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Autore: Bellamy    20/08/2021    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
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Lo sportello rosso del passeggero anteriore si aprì di scatto, come un colpo di frustra, verso l’alto.
Una mano esile e coperta da un guanto di pelle nera afferrò il mio polso e mi trascinò verso di sé.
Fui tirata all’interno del piccolo ed elegante abitacolo della Ferrari. Lo sportello si chiuse dietro le mie spalle, in silenzio.
Mi catapultai tra le gambe di Alice, un foulard nero le fasciava la testa e un grosso paio di occhiali le copriva maggior parte del piccolo viso. Nel posto del guidatore, a sinistra, era seduto Jasper, pure lui nascosto da un cappello da baseball, guanti e occhiali da sole.
I loro volti, anche se coperti, erano un mix di emozioni che si muovevano senza sosta tra i loro tratti: sorpreso, felice, sollevato. Il mio doveva essere l’esatta fotocopia: non avevo assolutamente previsto una cosa del genere.
Alice e Jasper erano a Volterra.  
“Siete qui?” Riuscii a farfugliare, incredula dopo lunghi secondi silenziosi e sbigottiti. Le mie parole suonarono più come una domanda che una affermazione. Erano lì, con me! La felicità mi catturò il fiato e qualsiasi capacità di poter analizzare lucidamente la situazione.
Fu come ricevere un pugno dritto in faccia, forte e improvviso. Senza pensarci, allargai le braccia e strinsi Alice e Jasper a me, non curandomi della scomodità in cui eravamo costretti, strappandoli quasi dai loro sedili. Entrambi ricambiarono vigorosi, stritolandomi.
Oh! Quanto era bello riabbracciare i loro corpi di granito, sentire di nuovo il loro buonissimo e familiare odore, i miei zii! Erano con me!
Sciolsi il goffo abbraccio per guardarli di nuovo, come se dovessi accettarmi che fossero davvero davanti ai miei occhi e non qualche sorta di allucinazione. Perché diavolo erano a Volterra? Alice e Jasper, erano davanti a me! Tantissime domande venivano scagliate come sassi all’interno della mia testa, una dopo l’altra.
Alice strappò via gli occhiali dalla faccia. I suoi occhi topazio m’infiammarono sul posto ma, allo stesso tempo, riflettevano le mille domande e visioni che turbavano la sua mente.
Jasper era ancora visibilmente sorpreso, come lo ero io. Non lasciava mai gli occhi su me e Alice ma neanche sull’ambiente circostante l’auto sulla quale eravamo. Iniziai a percepire una debole aura di sorpresa diffondersi nell’abitacolo.
“Nessie!” Esclamò Alice, turbata. Agganciò le sue esili mani alle mie braccia ancora troppo vuote. “Stai bene?” Domandò, i suoi occhi mi scrutarono dalla testa ai piedi annusando, per un breve momento, la mia pelle. Sicuramente, aveva notato delle differenze in me. Aveva sentito qualche altro odore, oltre al mio? Quello di Andrew, forse? Lo aveva riconosciuto?
“Sì, sto bene!” Balbettai, ancora troppo scossa per dare una risposta più completa. Alice batté le palpebre come colpita da una rivelazione.  
“Perché voi siete qui?” Domandai subito dopo. La lucida ragione si riappropriò della mia mente, rapida come un fulmine. Non dovevano essere lì, a Volterra. Era sbagliato che fossero là. No, no, no! Alice e Jasper non dovevano stare là!
Né Alice né Jasper risposero alla mia domanda. Come un’arma, Alice iniziò a dar fuoco a una raffica di domande: “Dove sei stata? Perché non ci hai contattati? Perché tutto questo tempo? Perché sei tornata qui?”
Alice non provò a nascondere la rabbia e la frustrazione, le quali si fecero eco anche nel volto di Jasper. Quelli erano sentimenti trattenuti per molto tempo e che ora erano liberi, finalmente, di sfogarsi.
Era questo il motivo per cui speravo, pregavo, che i Cullen fossero totalmente ignoranti di ciò che mi era capitato nelle ultime settimane. Non volevo, non riuscivo neanche a tollerare, sostenere di vedere quei volti stravolti e affranti a causa mia. Non lo meritavano.
Non volevo i Cullen protagonisti principali delle mie sfortune. Avrei raccontato tutto loro dopo, probabilmente avrebbero reagito alla stessa maniera, ma i Cullen dovevano essere il pubblico, non personaggi della storia che stavano ascoltando.
Inspirai con forza, come se dovessi trovare il coraggio nelle molecole d’aria.  
“Sono stata a Londra.” Risposi, spaventata dalla reazione che avrebbero potuto avere i miei zii. “Al sicuro.” Aggiunsi immediatamente dopo.
