

“Oh, non so. Per esempio che quella che si spaccia per sua figlia è una sorta di impostore.”

“Scusa? Non sono un impostore, sono pur sempre Kyouko Kirigiri. Ho solo… tralasciato di dire la mia vera età.”

“Avessi detto poco.”

“Senti, non è cosa che abbia voluto e farmene una colpa mi pare francamente un po’ troppo. Inoltre, ci sono elementi più importanti che dovresti riferirgli invece di queste scemenze da due soldi.”

“Tipo?”

“Tipo l’identità della mente dietro tutto questo.”

Con calma, con calma.

Dovevi essere cauta. Più cauta del dovuto. Si stava parlando di continuum spazio-temporale, o come stracacchio lo definivano in Forward to the Past.

Se avessi portato a galla Junko Enoshima di fronte a Koichi Kizakura, e quindi di riflesso di fronte a Jin Kirigiri… cosa avrebbe significato?

Avrebbe significato che almeno un’altra persona si sarebbe spesa attivamente per cercare di fermarla, presumo. Sempre che creda a quanto dico, non dimentichiamo questo non secondario dettaglio.

Però… uh, ecco il maremoto. Ti eri fatto aspettare, infingardo.

Perché? Perché non volevo che gliene parlasse?

“Kirigiri-san, tutto bene? Improvvisamente sembri tutta agitata!” mi ha chiesto Naegi-kun. Che carino, non ha potuto fare a meno di impicciarsi solo per chiedere se mi sentivo male.

Ho alzato un pollice dalla mano chiusa per fargli capire che era ok, nonostante i segnali esterni non incoraggianti. Avevo solo bisogno di riflettere un attimo.

O meglio, più che riflettere avevo bisogno di capire perché la mia cistifellea mi stava implorando con tutte le sue forze di impedire che il nome giungesse alle orecchie di papà.

E la risposta…

Su, la sai.

Avanti.

E va bene, va bene. Hai vinto.

Non voglio che rischi di morire. Di nuovo.

Nonostante tutto, nonostante il risentimento residuo, nonostante quel grammo di disprezzo lasciatomi gentilmente in eredità da mio nonno… io non voglio mio padre morto.

Quale figlia degenere lo vorrebbe?

Ricordo come fosse ieri il momento in cui io e Makoto-kun abbiamo trovato il famoso pacco regalo nella stanza segreta della sua camera da letto. Sono sicura che lui, ingenuo e un po’ credulone com’è sempre stato, non abbia sospettato quale colpo la visione di quelle ossa e il sapere a chi appartenevano mi abbiano dato. Una bella gomitata nello sterno, di quelle che te lo rompono e ti provocano un arresto cardiaco coi fiocchi. Ho avuto bisogno che se ne andasse, non avrei sopportato che mi vedesse… piangere.

Ho pianto su quelle ossa.

All’epoca, quando avevo di lui la peggiore opinione possibile.

Come potrei non farlo ora, dovesse accadere una seconda volta?

È deciso.

“Kizakura” mi sono girata nella sua direzione e l’ho fissato nelle palle degli occhi “qualunque cosa succeda qui ora, mi devi giurare che non ne parlerai col preside. Non finché non sarà assolutamente indispensabile farlo. Ti dico questo per la salvaguardia del tuo caro Jin. Mi sono spiegata esaurientemente?”

Ha sostenuto il mio sguardo, che stavo cercando con tutta me stessa di rendere il più serio possibile, senza fare un plissé che fosse uno: “Mi può star bene, ma in cambio pretendo di sapere il perché.”

“Ne sei sicuro?”

“Ancora con lo stesso giochino, Kyouko? Stai diventando monotona.”

“Non sono in vena di scherzi in questo momento. Vuoi saperlo o no?”

Si è passato una mano sul lato della faccia prima di rispondere: “Ho l’espressione di uno che non è pronto, forse? E poi su, dopo la bomba del viaggio temporale sono preparato alle peggio cose.”

“Anche a Jin Kirigiri che viene messo interamente dentro una scatola, visto che tutto ciò che risultava rimasto di lui era un mucchietto d’ossa?”

Un gemito di Naegi-kun, a cui avevo evitato questo particolare per schermarlo dagli scenari peggiori. Kizakura aveva subito il colpo, com’era normale che fosse, ma era adorabile nel suo voler cercare di restare stoico di fronte alla botta: “Porca… di quella troia…” Sì, ho detto che aveva cercato di restare stoico e nel linguaggio corporeo ci era riuscito tutto sommato benino, in quello vocale un po’ meno.

“È stato questo il nostro ultimo incontro. Per il suo bene, più resta fuori da questa faccenda e meno probabilità ci sono che faccia la stessa fine. So che capisci quanto sto dicendo.”

“Sì, e-eccome se lo capisco.”

“Allora assicurati di soddisfare questa mia richiesta.”

“Va… va bene. Mi terrò tutto questo per me.”

“Ottimo. Ora immagino che vorrai essere ragguagliato nei dettagli.”

Ha annuito. Sembrava convinto.

Lascia che ti spalanchi le porte per l’inferno, caro.

Ci siamo seduti e sono partita. Anzi no, prima di partire ho rivolto un’occhiata a Naegi-kun chiedendogli se fosse sicuro di voler fare il bis. La prima volta non è che fosse andata benissimo. Ma, devo proprio essere sincera, la risolutezza che ha emanato nel rispondere affermativamente mi ha colpita in maniera del tutto positiva. Dimostrava, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che posso fare affidamento su di lui in tutto e per tutto.

Buone farfalline, buone. Ho lasciato il retino nel 2021, non posso perdere tempo ad acchiapparvi una per una. E poi il mio stomaco è troppo grande.

Pronti, partenza, via.

In primis ho sputato il fantomatico nome, quello ormai straconosciuto (almeno a me e a Naegi) di Junko Enoshima. La reazione di stupore di Kizakura mi ha detto che la corsa sulle montagne russe era appena cominciata.

E poi lo sterminio del consiglio studentesco, che ovviamente già conosceva. La Parata, che stiamo vivendo proprio in questi istanti. Il suicidio di massa del corso di riserva. L’espandersi della Tragedia all’esterno della scuola. Il nostro Killing Game. Towa City. Il Killing Game della 77. Il Killing Game alla Foundation, che chiaramente ha attirato il suo interesse più completo nel momento in cui gli ho raccontato di com’è morto per salvare me. E infine la nuova Kibougamine, dove sono la seconda autorità solo dietro al Signor Speranza in persona.

Per fortuna di tutti non ha perso tempo in bazzecole come mancamenti, crisi isteriche e sciocchezzuole simili. A quanto pareva aveva percepito la serietà più seria (ero davvero molto seria) e ha ritenuto opportuno comportarsi di conseguenza.

