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Autore: _SbuffodiNuvola_    23/08/2021    2 recensioni
IN PAUSA
“Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli...
-Salve! Questa è la segreteria telefonica di Shinichi Kudo. Ora non posso risp...
Ran spense la chiamata, lasciò il cellulare sul pavimento e appoggiò la fronte sulle ginocchia strette al petto. Una lacrima calda cadde sulla sua maglietta, lasciando una piccola macchia rotonda sulla stoffa gialla.”
Dopo cinque anni di relazione, Shinichi scompare nel nulla come dopo la sera al Tropical Land e senza dare una spiegazione concreta a Ran.
Quando ritorna in Giappone, quattro anni dopo, il detective scopre che Ran ha avuto una figlia, ma non sa che quella bambina è anche sua...
Genere: Comico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Prima che Ran potesse anche solo reagire, Shinichi si separò da lei. Si rialzò in piedi in fretta, come se avesse appena commesso il crimine più grande del mondo, e evitò lo sguardo di lei.

-Scusa. Non volevo farlo. -disse guardando in basso. -Io… è meglio che vada.

Sotto lo sguardo sorpreso di Ran, il detective recuperò la giacca dal divano (l’aveva appoggiata lì quando era arrivato, quel pomeriggio) e si diresse verso l’ingresso per mettersi le scarpe.

Proprio in quel momento la karateka riuscì a riprendersi dalla sorpresa, si alzò dalla sedia e lo raggiunse.

-Shinichi! -lo chiamò.

-No. Io… io ho fatto una cazzata, Ran. Fai finta che non sia successo niente. -disse lui mentre legava le stringhe di una scarpa.

-Ma...

Shinichi si mise l’altra scarpa e si alzò in piedi: -Non è successo niente. Non… 

-Invece è successo! -esclamò Ran, a voce alta. -Perché vuoi negarlo? Mi hai baciato sulle labbra. E quindi? Non ti uccido mica!

Il detective si voltò finalmente a guardarla. Sembrava arrabbiato, molto arrabbiato. Lei lo aveva visto poche volte così.

-Possibile che non ci arrivi? Che mi dici del padre di tua figlia? Non è così improbabile che reagisca bene al fatto che abbia una bambina, sai? 

-Ma adesso lui sarà sicuramente con un’altra! -Ran sentiva di nuovo le lacrime agli occhi. Odiava litigare con Shinichi e quella discussione la stava facendo soffrire come non mai. Eppure… perché non riusciva a dirgli tutto? Perché, ogniqualvolta che provava a rivelargli la verità, la gola le si chiudeva?

-Come fai ad esserne così sicura? Lo hai visto?

-N-No, però…

Calò il silenzio e Ran abbassò gli occhi, che le bruciavano. Shinichi sospirò: -Io vado. Ne parliamo domani.

E uscì dall’appartamento chiudendo la porta alle sue spalle. Ran rimase lì a fissare il legno chiaro per alcuni minuti, poi prese le chiavi, infilò velocemente le scarpe e uscì a sua volta.

Non aveva mai sceso le scale così in fretta, neppure quando era in ritardo per la scuola o il lavoro. Per fortuna però aveva il passo veloce, perché riuscì a raggiungere Shinichi, che era appena uscito dal condominio e cercava inutilmente di proteggersi dalla pioggia che aveva iniziato a scendere qualche attimo prima. 

-Shinichi, aspetta!

Lui non la ascoltò e continuò a camminare. 

-Shinichi! -tentò di nuovo lei. Non ottenendo risposta per la seconda volta si mise a correre e si fermò davanti a lui. 

-È meglio finirla qui, Ran. -disse il detective.

-Vuoi scappare un’altra volta? -fece lei. -Te ne vai per non affrontare i tuoi problemi?

Con quelle ultime domande riuscì a catturare la sua attenzione. Ricordava bene l’espressione che aveva mentre le raccontava di quanto si fosse sentito un codardo quando aveva deciso di non dirle niente dell’organizzazione.

-Io non…

-E allora baciami. Fregatene di quello che potrebbe succedere e baciami. -Ran ormai era partita in quarta. Non riusciva più a trattenersi, non dopo che Shinichi le aveva fatto capire di ricambiare inconsapevolmente i suoi sentimenti.

-Perché io non ho mai smesso di pensarti, in questi anni. Nonostante abbia Aika, nonostante tu fossi scomparso e non sapessi niente di te. Avresti anche potuto essere morto, ma io non avrei smesso di pensarti. -Ran si avvicinò a lui fino ad essere a pochi centimetri dal suo petto. -Io ti amo, Shinichi Kudo. 

Shinichi spalancò gli occhi, ma poi fece come gli era stato ordinato. Le prese il viso e la baciò sulle labbra, stavolta però fu diverso. Ran avvertì quella scossa elettrica che aveva sentito per anni, tutte le volte che Shinichi le dava un bacio. Riuscì a sentire il sapore amaro del caffè bevuto neanche un’ora prima, il respiro di lui che si mischiava al suo e poi le sue labbra. Dio, le erano mancate così tanto!