Jasper sgranò gli occhi, allibito. “Londra? Ti abbiamo cercata nel Regno Unito, Nessie…”
Lo fermai. “Mi avete cercata?”
Erano stati a Londra? Quando? Magari avevano pure sondato la zona in cui ero stata reclusa per più di un mese? Andrew li aveva trovati? Se la mia domanda aveva una risposta affermativa, Andrew non me lo avrebbe mai detto.
Alice mi lanciò una occhiataccia avvelenata. “Certo che ti abbiamo cercato, Nessie!” Urlò, strattonandomi per un braccio. “Ti stiamo ancora cercando!”
Sentendola, Jasper prese velocemente il cellulare – quelli modificati da noi, impossibili da rintracciare per il governo o per chiunque altro- poggiato sul tecnologico cruscotto: “Avverto Carlisle.”
Carlisle rispose al primo squillo, un secondo dopo. Carlisle!
“Jasper? Tutto bene?”
“Carlisle, Renesmee è qui, a Volterra.” Disse, rivolgendomi uno sguardo di rimprovero misto a confusionaria sorpresa e sollievo. Stavo pregustando quello che mi sarebbe aspettato una volta a casa.
“A Volterra?!” Come tutti noi, anche nonno reagì sorpreso. Il fatto che ero in Italia stava iniziando a sorprendere anche me. Dov’era Carlisle, in quel momento?
“Sì. Contatta Emmett e Rosalie.” Rispose deciso Jasper nonostante lo stupore doveva essere ancora smaltito. O forse era pure arrabbiato? C’era qualcos’altro dietro il suo sbigottimento.  
Dov’erano? Non erano con lui? Perché erano separati?
Con la coda dell’occhio vidi Alice battere le palpebre e socchiudere la bocca.
“Carlisle, riunitevi ma non tornate Volterra.” Disse a denti stretti, entrando in una dimensione diversa da quella in cui io e Jasper ci trovavamo. “Ci faremo sentire noi.” Concluse.
Carlisle rimase un attimo in silenzio. “Alice…” Iniziò. “Va bene.” Disse alla fine.
Sembrò costargli molto acconsentire all’ordine di Alice. Decise, però, di non opporsi e fare ciò che diceva. Io approvai: già c’erano Alice e Jasper in Italia, non ci voleva anche il resto della famiglia.
Il tono di voce di Carlisle sembrava nascondere qualcos’altro, come la reazione di Jasper, ma, forse, fu solo una mia suggestione.  
“Aspettiamo vostre istruzioni… Nessie?”
“Sì, nonno?” Chiesi, la voce tirata, ruvida.  
“Stai bene?”  La sua voce trapelava preoccupazione.
“Sì.” Risposi velocemente. Ancora nessun colpo infuocato al petto, nessuna crisi febbricitante. Speravo che quella calma perdurasse. Sapevo che, nella domanda, Carlisle intendesse pure la mia cicatrice: aveva bisogno di una controllatina ma era al sicuro nella fascia regalatami da Erik. E per terminare l’inventario, ancora ero incapace di utilizzare il mio dono.
“Ha bisogno di nutrirsi ma sembra stare bene.” Borbottò Jasper a denti stretti. Lo guardai: non aveva la pallida idea di quante persone avevo sgozzato prima di arrivare in Italia.
“Questo lo potrà fare al più presto.” Fece Carlisle. “Vero, Alice?”
La domanda di Carlisle era carica di aspettative. Alice era ancora lontana da noi, persa nel futuro, e lontana suonò la sua voce ma, allo stesso tempo, autoritaria: “Aspetta una nostra chiamata, Carlisle. Tu ed Esme dovete riunirvi con Emmett e Rosalie. Subito.”
“State attenti e fate presto.”   
“Anche voi.” Disse Jasper chiudendo la chiamata, riposò il cellulare sul cruscotto. Alice ritornò ad allontanarsi da noi. Ero letteralmente seduta sopra di lei, probabilmente, anzi sicuramente, non stava vedendo nulla a causa mia. 
Jasper spostò lo sguardo da Alice a me: “Nessie, perché non hai provato a metterti in contatto con noi? Ti stiamo cercando in lungo e in largo da più di un mese.” La sua voce era soffice e calma, la sua intenzione non era quella di agitare ulteriormente me e Alice. Ci riuscì, ovviamente. Mi calmò un po’.  
“Dove sono gli altri?” Domandai anziché rispondere. Guardai davanti a me: la stradina laterale era vuota, nessuno aveva motivo di attraversarla. Dalla mia visuale non potevo vedere la piazza principale ma ero convinta si stesse riempiendo: molti umani vi stavano entrando dalla strada che presi io pochi minuti fa.