“Ma ‘stograndissimo cazzo…” Viva la finezza, ubriacone. Poteva almeno asciugarsi il sudore, la sua faccia era completamente bagnata.

“Come avevo già detto a Naegi nel momento in cui ho aperto la diga la prima volta, non parlo di camicia di forza per nulla. La cosa più importante è: credi a quanto ti ho appena raccontato?”

La risposta è arrivata molto più immediata di quanto mi aspettassi: “Sì.”

“Prima mi sembravi piuttosto scettico.”

“E in parte lo sono ancora. Ma ho riconosciuto il tuo tono. Era lo stesso che hai usato qualche mese fa, quando mi hai detto faccia a faccia e a muso duro che odi Jin. Non ti ho mai più vista così arcigna e focalizzata, almeno fino ad ora.”

…davvero ho fatto una cosa del genere? Non lo ricordavo neanche per sbaglio. A quindici anni mi sono esposta in questo modo manifestando un sentimento potente come l’odio? La scoperta mi meraviglia su più livelli.

“Quantifica la percentuale di te che crede nella mia buffa storia dell’orrore.”

“Mh. Dovessi dire… un settantacinque per cento, suppergiù.”

“Tre quarti. Date le premesse, mi posso ritenere ampiamente soddisfatta.”

“Credo tu abbia sottovalutato la mia capacità di adattamento.”

“Mettiti nei miei panni e chiediti il perché.”

“Ammetto di comprendere le tue remore.”

C’è stato un attimo di pace. Naegi, poveretto, è sempre stato poco a suo agio in momenti topici del genere se non ha un contributo concreto allo sbrogliarsi della matassa, quindi capivo il suo tenersi in disparte; Kizakura pareva aspettare un input da me, come se mi considerasse il generale che deve dare gli ordini alla truppa; da parte mia, io… cavolo, ottimo momento per distrarsi Kyouko. È che non riuscivo a far meno di correre con la mente alla me stessa sedicenne, in quel momento. L’averla portata a galla con leggerezza aveva stimolato la parte più molesta della mia innata curiosità.

Concentrazione. Concentrazione.

“Ok, adesso sai a grandi linee gli scenari che i prossimi mesi porteranno con sé. Ti ho detto tutto quello che personalmente conosco come storia assodata, ma sei intelligente abbastanza da capire che, nella mia posizione, mi sono trovata con l’invidiabile possibilità di cambiare lo svolgersi degli eventi. E mi sono adoperata in tal senso, fra le altre cose con la famosa visita nell’ufficio di papà. Io e Naegi ci eravamo presentati per comunicargli l’imminente massacro di Murasame e soci, anche se purtroppo ci siamo mossi troppo tardi.”

Mi ha scoccato uno sguardo contrariato: “Non farlo.”

“Cosa non dovrei fare?”

“Darti la colpa per quanto è già successo. Ti conosco, mascherina.”

“Troppo tardi.”

“Fattela passare, allora.”

“Non è qualcosa che posso abbandonare a lato della strada con semplicità, sai?”

“Immagino di no. Ma sei consapevole, perché lo sei, di quanto rappresenti un ostacolo sul tuo cammino.”

“Certo che ne sono consapevole! Hai una bella faccia tosta a giudicarmi dalla tua posizione privilegiata.”

“Privilegiata? Non più, oramai. Ora io ci sono dentro, se non tanto quanto te almeno tanto quanto Naegi. E visto che voi due ultimamente siete diventati culo e camicia…”

“Vorresti che il nostro duo diventasse un trio?”

“Non escludo la possibilità. Considera anche quali benefici potrei portare alla tua causa: qualcuno sicuramente meglio posizionato di voi per, non lo so, ficcanasare ai piani alti e fare domande compromettenti al preside o addirittura ai gran capi… insomma, la vostra talpa dove è vitale averne una.”

Beh, sì, non era una considerazione banale alla fine. E in effetti, se è bravo almeno la metà di me nel ficcare la testa dove non dovrebbe stare, può darsi che qualcosa di utile lo possa anche cavar fuori.

“Ti dirò, normalmente avrei respinto la tua proposta. Azzardata e senza sicurezza alcuna di riuscita. Ma l’acqua mi sta salendo rapidamente verso la gola e gradirei non perdere la facoltà di respirare. Pertanto, in via eccezionale, accetto l’offerta. Aspetta, non tirar fuori la fiaschetta di riserva per festeggiare… cosa credi, che non sappia che ne hai almeno tre sulla tua persona in ogni singolo momento? È giusto che sappia una cosa: prima della tua come al solito inopportuna visita, io e Naegi-kun stavamo per metterci all’opera sul piano.”

“Oh. Avete un piano. Bravi.”

“Lei ha un piano, io sono solo… mh, diciamo supporto morale.”

“Suvvia Naegi-kun, sei molto più di questo.”

“T-Troppo gentile, Kirigiri-san…”

“È la verità.” Mannaggia, mi era uscito il Sorriso a Sessantaquattro Denti™. Non che ci sia nulla di male nell’atto in sé, solo che non volevo gettare ulteriore benzina sul fuoco della nostra… come definirla, sospesa? Incerta? Impossibile? La situazione fra di noi sul lato sentimentale, ecco.

Cribbio, basta con i pensieri divaganti. Concentrati, porca… miseria.

“Torniamo a noi, Kizakura. Ho ritenuto opportuno metterti al corrente di questo fatto per farti capire che il tuo aiuto è di sicuro gradito, ma al momento non strettamente necessario. Tu vedi comunque di darti un’occhiata attorno, capisci l’allusione.”

“Recepita e messa in saccoccia, cara mia. Ma se posso permettermi…”

Ho sorriso, sapevo cosa stava per chiedere: “Vuoi conoscere il piano.”

“In effetti sì, vorrei. Se adesso sono parte di questa cospirazione, mi pare poco carino lasciarmi all’oscuro delle cose importanti.”

Non era una richiesta irragionevole.

“Che dici, Naegi-kun? Glielo diciamo?”

“A… a me lo chiedi?”

“E a chi lo dovrei chiedere? Siamo io e te. Da parte mia ammetto di aver già una mezza idea, ma ritengo equo che anche tu dica la tua.”

“Beh, non ha torto quando dice che dovrebbe sapere cosa stavamo escogitando…”

“Quel che penso anch’io.”

“Oh, perfetto. Adoro quando mi si viene incontro. Quindi, il vostro mirabolante piano?”

“Mandare una mail anonima a Munakata.”

La faccia da pesce lesso che ha fatto. Peccato che non sia una di quelle maniache delle foto col cellulare, sennò su Iptagram ci sarebbe finita alla velocità della luce.

“Come, scusa? Una mail anonima… a Munakata? Che c’azzecca?”

