Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |      
Autore: Vallyrock87    24/08/2021    16 recensioni
Due bambini: un demone e un mezzo demone, si incontrano nel bosco. Due anime tormentate da un dolore incolmabile, si ritrovano a condividere quella sofferenza e a sostenersi a vicenda. Due cuori ottenebrati, agognano la luce. Ma un sorriso, un semplice gesto, possono far si di poter sentire il rumore della felicità? Ma soprattutto, la felicità può far rumore?
Molto presto i due bambini si ritrovano a comprenderlo. Capendo che soltanto sostenendosi a vicenda, possono riuscire a trovare quella felicità tanto desiderata.
In questa storia Inuyasha e Sesshomaru NON sono fratelli per questione di trama XD
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: inu taisho, Inuyasha, izayoi, Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L' imprevedibile gioco del destino.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Il rumore della felicità. -
 

Una figura sfrecciava tra gli alberi del bosco, ad una velocità che poteva essere attribuita soltanto ad un demone. La figura era quella di un ragazzino. Portava, sulla spalla destra, quella che poteva sembrare la coda di un cane,  i suoi abiti erano di una fattura molto pregiata, questo stava ad indicare che appartenesse  ad una famiglia demoniaca di alto rango. Una mezzaluna viola, dello stesso colore del suo Yokata, spiccava al centro della sua fronte, un paio di segni demoniaci scarlatti delineavano entrambe le guance, lunghi fili d’argento gli arrivavano appena sotto le scapole e, gli occhi portavano il colore del sole. Un sole che, da qualche tempo, si era spento. E, anche quella spensieratezza che solitamente caratterizza i ragazzini della sua età era totalmente svanita in lui.


Sesshomaru, appena dodicenne, portava un dolore incolmabile nel cuore. Da poco più di due anni, aveva perso sua madre a causa di una grave malattia che l’aveva colta all’improvviso. Per settimane, forse mesi, aveva visto quella donna spegnersi piano piano sotto ai suoi occhi impotenti, la stessa impotenza che aveva avvolto anche il cuore e l’anima del Grande Generale Cane. Nessuno aveva potuto fare nulla per lei, nessuna sacerdotessa, mago o stregone a cui suo padre si era rivolto aveva potuto salvare la regina. La risposta era stata sempre la stessa. Inukimi,  non poteva essere salvata dato che alcuni giorni prima di ammalarsi, si era recata insieme ad alcune amiche, nella città delle sette terme chiamata Kinisaki Onsen. Incredula, sulle dicerie che circolavano tra la popolazione demoniaca su quelle acque, e non sentendo alcuna ragione, aveva deciso di andarci ugualmente, pensando che non le sarebbe accaduto nulla.

Si diceva che le acque della città delle sette terme fossero benefiche per qualsiasi essere umano ma, per un demone potevano essere rischiose, in quanto, quelle acque, non avevano soltanto lo scopo di aiutare mente e corpo a distendersi, ma potevano purificare qualsiasi genere di spirito maligno. Erano state benedette da un sacerdote molto potente che non vedeva di buon occhio i demoni.

Inukimi, non si sentì male nell’immediato, ma qualche ora più tardi dopo essere tornata a palazzo, aveva iniziato ad avvertire un forte bruciore agli arti, e delle piaghe avevano iniziato a comparire su ogni parte del suo corpo. Prendendo alla leggera questo fatto e non dandogli troppo peso, non l’attribuì alla sua visita alle terme. Quelle piaghe, si propagarono a macchia d’olio sul suo corpo fino a porre fine alla sua esistenza.

Da quell’infausto giorno Sesshomaru, smise di parlare, vani furono i tentativi di suo padre per spronarlo a ritrovare un motivo per ricominciare a vivere. Nemmeno quando il genitore, molto tempo dopo la morte della regina, trovò consolazione tra le braccia di un'altra donna, questa volta umana. La donna che si chiamava Izayoi aveva cercato anch’ella di lenire il suo dolore, cercando di consolarlo e di stargli vicina il più possibile. Ma il ragazzino si era chiuso in sé stesso, niente e nessuno potevano riportargli indietro sua madre. Vedeva la felicità negli occhi di suo padre, una felicità che aveva ritrovato grazie a quella donna, una felicità che Sesshomaru non credeva gli appartenesse più.

Da un po' di tempo, aveva preso l’abitudine di scappare da quella serenità che si respirava a palazzo. Si rifugiava nei boschi poco distanti da lì, e correva a perdifiato, fino a sentire i polmoni bruciare. Era un modo come un altro per sfogare il suo dolore, per sentirsi libero, senza pensieri, fino al momento in cui tornava a palazzo, e allora tutto gli ritornava indietro come un bumerang e come faceva sempre non si curava di coloro che gli erano intorno. Persino di suo padre che lo rimproverava per essersi allontanato dal palazzo per così tanto tempo senza dire nulla a nessuno.

Anche quel giorno era fuggito come faceva di solito. Correva tra gli alberi senza una meta ben precisa, fino a che non arrestò la sua corsa  per fare un balzo e salire su uno dei rami più alti. Rimase appollaiato su quel ramo come un predatore che aspetta il momento giusto per attaccare la sua preda, solo che lui non stava inseguendo nessuno. Gli piaceva semplicemente stare sui rami degli alberi ed ascoltare il rumore del bosco intorno a lui, il vento che sferzava tra le fronde, il cinguettare degli uccelli, il rumore di un ruscello che scorreva non poco distante da lì. Chiudeva gli occhi e si immergeva completamente nella natura come se ne facesse parte.

Improvvisamente, spalancò gli occhi. Aveva avvertito un odore del tutto nuovo che non riuscì a decifrare. Rimase con i sensi all’erta, in attesa. Con lo sguardò, vagò per ogni angolo del bosco sperando di scorgere qualcosa o qualcuno. Ad un tratto, un ombra sfrecciò proprio sotto ai suoi occhi, non riuscì a identificarla, distinse soltanto un colore; il rosso. Scese dal ramo, e decise di seguirla, furtivo come un gatto, si diresse verso il punto in cui aveva visto sparire quell’ombra misteriosa. Senza farsi scoprire si nascose tra gli alberi, arrivò quasi al limitare del bosco, dove poco più in là si iniziava a scorgere tra gli alberi, la luce, e aldilà una enorme distesa di prato verde. Fu in quel momento che vide un bambino vestito da una veste rossa, con orecchie canine e capelli argentei simili ai suoi che, come un felino puntava una preda; un piccolo leprotto che continuava a brucare l’erba, ignaro dell’infausto destino a cui stava andando incontro. Sesshomaru volle fare qualche passo  avanti per vedere più da vicino lo sconosciuto ma, non appena mosse il piede per fare il primo passo, un rametto si spezzò, rimbombando per tutto il bosco. Il leprotto, spaventato dal rumore, corse via a gambe levate, lasciando a bocca asciutta il bambino, che chinò la testa sconsolato.

 
- Accidenti! – Esclamò il bambino. Un gorgoglio salì dalla sua pancia, il piccolo si portò le piccole mani in quel punto, avvertendo dei crampi allo stomaco. Erano giorni che non riusciva rimediare un pasto degno di questo nome, fino ad allora si era dovuto accontentare soltanto di piccoli lombrichi, di qualche insetto o di qualche bacca che in ogni caso non erano sufficienti per saziarlo. In quel momento un lampo gli attraversò la mente. Aveva sentito un rumore provenire alle sue spalle. Tese le sue orecchie canine e annusò l’aria. Un odore del tutto nuovo gli arrivò alle narici. Un demone, nella sua piccola mente di bambino si disse che non poteva essere, non potevano esserci demoni in quel posto, lo aveva scelto proprio perché gli era sembrato un luogo sicuro. Deglutì un grumo di saliva, si voltò nella direzione in cui aveva sentito il rumore e, con voce tremante urlò:
 
- Chi è là… vi…vieni fuori se hai coraggio. – Dopo qualche istante di attesa, sentì uno spostamento d’aria tra gli alberi. Sesshomaru, che aveva appiattito la schiena contro un albero per non essere scoperto, sentendo che il bambino si stava rivolgendo a lui si decise, infine, ad uscire allo scoperto, ma si tenne comunque a debita distanza. Inuyasha, il bambino dalla veste rossa, piegò la testa di lato, incuriosito dall’aspetto dello sconosciuto. Si aspettava di trovarsi di fronte ad un Oni o chissà quale altro demone, invece quello davanti a lui era un ragazzino forse di qualche anno più grande. Senza ombra di dubbio era un demone, lo poteva capire dai segni sul suo volto e dalle orecchie a punta, ma di sicuro non era pericoloso, almeno era quello che al mezzo demone sembrava.
 
- Chi sei tu? -  Sesshomaru, chinò la testa, non aveva previsto di dover parlare con quello sconosciuto, credeva di starsene ad osservarlo per un po' e poi di ritornarsene a palazzo. Ma Inuyasha, spazientito dal suo mutismo continuò: - Allora, il gatto ti ha mangiato la lingua? – Fece qualche passo verso lo sconosciuto, sfoderando i suoi artigli pensando di fargli paura e riuscendo nel suo intento. Sesshomaru, spaventato indietreggiò, inciampando  su una radice finì col sedere a terra e andò a sbattere la schiena contro un albero. -Insomma, si può sapere chi sei? – Il più grande sapeva che in quel momento non aveva scelta, doveva riuscire a combattere i propri demoni e riuscire a farsi uscire qualche parola.
 
- I…io mi chiamo Sesshomaru. – Disse guardando il suo interlocutore con timore, stupendosi di sentire la sua stessa voce dopo tanto tempo e deglutendo un grumo di saliva a sua volta.
Sesshomaru eh. – Dall’odore della paura che stava avvertendo, decisamente non poteva essere un tipo pericoloso. Ma, nulla poteva giustificare il fatto che a causa sua il suo pasto fosse andato a farsi benedire. – Hai fatto scappare la mia cena. E ora io cosa mangio! – Esclamò incrociando le braccia al petto.

- Mi… mi dispiace. Ma se vuoi posso procurartelo io del cibo. -  Al solo sentire quella parola Inuyasha sentì il suo stomaco brontolare nuovamente, cosa che nemmeno a Sesshomaru sfuggì. Guardando meglio quel bambino, notò che aveva il viso sporco e le mani piene di tagli, ai piedi non portava nessun tipo di calzatura. Ci fu una cosa una cosa che lo colpì maggiormente, furono i suoi occhi, dello stesso colore dei suoi ma decisamente più grandi che potevano esprimere ogni sua emozione, e in quel momento sembravano essere colmi di stupore

- Davvero!? – Rispose entusiasta Inuyasha con l’acquolina in bocca. L’altro si limitò soltanto ad annuire con la testa.