“Emmett e Rosalie sono in Scandinavia. Carlisle ed Esme in Romania.”
Scandinavia, Romania. Mi stavano cercando da più di un mese per tutta Europa. Forse avevano già battuto la pista in Medio Oriente ma, non trovandomi, optarono per il Vecchio Continente. Feci un grosso sforzo per non immaginarmeli: i Cullen, disperati, alla mia ricerca quando io ero troppo presa dal fuoco, e nel lato opposto del continente, per rendermi conto di tutto.
“Voi perché siete qui?” Domandai guardando sia Alice, troppo immersa nelle sue visioni per prestare attenzione alla conversazione, che Jasper.
“Renesmee, rispondi alla mia domanda.” Fece Jasper, le iridi dorate brillavano impazienza.
“Prima rispondi alla mia.” Insistetti io.
Ritornata al presente, rispose Alice:  “Quando te ne sei andata con quel manipolatore, abbiamo preso il primo aereo per l’Italia. E non eri qui. Nessuno era qui, almeno non le persone che cercavamo. Bella ci ha impedito di andare oltre, non ci ha detto dove ti trovavi, e ci aveva promesso che ti avrebbe riportata da noi, dopo la guerra contro i Figli della Luna.” Fece un pausa, sospirò e chiuse gli occhi. “La guerra è stata l’ultima notizia che avevamo su di te, ti rendi conto, Renesmee? Sono stati giorni terribili. Abbiamo temuto il peggio. Vedevo della sabbia… un deserto?” Domandò, la voce gorgogliava ansia a discapito del dono di Jasper.
Incassai il colpo. Come avevo ipotizzato, Bella aveva cominciato a tramare con i Cullen un altro piano per salvarmi la vita. Anche quest’ultimo, purtroppo, non andò a buon fine. Bella sapeva del piano di Aro? Sapeva chi aveva designato per attuarlo? Pensava di poterlo fermare in qualche modo? Magari anticipando le sue mosse?
Pensai che i suoi tentativi, in qualche modo, dovevano rincuorarmi: non solo i Cullen stavano facendosi in quattro per me. C’erano pure Bella e Andrew.
Tuttavia, ciò mi causò la reazione opposta: mi fece infuriare. Inspiegabilmente, il fastidio che provavo sommergeva totalmente la gratitudine.
“Sì, un deserto.” Confermai e flash di quei giorni apparvero davanti ai miei occhi.
“Quindi? Perché voi siete qui?” Incalzai. Se sapevano che non mi trovavo a Volterra, se non sapevano dove si era tenuta la battaglia,e il resto dei Cullen era in giro per l’Europa a cercarmi, per quale motivo Alice e Jasper rimasero lì? A Volterra? Non volevano perdere nessuna informazione da Bella? E che tipo di informazioni poteva dare Bella, poi? Non era mica tornata dal Medio Oriente con chi si aspettavano.
Questa volta rispose Jasper: “Bella ci ha detto che eri sparita e che Aro sosteneva fossi morta.” Disse a denti stretti, continuando il racconto di Alice, una strana luce attraversò i suoi occhi. “Bella non gli credeva e nemmeno noi. Io e Alice siamo rimasti qui perché vede molto confuso il futuro di Edward e Bella.” Concluse e sembrò pentito di essersi lasciato andare nell’ultima parte, come se avesse detto troppo, ma, almeno aveva risposto alla mia domanda.
Non ci feci tanto caso, non mi sconvolse. Non aveva senso trattenersi ormai: sapevo che Edward e Bella erano i miei genitori, potevano smettere di recitare.
Rimanere a Volterra per dei futuri incerti significava che Alice e Jasper tenevano a Bella ed Edward, no? Un antico rapporto di amici, magari. Lo avrei rispettato, io non c’entravo nulla.   
Se Alice vedeva il futuro dei miei genitori biologici confuso, forse la ragione ero sempre io. Anzi, lo ero. D’altronde avevo pianificato di avere un faccia a faccia con loro e, quindi, la mia decisione aveva influenzato il loro futuro. Con la mia presenza macchiavo di incertezza e confusione il futuro di chiunque.
E, quindi, forse, magari, non sapendo dove mi trovassi, rimasero in Italia perché speravano proprio che la causa di tali interferenze nel futuro di Edward e Bella fossi proprio io e riacchiapparmi. E tornare a casa.    
Annuii, facendo capire ai miei zii di aver incassato la loro spiegazione, ma la mia mente continuava a puntare altrove, verso il mio obiettivo. Mi stavo distraendo e stavo perdendo tempo inutilmente. Potevamo raccontarci tutto dopo.
La fretta di concludere ciò che volevo fare si fece più impellente, moltiplicato, ora che Alice e Jasper erano con me. Dovevamo andare via subito.