“C’è un particolare che ancora non conosci: Juzou Sakakura ha avuto, o forse dovrei dire avrà, la possibilità di fermare Junko e il suo malefico progetto di devastazione sul nascere. O forse non proprio sul nascere, ma comunque di metterle una museruola abbastanza grande da renderla inoffensiva più a lungo termine. Se avesse agito, un buon novanta per cento di quanto ti ho raccontato non sarebbe successo. Solo che…”

“Solo che?”

“Lo ha ricattato. Che quanto sto per dire resti confidenziale, è importante. Devi sapere che il nostro boxeur preferito ha una, presumo decennale, cotta per l’ometto dai capelli argentei. Lei ha minacciato di spifferare questa cosa in lungo e in largo ed è riuscita a ridurlo al silenzio, spianandosi la strada. Perché sono piuttosto convinta, come il mio passato testimonia, che lui fosse davvero l’unico ostacolo che le si presentava davanti. Per fortuna ora ci sono anch’io.”

Lo sbigottimento si è palesato forte in Kizakura. Comprensibile, vedendo il Trio Lescano diresti che i due maschioni sbavano entrambi sulle (notevoli) grazie di Yukizome, e invece…

“Aspetta un attimo, Kyouko. Ho capito male io o una crush segreta è ciò che ha salvato il deretano di Enoshima e le ha permesso di distruggere il mondo?”

“In sostanza sì. Puoi immaginarti da solo lo scandalo di venire a sapere che un macho come l’ex campione mondiale dei mediomassimi è innamorato di un altro uomo. D’altronde tu e papà fate fatica a tenerlo nascosto, no?” La mia risata mentale è esplosa come un petardo da sola. Koichi Kizakura tira fuori veramente il lato peggiore di me. O forse è il migliore e sono troppo educata per ammetterlo.

Lui mi ha guardato impettito, io ero indecisa se si era arrabbiato o no. Poi è scoppiato a ridere fragorosamente: “Non sei la Super Detective mica per nulla. Come l’hai scoperto? Non mi pare di aver lasciato nessun divaricatore anale nell’ufficio del preside…”

“Yaugh! Evita certi particolari, ti prego.”

“Va bene, va bene. Tornando seri, capisco quanto dici a proposito di Juzou. E fammi vedere se capisco ancora di più: con la vostra mail anonima volete far sì che Kyousuke ne venga a conoscenza, togliendo così la leva del ricatto a Junko.”

Niente, è intelligente e furbo. Potrebbe davvero tornarci molto utile.

“Permettimi però di far presente una falla.” prosegue “Lo dite a Kyousuke. Ok, fico. E? Cosa pensate che faccia, che vada da Juzou ad appenderlo al muro per farlo confessare? Lo conosco, non succederà. Anzi, probabilmente bollerà il tutto come spam di un mitomane che non sa come occupare il proprio tempo. Manca una cosa fondamentale.”

“Cosa?”

“La consapevolezza da parte di Juzou. Il fatto che Munakata venga edotto è sì utile, ma non sufficiente. Sapete cosa? Ci penso io a questa parte.”

“…non ti sto seguendo.”

“Tu devi solo darmi un’informazione, se ne sei in possesso.”

“Sarebbe?”

“Visto che mi sei sembrata piuttosto precisa, quantomeno negli avvenimenti davvero sostanziosi… hai una vaga idea di quando Junko ricatterà Juzou?”

“Beh, in realtà sì. Non il giorno esatto, quello no. Ma so che in quel momento starà piovendo. E, se il diario non mentiva, accadrà con i due circondati da un bel numero di studenti del corso di riserva che saranno lì a reggere il moccolo a Enoshima.”

“Eccellente. Farò in modo di esserci e di affrontarlo, ancora devo vedere se direttamente o meno, facendogli presente che fare il ragazzino innamorato ma riottoso a dichiararsi non gli servirà a nulla perché il suo bello ne è già a conoscenza.”

“Vorresti andargli faccia a faccia a petto in fuori… davanti a Enoshima e ai suoi?”

“Ma che, sei matta? Mi terrò ben acquattato e spunterò fuori come un Pokémon dall’erba alta al momento più opportuno.”

“Oh. Sì, mi sembra molto più astuto come modo d’agire.”

“Sono ancora vivo per un motivo, cara mia.” E ha ridacchiato, riuscendo a portarsi dietro anche Naegi-kun. Avrei voluto poter dire di esserne immune, ma alla fine a me Kizakura sta anche simpatico e ne vedo i lati positivi. Quindi se prima erano in due a ridere, adesso siamo in tre a ridere.

Conclusa la crisi di ridarola, l’ho congedato facendogli presente che comunque il giorno del giudizio era prossimo e che avrebbe fatto bene a tenersi pronto per qualsiasi evenienza. Quando ha avuto l’ardire di rispondermi che non voleva aver nulla a che fare con robot liquidi e ammassi di muscoli che ti dicono con accento austriaco di seguirlo se vuoi vivere, la pedata nel sedere gliel’ho rifilata più che volentieri.

Rimasti soli, io e Naegi ci siamo scambiati un’occhiata… sì, colma di speranza. Le cose sembravano finalmente andare per il verso giusto, il non richiesto ma a questo punto forse provvidenziale intervento di Kizakura ci stava togliendo molte castagne dal fuoco e dovevamo pregare solo di avere un po’ di fortuna, che nessuna nuvoletta dello studente facesse la sua comparsa e che i kami per una volta ce la mandassero buona. Per la miseria, credo di meritarmelo con tutto lo schifo che mi è stato tirato addosso.

“Speriamo bene, Kirigiri-san.”

“Non hai neanche una vaga idea di quanto lo speri anch’io, Naegi-kun. Dai, ora dedichiamoci alla lettera per Munakata.”


*

 

Ci siamo. Ci siamo. Ci siamo.

Oggi piove. E a quanto ho sentito il corso di riserva è particolarmente attivo e rumoroso.

La definizione scherzosa che ho propinato a Kizakura quando l’ho scacciato da camera mia ora pesa sulle mie spalle. Perché, per quanto mi riguarda, questo è davvero il giorno del giudizio.

Oggi si decide se Junko Enoshima si potrà vantare del titolo di Distruttrice del Mondo, per il poco tempo che le resta ancora da vivere. E se questa folle, insensata avventura in cui mi sono trovata invischiata da un mese a questa parte ha avuto un senso o si è trattato solo del crudele scherzo di qualche divinità… neanche dispettosa, proprio stronza. Non mi piace ricorrere al turpiloquio, si sa, ma in questo caso lo trovo più che giustificato.

Recupero rapida Naegi-kun dalla sua stanza, trovandolo che era sdraiato in pigiama a leggere One Part.

Io ti amo, eh. Però santo cielo, ragazzo mio, sii più pronto di così la prossima volta.

Gli concedo un minuto netto per cambiarsi, esco e mi metto appoggiata al muro ad attenderlo.