- Io abito dall’altra parte del bosco, posso andare e tornare in un lampo. Nelle cucine del mio palazzo posso trovare qualcosa che ti possa sfamare. – Sesshomaru pregò che la cuoca avesse lasciato qualche leccornia da poter sgraffignare. 

 
Inuyasha, in quel momento spalancò gli occhi.Anche se era solo un bambino sapeva bene di chi fosse quel palazzo. Era del sovrano di quelle terre;  il Grande Generale Cane, colui che aveva da poco sposato un umana rinnegando così la sua stessa specie. Nonostante gli avessero permesso di rimanere il loro re, agli umani e ai demoni la sua scelta non piaceva proprio per niente. Ma avevano bisogno di un sovrano e nessuno osava ribellarsi, perché sapevano quanto fosse difficile trovare qualcuno che governasse quelle terre. E, fino a quel momento il Generale aveva a cuore la sorte dei suoi sudditi, così avevano sorvolato sulla sua unione con un umana. Lo sguardo di Inuyasha, si posò sugli abiti che quel ragazzino portava, e fu in quel momento che comprese.

- Hey! Ma che scherzi sono questi? Chi sei tu veramente? Come fai a vivere a palazzo? E perché sei vestito in quel modo? -  Una sfilza di domande erano uscite dalla sua bocca senza che ne potesse avere il controllo, mentre il più grande lo osservava stupito.

- Io sono il figlio di Inu no Taisho. – Lo stupore del più piccolo aumentò.

- Ma che cosa fai qui in questo bosco? E perché mi vuoi aiutare? – Sesshomaru non sapeva precisamente perché avesse reagito in quel modo o perché lo avesse voluto aiutare, sapeva soltanto che avvertiva il dolore di quel mezzo demone e sentiva che somigliava quasi al suo, ma quello del bambino era più grande.

- I… io vengo qui per dimenticare mia… mia madre che non c’è più. E, per rispondere alla seconda  domanda io… beh io non lo so, ma se non vuoi che ti porti da mangiare in modo da rimediare a ciò che ho fatto, beh! non lo farò. – Inuyasha si sentì stringere il cuore. Anche quel ragazzino aveva perso la mamma. Lo guardò meglio e poté intravedere tutto il dolore che attanagliava l’altro, nei suoi occhi. Ma in un certo senso, si poteva dire che lo potesse percepire. La mente del piccolo correva velocemente, non sapeva se fidarsi o meno, in fondo non lo conosceva. Non doveva farsi ingannare da ciò che gli era appena stato rivelato. Quel ragazzino avrebbe benissimo potuto correre a palazzo, avvisare suo padre, e chissà cosa ne sarebbe stato di lui. Dopo attimi di titubanza Inuyasha rivolse lo sguardo verso il più grande. Aveva deciso di fidarsi, in fondo non aveva nulla da perdere. Nella peggiore delle ipotesi, forse, l’altro non si sarebbe più fatto vedere.

- Va bene ma niente scherzi. – Disse infine. Chissà, però, se quel demone avrebbe mantenuto la parola. Sesshomaru annuì, per poi alzarsi in piedi, prendere per le spalle il più piccolo e guardarlo dritto negli occhi.

- Ti prometto che tornerò con qualcosa da mangiare, non lascerò che tu muoia di fame. Aspettami qui, tornerò in un lampo. – Non sapeva per quale motivo aveva detto quelle parole ad un bambino che nemmeno conosceva, ma quello stesso bambino sembrava essere fin troppo deperito per poterlo lasciare a digiuno un altro giorno. Forse si sentiva davvero in colpa per avergli fatto scappare la cena. Così si sentì  in dovere di aiutarlo, in fondo lui a palazzo aveva tutto ciò che voleva, dividerlo con qualcuno che aveva meno di lui, non era un problema. E poi dopo tanto tempo aveva ricominciato a parlare, e per qualche istante si era dimenticato del dolore che da un po' di tempo a quella parte si portava dentro. Per un attimo gli tornò alla mente sua madre. No. Questa volta non avrebbe potuto lasciare che qualcuno morisse, lui non lo poteva permettere.

 
Corse a perdifiato in direzione del palazzo, quando fu vicino alle mura, sgattaiolò dentro dall’ apertura che di solito usava per le sue fughe. Cercò di raggiungere le cucine, stando attento a non farsi notare da nessuno. Fece qualche passo sull’ engawa* che circondava l’intero palazzo, ma sentì qualcuno arrivare dall’altra parte. Appiattì la schiena contro la parete, lasciando che lo sconosciuto si facesse avanti, sperando di non venire scoperto. L’uomo gli passò accanto, ma non si accorse di lui; era suo padre.
 
Toga fece qualche passo, poi si voltò di scatto, il suo sguardo vagò da una parte all’altra del palazzo, stringendo gli occhi. Non c’era nessuno. Il demone sospirò, eppure gli era sembrato di aver sentito l’odore di suo figlio, chissà dove si cacciava ogni volta, sapeva che scappava nel bosco ma sentire il suo odore a palazzo a quell’ora, gli sembrò alquanto strano. Il suo mutismo gli faceva male. Dopo la morte di Inukimi, Sesshomaru si era spento,  non era più quel ragazzino vivace  e spensierato di un tempo. Quanto avrebbe dato per rivederlo sorridere ancora una volta o ascoltare anche solo la sua voce. Non sapeva, che sarebbe successo molto presto.

Intanto, Sesshomaru era arrivato alle cucine. Dopo aver aspettato che la cuoca si allontanasse, sgattaiolò dentro furtivo come un ladro. Recuperò un cesto in vimini, che era posizionato vicino al camino e vi adagiò sul fondo un panno bianco facendo in modo che ne ricoprisse anche le pareti. Sul fondo, vi adagiò un tozzo di pane che aveva trovato nella dispensa. Sul tavolo della cucina notò che la cuoca vi aveva adagiato del pollo arrosto ancora caldo. Di lì a poco sarebbe stata ora di cena, si sarebbe dovuto sbrigare se voleva tornare in tempo. Si avvicinò alla carcassa fumante, e ne staccò una coscia per poi posarla nel cesto. Tornò verso la dispensa, prese un coltello e, tagliò una fetta di formaggio da una delle forme che erano conservate nel mobile. Il formaggio andò a fare compagnia agli altri, come anche un grappolo d’uva, dopodiché, chiuse la dispensa, recuperò una delle caraffe che avrebbe riempito al ruscello vicino al bosco, la mise nel cesto, copri il tutto con i lembi del panno e uscì fuori, nuovamente cercando di non farsi vedere da nessuno. Fece scivolare il cesto fuori dal buco e poco dopo uscì anch’egli dal solito varco nelle mura.

Inuyasha, era rimasto in attesa per parecchio tempo. Spaventato da alcuni rumori, si era nascosto dietro ad un cespuglio poco distante dall’albero dove aveva incontrato quel ragazzino demone. Come aveva previsto se ne era andato infischiandosene di lui, senza mantenere la sua promessa. In fondo, cosa poteva aspettarsi da qualcuno che nemmeno conosceva. Come poteva avere compassione per lui, un mezzo demone, rinnegato da tutti, persino dagli abitanti del suo stesso villaggio. Era stato costretto ad allontanarsi per trovare un posto sicuro, in solitudine tra la natura.

In quel preciso istante, un rumore catturò la sua attenzione. Le sue orecchie si tesero e i suoi sensi si misero sull’attenti. Dopo poco, la figura di quel bambino demoniaco si materializzò sotto i suoi occhi. Si stava guardando intorno, lo stava cercando. Aveva un cesto in mano, era davvero andato a prendere del cibo per lui.

 
- Hey, sei ancora qui? – Urlò Sesshomaru a gran voce. Dopo qualche istante, sentì un movimento alla sua destra. Si voltò in quella direzione, e vide sbucare il bambino dalla veste rossa.
Sono qui. – Disse il più piccolo andando verso di lui. Quando gli fu abbastanza vicino, il più grande gli porse il cesto.- Tieni, questo è per te. – Il piccolo afferrò il cesto e si mise a sedere a terra posandolo accanto a sé. Sesshomaru, scostò i lembi del tessuto e prese la caraffa. Poi si rivolse al bambino:
 
- Torno subito. Aspettami qui. – Il bambino annuì con la testa. Aspettò pazientemente che l’altro tornasse prima di addentare qualcosa. Dopo poco, Sesshomaru tornò con la caraffa piena d’acqua, la porse al più piccolo e si accomodò accanto a lui. Rovistò nel cesto,  estrasse la coscia di pollo che aveva rubato e la diede ad Inuyasha. – Coraggio, è tutto per te. – Inuyasha non se lo fece ripetere due volte, strappò dalle mani dell’altro la coscia e la divorò avidamente, la stessa fine fecero anche tutte le altre pietanze. Sesshomaru lo osservava in silenzio, puntellandosi il mento con una mano.
 
- Caspita! Avevi proprio fame. – Esclamò il più grande stupito. Il più piccolo lo osservò asciugandosi il viso con la manica della sua veste.
 
- Si, grazie. – Sesshomaru accennò un sorriso, il primo dopo tanto tempo.
 
- Come ti chiami? – Si era reso conto che, dalla tensione di poco prima non gli aveva nemmeno chiesto come si chiamava.
 
- Io mi chiamo Inuyasha. -  Sesshomaru lo osservò per un attimo, annuendo con il capo.
 
- Inuyasha. – Ripeté quella parola come se volesse imprimersela nella mente e sul cuore. Non conosceva il motivo, ma quel bambino gli era entrato dentro fin da subito. D’istinto aveva agito cercando di aiutarlo, quel bambino così magro e sporco gli aveva fatto pena e lui che possedeva la ricchezza di una casa in cui poter mangiare più di un pasto caldo ogni giorno, aveva deciso di condividerlo con colui che era meno fortunato. Inuyasha, era stato la prima persona con cui aveva parlato dalla morte di sua madre. Tuttavia, ancora una cosa non gli era ben chiara. – Dove sono i tuoi genitori? – Una domanda che fece abbassare il capo al più piccolo e le sue orecchie si appiattirono sul suo capo. I suoi occhi si fecero lucidi.
 
- I miei genitori… - Cercò di farsi forza respirando profondamente, era una cosa difficile per lui da digerire, ma ancora più difficile era rivelarlo a qualcuno. - … sono morti. – Sentendo quelle parole, Sesshomaru spalancò gli occhi. Quel bambino era solo al mondo. Ma come poteva essere? Nessuno poteva prendersi cura di lui? Nella sua mente di ragazzino non poteva esistere una cosa simile.
 