“Nessie?” Mi chiamò di nuovo dolce Jasper, posando una mano sopra la mia. Io strinsi la mia in un pugno. Jasper aspettava che parlassi. Forse pensava che gli mostrassi qualcosa?  
Sentivo una pesante roccia poggiata sul petto. “Non potevo mettermi in contatto con voi, mi dispiace. Lo so, è passato più di un mese e l’ultima notizia che avevate di me era inerente alla battaglia. Mi dispiace tanto ma mi era impossibile darvi alcuna mia notizia. Per tutto questo tempo sono stata bene e al sicuro, credetemi.”
Ero estremamente sicura che non sapessero nulla riguardo ad Aro e il suo tentativo di uccidermi, tantomeno che mi avessero avvelenata mettendomi KO per tanto tempo. E se Bella era sicura – sapeva di Andrew? -  che non fossi morta, era altamente probabile che non sapesse che Nahuel mi aveva morsa iniettandomi il suo veleno.
Se Alice e Jasper avessero saputo tutto questo, mi avrebbero tempestato di domande e reagito con violenza, probabilmente.
Meglio così: non erano il luogo e il momento adatto per una confessione del genere, avrei perso solamente altro tempo prezioso.
“Cosa è successo?” Chiesero Alice e Jasper contemporaneamente. Non avevano tratto nulla di sensato dalle mie parole.  
Scossi la testa. “Ve lo dirò dopo, per favore. Avremo tutto il tempo per parlare.” Li pregai. Mi voltai verso la parte posteriore della vettura: la strada era vuota anche dall’altro lato. Bene.
“Nessie.” Mi rimproverò Alice.
Non l’ascoltai. “Sapete se c’è qualcuno, là dentro?” Domandai a bassa voce, indicando con la testa Palazzo dei Priori e interrompendo Alice.
“Non c’è nessuno.” Rispose lei, ora completamente concentrata su di me. Anche il suo tono di voce era basso, disturbato.
Se non c’era nessuno a Volterra, dovevo entrare all’interno di Palazzo dei Priori e percorrere uno dei tunnel sotterranei che mi avrebbero condotto alla seconda dimora segreta dei Volturi, come mi aveva consigliato fare Andrew.
Nonostante fossi felice di avere i miei zii con me, loro mi erano d’intralcio. Continuavo a non volevo nessuno impedimento nella conduzione del mio piano e loro lo avrebbero costituito. Oppure potevano aiutarmi e basta.
“Chiamate Bella e chiedetele dove posso incontrarla insieme a Edward, lontano da Aro. Aro non deve saperlo.” Chiesi guardando il cielo azzurro che faceva capolino dal parabrezza.
“Lo sai.” Disse Alice con voce grave, non suonava sorpresa ma certa di quello che aveva appena detto.
Annuii. “Sì.” Sospirai, sentii il mio medaglione, all’interno della tasca, bruciare, scottare.
“Da quando?” Domandò lei.
Alzai le spalle, strette come se dovessi proteggermi. “Prima che scoppiasse la guerra. Ho aperto il medaglione e ho visto la foto.” Risposi sbrigativa.
Percepii Alice e Jasper, dietro le mie spalle, scambiarsi una occhiata. Avrei tanto voluto leggere le loro espressioni ma i miei occhi piombarono sul cruscotto: il cellulare di Jasper era ancora lì.
Lo afferrai: prima di chiamare Carlisle, l’ultima chiamata era stata proprio con Bella quarantacinque minuti prima. Feci partire una nuova chiamata. Alice e Jasper mi lasciarono fare.   
Otto squilli dopo, sentii la sua voce vibrare tesa e ansiosa: “Alice?”
La sua voce. Il mio cervello si svuotò di tutti i pensieri che lo affollavano. Ingoiai un groppone che si formò in gola.
“Bella, ciao, sono Renesmee. Possiamo vederci, per favore? Con Edward.”
Bella non rispose immediatamente. “Sei qui?” Domandò alla fine.  
“Sì, con Alice e Jasper. Allora?” Il mio tono di voce si ruppe a causa dell’impazienza, risultando involontariamente aspro e incalzante, prepotente. Non solo Alice e Jasper, dovevano collaborare pure lei e suo marito. Vi prego, venite.
“Sei qui.” Sussurrò nuovamente Bella prima di chiudere la chiamata, senza aggiungere null’altro.
Guardai in cagnesco il cellulare che tenevo in mano. Quindi? Avrebbe fatto come le avevo richiesto? O mi stava ignorando? Magari non poteva allontanarsi in quel momento.
Sbuffai irritata. Non volevo essere lì, a Volterra, me ne volevo andare subito, scappare.