TAP TAP TAP TAP. La mia scarpa che batte contro l’intonaco.

Sono nervosa. No, nervosa non copre neanche un cinquantesimo dell’adrenalina e dell’ansia che mi scorrono nelle vene in questo momento. Non mi piace sentirmi così, sempre odiato. Quello che una volta consideravo mio nonno mi ha insegnato come prima lezione che la dote primaria di un detective è la freddezza.

Vai a quel paese e restaci, vecchiaccio malvissuto. Sono proprio contenta di averlo disconosciuto, non si merita nulla. Se non di morire deriso dalle zanzare e dai mosconi.

Finalmente esce. Ci hai messo un minuto e quarantasette, bradipo che non sei altro. Spicciati, non stiamo andando a pettinare delle bambole.

“Kirigiri-san, scusa per…”

“Non m’interessa andiamo marsch.” Lo afferro per il polso e lo trascino fuori, mi rendo conto in maniera un po’ brusca ma sono davvero troppo agitata per preoccuparmene.

“Mi spacchi la mano, Kirigiri-san!”

“Ne hai un’altra.”

“Troppo… troppo veloce! Rallenta un attimo, te ne prego!”

“No.”

“Non ho neanche l’ombrello!”

“Ci bagneremo in due.”

Aspetta, ora non ho neanche il tempo di pentirmi di queste uscite davvero esagerate. A tempesta calmata, prometto.

Mi concedo il lusso di non strattonarlo in lungo e in largo, arrivo persino a mollarlo.

Dunque. Kizakura mi ha detto di farmi trovare nella zona degli edifici di facoltà, perché lì avrebbe messo in pratica il suo placcaggio su Sakakura. Dopo una discreta lavata, riusciamo ad appostarci in un cespuglio non troppo lontano dall’ingresso del palazzo dove ho sempre visto entrare Sakakura nell’ultimo mese. Il che a rigor di logica dovrebbe voler dire che ci tornerà anche adesso.

Va bene, ora si tratta solo di aspettare e…

BEEP.

Che cosa? Un messaggio? Proprio adesso?

Mittente anonimo.

Lo apro.

 

Kyouko cara, sicura di essere la Super Detective? No, perché da dove mi trovo io ti si vede benissimo.

 

Io lo ammazzo, prima o poi. Giuro che lo ammazzo.

Purtroppo non sono abbastanza veloce da impedire a Naegi di leggerlo. Il sorriso che mi sbatte in faccia è a dir poco karmico, segno che me la sono meritata. E non lo nego, me la sono meritata.

Va bene, ok. Chiusa la parentesi di Kirigiri il Pagliaccio Triste, vediamo di pensare a qualcosa di più serio.

Aspettiamo.

E aspettiamo.

E aspettiamo.

E aspettiamo.

Te la stai prendendo comoda, armadio a sei ante. Fai pure, mica c’è in ballo il destino di non saprei dire quanti milioni, se non direttamente miliardi, di persone.

Poi, finalmente, arriva.

…dio, non lo credevo possibile ma sento di stare per avere una crisi di panico.

Mi guardo le mani. Tremo come una malata di Parkinson.

Per fortuna il mio adorabile partner mi afferra per le spalle e riesce a impormi la calma.

Respiro zen, Kyouko. Respiro zen.

Se solo potessi dargli un bacino di ringraziamento… no, non è il momento. Nè lo sarà mai.

Kizakura si palesa, apparentemente dal nulla. Io pensavo di essere brava nel nascondermi, ma lui mi fa capire che probabilmente sono ancora troppo inesperta. Il che mi fa rosicare come una marmotta.

“Juzou, vecchia ciabatta! Che coincidenza incontrarci qui. Stai andando a parlare con Munakata, per caso?” Nel dirgli questo gli si avvicina. Da come si muove, noto che è comunque anche lui un po’ in apprensione. Non saprei dire se perché teme che gli stia per arrivare un grosso e duro pugno proprio sul naso o se è per il buon esito della missione di cui si è fatto carico. Vedi che sia per la seconda, se proprio devi.

“Oh, Kizakura… non ti avevo notato, scusa…”

“Che c’è? Mi sembri torvo in volto. Tutto bene?”

“Sì, va tutto… benissimo…”

“Sei un pessimo bugiardo. Persino quella scapestrata di mia nipote capirebbe che stai mentendo.”

Mi devo essere persa il momento in cui mi hanno appeso sulla schiena il cartello con su scritto “Prego, sfottetemi pure come vi pare e piace”. Un risolino alla mia sinistra mi fa capire che questa sarà una luuuuuuuuuuuuuunga giornata, per più di un motivo.

“Cazzo dici? Sto bene.”

“No, non stai bene. E puta caso che io sappia il perché.”

Stai davvero entrandogli di testa come un toro durante una corrida? Hai manie suicide?

Kizakura, te lo chiedo col cuore in mano anche se non puoi sentirmi: non mandare tutto all’aria perché ti piace fare la primadonna. Ti scongiuro.

“Hai appena avuto un tête-à-tête molto intimo e focoso con Junko Enoshima, no? E quella, pur essendo solo una studentessa, ti ha messo a novanta e ti ha fatto provare il pegging più intenso e doloroso della tua vita.”

“Non… non so neanche di cosa stai parlando…”

“Oh sì che lo sai invece, birbantello. Sei partito in sesta, tutto lanciato, per inchiodarla alle sue responsabilità davanti agli incidenti accaduti qui nell’accademia nell’ultimo periodo. Cos’è, volevi far colpo su Kyousuke?”

Quel sorriso da marpione… cristo, vuoi davvero rovinare tutto quando sono a tanto così dalla meta? Ho l’impulso di uscire e di prenderlo a sberle, ma per l’ennesima volta il mio angelo personale con l’ahoge interviene e mi riporta a più miti consigli.

Non so cosa farei senza di te.

“Chi me lo fa fare di perdere tempo con te, che probabilmente sei pure ubriaco. Addio e a mai più, si spera.” tenta di chiudere Sakakura, facendo i movimenti per allontanarsi. In un lampo Kizakura gli è di nuovo davanti, ora con la faccia seria: “Non andrai da nessuna parte. Io e te abbiamo un discorsetto da fare.”

Incredibilmente riesce a intimorirlo. Un po’ è sicuramente merito suo, ma tanto ce lo mette lo stesso pugile. È visibilmente scosso, suda anche se la temperatura è bassina e più in generale ha la faccia di uno che si sta recando dal dentista per farsi togliere il dente più cariato nella storia dei denti cariati.

“Che stracazzo vuoi dalla mia vita, si può sapere? Devo correre a parlare con Munakata, sparisci una buona volta.”

“Solo quando mi sarò assicurato che gli dirai quanto è giusto che tu gli dica e non la bugia che avrà conseguenze nefaste per una quantità spropositata di gente.”