- Mi dispiace. – Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare, talmente era sconvolto da una rivelazione così pesante. Egli stesso aveva perso sua madre, ma aveva ancora un padre a cui, anche se non glielo aveva mai rivelato, voleva molto bene. E poi c’era Izayoi. Ancora non sapeva che posto avesse quella donna nella sua vita, ma di certo non la odiava. Perlomeno non era completamente solo. Un suono attirò la sua attenzione; un singhiozzo. Inuyasha stava piangendo tenendosi le gambe strette al petto e con la testa nascosta fra di esse.
 
- È stata colpa mia se mia madre e mio padre sono morti. Gli… gli abitanti del villaggio li hanno uccisi perché hanno avuto me. – I singhiozzi si fecero più forti e il corpo del bambino venne scosso da forti tremiti. Sesshomaru a quel punto gli si fece più vicino. A vederlo in quello stato sentì stringersi il cuore.
 
- Inuyasha, non è stata colpa tua, sono sicuro che i tuoi genitori ti volessero bene. – Gli portò una mano dietro le spalle e cercò di stringerlo maggiormente a sé.
 
- Io sono solo, non ho nessuno. – La sensazione che Sesshomaru aveva avvertito appena lo aveva visto, tornò a farsi sentire. Aveva capito fin da subito che il dolore che portava quel bambino era più grande del suo. Non immaginava però fosse così grande per un essere che molto probabilmente poteva avere sei anni.
 
- Ora non più, non sei più solo. – Inuyasha alzò la testa per guardare l’altro negli occhi e, quando i loro sguardi si incontrarono fu come se un calore si propagasse nel suo cuore e nel suo spirito. Era una sensazione strana, di benessere, che da molto tempo aveva dimenticato.
 
- Me lo prometti ? – Il più grande annuì.
 
- Te lo prometto. -  Ma c’era un'altra cosa che da quel momento in poi avrebbe fatto per lui. – Voglio prometterti anche che, ogni giorno ti porterò del cibò perché tu possa sopravvivere, non voglio che un'altra persona a cui tengo. Muoia. – Inuyasha non capì il senso delle sue ultime parole, ma volle rimanere ancora tra le braccia di quel ragazzino, voleva godersi ancora per un po' quel calore. Un calore che da tempo aveva dimenticato. Quello di famiglia, di casa. Rimasero in quella posizione per chissà quanto tempo, poi venne il momento per Sesshomaru di tornare a palazzo. Lasciò Inuyasha nel bosco, assicurandosi che avrebbe avuto un rifugio sicuro per la notte, e con la promessa che si sarebbero rivisti il giorno dopo. Recuperò il cesto e la caraffa e tornò a palazzo. Senza farsi notare, rimise tutto ciò che aveva preso al suo posto.
 
Dato che era ora di cena, come al solito si accomodò al suo posto senza aprire bocca. Toga guardò il figlio sospettoso. La cuoca gli aveva comunicato che qualcuno aveva rubato una coscia dal suo pollo e, in cucina, c’erano alcune cose fuori posto in più, mancava una caraffa. Il Grande generale non era certo di conoscere l’identità del ladro. Ma sembrava che quella sera suo figlio avesse un odore strano addosso. Non era il solito odore di bosco che si portava dietro, sembrava di demone  e umano. Senza farsi notare, con la coda dell’occhio, osservava Sesshomaru per capire se ci fosse qualche cambiamento in lui. Si stupì nel vedere una luce nuova nel suo sguardo. Era strano che quel cambiamento coincidesse con il giorno stesso, in cui era sparito anche del cibo dalla cucina del palazzo. Si chiese che cosa o chi  avesse avuto il merito di quel repentino cambiamento. Di certo sarebbe andato ad indagare, gli sarebbe bastato soltanto seguirlo. Ma per  il momento decise che avrebbe tenuto d’occhio gli eventi. Diede uno sguardo alla sua sinistra, scambiandosi uno sguardo con la moglie, che però non capì il suo gesto.
 

***


Passò del tempo e, i due bambini si incontravano ogni giorno al limitare del bosco. Sesshomaru andava incontro al più piccolo sempre con un cesto pieno di vivande. Inuyasha mangiava con gusto ogni pietanza, da quando aveva incontrato il principe aveva guadagnato di mangiare almeno un pasto al giorno, degno di questo nome. Dopo che il più piccolo si era rifocillato, i due bambini giocavano a rincorrersi tra gli alberi e a saltare da un ramo all’altro. Possedevano entrambi una velocità sovrumana, ma il piccolo era in netto svantaggio rispetto al più grande e a volte Sesshomaru lasciava che fosse Inuyasha a vincere. Le loro risa coloravano il bosco di felicità, serenità e spensieratezza. Sesshomaru, grazie ad Inuyasha era rinato, e lo stesso valeva per il mezzo demone.

Intanto a palazzo, la cuoca dopo settimane in cui continuavano a sparire le pietanze  dalla dispensa, aveva deciso di informare nuovamente il suo padrone. Così ora si trovava davanti alla porta dello studio del suo signore, aveva bussato un paio di volte con le sue mani tozze, per poi sentire la voce del Generale  invitarla ad entrare. La donna mise una mano sulla maniglia e l’abbassò, sporgendosi dapprima solo con il viso. Il demone, sentendo il rumore della porta che si apriva, alzò il capo dai rotoli che stava esaminando.

 
- Shige! Prego, entra. – La invitò il suo sovrano, indicandole la sedia davanti a lui. La donna fece qualche passo, entrando nella stanza e accomodandosi davanti a Toga. – Dimmi, c’è qualcosa che non va? – Forse la risposta la conosceva già, visto che era proprio la cuoca a trovarsi davanti a lui. Ma aveva preferito ascoltare prima, cosa avesse da riferirgli.
 
- Beh, ecco. – Disse lei contorcendosi le mani dal nervosismo. Le succedeva sempre quando aveva davanti il suo signore. – Continuano a sparire le pietanze dalla cucina, non so davvero più cosa fare. Credo che ci sia un ladro a palazzo. – Toga non si scompose, sapeva perfettamente di chi si trattava.
 
- Grazie Shige, me ne occuperò io, non ti preoccupare. – Concluse la frase regalando alla cuoca un enorme sorriso. – Puoi andare ora. – La donna si alzò e si chinò rispettosamente davanti a lui, per poi prendere la porta e sparire.
 
Toga si lasciò andare sulla sedia e si fece sfuggire un sospiro. Sicuramente era Sesshomaru a rubare dalla dispensa, ma ancora non ne aveva capito il motivo. Se aveva fame, aveva tutto il cibo a disposizione, perché rubarlo? E, poi era da alcune settimane che tornava dal bosco con  sempre quello strano odore addosso. Da quando Inukimi era morta, suo figlio era solito rifugiarsi nel bosco, egli stesso era andato a cercarlo più volte, ma Sesshomaru non si era mai fatto trovare, così dopo svariati tentativi aveva deciso di lasciare perdere. Sapeva che se fosse stato in pericolo lo avrebbe avvertito e non gli ci sarebbe voluto molto per andare in suo soccorso dal palazzo al bosco. Ma ora, da qualche settimana aveva notato dei cambiamenti in suo figlio, non aveva più quell’ara spenta, i suoi occhi brillavano come un tempo e la sera si addormentava come un sasso dalla stanchezza.

Batté i palmi sui braccioli della sedia, con uno slancio si alzò in piedi, ed uscì dalla stanza. Quando richiuse la porta dello studio, quasi si scontrò con sua moglie.

 
- Tesoro, dove stai andando? – Toga senza arrestare la sua marcia quasi le urlò la risposta:
 
- Vado ad acciuffare un ladro affamato. – Izayoi corrucciò la fronte senza capire, avrebbe voluto fargli altre domande, ma suo marito era già sparito.
 
Il Generale uscì dalle mura usando la porta principale, ignorando i soldati che si inchinavano rispettosamente al suo passaggio. Si addentrò nel bosco con l’intento di trovare suo figlio, sapeva che lo avrebbe trovato da quelle parti. Si fermò per un attimo, cercando di distinguere tra i vari odori quello di Sesshomaru. Col suo fine udito, sentì delle grida provenire dal folto della vegetazione.  Cercò di avvicinarsi, nascondendo la sua aura per non farsi scoprire. Percorse alcuni metri e udì le grida farsi più vicine. Si nascose fra gli alberi quando vide due figure correre per il bosco. Rimase piacevolmente sorpreso, quando vide suo figlio ridere e correre dietro ad un altro ragazzino a lui sconosciuto. Vicino ad un albero notò il cesto e la caraffa abbandonati. Sorrise. Ora gli era tutto più chiaro; l’altro ragazzino gli sembrava decisamente deperito, suo figlio lo sfamava, rubando dalla dispensa delle cucine. Rimase ancora per un po' ad osservarli.
 
- Sesshomaru non mi prendi. – Disse il più piccolo facendo la linguaccia al più grande. Dopo poco se lo ritrovò davanti. – Ah! Uffa, così non vale. – Protestò il più piccolo. Sesshomaru fece un sorriso sghembo.
 
 
- Sei tu che sei lento. – Toga da dietro l’albero, sentì un tuffo al cuore nell’udire la voce di suo figlio dopo tanto tempo. Dunque, quel bambino era la ragione per cui Sesshomaru stava cambiando, eppure in loro presenza, a palazzo non aveva ancora spiccicato una parola, che non volesse destare sospetti?
 
- Non è vero io non sono lento. Io… non sono un demone come te. Però non sono nemmeno un essere umano. – Pronunciò le ultime parole abbassando il tono di voce, quasi provasse vergogna. Sesshomaru guardò incuriosito Inuyasha, che sembrava essersi adombrato. Un singhiozzo provenne dal più piccolo, Sesshomaru gli fu subito vicino per abbracciarlo.
 
 
- Ma io so una cosa che tu sei. - Il più piccolo guardò il più grande con gli occhi lucidi, Sesshomaru ricambiò quello sguardo. – Sei mio amico e niente e nessuno potrà separarci. -Inuyasha spalancò gli occhi.
 
- Davvero!?- Disse con stupore. – Per sempre? – Sesshomaru annuì.
 
 
- Per sempre. – Inuyasha si asciugò le lacrime con la manica della sua veste, le parole dell’amico lo avevano tirato su di morale, lo sconforto che aveva provato poco prima sparì in un attimo.
 
- Adesso devi mostrarmi una cosa. – Sesshomaru rimase per un momento interdetto dal repentino cambiamento di umore dell’amico.
 
- Che cosa? – Chiese incuriosito il più grande.
 
- Avevi promesso che mi avresti fatto vedere la tua trasformazione. Ti prego. – Sesshomaru sorrise vedendo gli occhi adulanti di Inuyasha.
 