Portai le mani nel volto e mi coprii. Volevo un po’ di silenzio.
Se non vedevo l’ora di andarmene da quel posto, allo stesso tempo desideravo sparire dalla faccia della Terra. Ero stanca, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Ogni singola cellula del mio corpo era sfinita e scarica di energia. Volevo solo crogiolarmi da qualche parte, al buio e in silenzio.
L’attesa. Non riuscivo a tollerare l’attesa. Il tempo scorreva veloce, come se sapesse che andavo contro di lui.
Se Bella non poteva fare nulla, avrei raggiunto lei ed Edward da sola. Non avevo intenzione di aspettarli.
Aprii lo sportello, il quale schizzò in alto, e poggiai il piede sul pavimento di pietre lucide.
Alice mi fermò: “Cosa fai?”
“Raggiungo Edward e Bella. Dirò che so di loro. Poi andremo.”
Alice mi trattenne per la giacca. “Bella è qui, Nessie. Aspetta.” Sussurrò.
Dallo specchietto retrovisore vidi Bella, incappucciata dalla testa ai piedi per proteggersi dalla luce solare, una macchia scura in contrasto col sole.
Era, come sempre, bellissima. Il volto ovale, luogo dei suoi grandi occhi rossi e delle carnose labbra, perfetti contrasti con la carnagione pallida.
Camminava a passo sostenuto, forse per non destare sospetti in qualche umano curioso.
Uscii dalla Ferrari lasciando libera Alice la quale, insieme a Jasper, saltò fuori dall’auto come feci io.
Il volto cereo di Bella si illuminò di stupore e sensazionale ed estasiante felicità. Aumentò il passo, i tacchi dei suoi lunghi stivali ticchettavano sordi contro la pavimentazione, accorciando notevolmente la distanza che ci separava.
Io, vedendola, mi pietrificai ma costrinsi le mie gambe a muoversi, ad andare avanti, verso Bella. Vedendomi avvicinarmi a lei, lei aumentò ulteriormente la velocità del suo passo.
Era qui. Eliminata totalmente la distanza che ci separava, Bella si gettò letteralmente su di me, stringendomi e avvolgendomi con le sue braccia. Il suo volto si tuffò tra il mio collo e la mia scapola e una sferzata del suo dolce e fresco odore mi colpì prepotente.
M’irrigidii sotto il corpo della vampira che mi sovrastava e stringeva forte.
Ero tra le braccia di mia madre.
Fu come se del piombo iniziasse a scorrermi nelle vene. Posai debolmente le mie mani sulle sue spalle e non dissi nulla. Mi concentrai sul peso delle sue braccia intorno a me.  
Appoggiò la sua guancia fredda contro la mia, stringendomi le spalle, e iniziò a farfugliare frenetica e con poco fiato nei polmoni: “Renesmee, la mia cara Renesmee. La mia Renesmee! Sei viva, sei viva! Sapevo che non eri morta, non potevi essere morta. Sono così felice. Ho temuto il peggio, è stato terribile, terribile. Oh, Renesmee! La mia Renesmee!”
Strinsi Bella ancora più forte, mi obbligai a stringerla più forte.
Ero tra le braccia di mia madre, per la prima volta da quando ne ero consapevole. Quante volte avevo immaginato questo momento? Quante volte mi ero immaginata come sarebbe stato un incontro con lei?
Ma quella non era la prima volta che la vedevo. Lo aveva fatto tantissime volte prima.
Cercai di ritrovare quella familiarità, quel calore, che percepii tutte quelle volte che abbracciai Bella tempo prima a Volterra.
Tra le mie braccia trovai una persona nuova, una Bella nuova. La consapevolezza, la verità, ritornò come una doccia gelata, ancora più fredda di quella che ebbi quando aprii il mio medaglione per la prima volta e vidi cosa conteneva dentro. Ero nuova io, era nuova Bella, ora vedevo tutto da un’altra prospettiva. Una prospettiva ancora più distante, scettica, estraniata.
Era Bella, era mia madre, davanti a me.
Ma perché io la vedevo sotto un’altra, differente, luce?
Non potevo lasciare, per un attimo, almeno per una volta, la razionalità alle spalle e abbandonarmi alla felicità di stringere mia madre? Era perché volevo attenermi a tutti i costi al mio piano? Nessun sentimentalismo? Era questo il motivo?
Dovevo sentirmi felice, dovevo sprizzare di gioia, no? Dovevo essere la persona più felice dell’universo. Giusto?
Allora perché mi sentivo tradita?
Bella allentò la presa per potermi guardare: i suoi grandi occhi rossi sembravano minacciare l’esplosione, pareva fosse sul punto di piangere, e un enorme sorriso di sollievo ma intriso d’ansia spuntò nel suo bellissimo volto. Tra le sue sopracciglia si formò una v, la fronte era corrucciata.