“Eh? Cosa? Ti hanno messo la polvere d’angelo nel whisky?”

“Mai stato meglio. Sono sobrio e deciso a farti fare la scelta giusta. Juzou, ascoltami: non ti posso spiegare il perché, ma io so tutto quello che è successo poco fa fra te e Junko. So che lei ti ricatta per non farti svuotare il sacco con il tuo adorato amicone. Ma così facendo le dai strada, e immagino sappia abbastanza di lei da arrivare a capire che dare strada a una persona del genere farà danno per tutti. Hai un buon motivo per tenere chiuso il forno, so anche questo. Sei… innamorato di lui, non è così?”

Lascia la pausa drammatica per dare all’altro il tempo di inorridire platealmente.

“Dalla tua reazione deduco di aver colpito nel segno. Quindi è davvero questo il motivo per cui hai appena deciso, o forse stai ancora decidendo, di sigillarti le labbra e di fargli rapporto dicendo che Junko Enoshima è innocente. Non è così che deve andare. Di nuovo, la mia fonte è riservata ma affidabile e mi ha riassunto scenari apocalittici che ti eviterò nei dettagli perché stai già abbastanza male così. Perdonami se sarò brutale, ma l’onda di morte e devastazione che si sta per abbattere su tutti noi ha una sola possibile diga… e quella diga sei tu.”

Da parte di Sakakura c’è solo silenzio. Silenzio e la bocca aperta che ricorda un po’ quella di una trota appena pescata.

“Vuoi davvero essere la causa di tutto quanto succederà nei prossimi mesi? Perché credimi, quello che hai visto finora è solo l’antipasto. Ad esempio, ricordi i gentiluomini che fiancheggiavano Junko durante il vostro tête-à-tête? Fra una manciata di giorni lei ordinerà loro di suicidarsi in massa. E lo faranno. Oh, giusto, il consiglio studentesco. Chi credi che sia stato a metter loro in mano le armi e le motivazioni per ammazzarsi a vicenda? Esatto, Junko Enoshima. Una classe arriverà a murarsi all’interno della scuola perché già si stava degenerando all’esterno… purtroppo non sapendo che il vero problema era ancora lì con loro. La cosa poi scalerà di dimensioni fino a inglobare l’intera nazione. Sarà l’anarchia. Ci saranno guerriglie, pestaggi mortali per strada, disfiguramento di monumenti. Le istituzioni crolleranno come torri del Jenga, vigerà la legge non del più forte ma del più spietato. Moriranno innocenti a mucchi. Avrai letto di quel virus che ha colpito recentemente l’Africa orientale e di quanto sia virulento e pericoloso ma per fortuna contenuto, almeno per ora. Ecco, visualizzati cosa succederebbe se si espandesse a macchia d’olio per l’intero globo. Come si chiama, già? COVAL, CORVUS…”

“COVID.”

“Giusto, giusto. L’influenza di Junko funzionerà allo stesso identico modo, una sorta di malattia mentale ingestibile e infettiva a livelli quasi inumani, da cui praticamente nessuno può dirsi immune. Vuoi questo? Solo perché temi le conseguenze di un possibile sputtanamento pubblico della tua sessualità? So che non sei proprio il tipo compassionevole, ma nemmeno tu arriveresti a tanto.”

Gli lascia un attimo di respiro, presumo per dargli tempo di riflettere sulle sue ultime parole. Personalmente approvo la strategia, buttarla sulle tragiche e devastanti ramificazioni che questo suo atto avrà mi pare un buon modo di convincerlo.

Purtroppo non pare sortire l’effetto desiderato, perché Sakakura incrocia le braccia al petto (evidente segno di irrequietezza e desiderio di difendersi) e gli risponde per le rime: “Di tutto questo non me ne fotte un bel nulla. Kyousuke non sa e non saprà mai delle mie vergognose inclinazioni sessuali nei suoi confronti e tu non potrai convincermi a dirglielo. Né ora, né fra mille anni.”

Di nuovo il sorriso beffardo. Koichi Kizakura, non pisciare fuori dal vaso. Ti prego, non farlo.

“E se invece ti dicessi che ne è a conoscenza?”

Il capo della sicurezza sbianca come un cencio lavato troppo: “Che… che… che cosa?”

“Proprio così. La mia fonte ha provveduto a ragguagliarlo su questa novità. Il tuo caro Kyousuke sa già che vorresti infilarti nelle sue mutande, su quello non ci puoi proprio far niente. Non siamo stati felici di aver dovuto mettere in pratica questa strategia, ma l’incombenza ce lo ha imposto. Era necessario per rimuovere tutti gli ostacoli che consentono a Junko di ricattarti, che appunto erano la sua ignoranza e la tua riluttanza nel rivelarglielo. Eliminata la prima, resta solo la seconda. Rendimi il compito più facile, suvvia.”

“F-Forse non mi sono spiegato bene. NON. GLIELO. DIRÒ!”

“Lo farai, te lo assicuro. Perché ti conosco abbastanza, sotto sotto non vuoi che quel che ti ho accennato succeda. Men che meno per colpa tua. Sì Juzou, sarebbe tutta colpa tua, dal primo all’ultimo cadavere. Perché in futuro ti renderai conto, anche se lo sai già adesso, che si sarebbero potuti evitare. Tutti, nessuno escluso. A partire dai più di duemila studenti del corso di riserva, che stando così le cose hanno i giorni contati. Ti renderò più chiaro il concetto se ce ne fosse bisogno: in questo momento tu hai un mano il detonatore di una bomba all’antimateria potente abbastanza da far esplodere il pianeta Terra. Sta alla tua coscienza e alla tua etica decidere se premere quel pulsante o meno.”

Sakakura ha la faccia di un cucciolo smarrito, il che nonostante tutto è un bene. Significa che le parole di Kizakura hanno almeno in parte toccato qualche nervo scoperto. Mettiamola così, quella non è di sicuro la faccia di uno che non crede per niente a quanto gli è appena stato raccontato e che non vede l’ora di fare tutto l’opposto di quanto gli hanno saggiamente suggerito.

Dai zio Koichi, insisti ancora un po’. L’avversario barcolla e forse molla. Un bell’Uppercut di Ciclone e il conteggio per il KO arriverà di sicuro a dieci.

“Tu, vecchio beone… mi stai chiedendo di gettare la mia vita alle ortiche… te ne rendi conto?”

“Sì. Capisco che sia una scelta sofferta e tutt’altro che facile per te, ne sono consapevole. Ma sono anche consapevole delle conseguenze che il tuo non ascoltarmi avrebbe. Te l’ho detto, scegli tu. O andrai a spifferare la verità a Kyousuke… oppure darai a Junko Enoshima il detonatore che ora hai in mano tu, e al contrario tuo lei non si farebbe la minima remora nell’attivarlo sghignazzando.”