- Va bene, ma fatti da parte. – Gli disse facendo qualche passo indietro. Inuyasha si fece di lato. In poco tempo i segni sul viso di Sesshomaru si fecero frastagliati, i suoi occhi si colorarono di rosso e un vortice roseo avvolse il corpo del ragazzino. Subito dopo, davanti  ali occhi di Inuyasha, apparve un cane bianco con una mezzaluna sulla fronte e segni scarlatti che contornavano occhi e bocca. Inuyasha, dallo stupore finì a terra, la sua bocca aveva disegnato una O perfetta. Cercando di ricomporsi, si rialzò. Quel cane davanti a lui lo sovrastava di almeno una spanna. Inuyasha fece un giro intorno all’animale, carezzandogli il pelo ruvido. Anche lui era un demone cane, o meglio lo era suo padre, ma aveva ereditato soltanto le orecchie canine da lui, essendo un mezzo demone non poteva trasformarsi. Si ritrovò infine davanti al muso dell’animale, i due si guardarono e Sesshomaru non poté trattenersi dal far ondeggiare la sua coda dalla felicità. Inuyasha gli saltò al collo e affondò le mani nel pelo dell’amico.
 
- Insieme per sempre. – Disse infine stringendolo ancora più forte, la coda dell’animale fendette l’aria ancora più velocemente di prima.
 
Toga, decise che aveva visto abbastanza e ritornò a palazzo, questa volta senza curarsi di farsi sentire. Sesshomaru, che aveva sentito un rumore, tornò nella sua forma umanoide per avvertire l’amico che c’era un pericolo:
 
- Stai indietro. – Inuyasha subito non capì, ma quando vide Sesshomaru digrignare i denti verso un punto ben preciso del bosco, comprese che aveva avvertito qualcosa. Annusando l’aria, il più grande avvertì l’odore di suo padre, il che gli sembrò strano, dopo tanto tempo che si rifugiava nel bosco lo aveva infine trovato. – Devo andare. – Inuyasha ancora una volta non capì. – Credo che mi stiano cercando. –
 
- O…ok ci rivedremo domani? – Era una domanda che gli poneva ogni volta, era diventata quasi un abitudine ormai, ed era più per avere la certezza che l’indomani si sarebbero rivisti, che per altro.

-  Certo come sempre. – Lasciò il suo amico con un ultimo sorriso, per poi raccogliere il cesto e la caraffa. Corse, per tornare a palazzo e rimettere ogni cosa al suo posto come faceva ogni volta.

 
Izayoi stava vagando per il palazzo, quando improvvisamente la figura del marito le comparve davanti:
 
- Tesoro, ma che succede? Perché hai quell’espressione compiaciuta in viso? – Toga si guardò intorno, sperando che Sesshomaru non rientrasse proprio in quel momento. Trascinò la moglie nella loro camera da letto e, quando ebbe richiuso la porta dietro di sé, la guardò con un sorriso stampato sul volto, fu il più bello che Izayoi avesse mai visto.
 
- Ho una cosa da dirti. – La donna guadò perplessa il marito, ma attese che continuasse. – Ho visto Sesshomaru nel bosco… - Izayoi  interruppe il marito e spalanco la bocca e gli occhi dallo stupore.
 
- Oh! Kami santissimi. – Esclamò la donna, ma l’espressione di Toga non mutò. – Potrebbe succedergli qualcosa. – Disse lei con il cuore in tumulto.
 
- … stai tranquilla, non gli succederà niente. – Disse cercando di tranquillizzarla. – Era con un altro ragazzino. Sono andato a controllare, perché la cuoca mi ha riferito che da un po' di tempo spariscono delle pietanze dalla dispensa. – Prese una pausa per darle tempo di assimilare le informazioni che le stava fornendo. – Era Sesshomaru a rubarle, per portarle a quel ragazzino. – Izayoi per un attimo rimase senza parole.
 
- Ma… ma quel bambino vive nel bosco da solo? Senza una famiglia? – Non poteva concepire il fatto che una creatura innocente potesse vivere da solo, in un bosco, tra i vari pericolo che incombevano.
 
- Temo di sì. Inoltre, quel bambino è un mezzo demone. Ma non c’è traccia di altri esseri demoniaci o umani in quel bosco. – Era ancora più sconvolta. Forse quel bambino aveva perso i genitori, era orfano e non aveva nessuno che si occupasse di lui. Inorridì al solo pensiero.
 
- Ma caro, non possiamo lasciarlo lì, in quel posto così pericoloso. Devi fare qualcosa. Conducilo qui a palazzo, fallo vivere con noi. – Il generale, vedendo l’agitazione della moglie, le prese il viso tra le mani cercando di calmarla.
 
- Non ti preoccupare tesoro. Per ora non ho intenzione di fare nulla. Non voglio che Sesshomaru sospetti qualcosa, per il momento. Ma quando sarà, porterò quel bambino a palazzo e gli permetterò di vivere con noi. – Disse risoluto Toga. Izayoi si sentì più rincuorata a udire le ultime parole del marito.
 
- Mi fido di te, tesoro. So che farai la cosa giusta. – Toga a quel punto posò le labbra su quelle della moglie in un bacio appassionato. Attendeva di farlo da quando l’aveva trascinata in quella stanza.
 
All’ora di cena tutto si svolse come di consueto. Sesshomaru come sempre, non aprì bocca a tavola e il padre lo osservò cercando di scorgere nella sua espressione un minimo segno di cedimento, e che si decidesse finalmente a parlare, ma non successe nulla. Come sempre si addormentò di sasso, dopo la lunga giornata che aveva avuto. Toga lo portò a letto come succedeva di consueto da un po’ di tempo, dato che si addormentava nel salone accanto a lui, mentre il Generale era intento a leggersi un libro.
 
I giorni continuarono a susseguirsi, inesorabili. Sesshomaru e Inuyasha, continuarono a incontrarsi nel bosco. Il più grande aveva sempre un cesto colmo di vettovaglie per il suo amico. Non smise di andare da lui nemmeno quel giorno in cui diluviava a dirotto, sapeva che Inuyasha si sarebbe rifugiato in una grotta non molto distante dal bosco, glielo aveva domandato una volta. Così, incurante del maltempo raggiunse il suo nascondiglio portandosi dietro il solito cesto. Quando lo vide arrivare tutto fradicio di pioggia, il più piccolo si stupì.
 
- Sesshomaru. Non credevo che venissi anche oggi. – Sesshomaru avanzò verso di lui e posò il cesto a terra. Lo aveva coperto con un telo in modo che la pioggia non lo bagnasse, aveva pensato solo al cesto però e non a sé stesso. Inuyasha mangiò tutto con gusto come al solito. Ma Sesshomaru non poté restare a lungo con lui quella volta. Così quando ebbe finito il suo pasto, il più grande riprese il cestino e si rivolse a Inuyasha. – Mi dispiace, ma non posso restare. Se non mi vedono a palazzo con questo tempo, si preoccuperanno. – Il più piccolo annuì col capo, un gesto che fece capire all’amico che lo comprendeva, ma malinconicamente si strinse le gambe al petto poggiandovi sopra il mento. Era allo stesso tempo, dispiaciuto visto che quel giorno non potevano rimanere insieme. Tuttavia, era consapevole di non poterlo trattenere, viste le condizioni del tempo. Prima di uscire dalla caverna, Sesshomaru si rivolse  per un ultima volta, prima di andarsene, all’amico. -Tornerò. – Inuyasha non rispose, ma ne era consapevole, sapeva che sarebbe tornato, era una certezza da un po’ di tempo a quella parte, era l’unica cosa sicura che aveva.
 
Purtroppo, nonostante fosse un demone, e nonostante si fosse apprestato ad asciugarsi immediatamente, dopo essere tornato a palazzo, curandosi di non farsi notare da nessuno; Sesshomaru, il giorno seguente si ammalò, le sue difese, vista la giovane età, non potevano competere con quelle di un demone adulto. Aveva manifestato una forte febbre, tosse e raffreddore. Nonostante questo, però, aveva tentato di uscire dalla sua camera per andare dal suo amico come di consueto, ma un’ ancella lo aveva fermato. Sesshomaru scalciava e urlava tra le braccia dell’ inserviente.
 
- Lasciami, devo andare. Lui ha bisogno di me. Non  posso lasciarlo solo. – Non si era nemmeno preoccupato di nascondere il suo mutismo, tanta era la paura di non poter andare dal suo amico anche per un solo giorno.
 
- La prego signorino, non può uscire in queste condizioni. Suo padre non lo permetterebbe. -  Ma Sesshomaru per quanto l’ ancella cercasse di rimetterlo a letto, si rialzava ogni volta per poi correre verso la porta, e ogni volta veniva fermato dalle braccia della donna, ormai esasperata. Così richiamò una guardia dicendogli di andare a chiamare il Generale. Il soldato fece ciò che gli aveva detto l’ancella. Si diresse verso l’ufficio del suo superiore, e bussò attendendo che gli venisse concesso di entrare, dopodiché fece il suo ingresso nella stanza. Il suo signore lo guardava con la fronte corrucciata, sorpreso di vederlo nel suo ufficio.
 
- Akinari, che succede? – Il soldato fece qualche passo verso il Generale, fino ad essere a pochi centimetri  dalla sua scrivania.
 
- Suo figlio, è malato… - Toga non lo lasciò nemmeno finire di parlare, che si fiondò fuori dalla porta.
 
- Vieni con me, mi spiegherai tutto lungo il tragitto. – Percorse la strada verso la camera del figlio a grandi falcate, mentre il soldato gli spiegava che cosa stava accadendo. Suo figlio si stava ribellando perché voleva uscire, secondo il soldato diceva cose deliranti ma Toga sapeva bene dove volesse andare. Improvvisamente, si fermò di colpo, come se fosse stato folgorato in quel preciso istante. – Aspetta un momento, mio figlio ha parlato?! – Disse rivolgendosi al soldato, quest’ultimo si limitò soltanto ad annuire. Nel frattempo, erano arrivati di fronte alla stanza di Sesshomaru. Dall’interno, si sentivano provenire le sue urla. – Bene Akinari puoi andare ora. – Il soldato si chinò in avanti rispettosamente e poi sparì. Toga aprì la porta ed entrò nella camera di suo figlio. – Sesshomaru, finalmente ti sei deciso a farti uscire il fiato. Mi domando, per quale motivo soltanto ora? – Il ragazzo, smise di divincolarsi tra le braccia della ancella. Accorgendosi in quel momento che la sua preoccupazione, lo aveva tradito. Toga si rivolse all’inserviente. – Iku, lasciaci soli per favore. – La donna si alzò e si inchinò rispettosamente, per poi uscire dalla stanza lasciandoli soli come gli era stato chiesto. Sesshomaru aveva abbassato il capo. Toga si avvicinò e si abbassò alla sua altezza. – Vuoi dirmi che ti prende Sesshomaru? – Ma il ragazzino strinse tra le mani i lembi della coperta che gli copriva le gambe, senza parlare. – Se non mi dici nulla come faccio a sapere se posso esserti d’aiuto? – Voleva che si aprisse, che si confidasse con lui. Ma dopo tanto tempo di mutismo, sapeva che non avrebbe potuto pretendere grandi cose in quel momento.
 