Con una mano accarezzò il lato del mio volto. “La mia Renesmee.” Disse. La voce carica, pesante come risultò fuoriuscire il suo respiro.
La sua mano, a contatto con la mia pelle, stranamente sembrava bruciare di quanto era fredda.
La guardai e non dissi nulla, le mie labbra si paralizzarono e le mie corde vocali sparirono. La mia Renesmee.
Vedendomi intontita, Bella riprese a parlare come se volesse svegliarmi: “Mi dispiace tanto.” Disse, la voce ora rotta, mortificata, e riprese ad abbracciarmi. “Mi dispiace tanto.” Ripeté.
Si scostò per guardarmi negli occhi ed ebbi la sensazione che volesse prosciugarmi tutta e, allo stesso tempo, rovesciarmi tutte le scuse che riusciva a formulare.
Le sue iridi rosse erano due vortici che giravano velocissimi, caleidoscopici. Battei le palpebre, chiusi le labbra e portai lo sguardo verso terra.
“Perdonami Renesmee.” M’implorò Bella. “Puoi farlo?”
Perdonarla? Cosa dovevo perdonarle? Di non essere riuscita a farmi scampare al mio destino?
La mia testa si svuotò di nuovo, le sue pagine diventarono di nuovo di un bianco immacolato.
“Non devo perdonarti nulla, Bella.” Le risposi laconica.  
Mi tirò di nuovo verso di sé e mi strinse per qualche secondo. Mi lasciò andare e disse: “Sei la cosa più importante che ho.”
Avvampai.   
“Devi andare via da qui, Renesmee.” Fece Bella con voce grave. Il suo sguardo si spostò da me ad Alice e Jasper, alle mie spalle. “Dovete andare. Dovete raggiungere Carlisle. Ora.”
“Dov’è Edward? Ti ho chiesto di venire con Edward.” Le sussurrai. Ero contenta di sapere che Bella la pensava alla mia stessa maniera cioè che dovevamo lasciare Volterra il prima possibile. Ma prima di andare, dovevo vedere anche Edward.  
Bella sgranò gli occhi e si morse il labbro inferiore. Appoggiò una mano sulla mia spalla e disse: “Mi ha detto che ci raggiungerà fra poco.” Si era rivolta a me ma la sua espressione esasperata parlava ad Alice e Jasper.
Non sembrava tanto convinta delle sue parole. Non si fidava di Edward, glielo leggevo negli occhi e leggevo, inoltre, sconfitta.
“Dove sei stata per tutto questo tempo, Renesmee?” Domandò Bella.
Scossi la testa, non lo sapeva. Quindi sapeva tanto quanto sapevano i Cullen.
Guardai dietro le sue spalle: le pietre piane e lucide non indicavano la strada a nessuno. Edward non arrivava. L’impazienza si fece più impellente, prepotente, oppressivo e ossessivo.
“Al sicuro.” Le risposi, cupa. “Tranquilla.” Aggiunsi cercando di sistemare e rendere più calmo il mio tono di voce. Interpretai il mio stesso atteggiamento come scortese.
Nel frattempo la mia mano agguantava il medaglione all’interno della giacca a vento.
Con la coda dell’occhio, vidi Bella mordersi di nuovo il labbro e scrutare il movimento delle mie mani. Con le lunghe dita, spostò una ciocca di capelli d’intralcio al mio volto.  
La sua reazione alla mia replica non era stata insoddisfatta come lo erano state quelle di Alice e Jasper. La mia risposta sembrava bastarle, come se fosse l’unica cosa che le importasse e non avesse interesse a prolungare la sua curiosità.
Come un automa, estrassi il mio pendente rotto, le sue facce separate, e lo porsi nelle mani di Bella che, prontamente, mise a coppa davanti a me. Bella sgranò gli occhi.
Era arrivato il momento e io non stavo aspettando Edward.
Nella mano di marmo di Bella, il vetro rotto che proteggeva la nostra foto sembrava brillare nonostante il posto in cui ci trovavamo non era ben illuminata dai raggi del sole.
Il viso di Bella si illuminò adorante.
Lei, Edward, io raggiante, il ritratto della felicità. Un altro tempo, realtà probabilmente diverse.
Avvicinò le mani al suo volto come se avesse bisogno di più vicinanza per vedere bene le peculiarità del medaglione, una vicina all’altra, come se i suoi occhi non potessero vedere da chilometri distanza.
Le sue labbra si curvarono verso l’alto formando un sorriso beato. I suoi occhi brillavano lucidi. Davvero pensai che si stesse mettendo a piangere, sarebbe stato il primo caso di pianto riscontrato in un vampiro.