“Non… non hai idea di cosa mi stai chiedendo di fare…”

“Di non nasconderti più dietro a un dito con lui, ecco cosa ti sto chiedendo. Verrai deriso e mal guardato da tutta la scuola perché sei gay? Possibile, purtroppo. Sai cosa vorrebbe dire però? Che c’è ancora una scuola che può deriderti invece di un cumulo di macerie fumanti. E poi nessuno dice che non ci possa essere una threesome fra voi due e la bella Chisa…”

Oh cacchio, è vero. Yukizome. Dimenticavo completamente che Enoshima è riuscita a mettere le sue manacce anche su di lei, facendole il lavaggio del cervello come è successo alla 77. Sarà un problema a cui pensare durante l’epilogo, se avremo un epilogo che ce lo consentirà.

“Come cazzo ti permetti di fare battute così idiote? Cosa ne vuoi sapere di come ci si sente a sospirare come una scolaretta innamorata dietro al tuo migliore amico, che però guarda un po’ ha la sfortuna di essere del tuo stesso sesso?” Mh, occhio Kizakura. Campo minato, procedi con cautela.

“Pfffffftahahahahahahah. Cosa ne voglio sapere, mi chiede. ‘Sti giovani sfrontati!”

“Eh?”

“Liberissimo di non credermi, Juzou. Ma io ti capisco.”

“Ma se manco capisci le addizioni ancora un po’!”

“Oh no no no no no no. Mi trovo nella tua stessa identica situazione. Sono omosessuale. E come vedi sono ancora vivo.”

Urca. La butti sul personale? Coraggioso, lo ammetto. Punti per te.

Sakakura fa un passo indietro, a dir poco stupito: “Stai… stai scherzando…”

“Nossignore. Omosessuale e pure discretamente fiero di esserlo. Come ho resistito allo stigma sociale? Fottendomene. Le parole sussurrate alle tue spalle e gli sguardi malevoli degli altri hanno potere solo se tu glielo concedi. Amare persone che hanno il pisello come te non è motivo di vergogna, in sé e per sé. Significa semplicemente che da quel lato sei un po’ diverso dalla stragrande maggioranza, tutto qui.”

“Sì, ma… parli così solo… solo perché non hai mai fatto coming out pubblicamente. Nel mio caso succederà.”

“A parte che non è detto che debba succedere per forza, non è scritto da nessuna parte. Per ora ne siamo a conoscenza io, Kyousuke e la mia fonte. Nessuno di coloro che ho elencato ha la minima intenzione di renderlo di dominio pubblico. Mettiamo però il caso peggiore, cioè che succeda davvero e che la notizia diventi cosa nota. Il mio consiglio di gay vissuto è di ignorare finché non si stancheranno e passeranno al prossimo gossip. Quindi, come vedi…”

“Chissenestrafotte degli altri! È di Munakata che mi interessa!”

“Certo, è del tuo bello che ti preoccupi. Di come potrebbe reagire. Su questo non sono onestamente in grado di dirti cosa potrebbe succedere, anche se non è corretto da parte mia escludere la possibilità che possa rifiutarti a livello sentimentale. È un rischio. Però conosco Kyousuke a sufficienza da poter dire che se anche ti dovesse rimbalzare come compagno di letto, non lo farà per la tua persona nella tua interezza. Resterai sempre il suo più fidato collaboratore e amico. Che mi rendo conto non essere quello che vuoi, ma se non altro la magagna sarà venuta fuori e sarà stata risolta in qualche modo. Meglio di adesso, non credi? Inoltre mi preme farti presente un punto importantissimo: se ora copri Junko, quando avrai il tempo di risolvere? Mentre tu e lui evitate una granata? Il mondo adesso è tutt’altro che perfetto, ma perlomeno si regge in piedi. Smetterà di farlo se il detonatore cambia di mano.”

Di nuovo incertezza nel boxeur. Non sta andando male. Insisti.

“Juzou, te lo chiedo ancora una volta: vorresti essere ricordato come la persona che ha salvato il mondo o come quella che gli ha permesso di finire? Cosa credi sia più giusto fare?”

“…”

“Preferisci avere anche solo una pallida speranza di far rientrare la, purtroppo possibile, crisi che verrà fuori con Kyousuke? Vai e digli le cose come stanno, cioè che Junko Enoshima deve marcire in galera. Preferisci tenere nascosto il tuo segreto nonostante quanto tu ora sappia? Preparati a rischiare la vita un giorno sì e l’altro pure, e nei ritagli di tempo a contare i corpi che si ammucchieranno di fianco a te.”

Sento che pressare sul punto di un chiarimento con Munakata è la strada giusta. Dagli addosso, doppia K.

Il mio nuovo zio preferito (…ammetto che se lo merita, per come si sta comportando) alza i palmi di fronte a sé e comincia a emulare una bilancia, una di quelle vecchio stampo coi piattini: “Cosa pesa di più?”

La tensione si taglia con un grissino. Neanche, con un soffio.

Alla fine, dopo secondi lunghi come ere geologiche, Sakakura dice: “…e va bene. Mi hai convinto.”

È un attimo.

Una sola.

Una singola lacrima.

Corre per la mia guancia, cadendo sul dorso della mano destra che avevo appoggiato sulle ginocchia. Sapete com’è, posizione acquattata.

Io… forse…

“Ce l’hai fatta, Kirigiri-san!” sussurra entusiasta Naegi-kun, abbracciandomi.

Piano, ragazzino. Piano. Poi rotoliamo fuori dal cespuglio, lui ci becca e va tutto a scatafascio.

Ma… sì. Ce… ce l’ho fatta.

Faccio fatica a crederci.

L’ansia che mi stava stritolando la gola la molla da un momento all’altro, permettendomi di tornare a respirare come i kami comandano.

Poi mi sovviene una cosa. Forse è pericolosa, ma la voglio tentare lo stesso.

Afferro il cellulare. Apro l’ultimo messaggio che mi ha mandato Kizakura. Gli rispondo con l’onomatopea di una pernacchia.

Mi fisso su di lui. Non si è sentito nessun rumore.

Bene, ha azzerato i suoni.

Gliene mando un altro.

 

Assicurati di rimanere a origliare mentre parla con Munakata. Non abbiamo la certezza che non possa aver mentito.

 

Modalità silenziosa, non fare cilecca.

I due si avviano, Sakakura davanti e l’altro dietro che smanetta col telefono. Spero abbia percepito la vibrazione. Poco prima di entrare, vedo il cenno affermativo del marito di mio padre (sì, lo so che si fa per dire, era solo per non ripetermi).

Bravissimo.

L’ultima cosa che sento è “Sai Juzou, se vorrai mai uscire una sera di queste a bere una birra per sfogarti, dovesse andare male…”

Non risponde se non con un sorriso mesto. 