- Io… non posso stare qui. Altrimenti … - Si era deciso a parlare, ma si era bloccato quasi subito. Temendo di rivelare troppo, non poteva dire a suo padre delle sue fughe e soprattutto di Inuyasha, se avesse saputo che qualcuno abitava nel bosco, probabilmente lo avrebbe cacciato.
 
- Altrimenti? – Lo spronò a continuare Toga. Ma Sesshomaru non sembrava propenso  ad aprir bocca.
 
- No, nulla. Non è niente di importante. – Si decise infine. Ma dire che il suo amico non era nulla di importane gli provocò una strana fitta al cuore. Cercò però, di non darlo a vedere, a Toga non sfuggì ugualmente la sua espressione contrariata.
 
- Come vuoi. Tuttavia, ora sei malato, non puoi uscire dal palazzo. Se succederà, ti metterò in punizione per il resto dei tuoi giorni. - Sesshomaru a quelle affermazioni si irrigidì, non avrebbe più rivisto il suo amico se non avesse ubbidito agli ordini del padre.
 
 
- Ma io… - Provò a protestare ma Toga lo interruppe con un gesto della mano.
 
- Niente ma. Finché sarai sotto al mio tetto, farai ciò che ti dico io senza discutere. – Disse il Generale, con un tono che non ammetteva repliche, sapeva di essere stato severo, ma non aveva avuto altra scelta, la sua salute era la cosa che importava di più in quel momento. Sesshomaru, a malincuore dovette accettare le condizioni di suo padre. Si distese sul futon e Toga lo coprì. – Ora cerca di guarire figliolo, lascia che Iku si prenda cura di te. – Sesshomaru annuì ormai arresosi alle condizioni del genitore. I suoi pensieri però erano da tutt’altra parte, era preoccupato per Inuyasha. Sentendosi impotente si mise a pensare, a come se la sarebbe cavata senza di lui, e a cosa avrebbe pensato non vedendolo arrivare.  Forse avrebbe pensato che anche lui lo aveva abbandonato? Toga, vide che nello sguardo di suo figlio era tornato quel velo di tristezza che lo aveva accompagnato per due anni. Comprese che probabilmente fosse preoccupato per quel bambino dalle orecchie canine e dalla rossa veste. Senza aggiungere altro, uscì dalla stanza e fece cenno all’ancella di rientrare. In quel momento passò da quelle parti anche sua moglie. I due si scambiarono gli sguardi per qualche istante. Izayoi sembrava in ansia, una delle ancelle le aveva riferito che il suo figliastro non si sentiva molto bene.
 
- Come sta? – Disse lei, facendo un cenno del capo in direzione della camera di Sesshomaru. Toga la guardò scuro in volto.
 
- Ha l’influenza, ma c’è dell’altro che mi preoccupa. – Questa volta Izayoi capì. Sesshomaru sarebbe dovuto andare da quel bambino come al solito, ma quel giorno gli sarebbe stato impossibile.
 
 
- Tesoro, non lasciare sola quella creatura. – Disse la regina, mentre Toga la osservava amorevolmente.
 
Non te ne preoccupare, presto avremo un altro membro nella nostra famiglia. – Una mano artigliata, si posò sulla guancia della donna, che premette la guancia contro la mano del marito. Poco dopo lasciò scivolare la mano e la guardò negli occhi. – Ora devo andare. - Poco dopo si ritrovò sola davanti alla porta della stanza del figliastro. 
 

***

 
Qualche ora dopo, Toga ritornò dal bosco, non era riuscito a trovare quel ragazzino. Aveva provato a chiamarlo, ma lui si era nascosto non appena lo aveva visto. Quel bambino, aveva paura, lo aveva percepito nel suo odore, dopo qualche insistenza, aveva deciso di lasciare perdere, probabilmente era troppo impaurito per uscire allo scoperto con una presenza come la sua. Così aveva fatto rientro dalla boscaglia un po' sconfortato e si era diretto nella stanza di suo figlio.
 
- Iku, come sta? – La donna abbassò il capo, e guardò il ragazzino disteso nel futon con un panno sulla testa.
 
 
- La febbre è aumentata. E, sta nuovamente dicendo cose senza senso nel sonno. – Disse la donna a bassa voce temendo di svegliare Sesshomaru.
 
- Va bene, grazie Iku. Puoi prenderti una pausa se vuoi. – L’inserviente annuì e uscì dalla stanza inchinandosi rispettosamente.
 
Toga si avvicinò al futon di Sesshomaru, scostò il panno e gli posò una mano sulla fronte. La sua pelle bruciava talmente era caldo, le sue difese in quel momento erano molto basse. Il suo respiro era affannoso, la sua cassa toracica si alzava e abbassava freneticamente, il sudore gli imperlava la fronte. Qualche lamento usciva dalle sue labbra, a volte qualche parola quasi impercettibile da un orecchio umano, ma che il demone poté udire perfettamente.
 
- Inu… yasha… non… lascerò… che tu muoia. – Quelle parole toccarono  il cuore del generale, quel bambino significava molto per suo figlio e ora, aveva bisogno di lui. Aveva deciso che la mattina seguente sarebbe andato nuovamente a cercarlo, e questa volta sapeva con cosa attirarlo. Se era almeno da un giorno che non mangiava, non avrebbe resistito al profumo del cibo. Strizzò la pezza nella bacinella d’acqua e la rimise sulla fronte del figlio. Dopodiché uscì dalla stanza.
 
Si diresse verso il salone, una volta lì, vi trovò Izayoi vicino al caminetto intenta a leggere un libro. Era bella come sempre. Talmente presa dalla lettura, non si era accorta della presenza del marito, quando quest’ultimo tossì per farsi notare, la donna sobbalzò.
 
- Tesoro, non ti ho sentito arrivare. – Toga si accomodò stancamente sulla poltrona vicino a lei, e si lasciò sfuggire uno sbuffo. La donna aveva seguito ogni gesto del marito con lo sguardo. – Non lo hai trovato vero!? – Il generale chiuse gli occhi e si passo due dita alla base del naso, emettendo un ringhio di frustrazione.
 
- Sì, l’ho trovato, ma si è nascosto. Era troppo spaventato, ho preferito lasciare perdere per il momento. Tornerò a cercarlo domattina. – La donna avvertì una morsa al cuore pensando a quel povero piccolo da solo nel bosco.
 
 
- Oh, cielo quel povero bambino, tutto solo avrà paura, come farà a sopravvivere? – Toga la guardò amorevolmente, posando una mano sulla sua.
 
- Non ti preoccupare, gli daremo un tetto sotto cui vivere. – Izayoi aveva un angoscia tale che, udì a malapena le parole del marito.
 
- Portami con te. – Toga aggrottò la fronte, incredulo.
 
- Ma cara…- Non riuscì a proseguire perché lei lo aveva interrotto bruscamente.
 
- Tesoro potrei essere utile, sai quanto io voglia essere madre, ma purtroppo il destino mi è ostile. Sicuramente saprei come comportarmi con quel bambino, meglio di quanto  possa fare tu – Il Generale ci pensò su per un attimo.
 
- In effetti hai ragione, forse ho sbagliato approccio con lui oggi. Non sapevo come comportarmi dato che quel bambino era spaventato – La donna gli sorrise, e Toga ricambiò.
 
- Domani lo porteremo via da quel bosco. – Disse decisa. Quella notte andarono a letto con quel pensiero impresso nelle loro menti. Izayoi, quasi non riuscì a chiudere occhio, era troppo agitata per poter prendere sonno.
 
Nel bosco, vi era anche qualcun altro che era tormentato da molteplici pensieri. Inuyasha, era molto giù di morale, non aveva visto il suo amico quel giorno. Si domandava che cosa fosse successo, perché lui non fosse venuto quel giorno, forse aveva fatto qualcosa di sbagliato il giorno precedente? eppure gli aveva promesso che sarebbe tornato. Ogni risposta che si dava gli sembrava fin troppo assurda. Una lacrima gli rigò il viso. Alla fine, anche Sesshomaru lo aveva abbandonato, come avevano fatto tutti gli altri. In fondo cosa poteva pretendere, era soltanto un mezzo demone e lui un demone completo, erano troppo differenti tra loro. Ma un pensiero fece breccia nella sua mente, eppure, quel giorno una visita c’era stata. Un demone si era inoltrato nel bosco e sembrava che lo stesse  cercando ma, Inuyasha non conoscendolo si era spaventato e, aveva creduto che gli avrebbe fatto del male se fosse uscito dal suo rifugio momentaneo. Alla fine, il demone si era arreso e se ne era andato. Inuyasha aveva tirato  un sospiro di sollievo, anche se gli era sembrato strano quel comportamento, nonostante avesse sentito il suo odore quel demone non aveva cercato di attaccarlo. Forse non voleva fargli del male. Con quei pensieri, a poco a poco, l’oscurità iniziò a prendere possesso dei suoi occhi, e Morfeo lo cullò tra le sue braccia quando il sole stava per tramontare e veniva a bussare alle porte di quella boscaglia.
 
Anche a palazzo il mattino aveva dato il suo buongiorno, e Izayoi si era alzata non appena la luce del sole aveva iniziato a filtrare dalle finestre. Si apprestò a svegliare anche suo marito, che aprì gli occhi, emettendo un sonoro sbadiglio. Si mise a sedere sul futon e guardò Izayoi, che era in piedi e camminava nervosamente per la stanza. Seguendola con lo sguardo e con la voce impastata dal sonno, le disse:
 
- Non sei riuscita a dormire questa notte? – Aveva notato le ombre scure che incorniciavano i suoi occhi castani.
 
- Oh! Tesoro, sono stata in ansia tutta la notte per quella creatura. Speriamo che non gli sia successo nulla. – Toga accennò un sorriso, l’amava più della sua stessa vita, e amava quanto si desse pena per gli altri. Ai demoni non era concesso un simile sentimento, non era nella loro natura. Quella era una peculiarità umana. Ma lei gli stava insegnando che cosa significasse e forse era per questo che anche lui si era preoccupato per quel bambino tutto solo nel bosco.
 
Il generale si alzò dal suo futon e andò incontro alla moglie, per poi prenderle il viso tra le mani, con la speranza di calmarla. E, guardandolo negli occhi dopo poco tempo, lei si calmò.
 
- Va meglio ora? – Izayoi annuì, un po' rossa in viso. A volte lui sapeva metterla in imbarazzo anche solo con un semplice sguardo. – Sei ancora decisa a venire con me? –
 
- Certo tesoro, non vedo l’ora di conoscerlo.- Disse entusiasta la donna, con occhi sognanti.
 