Fu lei ad approfondire il bacio. Diede un piccolo morso al labbro inferiore del detective, che l’assecondò senza pensarci due volte, mentre le mani andavano a posarsi sui suoi fianchi per attirarla più vicino al suo corpo. Ran si mise a giocare con i suoi capelli, tirandoli appena. Sapeva bene che effetto gli faceva quel gesto.

La pioggia intanto cadeva fitta su di loro, ormai bagnati fradici dalla testa ai piedi. Un volta, durante l’ultimo anno di liceo, erano stati sorpresi da un’acquazzone proprio mentre tornavano a casa. Avevano corso, risate permettendo, per cercare di bagnarsi il meno possibile. Ovviamente non c’erano riusciti e il giorno seguente erano entrambi a casa, bloccati a letto con una febbre da cavallo.

Fu proprio ricordando quella volta che Ran si separò da lui.

-Ti amo anch’io. -disse Shinichi appoggiando la fronte alla sua. Lei gli sorrise.

-Siamo proprio senza speranza io e te, eh? -domandò. Lui annuì, divertito.

-Non ci posso fare niente però. 

Un tuono li fece sobbalzare e solo a quel punto Ran si rese conto che la camicia di lui era diventata praticamente trasparente a causa della pioggia. La sua maglietta, invece, era appiccicata alla pelle, fradicia.

-Forse dovremmo rientrare. -disse, arrossendo. 

-Sì, forse è meglio. 

E così rientrarono nel condominio, salirono al piano giusto usando l’ascensore e tornarono all’appartamento di Ran, anzi al loro appartamento, senza separare le loro mani. 

Ran aveva la sensazione di essere praticamente sulle nuvole. Le sembrava di essere tornata ai tempi dell’università, quando lei e Shinichi si erano appena trasferiti lì ed ogni occasione era buona per darsi un bacio.

Cavoli, ripensandoci erano stati proprio sdolcinati a quei tempi. Pure Sonoko le aveva detto così, più di una volta. 

Però poi c’era stata la prima volta in cui avevano fatto l’amore e… tutto era cambiato. Come se fosse stato un rito di passaggio per arrivare ad una relazione più matura, diversa rispetto a quella di due ragazzi del liceo alle prese con la loro cotta di una vita.

Ran arrossì, ricordando quello che avevano fatto. Certe volte si erano spinti oltre un limite che quando era al liceo non pensava di poter sorpassare. E si era persino sorpresa di quanto, i giorni seguenti, riuscissero a comportarsi in modo assolutamente normale, come se non fosse accaduto niente di così tanto erotico.

-Ehm… vuoi cambiarti? Ho ancora i tuoi vestiti di quando vivevi qui. -disse la karateka, evitando di guardare il detective in faccia. Sapeva che, se lo avesse fatto, sarebbe morta di vergogna o, se non di vergogna, per quello spettacolo che era il corpo di lui sotto la camicia fradicia di pioggia.

-Sì, grazie. -rispose Shinichi. La seguì lungo il corridoio che portava alle camere da letto e poi dentro la stanza matrimoniale. Da quando se n’era andato, quasi quattro anni prima, Ran non aveva cambiato niente lì. 

La karateka aprì l’armadio e si mise a cercare…

Finché non avvertì le braccia di lui stringerla da dietro e le sue labbra sfiorarle la mandibola, appena sotto l’orecchio. Le lasciò una scia di baci umidi e lei rabbrividì.

-A-Aspetta. -riuscì a dire. Ma Shinichi non le diede retta e, dopo aver torturato quel suo punto sensibile, passò al collo, scostandole i capelli. Ran lasciò i vestiti che aveva tra le mani, mentre sentiva quelle di lui cercare l’orlo della sua maglia.

-Dovresti cambiarti anche tu. -le sussurrò. -Potresti prenderti un raffreddore.

-S-Sì… -balbettò lei, che non riusciva più a pensare lucidamente. Shinichi adesso le stava baciando la nuca, mentre le mani erano riuscite a sollevarle la maglia quel tanto che bastava per sfiorarle i fianchi.

-Mi sei mancata. -disse, tornando poi a tormentarle il lobo dell’orecchio.

Ran era immobile, totalmente impotente. Ormai Shinichi la conosceva, sapeva bene i suoi punti deboli e come torturare i suddetti punti fino ad annebbiarle la mente.

E infatti fu lui a farla voltare, catturando le sue labbra con le proprie. A quel punto lei riuscì a trovare un briciolo di lucidità e lo fece indietreggiare fino a farlo sedere sul letto, senza interrompere il gioco che le loro lingue avevano iniziato. 

La karateka si sedette sulle gambe del detective e iniziò a sbottonargli la camicia. Lui riuscì a toglierle la maglietta e riprese a tormentarle il collo, poi passò al petto. 

Quando le sue labbra le sfiorarono la stoffa del reggiseno, Ran trattenne il respiro. Shinichi approfittò di quel suo momento di debolezza per invertire le posizioni e farla sdraiare sul materasso.