Quando si sono allontanati a sufficienza, io e Naegi usciamo allo scoperto.

Sono… felice. No Hetfield, la luce in fondo al tunnel non è quella di un treno.

Queste ultime quattro settimane sono state le più estreme, stranianti e assurde della mia vita. E si sa, non ho avuto una vita esattamente comune. Fin dai Duel Noir quando ero ragazzina all’ultimo Killing Game alla Foundation, dove sono morta per mezz’ora.

Lui mi salta di nuovo addosso, ora che può farlo liberamente: “Sono fuori di me dalla gioia, Kirigiri-san! Ci sei finalmente riuscita!”

Inspiro più profondamente che posso per impormi il controllo. Non devo ricambiare l’abbraccio. Non devo baciarlo. Non devo fare NIENTE, a costo di passare per maleducata. Non voglio. Sono ancora troppo confusa e in conflitto su quel versante.

“Scusami, Naegi-kun. Preferirei… di no.” Tsk, il senso di colpa è filtrato sin troppo forte.

“Kirigiri-san…” è il lamento da pulcino con cui se ne esce. Oddio, vuoi proprio rendermi la vita difficile vero?

“Naegi” inizio, voltandomi verso di lui “Questo sarà un discorso irto di spine e farà più male a me che a te. Però è giusto farlo, ora che il problema principale dovrebbe essere stato risolto.”

“Stai parlando di… oh, ho capito.”

“Sarà meglio rientrare, non vorrei beccare un gruppo di riservisti idrofobi che vogliono pestarci.”

“Giusto. Da te?”

“Da me.”

Partiamo. Devo consciamente bloccare la mano che stava partendo per i fatti suoi e aveva tutte le intenzioni di afferrare la sua.

Arrivati.

Letto, solite posizioni.

“Naegi. Tu l’hai capito, vero?”

“Cosa, che sei… innamorata del me del futuro?”

“L’hai capito. È successo quando abbiamo discusso per la prima volta del piano con Sakakura. Quel tuo ghignetto malvagio non è passato inosservato.”

“Eheheheheh, scusa ma non ho proprio resistito. Rendermene conto mi ha… mi ha divertito.”

“Tu sai che non c’è realmente nulla di divertente in tutto questo?”

“Uh? Non capisco perché dici così.”

“Te lo spiego subito. Innanzitutto, tu ai miei occhi sarai sempre un ragazzino. Anche fra trent’anni. Da quando è cominciata questa storia, mi sono sentita sporca come una pedofila per il solo fantasticare di accarezzarti il volto in maniera troppo sensuale. Con me messa così non andiamo da nessuna parte. In seconda battuta, tu non sei lui. Ci assomigli tanto ma comunque non sei lui. E se tutto va come deve andare non lo sarai mai. Quel Naegi è confinato nel mio tempo ed è frutto delle esperienze terribili che ti ho raccontato, cose che tu non vivrai. Il che è meglio, capiamoci, ma pone un enorme abisso fra di voi.”

Lo vedo intristirsi, anche se per fortuna è solo lontano parente del Naegi a pezzi che mi si era presentato davanti la volta in cui abbiamo parlato del piano con Sakakura. Per precauzione si allontana di un pugno di centimetri.

“Fra di noi, purtroppo, non ci potrà mai essere nulla di romantico. Sappi che non sarà perché non lo voglio. Al contrario, lo vorrei disperatamente. Ma per i motivi che ho appena esposto non sarà così.”

“Sì, capisco. Non avevo considerato i sacrosanti punti che hai portato a galla, ma ora che li ho davanti agli occhi mi rendo conto di come non possa essere una cosa facilmente risolvibile per te. Da parte mia, ecco…”

“Ce l’hai una mezza cotta per me, o sbaglio?”

“No che non sbagli.”

Oh cribbio, che situazione antipatica. Ci piacciamo e non possiamo concludere un bel niente.

“Allora… temo che dovremo restare semplici amici.”

“Temi bene. Amici molto stretti però, questo non deve cambiare.”

“No no, tranquilla. Non cambierà. Però dai, vediamo il lato positivo: essere friendzonato perché la tua fiamma viene dal futuro è almeno una bizzarra variazione sul tema. Me ne potrò vantare col resto della classe.”

Gli scocco uno sguardo scocciato, al quale risponde ridacchiando: “Naaaa, stavo scherzando. Arrivo da me a capire che non è notizia raccontabile in giro. Però, senti… posso chiederti una cosa?”

“Certo. Spara.”

“Ti darebbe fastidio… chiamarmi Makoto come facevi con lui?”

Uh. Lo farebbe? No, non penso. Non c’è nulla di male e mi farebbe sentire meno nostalgia di casa.

“Si può fare, piccolo.”

“Ehi, non chiamarmi piccolo! Ufficialmente siamo coetanei!”

“Eviterò solo in presenza di altre persone. In una situazione del genere, in… privato, non ne farò a meno invece. Ti conviene abituartici.”

Sorridiamo entrambi.

“Kirigiri-san, mi è venuto un dubbio.”

“Dimmi.”

“Tu… tornerai mai nel tuo tempo? Se non ricordo male non sai come il tuo primo viaggio è avvenuto, no?”

Ah. Bella storia.

Intanto però una cosa gliela devo dire: “Non farmi sentire come quella che scrocca vitto e alloggio, su.”

“E vai via, dai! Che sei come il pesce e cominci a puzzare!"

“Ora non allargarti troppo, giovincello!”

“Eravamo rimasti d’accordo sul piccolo, ma su un ancora peggiore giovincello non si era detto niente!”

In un attimo camera mia viene invasa dalle risate. Sono contenta di vedere che riusciamo entrambi a stemperare, perché in realtà sia il lato amoroso e sia questo secondo disguido non sono faccende da poco.

“Tornando seri.” riesco a dire dopo tre minuti ininterrotti di ghignate isteriche “Non ti so rispondere. Ricordi bene, non ho la minima idea del perché mi sono ritrovata nel 2010… e di conseguenza non so realmente se tornerò mai nel 2021.”

“Porca eva, che roba brutta.”

“In realtà c’è chi sta peggio di me.”

“Chi?”

“La me stessa sedicenne. Riflettici un attimo, Makoto-kun. Io sono nel suo corpo. Lei dov’è allora? Se tanto mi dà tanto dovrebbe essere nel mio. Io però sono avvantaggiata rispetto a lei, e non sai quanto mi faccia strano dire lei riferendomi a un’altra versione di me. Mi trovo nel mio passato, e per fortuna ora lo ricordo, quindi dopo un iniziale smarrimento sono comunque riuscita a raccapezzarmi. Inoltre sono adulta, meglio attrezzata di fronte a un evento squassante come questo. Lei invece? Vero che è Kyouko Kirigiri, indi fredda e posata di base, ma riesci a vedere cosa intendo? Stiamo parlando di una ragazzina catapultata in un tempo alieno, con uno status quo completamente stravolto rispetto a quello a cui era abituata, la Kibougamine come la conosce non esiste più, il mondo si sta appena risollevando da una catastrofe globale, ha delle cicatrici viola in faccia… devo proseguire?”