Dopo una breve colazione, i due uscirono dalle mura del castello usando la porta principale, dirigendosi verso il bosco. Izayoi, si era portata un cesto con delle vivande. Aveva avuto la stessa idea che aveva avuto il marito il giorno precedente. Toga e Izayoi si guardarono per un istante, poi il generale mosse quasi impercettibilmente il naso.
 
- È qui vicino. – Disse alla moglie, portandosi l’indice davanti alla bocca, che la avvertiva di fare silenzio. I due si avvicinarono cautamente, e in quel momento intravidero una figura distesa a terra. Izayoi guardò Toga, incerta sul da farsi. Ma il marito sembrava non sentirla, continuava a guardare avanti, sembrava come se fosse ipnotizzato.
 
- Caro che succede!? – Chiese lei improvvisamente, spaventata dal comportamento del Generale.
 
- Oh, nulla… credevo fosse… Ah! Non importa. Sta soltanto dormendo. – Disse una volta che si fu ripreso dal suo stato di trance. Il bambino era disteso a terra e, apparentemente gli era sembrato che fosse morto, per questo si era comportato in quel modo. Credeva di essere arrivato tardi, che qualche predatore nella notte avesse sbranato quel povero bambino. Tendendo bene le orecchie, poté sentire il suo cuore battere regolarmente, come anche il suo respiro. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo. – Con molta cautela, possiamo avvicinarci. – Izayoi annuì col capo senza aggiungere altro. Si avvicinarono, senza fare rumore, il bambino sembrava dormire pesantemente, mentre il bosco sembrava cullarlo come se fosse la sua genitrice. La cassa toracica si muoveva su e giù, seguendo il ritmo del suo respiro. Un vento gelido si alzò improvvisamente in quel momento, era così forte che i due furono costretti a coprirsi il volto.

“Voi… “ Dissero alcune voci in coro. Istintivamente, Toga mise una mano sull’elsa di Tessaiga, la fedele spada che portava sempre con sé. E, si parò davanti alla sua amata. “ Vi stavamo attendendo.” Il generale si guardò intorno, ma non vide nessuno.
 
- Chi siete. Fatevi vedere. – Toga continuava perlustrare i dintorni con lo sguardo.
 
“Non puoi vederci, noi non siamo esseri viventi.” Toga strinse lo sguardo, senza capire quelle parole.
 
- Allora cosa siete. E cosa volete da noi? – Chiese facendo qualche passo indietro.
 
“Tu Demone, sei il genitore del ragazzino che solitamente gioca con Inuyasha.” Non era una domanda, era una costatazione, coloro che avevano parlato conoscevano la realtà delle cose. In quel momento i due posarono il loro sguardo sul corpicino del bambino, che sembrava non essersi accorto di nulla. “ Lo sentiamo, tu hai il suo stesso odore.”
 
 
- Si sono io. – Izayoi che era rimasta dietro di lui, aveva iniziato a tremare, ma non capiva se era per il freddo o dal terrore.
 
“Ieri non è stato qui, per quale motivo? Rispondi Demone.” Toga in quel momento sembrò un po' irritato, non gli piaceva quando qualcuno lo chiamava in quel modo. “Allora, hai la risposta?” Una forte raffica di vento gli sfiorò il viso, sentì come se ci fosse una presenza accanto a lui.
 
 
- Mio figlio è molto malato, per questo motivo non è potuto essere qui, ieri. – Questa volta alzò lo sguardo tra gli alberi.
 
“Inuyasha, ci è stato affidato da Madre Natura, noi siamo gli spiriti che abitano questo bosco. Abbiamo cercato di spingerlo a sopravvivere da solo, tenendolo lontano dai pericoli. Ma anche se è metà demone, non è in grado di riuscirci. Vostro figlio gli è stato d’aiuto. Tuttavia, Inuyasha ha bisogno di una famiglia che si prenda cura di lui. Noi siamo spiriti, non ne siamo in grado. Devi però promettere una cosa Demone, se vorrai prenderti cura di lui.” Ancora quella parola. Toga strinse i pugni.
 
- Prometterò qualsiasi cosa. – Ne era sicuro questa volta, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di portare via quel bambino da quel posto che non era adatto a lui.
 
“Bene. Dovrai promettere che sarete tu e la tua donna a crescere Inuyasha e che lo proteggerai anche a costo della tua stessa vita. Cosa rispondi Demone.”
 
- Lo prometto. Tratterò Inuyasha come se fosse sangue del mio sangue.- Toga aveva la determinazione negli occhi, ma anche nel cuore, e gli spiriti lo percepirono.
 
“Essia Demone. Prenditi cura della nostra creatura, come hai promesso, non mancare alla tua parola. Se dovesse succedere noi lo verremo a sapere e ce lo riprenderemo.” Sembrava quasi una minaccia. Con quelle parole, dopo qualche istante il vento si diradò e il sole tornò a mostrarsi tra le fronde. Toga e Izayoi si chinarono vicino al bambino, la donna gli posò una mano sulla fronte. A quel contatto Inuyasha sussultò leggermente, ed iniziò ad emettere qualche lamento, dopo qualche istante aprì gli occhi. Si tirò leggermente su e con una manina si stropicciò gli occhi. Sbattendo le palpebre,  cercò di mettere a fuoco le due figure che gli si presentavano davanti. Quando le riuscì a distinguere, sussultando dallo spavento, scivolò indietro. Quel demone del giorno precedente era lì a pochi centimetri da lui. Si disse che era stata una mossa stupida dormire così in vista, ed infine era stato trovato. Una voce gentile a quel punto intervenne per prima e Inuyasha posò lo sguardo sulla donna e sul cesto, un profumo gli salì alle narici e gli fece venire l’acquolina in bocca. Quello era il cesto dove di solito Sesshomaru gli portava tutte quelle buone cose da mangiare, lo riconobbe subito.
 
- Stai tranquillo piccolo non abbiamo intenzione di farti del male. – Il ragazzino guardò incuriosito la donna, gli sembrò gentile, aveva uno sguardo rassicurante. Poi i suoi occhi si posarono su Toga. Deglutì rumorosamente, aveva un aura molto potente, si chiese se quel Demone gli stesse tendendo una trappola.
 
- Ma… lui è un demone. – La donna rivolse lo sguardo al marito, poi ritornò sul bimbo dalle orecchie canine.
 
- Oh! Lui è innocuo. Non ti farà del male vedrai. – Inuyasha non aveva smesso di guardare il demone che, in quel momento aveva sentito il suo orgoglio frantumarsi in mille pezzi, nessuno lo aveva mai considerato in quel modo, era sempre stato un guerriero temibile. Ma la sua ferocia con cui combatteva, svaniva davanti a quella donna, si chiese in quale modo fosse possibile una cosa simile. Si decise comunque a confortare il piccolo.
 
- Ma certo, non  devi temere piccolo. – Il Generale gli sorrise gentilmente. Il piccolo si senti più sollevato, un po' per il sorriso che gli aveva rivolto il demone, un po' perché ora poteva leggerglielo nello sguardo che non era malvagio. I suoi occhi si posarono nuovamente sul cesto che la donna teneva vicino a sé. Improvvisamente, il panico si impossessò di lui, quello era il cesto del suo amico, forse i due gli avevano fatto qualcosa di male, gli avevano sottratto il cestino e ora erano andati a cercare anche lui. Come temeva, quella era una trappola. Forse erano degli impostori e volevano fargli del male attirandolo con quei sorrisi e quelle parole gentili. Indietreggiò sorreggendosi con le mani, ma in quella posizione, riuscì a spostarsi soltanto di qualche centimetro.
 
- Quello è il cesto di Sesshomaru, il mio amico. Che cosa ne avete fatto di lui? – Domandò con voce tremula sentendo il cuore che gli scoppiava nel petto. Se quei due erano degli assassini lui, non avrebbe avuto scampo.
 
- Sesshomaru è mio figlio, ed è molto malato, si è preso una bella influenza. – Interruppe la sua valanga di pensieri, il demone. Inuyasha rimase sconvolto. Ecco spiegato, il motivo per cui non era venuto a trovarlo come di consueto e lui che aveva pensato che lo avesse abbandonato, si diede mentalmente dello stupido. Un’ altro pensiero si fece strada nella sua mente, il suo amico si era ammalato per venirgli a portare da mangiare, aveva sfidato le leggi della natura. Si sentì in colpa.
 
- È colpa mia se lui sta male. Si è ammalato a causa mia. – Marito e moglie si guardarono un po' perplessi, senza capire le parole del bambino.
 
- Che cosa vuoi dire? – Chiese la donna mentre Toga aveva la fronte corrucciata.
 
- Lui è venuto da me l’altro giorno mentre diluviava, mi ha portato del cibo, ma se ne è andato subito e…- Non riuscì a finire la frase, perché un ringhio animalesco lo interruppe facendolo sussultare, cosa che spaventò anche Izayoi.
 
- Com’è stato possibile che sia uscito con quel tempaccio, adesso che torniamo a palazzo io… - Izayoi aveva posato una mano sulla spalla del marito.
 
- Tesoro calmati, sono sicura che Sesshomaru abbia avuto le sue buone ragioni. Ma credo che d’ora in poi non ci saranno più di questi problemi. – Disse la donna osservando il piccolo con un sorriso benevolo stampato sul volto. Inuyasha la guardò un po' perplesso chiedendosi che cosa significassero quelle parole.
 
- Ti va di venire a palazzo con noi piccolo? – Intervenne a quel punto il Generale, una volta che si fu calmato. Il bambino sentì un sentimento nuovo scaturire dentro di sé, sbattè le palpebre un paio di volte per capire se quella fosse la realtà o soltanto frutto della sua immaginazione.
 
- I…io… - Vedendo la sua incertezza Izayoi volle rassicurarlo.
 
- Sesshomaru chiede di te, nostro figlio ha bisogno di te. Tu lo hai salvato dalla sua inquietudine piccolo. – Per Izayoi, il piccolo demone era come un figlio, anche lei in quel periodo si era accorta del suo cambiamento. E Sesshomaru era stato abile a nascondere il suo segreto mantenendo quel mutismo che da un po' di tempo faceva parte di lui. Inuyasha non sapendo cos’altro rispondere si limitò soltanto ad annuire col capo. – Ma prima, ho pensato che tu abbia bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. – Disse la donna scostando i lembi della stoffa che teneva coperto il cibo contenuto all’interno del cestino. Inuyasha alla vista di quella meraviglia, sentì salirgli l’acquolina in bocca, e il suo stomaco emettere un gorgoglio, si portò le mani alla pancia come se potesse fermare quel suono. – Coraggio, non fare complimenti. – Le disse la donna, nuovamente con quel sorriso che gli scaldò il cuore.
 
Inuyasha, divorò avidamente tutto il contenuto del cesto, davanti agli occhi sbigottiti dei presenti. Quando ebbe finito si pulì il viso con una manica della sua veste.
 
