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Autore: Calya_16    23/08/2021    1 recensioni
Questa storia è un misto tra introspezione, soprannaturale e quel velo di malinconia che pervade a volte il nostro mondo, ed un posto in particolare riporta ricordi alla mente: i negozi di antiquariato. Quante storie si celano dietro quegli oggetti, che segreti nascondono i negozianti? Forse vi è qualcosa in più della semplice polvere, pensieri tra un mondo antico ed uno contemporaneo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fermarsi ad osservare la gente e provare ad immaginare le loro vite ed i loro pensieri: cosa vogliono nel supermercato di fronte al negozio di antiquariato? Dall’altra parte della strada si accalcano per entrare ed uscire, le braccia cariche di alimenti, cibo e bottiglie, ogni tanto qualche giocattolo per bambini con figli al seguito.
Questo è quello che stava facendo Antonio, con la sola compagnia di una fastidiosa mosca all’interno del negozio. Sbuffando spazientito si girò e le urlò contro, nel momento in cui questa si posò su un’anta di un armadio.
“Vuoi smetterla? Mi stai facendo venire il mal di testa”
Si massaggiò le tempie, gli occhi socchiusi per impedire alla già poca luce presente nel locale di colpirgli gli occhi.
“Guardali, venerano il cibo, quel luogo, si accalcano, come se non vi fosse altro al mondo per cui vivere. Cose che non gli rimarranno, futili momenti di gioia, ingorde bestie. Quasi nessuno si volta a guardare questo negozio, eppure quelli che vi entrano ne rimangono incantati, a volte ritornano, e percepisco che il loro percorso è cambiato. Non puri, non più, ma con il velo che questo mondo ha sugli occhi un poco più scostato”
Mentre parlava si accasciò sul bancone di legno scuro, la testa che scivolava tra le braccia incrociate.
La mosca volò sul bancone accanto a lui, scuotendo le ali e tornando così alla sua forma umana: una donna di mezza età, castana e con occhi scuri ed intelligenti. Posò una mano chiara e dalle lunghe dita sul capo di Antonio.
“Ti crucci troppo per il destino di questo mondo: gli uomini sono andati avanti da quando siamo nati noi, molto più di quello che pensavamo, e per certi versi peggiorando; ma tu non lasciarti trascinare da questi pensieri, hai visto che certi si salvano”
Iniziò così a cantare, quasi sussurrando, mentre la mano percorreva tranquillizzanti cerchi sulla testa un poco spoglia di Antonio. Il tempo si stava facendo sentire anche su di lui, in modo lento, ma la sua vita stava avanzando: erano vivi da cinquecento anni, avevano affrontato insieme ogni cosa, ed ora si stavano vedendo invecchiare. Ancora per molto tempo sarebbero stati insieme, ma il loro sole aveva già superato il mezzogiorno.
Tornando con la mente al presente, la donna scese lentamente dal bancone, avvicinandosi alla porta del negozio e spalancandola: un raggio di sole la investì e portò luce nel locale scuro.
“Cecilia, che fai?” 
“Ho visto degli annunci di mercati di antiquariato in un piazzale, tra qualche giorno. Andiamoci, hai bisogni di uscire da qua. Vedi solo un lato della medaglia” indicò così con la teta la vetrina che dava sul supermercato, dove si stava svolgendo un battibecco tra un bambino e sua madre, con conseguente pianto di lui.
“Cosa dovrei vedere fuori di diverso?”
Antonio si sentiva affascinato ed allo stesso tempo stizzito dall’atteggiamento di Cecilia: come faceva ad avere ancora speranza nella loro missione se la gente non si voltava più verso la bellezza?
“Persone che ancora apprezzano questi oggetti, ne ammirano le fattezze e si stupiscono del progresso”
“Il progresso! E’ quello che ci sta distruggendo! Non più orologi costruiti a mano, non più statue di valore, dipinte a mano con cura, non più…”
“Smettila!”
Antonio rimase a bocca aperta, il prossimo lamento a metà: l’aveva fatta urlare, cosa rara. Cecilia era sempre calma e posata, trovava soluzioni a quasi tutto, ma questa volta lui l’aveva fatta veramente arrivare al limite.
Scostandosi i capelli dal volto, facendolo tornare gentile, Cecilia tornò vicina ad Antonio, premendogli una mano sulla propria.
“Abbiamo sofferto la fame, la povertà, la guerra, lo sfarzo, l’eccesso. Abbiamo soddisfatto tutti i nostri desideri, anche quelli che non sapevamo di avere. Forse è giunto il nostro momento di evolverci e trovare qualcuno a cui passare il testimone”
Quest’ultima frase venne detta con enfasi, però quasi sussurrata: pensata tante volte, ma esternata per la prima volta.
Antonio spalancò gli occhi e li fissò in quelli di Cecilia, mentre gli si riempivano di lacrime.
Ha ragione. Ragione. Inevitabile. Pensò lui, cercando di mantenere un contegno mentre le calde lacrime gli solcavano silenziose il volto.
“Sei più coraggiosa di me” furono le uniche parole che riuscì a pronunciare, per poi raggiungerla dal lato del bancone e abbracciarla.
Poco dopo si avviarono insieme verso la porta ancora aperta, le lunghe ombre distese sugli oggetti che si trovavano sulla terra prima dell’apertura di supermercati e dell’invenzione delle macchine.
   
 
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