Sgrana gli occhi, sconvolto: “Madonna… madonna santa…”

“Da quando Kizakura l’ha tirata fuori en passant, mi si è conficcata nell’ipofisi e non se n’è più voluta andare. Sono davvero preoccupata per lei, è passato un mese. Riesci a immaginarti come può averlo vissuto?”

“Non… non voglio neanche provarci.”

“Non possiamo fare niente di niente. Se non sperare che il Grande Demone Celeste, Cthulhu o chi per loro decidano che questo scherzo è durato abbastanza. Allora, in quel caso, forse i danni che ha subito potrebbero rientrare dopo non so quanti anni di terapia. Come vedi, se anche rimanessi bloccata in questo tempo non posso proprio lamentarmi più di tanto. Specie considerato il fatto che, toccando ferro, il casino con Enoshima è stato chiuso positivamente.”

“Quel che dici è al solito giustissimo. Però non sarà comunque facile per te.”

“Non lo è. Ma bisogna saper vedere il buono nella ciotola di riso mezza piena.”

“Lao Tzu parlava di una ciotola di riso vuota.”

“Che mi frega di quel barbone morto da millemila anni?”

Di nuovo risate. Saltare di palo in frasca, quando palo e frasca sono così diametralmente opposti, potrebbe non essere una pratica salutare. Guarda un po’, non m’interessa nulla ora come ora.

 

*

 

Sono passati due giorni.

Kizakura ha origliato e mi ha confermato che Sakakura ha detto tutto tuttissimo a Munakata. Il quale, incredibilmente, ha pure tirato fuori la storia della mail mia e di Naegi.

Ti auguro buona fortuna, armadio a sei ante. Hai fatto la cosa giusta, un po’ di felicità te la meriti.

Ho preferito evitare di farmi vedere quando i due terzi maschili del Trio Lescano si sono presentati alla porta di Enoshima, spalleggiati dall’intero corpo di sicurezza dell’accademia. Kizakura, che ha seguito l’azione dall’ombra come il dannato ninja che è, mi ha confermato che sembravano seriamente un paio di squadriglie di SWAT che irrompevano nel nascondiglio di Pablo Escobar.

Non è stato semplice. Il corso di riserva e soprattutto Ikusaba si sono frapposti.

Il duello fra lei e il nostro ex Super Presidente del Consiglio Studentesco dev’essere stato uno spettacolo da tramandare ai posteri, conoscendo la bravura di entrambi i contendenti.

Poi lo stallo, che si era prolungato per parecchi minuti, è stato rotto da una figura inaspettata.

Izuru Kamukura si è fatto vivo e ha steso tutti i membri della Despair in un battito di ciglia, Ikusaba compresa.

Mi viene da chiedermi cosa l’abbia spinto a farlo. Chissà, magari la mia intromissione lo ha portato a riconsiderare la situazione. Oppure, ma questa è un’ipotesi più selvaggia, potrebbe essere che quanto rimane in lui di Hajime Hinata sia momentaneamente emerso. Alla Foundation abbiamo appurato che quel cyborg di carne aveva pianto di fronte al corpo senza vita di Chiaki Nanami e quell’impulso non poteva che provenire dalla sua precedente personalità. Forse è successo di nuovo.

Fatto sta che il suo intervento ha aperto la via a Munakata e a Sakakura. Hanno portato via Enoshima mentre lei rideva come può ridere un paziente del manicomio. Dicono che sembrasse quasi contenta. Io so che è così, lo era. Vedere un piano così elaborato sbrodolarsi come neve al sole deve averle causato un’overdose orgasmica di disperazione.

È finita. Sul serio. Davvero finita.

Ora ne sono certa.

La mia missione finalmente presenta un bel completed.

Da una quarantina d’ore a questa parte, cioè da quando ho ricevuto il resoconto di Kizakura, mi sento… leggera. Leggera è proprio l’aggettivo giusto. Fin quasi svuotata, ma uno svuotamento piacevole. Un po’ come, scusate il paragone volgare, quando esci dal bagno dopo una seduta di cinque ore.

Ho ritenuto opportuno mettere al corrente mio padre di un paio di fili ancora lasciati in sospeso, come ad esempio il recupero mentale di Yukizome e dell’intero corso di riserva. Chiaramente ho cercato di tenere un profilo il più basso possibile, limitando allo stretto indispensabile le conoscenze future. Spero di aver fatto un buon lavoro in tal senso.

A quanto ne so ha convocato, o sta per convocare, Gekkougahara per aiutare Fujisaki con la programmazione del Neo World Program. Due inventori su tre, perché Matsuda è stato trovato morto un po’ di tempo fa, dovrebbero bastare.

Dunque, ora che…

DRIIIIIIIIIN.

Uoh. Non aspettavo nessuno.

Mi alzo e vado ad aprire.

P-P-Papà?

“Ciao Kyouko. Posso entrare, per favore?”

…forse non ho fatto un buon lavoro.

Lo faccio accomodare. Non accorgerti che in questo istante soffro di iperidrosi, ovvero sudorazione eccessiva.

Sedia lui, letto io. Ti comporti come la tua dolce metà, che teneri.

“A cosa devo la sua… tua visita?” Dai, poraccio. Basta col lei.

“Kyouko, ho dei dubbi e confido che saprai scioglierli.”

“Son qui.”

“Come sai tutto quel che sai? Mi sono accorto, in realtà fino dalla volta in cui tu e Naegi siete venuti a trovarmi nel mio ufficio, che sei stranamente… ben informata su tutto quanto è successo qui nell’ultimo periodo. E ho anche notato la tua partnership con Kizakura, cosa credi? Kizakura che casualmente è stato la persona che ha convinto Sakakura a vuotare il sacco su Enoshima.”

Sì, ma porco boia. Smettetela di avere sempre tutti le antenne rizzate in ogni singolo istante della giornata. Ho diritto a passare un’oretta senza vedere un nuovo ficcanaso spuntare da dietro l’angolo?

Colpevole silenzio. Non mi aspettavo tutto questo e non mi ero preparata.

“Kyouko?”

Odio sentirmi messa spalle al muro. Meno male che questa è solo la seconda volta che mi succede da quando sono nata.

Sai cosa? Ora è fuori pericolo. Mi sento di poterglielo dire.

“Papà, non crederai a quanto sto per raccontarti…”


   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Danganronpa / Vai alla pagina dell'autore: Subutai Khan