- Per tutti i demoni, avevi fame figliolo! – Esclamò Toga. Izayoi guardò il marito con aria di rimprovero, ma il demone non si scompose.
 
- Allora! Qual è la tua risposta piccolo? Ti va di venire con noi? – Inuyasha guardò la donna con le orecchie canine tese, ci stava pensando, una domanda gli vorticava nella mente, si chiedeva che cosa sarebbe diventato lui per loro. Era un mezzo demone in fin dei conti, forse avrebbero potuto condurlo a palazzo per poi renderlo loro schiavo? e Sesshomaru lo avrebbe permesso? In fondo anche lui era ancora un bambino.
 
- Saremo una famiglia? – Izayoi si sentì stringere il cuore, lei non aveva potuto avere figli, per quanto ci avessero provato, quel bambino non arrivava mai. Così, insieme a suo marito, si erano rivolti a stregoni, maghi e sacerdotesse, ma nessuno era riuscito a fare nulla per loro. La rivelazione più dolorosa era arrivata quando si erano recati dall’ultima sacerdotessa, la quale le aveva detto chiaramente che lei non avrebbe mai potuto avere figli, era scritto nel suo destino, la sacerdotessa lo poteva vedere. Ma il destino non aveva previsto che un bambino sarebbe arrivato in ogni caso. Izayoi e Toga si guardarono con complicità sorridendosi.
 
- Se tu lo vorrai. – Disse la donna senza smettere di sorridergli e tendendogli la mano. Inuyasha la guardò per qualche secondo poi, posò la sua piccola manina su quella della donna e, senza smettere di guardarsi si alzarono incamminandosi poi verso il palazzo. Il piccolo istintivamente prese anche la mano del demone al suo fianco, che si irrigidì per un momento, non aspettandosi un gesto simile.
 
Quando furono a palazzo Inuyasha non stava più nella pelle, voleva a tutti i costi vedere il suo migliore amico, e soprattutto sapere come stesse. Alzò lo sguardo verso Izayoi, e la donna, come se fosse connessa a quel bambino capì subito cosa volesse.
 
- Ti porto da Sesshomaru. Vieni con me. – Disse la donna continuando a tenerlo per mano. Lei lanciò uno sguardo a Toga, che decise di lasciarli soli. Arrivarono infine davanti alla stanza di Sesshomaru, e Inuyasha guardò prima la donna e poi la porta. – Coraggio, entra.- Disse lei aprendola per permettergli di entrare. Quando Inuyasha vide il suo amico riverso nel futon madido di sudore, corse immediatamente da lui, lasciando la mano di Izayoi. Inginocchiandosi al suo capezzale, gli prese  la mano tra le sue più piccole. A quel contatto il ragazzino iniziò ad agitarsi.
 
- Inuyasha. – Il piccolo mezzo demone, si irrigidì sentendolo pronunciare il suo nome. Rimase colpito dal fatto che il suo amico lo chiamasse nel sonno, si sentì per un attimo qualcuno di importante.
 
-Sesshomaru. – Si limitò soltanto a dire, non c’era nient’altro da aggiungere, non conosceva il motivo, ma sapeva che ora il suo amico sapeva che gli era accanto. Dopo alcuni minuti, Sesshomaru aprì gli occhi, e sbattè le palpebre un paio di volte, quando vide il suo amico accanto a lui gli parve strano; credeva di essere nella sua camera, e non nel bosco. Si guardò intorno, constatando che, effettivamente, era a palazzo, ma allora che cosa ci faceva Inuyasha lì, perché non era nel bosco? Cercò di tirarsi su anche se un po' a fatica. Ma due braccia sottili lo riportarono a sdraiarsi.
 
- È meglio se rimani giù, sei ancora troppo debole tesoro. – Sesshomaru si girò verso la fonte di quelle parole, la sua matrigna era nella camera insieme a loro.  In quel momento si sentì un po' confuso e soprattutto con la testa appesantita,  sentiva i sensi ovattati e uno strano ronzio nelle orecchie. Inoltre, sentiva un gran caldo.
 
- Inuyasha, che ci fai qui? - Chiese con voce incerta e tremante. Il mezzo demone stava per rispondere quando Izayoi lo anticipò.
 
- Inuyasha diventerà un nuovo membro della nostra famiglia. – Sesshomaru osservò stupito, prima la matrigna e poi colui che sarebbe diventato suo fratello. Non riusciva a capire bene i sentimenti che stava provando in quell’istante, la sua malattia, forse gli impediva di comprendere. Si limitò soltanto a sorridere stancamente. – È meglio se ti lasciamo riposare ora, sarai stanco. – Disse la donna col suo solito sorriso gentile, capace di scaldare anche l’animo più gelido.
 
- No, io non me ne vado. Voglio restare accanto a  Sesshomaru. – Izayoi strabuzzò gli occhi per la sorpresa e per il modo in cui Inuyasha si era rivolto a lei. Sembrava quasi disperato al solo pensiero di separarsi dal più grande. Ma poi, il viso della donna si addolcì.
 
- Come vuoi Inuyasha, ti vengo a chiamare quando sarà pronto il pranzo.- Izayoi uscì dalla camera, richiudendosi la porta alle spalle.
 
Inuyasha si sdraiò accanto a Sesshomaru, prendendogli la mano. Il più grande, non si perse nemmeno un movimento del più piccolo. Dopo aver poggiato la testa sul cuscino, Inuyasha si addormentò, come se si sentisse al sicuro, protetto, come non lo era mai stato in tutta la sua breve esistenza. Sesshomaru, per Inuyasha fin dal primo incontro aveva sempre significato, famiglia, un rifugio sicuro su cui contare. Non sapeva per quale motivo, e forse in realtà non ne esistevano, lo sapeva semplicemente. I due bambini, infine, si erano salvati a vicenda, entrambi attanagliati da un dolore, che non dovrebbe esistere nel cuore di qualcuno che ancora non ha l’età per sapere che cosa significhi soffrire.
 
Come se fosse cullato dal silenzio che regnava nella stanza, pochi istanti dopo che si era addormentato il più piccolo, anche Sesshomaru prese sonno a sua volta, non prima di aver coperto anche l’altro. Fu così che Izayoi li trovò all’ora di pranzo, dopo poco la raggiunse anche Toga, ed entrambi si fermarono ad ammirare i due bambini addormentati, mano nella mano.
 
- Credo che abbiamo fatto proprio bene a portare Inuyasha qui a palazzo. – Toga prese da dietro la moglie,  le posò il mento sulla spalla, e sorridendo le rispose:
 
- Non potevo lasciarlo da solo in quel bosco. Per fortuna che gli spiriti lo hanno protetto, altrimenti chissà cosa ne sarebbe stato di lui. Tuttavia, mi domando cosa sia successo ai suoi genitori. – Izayoi, si scostò un istante dal marito per poterlo guardare in faccia, con un aria stupita.
 
- Tesoro, per gli umani, che un demone e un umano intrattengano rapporti di un certo  tipo, non sono visti di buon occhio. Se è successo ciò che temo, i genitori di Inuyasha, purtroppo, potrebbero essere stati uccisi dalla stessa gente del villaggio in cui è cresciuta sua madre o suo padre. -Toga digrignò i denti e strinse i pugni. Le ingiustizie proprio non le sopportava, soprattutto se si trattava dei suoi sudditi.
 
- Non lo posso tollerare un comportamento simile. – Ringhiò a denti stretti. Izayoi si voltò verso di lui e gli prese il viso tra le mani, un semplice gesto che aveva il potere di placare il suo animo, ma in ogni caso gli bastava soltanto guardarla negli occhi per sentirsi subito meglio.
 
- Tesoro calmati, con te sono stati clementi perché sei il loro sovrano, ed io sono di sangue nobile, se avessi sposato una comune umana, non credo che sarebbero stati tanto comprensivi. Nonostante tu sia il loro re. In ogni caso non credo che nemmeno i demoni ne sarebbero stati troppo contenti. -  Izayoi, sentì la mascella di suo marito contrarsi sotto le sue mani, lo vide chiudere gli occhi.
 
-In ogni caso le cose dovranno cambiare, non posso lasciare che Inuyasha debba pagare le conseguenze per ciò che è. Voglio che viva come un bambino normale e che cresca senza che qualcuno lo disprezzi. -  Izayoi posò il suo sguardo sui due bambini, che ignari di tutto, stavano dormendo come se il mondo intorno a loro non esistesse.
 
- Beh, qualcuno che lo ama esiste. E poi ci siamo noi al suo fianco, di certo non lo lasceremo solo, e sicuramente saremo in grado di dargli tutto l’amore possibile. – Toga guardò anch’egli i due bambini, poi tornò a guardare sua moglie. Sapeva che lei aveva ragione, ma di certo se fossero nati altri ibridi, non poteva permettere che subissero le stesse angherie che aveva subito Inuyasha. Doveva proteggere anche coloro che sarebbero venuti dopo, le generazioni future.
 
- Di certo questo non cambia le cose, non basta un solo essere per proteggerne altri cento. Dovrò fare in modo che i miei sudditi si rispettino a vicenda, sia tra gli esseri umani che tra i demoni. – Izayoi guardò suo marito in volto, aveva uno sguardo fermo, deciso. Aveva seriamente intenzione di migliorare le cose nel loro regno.
 
 
- Mi fido di te, tesoro. – Disse poggiandogli la fronte sulla spalla, Toga si sentì di avere un sostegno accanto a sé, ma in fondo, Izayoi gli aveva sempre dimostrato di sostenerlo in ogni decisione che lui prendesse, e ne era sicuro, tutto ciò non sarebbe mai cambiato, fino a che lei sarebbe rimasta al suo fianco.
 
Passarono i giorni e, piano piano, Sesshomaru con il sostegno di Inuyasha, si riprese. Il più piccolo gli era sempre stato accanto, non lo aveva mai abbandonato. Quando il piccolo demone si era rimesso in forze e, Inuyasha stava riacquistando un po’ di peso, visto che ormai poteva consumare almeno tre pasti al giorno, i due amici avevano preso l’abitudine di giocare insieme a palazzo. Passavano le loro giornate in questo modo, e la magione veniva riempita dalle loro grida di gioia. Molto spesso correvano tra i soldati, tra gli ospiti di un certo rango, che spesso si recavano a palazzo per parlare di questioni politiche con il loro padre. Perché, si, anche Inuyasha aveva preso a considerare Toga come un padre, il suo salvatore, il secondo, visto che il primo era stato Sesshomaru. E da un bambino solo ed emarginato, era diventato un bambino amato da tutti in quella dimora. Molto spesso quando alcuni sovrani venivano accompagnati dalle loro mogli, alcune si stupivano di vedere un mezzo demone a palazzo. Però dopo alcuni istanti di tentennamenti, le donne demone si lasciavano addolcire dall’aspetto di quel piccolo bambino, e dalle sue orecchie canine. Il povero bambino così, si trovava a venire stritolato da mille mani, che gli strizzavano le guance. Inuyasha trovava che tutte quelle attenzioni fossero eccessive. Così entrambi i bambini scappavano da quelle mani che sembravano avere mille tentacoli al posto delle dita, per rifugiarsi in uno dei giardini del palazzo, e li ci rimanevano per tutta la giornata, finché Toga non li andava a recuperare.
 