I ruoli si invertirono e fu lei a non aprire più bocca. Arretrò di qualche passo, pochi centimetri, come se volesse avere un momento privato tra lei e il medaglione.
Mi avvicinai a lei per vedere l’immagine. Oltre alla grandissima verità e qualche supposizione, la foto non mi suscitava nient’altro.
Probabilmente per Bella era diverso. Dietro quella immagine, forse, c’era una storia, un aneddoto. Cosa suscitava in lei?
“Sono ritornata qui per dirvelo. Siete i miei genitori.” Le dissi, rompendo il silenzio.
Bella alzò la testa di scatto e puntò gli occhi verso di me. “Sei la cosa più bella  e incredibile che ci sia capitata. Ti amiamo tanto.”
Strinse i due corpi del maglione nelle mani, si avvicinò e disse: “Non abbiamo mai smesso di amarti, Renesmee. Mi dispiace tanto, abbiamo sbagliato e tu hai pagato le conseguenze.”
La sua voce risultò bassa, asciutta, non addolcita. Le parole erano uscite pesantemente, come macigni, ma erano vere, non nascondevano altri significati, altri motivi.
Annuii solamente. Non sapevo che dirle. Guardavo le sue mani stringere il mio pendente.
Poggiò un dito sotto il mio mento. “Renesmee, guardami negli occhi.” Ordinò.
Le ubbidii e la guardai: era una donna spezzata in due, distrutta.
“Non abbiamo mai smesso di amarti, mai. E mai smetteremo, intesa?” Disse decisa come se le sue ultime parole fossero le uniche cose che contavano davvero e alle quali credeva solamente.
Sentimmo dei passi leggeri, Bella mi diede le spalle.
Eccolo, mio padre.
Questa volta non potei non notare la strabiliante somiglianza che ci legava.
Edward, i capelli ramati scintillavano sotto quei pochi raggi di sole che riuscivano a filtrare dagli stretti palazzi, aveva il capo scoperto e camminava a passo sicuro e svelto verso di noi.
Era il ritratto del controllo, della gelida determinazione, dell’indifferenza.
Mentre compieva gli ultimi passi, i suoi occhi attenti saettavano da Bella, a me e ad Alice e Jasper e viceversa. Strinse le lebbra in una rigida linea, queste si appiattirono. 
Mentre Bella si avvicinava a Edward, stringendo ancora più forte il medaglione al petto, sentii Alice bisbigliare: “Edward.”
Edward si fermò. Era davanti a me ma la sua attenzione gravitava su Bella la quale si strinse a lui porgendogli il medaglione.
“Amore mio.” La sentii sussurrare piano. Come tempo prima, continuava a sembrare totalmente dipendente da lui, come se si aggrappasse a qualcosa presente in Edward che conosceva esclusivamente lei.
Bella era avida, disperata, bramosa della sua totale attenzione. Non pareva importarle molto il particolare che non era ricambiata alla stessa, tormentata maniera.
Era sua moglie e cercava di farsi notare dal suo stesso marito.  
A Edward non importava nulla di Bella.
“Edward, amore.” Lo richiamò Bella. Appoggiò la testa sul suo petto e gli offrì il lato del mio medaglione che teneva l’immagine.
Edward lo tenne tra l’indice e il pollice e l’osservò per un brevissimo momento, tenendo le palpebre socchiuse. Le lunghe ciglia costituivano una protezione in più.
Edward prese anche l’altra parte di pendente dalle mani di Bella, le unì e me le restituì, appoggiandole sul palmo della mia mano. Non ci scambiammo nessuno sguardo. Il cuore stava per esplodermi.
“Perché Aro, Edward?” Domandò all’improvviso Alice, rompendo quel silenzio che si era instaurato a forza. Mi voltai per guardala, la sua espressione si rifece lontana: aveva avuto una nuova visione. Feci due passi indietro.
“Andiamo.” Disse lui, calmo, rivolgendosi a me e facendomi un cenno con la testa. Strinse la mano di Bella.
Dove voleva andare? Da Aro? E perché mai? Perché voleva scoprirmi così? Aro già sapeva che ero viva? Glielo aveva detto?
Continuai ad arretrare, avvicinandomi ad Alice e Jasper. “No.” Sussurrai.
“Dopo potrai andare. Te lo prometto.” Mi assicurò Edward conciliante.
Non gli credevo, non mi fidavo, non mi aveva dato mai motivo di fiducia. Oggi non sarebbe andata diversamente.
Cercai Bella, ma lei era totalmente incatenata al viso di Edward. Sembrò non accorgersi di nulla.
“Non temere.” Disse il vampiro, i tratti del suo volto si addolcirono ma io non cedetti.