-Sh-Shinichi. -riuscì a chiamarlo.

-Cosa c’è? -chiese lasciandole un’altra scia di baci umidi sul petto.

-Sei sicuro? 

Lui alzò lo sguardo sul suo viso e le sorrise: -Aika non ci sentirà, vero?

Ran scosse la testa e il detective lo prese come un segnale per continuare da dove si era interrotto. Si levò la camicia, poi si abbassò per sfiorarle la pancia con il naso fino all’orlo dei pantaloni della tuta. 

-Posso? -chiese. Lei annuì.

Da quel momento in poi la mente della karateka non capì più nulla. Non ricordava bene come e quando si fossero tolti gli indumenti che li coprivano o quando, beh… quando fossero diventati una cosa sola. O ancora, non ricordava bene quando lui si fosse separato da lei e fossero entrambi crollati sul materasso, stanchi ma felici, per poi addormentarsi.

 

 

Il mattino seguente, fu Ran a svegliarsi per prima. La prima cosa che vide fu il viso addormentato di Shinichi, che dormiva supino accanto a lei. Si guardò attorno, nella penombra della stanza: la sveglia sul suo comodino segnava le 6:30, quindi aveva tutto il tempo per preparare la colazione, portare Aika all’asilo e, soprattutto, sistemare quel macello di vestiti che c’era sul pavimento. 

Ran arrossì, realizzando la situazione. Era nel suo letto, senza niente addosso a parte un lenzuolo che teneva stretto al petto e con colui che aveva contribuito a creare quel disastro che dormiva beato proprio accanto a lei.

Oh santo cielo.

Per fortuna, Aika, che dormiva nella stanza di fronte, aveva il sonno pesante. Non era certa di essere stata così silenziosa, poche ore prima…

Il suo sguardo tornò sul profilo di Shinichi e rimase ad osservarlo. Lo aveva sempre considerato bello e le era capitato tante volte di svegliarsi prima di lui e osservare il suo viso addormentato, ma… forse doveva rifarci l’abitudine perché cavolo, era stupendo.

Quando dormiva, poi, Shinichi aveva un modo di respirare che Ran trovava adorabile: inspirava dal naso ed espirava dalla bocca con un piccolo sbuffo. Per questo dormiva con la bocca semiaperta e spesso sbavava nel sonno. Ma lei lo trovava così adorabile che non ci faceva caso.

Quella volta però non aveva nessun rivolo di saliva che gli usciva dalla bocca. Ran guardò il profilo di quel viso assolutamente perfetto e i capelli scuri spettinati che non stonavano per niente, poi passò al collo, dove lo sguardo si soffermò sul pomo d’Adamo che lei gli aveva baciato tante di quelle volte, e poi le clavicole sporgenti e il petto che aveva delle cicatrici nuove rispetto a qualche anno prima, quando ne aveva solo una più o meno all’altezza dello stomaco. Shinichi le aveva detto che se l’era procurata durante un caso e che la ferita non era stata così grave, ma adesso che sapeva la verità la karateka aveva dedotto che era segno di quella volta in cui Conan si era beccato un proiettile in pancia nel tentativo di proteggere i Detective Boys in una caverna e lei gli aveva donato il sangue per salvarlo. 

C’erano nuove cicatrici, quindi Ran capì che in quei quattro anni fossero successe tante cose.

Come se avesse percepito lo sguardo di lei su di sé, Shinichi si mosse. Storse il naso e si portò un braccio sugli occhi. Quando lo tolse Ran vide che aveva aperto quei due bellissimi zaffiri.

Si voltò verso di lei e sorrise, ancora mezzo addormentato: -Buongiorno. -biascicò.

-Buongiorno. -ricambiò sorridendo a sua volta.

-Già sveglia?

-Devo preparare la colazione per mia figlia, che si sveglierà fra mezz’ora, e poi portarla all’asilo e andare agli allenamenti di karate. -rispose Ran divertita. -E tu? Già sveglio?

-Mi sentivo osservato. -fece lui, vago.

Si guardarono per un attimo negli occhi, poi si sorrisero.

-Quindi adesso cosa siamo? -domandò Ran mettendosi seduta. Teneva ancora il lenzuolo stretto al petto.

-Stiamo insieme? -chiese ancora.

Shinichi si sedette a sua volta e lei cercò di non guardare il lenzuolo, che lo copriva quel tanto che bastava per farsi fantasie poco pulite.

Il detective la baciò sulle labbra.

-Tu che ne dici? -fece per tutta risposta.







*angolo autrice*
EEEEEEEE FINALMENTE CE L'HO FATTA!
Aspettavo di scrivere questo capitolo da prima ancora di iniziare la storia. Giuro!
Ho apportato alcune piccole modifiche all'idea originale, infatti all'inizio non volevo farli uscire dalla casa, ma così mi piace di più eheh 😜
E ho pure pubblicato prima! Quanto sono happy!
Ci vediamo al prossimo capitolo detective! ❤️

   
 
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