Un giorno, durane una delle loro fughe, Inuyasha, aprì una delle porte scorrevoli che davano su uno dei giardini, uno in cui non erano mai stati. Una voce lo fermò, Inuyasha si voltò a guardare Sesshomaru che stava correndo verso di lui, con un ghigno trasversale e gli occhi che brillavano. Non lo avrebbe ascoltato, sarebbe entrato in quel giardino comunque.
 
- Inuyasha, fermati, non aprire quella porta. – Non fece in tempo a corrergli incontro che l’altro era già sparito attraverso la porta.Quando Inuyasha si trovò nel giardino, ciò che si parò davanti ai suoi occhi era uno spettacolo più unico che raro. Molteplici alberi di ciliegio, che in quella stagione erano carichi di fiori, ricoprivano parzialmente l’intera area. Al centro, un albero solitario era distanziato dagli altri, che gli facevano da cornice. Davanti all’albero, poté scorgere una pietra, dove si intravedevano delle incisioni. Il  bambino come se fosse attratto da quell’oggetto da una forza a lui sconosciuta, si avvicinò. Quando fu abbastanza vicino da poter leggere  ciò che vi era scritto, si accovacciò, con un braccio si strinse le ginocchia al petto, mentre con l’altra teneva l’indice puntato, in modo da tenere il segno su ogni lettera per non perderne nemmeno una.
 
- I… Inu… ki… mi. Inukimi. Ta… i… sho… Taisho. – Stava appena imparando a leggere, da quando era arrivato a palazzo, gli avevano messo a disposizione un insegnate. Aveva imparato a leggere soltanto piccole frasi, ma quelle sulla lapide, benché con un po' di difficoltà alla fine era riuscito a distinguerle abbastanza bene. Da ciò che aveva appena letto, quello, gli sembrava un nome di donna. Taisho; gli vorticava nella testa quella parola che aveva già sentito. Poi ebbe un illuminazione, quello era il cognome di famiglia, quello che avrebbero fatto avere presto anche a lui. Sentiva Sesshomaru alle sue spalle, che lo aveva raggiunto, ormai arresosi dal poterlo fermare, dato che Inuyasha era già di fronte alla lapide. Il più piccolo che finalmente aveva capito di chi fosse il nome inciso su quella pietra, si voltò verso l’altro. – Era… era tua madre? – Chiese, anche se conosceva già la risposta.
 
- Si, mio padre ha fatto piantare questi alberi di ciliegio, perché i loro fiori erano quelli che lei amava di più. Alla sua morte, mio padre volle che la mamma rimanesse qui, che il suo spirito gli rimanesse accanto. Anche mio padre ne ha sofferto Inuyasha, sai. Ma poi è arrivata quell’umana, e lui sembrava come rinato. Invece io… invece io… – Inuyasha si fece più vicino all’amico che si era rabbuiato al ricordo della madre, e aveva abbassato la nuca. Fece un gesto che a lui sembrò naturale, prese una mano di Sesshomaru tra le sue, il più grande alzò la testa per guardare l’altro negli occhi. Egli ci vide molta comprensione nello sguardo di Inuyasha, che conosceva molto bene quel dolore.
 
- Io lo so cosa si prova Sesshomaru, la tua mamma ora non c’è più e nemmeno i miei genitori. Ma ora io ho te, sei stata l’unica persona gentile che ho incontrato da quando vivevo ne bosco, e mi hai donato tutto questo. – Disse indicando il palazzo e il giardino in cui si trovavano. – Non ti lascerò mai solo… Fratello. – Disse l’ultima parola con un emozione incolmabile nel cuore, e con le gote che gli si erano arrossate. Avere di nuovo una famiglia, era una cosa che non avrebbe mai pensato che potesse succedere a lui, un rinnegato della società. E ancora tutto ciò che stava accadendogli attorno, gli sembrava un sogno, un grande e magnifico sogno.
 

***

 
Passarono molti anni da quando Inuyasha era stato portato a palazzo da Izayoi e da Toga, diventati a tutti gli effetti i suoi genitori, ed ora portava il cognome della famiglia reale. Aveva ormai compiuto i quindici anni, mentre Sesshomaru ne aveva appena ventuno, entrambi erano diventati dei giovani molto belli e affascinanti. Ogni ancella del palazzo non poteva fare a meno di girare la testa al loro passaggio, per poterli ammirare, e i due erano consapevoli di ciò che provocavano in loro. Con i sensi sviluppati, potevano chiaramente sentire ciò che le ragazze dicevano sul loro conto.

Il loro rapporto già molto forte sin dall’inizio, col passare del tempo si solidificò diventando qualcosa di indissolubile. Toga, aveva deciso che entrambi i suoi figli avrebbero dovuto imparare a combattere, così divennero degli abili guerrieri. Avrebbero potuto affiancare il padre in battaglia se si fosse presentata l’occasione. Nel regno, in quegli anni, le cose erano cambiate, avevano iniziato ad esserci molti più mezzo demoni, che sembravano venire accettati dalla società in cui vivevano e Toga ne andava fiero. Era finalmente felice che tutto andasse per il meglio, nonostante ci fossero le solite teste calde che cercavano di mettere scompiglio in quella momentanea tranquillità. Fortunatamente, la mentalità della gente era cambiata umani e demoni avevano cercato di vivere in armonia, senza più guardare diversamente una relazione mista.

Il giardino dove vi era la tomba di Inukimi era diventato per Inuyasha e Sesshomaru, il loro rifugio preferito. Quando erano piccoli, si recavano li per giocare tra gli alberi di ciliegio, ma ora che non erano più bambini a loro piaceva stare delle ore sdraiati sotto quelle piante. Quel luogo dava loro un senso di pace e di serenità. Inuyasha, si accoccolava sempre tra le braccia del fratello, che gli circondava le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano gli scompigliava la frangia distrattamente. Molto spesso il più piccolo si addormentava in quella posizione, mentre altre volte quando era in vena di chiacchiere, rievocava spesso vecchi ricordi. Ma quel giorno aveva una domanda molto importante da porre al fratello, una domanda che premeva sul suo cuore. Forse poteva sembrare un po' sciocca dato che dei due, era il più giovane, ma sentiva che avrebbe dovuto esprimerla, doveva sapere cosa ne pensasse Sesshomaru, così gli domandò:

 
- Sesshomaru!? – Inuyasha aveva gli occhi chiusi, si stava godendo le attenzioni che gli stava donando il fratello, del tutto incapace di riaprirli.
 
- Mh!? – Si limitò soltanto a rispondere l’altro. Così Inuyasha sentì il bisogno di proseguire.
 
- Ma se dovessi morire, tu, ti ricorderai di me? Non farlo, non dimenticarmi quando non ci sarò più. – Il più grande si scostò per un attimo dal più piccolo per guardarlo in viso. Inuyasha, aveva aperto gli occhi, sentendosi orfano di attenzioni, visto che Sesshomaru all’udire quella domanda si era irrigidito e si era fermato da ciò che stava facendo.
 
- Non dire sciocchezze. – Disse con voce ferma, cercando di non far trasparire la minima emozione. Ma la domanda del più piccolo l’aveva colpito eccome, era arrivata dritta al cuore. – Non permetterò mai che qualcuno ti faccia del male, per nessuna ragione al mondo. Io ti proteggerò. – Disse mettendoci dell’enfasi in ciò che aveva appena pronunciato. Inuyasha si sentì rincuorato dalle parole del più grande, ma voleva che lui glielo promettesse
 
- È una promessa? -  L’ingenuità del più piccolo fece incurvare leggermente gli angoli della bocca di Sesshomaru in un flebile sorriso.
 
- È una promessa. – Ripeté per tranquillizzarlo. Dopo quelle parole, sentendosi più leggero, Inuyasha si addormentò tra le braccia del fratello, cullato da quel calore, e da quell’insolito vento che sferzava tra le fronde dei ciliegi.
 
Avrebbero vissuto insieme ancora mille vite forse, essendo entrambi esseri sovrannaturali, potevano vivere a lungo, combattere mille battaglie senza mai stancarsi. E il loro legame non si sarebbe mai spezzato, nemmeno la morte ci sarebbe riuscita, e Sesshomaru avrebbe protetto ad ogni costo il più piccolo, anche della sua stessa vita. Perché Inuyasha era colui che l’aveva riportato alla luce dal baratro in cui era caduto dopo la morte della madre, gli era immensamente grato, inoltre, lo considerava come un fratello ormai e per lui era diventato importante. Era qualcosa che andava protetto, e mai sarebbe venuto meno alle sue promesse, in fondo glielo doveva. Inuyasha gli aveva fatto sentire il rumore della sua  felicità, quando egli stesso se  ne era dimenticato, e allora fu come imparare a camminare di nuovo, questo non lo avrebbe mai dimenticato.
 
Tornarono spesso nel bosco in cui si erano incontrati, e ogni volta, venivano accolti da un forte vento. Inuyasha si sentiva come abbracciato dal soffio di quella  brezza, ma dopo poco, quell’aria gelida spariva e tutto tornava alla normalità  in quel bosco. Gli spiriti che lo avevano accolto a sua insaputa erano molto orgogliosi del giovane ragazzo che era diventato. Capirono che il demone a cui lo avevano affidato, infine, aveva mantenuto la sua parola, ed in ogni caso quegli spiriti non avrebbero mai smesso di vegliare su di lui.
 

                          





*Non ho sbagliato a scrivere eh XD. L'engawa è semplicemente, quella specie di veranda o di portico che corre attorno alle strutture degli edifici giapponesi =)

Angolo Autrice
Salve gente, l'ho messa sotto forma di fiaba, perché è l'impressione che mi ha dato mentre la scrivevo. Le immagini che vedete,  sono quelle che mi hanno ispirata a scrivere questa storia. Ultimamente quando vedo una loro immagine nel mio cervello si accende come una lampadina e inizio ad immaginarmi delle storie da scrivere, questa è una di quelle XD
Ma veniamo al dunque, vi sareste aspettati gli spiriti del bosco che affidano Inuyasha a Toga e Izayoi, io personalmente no, è un idea che mi è venuta sul momento.
Come sempre comunque spero che vi sia piaciuta =)


 
   
 
Leggi le 16 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Vallyrock87