“Alice, Jasper, potete venire pure voi. Aro vuole solo parlare.” Continuò Edward.
Aro sapeva. Glielo aveva detto!
“Bene.” Iniziò Alice dietro le mi spalle, “Gli ricorderò qualcosa.” Terminò a denti stretti.
Edward annuì, forse aveva letto nella sua mente cosa intendeva Alice. Cosa intendeva?
Avendo Alice con sé, Jasper non l’avrebbe lasciata mai, Edward iniziò a camminare, seguito da Bella.
Riposi il mio medaglione al sicuro e li seguii.
Ero arrabbiata, furiosa e non avevo la più pallida idea con chi o che cosa. Ero furiosa di tutto e niente.
“Sta’ tranquilla, Nessie.” Mi sussurrò piano Jasper. Aveva notato il mio cambio di umore e, subito dopo, ricevetti una dose di tranquillità direttamente nelle vene ma la mente era troppo lontana per essere raggiunta presto da quella calma appena iniettata.
Guardai Edward e Bella, davanti a me. Bella letteralmente aggrappata, come un koala, al vampiro. Non lo perdeva di vista, come se temesse che scappasse da un momento all’altro.
Perché li stavamo seguendo? Stavamo sbagliando tutto! Non li dovevamo seguire!
Perché Alice e Jasper erano intenzionati ad assecondare i capricci di Aro? Non avevamo imparato nulla dagli ultimi eventi? Dovevamo recitare la parte fine alla fine? No, non avevo intenzione.
Si fidavano così tanto di Edward e Bella da fare quello che chiedevano? Io no. Non volevo stare un minuto di più lì. Poco importava se Alice doveva rinfrescare la memoria ad Aro, non m’interessava. Cosa doveva ricordargli, poi? L’unica cosa che importava era andarsene.
Avevo la strada spianata: avrei continuato a vivere la mia vita serenamente sapendo che Aro mi credeva morta. Certo, avrei dovuto prendere le mie adeguate precauzioni per nascondermi, ma questo non mi spaventava: eravamo dei maestri nel nasconderci. Lo avevamo fatto prima.
Edward, mio padre biologico, aveva rovinato la mia unica via possibile, la mia unica speranza.  
Aro cosa aveva pianificato, questa volta? Un altro tentativo per uccidermi? Lo voleva fare in grande stile? Davanti a tutti? Oppure aveva cambiato idea?  
Camminammo in silenzio, nessuno fiatò, verso la parte posteriore del Palazzo dei Priori. La zona era totalmente in ombra, coperta da fitti alberi.
Da quella parte c’era solo un piccolo spiazzale vuoto, ciottoli facevano da pavimentazione. Davanti a noi si stagliava una semplice e umile porta di legno che stonava con il pomposo e superbo arredamento all’interno del palazzo.
Presi Alice e Jasper per le braccia e li trascinai verso la direzione opposta. “Andiamo!” Li pregai. “Vi prego, andiamo!” Dissi con un soffio di voce. Gli occhi mi pungevano, segno che le lacrime stavano arrivando.
Edward si voltò verso di me, imitato da Bella.
Alice e Jasper mi guardarono sconvolti e questa reazione mi portò a chiedermi quale espressione dovevo avere io. Strinsi più forte i loro avambracci.
“Per favore, andiamo. Stiamo facendo un grande errore!” Dissi mentre le lacrime iniziarono a scorrere. “Non c’è più niente che ci trattiene qui. Vi prego, andiamocene!”
 “Mi hanno avvelenata! Aro voleva uccidermi! Mi hanno avvelenata! Mi hanno avvelenata!” Pensai, rivolgendomi, mentalmente, a Edward. Sperai si prendesse la briga di ascoltarmi.
Cosa speravo di ottenere dicendogli, privatamente, questo dettaglio? Forse già lo sapeva! Se fosse stato diversamente, avrebbe cambiato idea? Avrebbe cambiato la sua visione sulle cose? La mia disperazione sperava che cambiasse idea, desistere alla sua volontà di andare da Aro, ubbidirgli, e lasciarci in pace.
Edward sgranò gli occhi. Fu il primo significativo cambiamento nel suo portamento.
“Bella!” La chiamai, liberandola dall’incantesimo in cui era caduta. “Per favore!” La pregai sperando di avere, almeno da lei, appoggio.
Ero sicura che non avrebbe tollerato un altro incontro tra me e Aro. Perché, allora, lo stava permettendo? Perché lo voleva Edward? Quale senso avevano avuto tutti quei sotterfugi per sottrarmi da Aro stesso?
Alle spalle di Edward e Bella, la porta si aprì con un rumore sordo di cigoli.
Uscì Andrew.
 
 

 
  
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