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Autore: Helen_Rose    29/08/2021    0 recensioni
Primo tentativo di fanfiction solamente IRocco, sull'onda di una delle mie passioni di bambina, dell'amore per questa coppia e di quello che mi lega a tre persone speciali: Ambra, Virginia e Verdiana, che mi hanno incoraggiata fin da subito a cimentarmi in questa follia... E devo ringraziarle, perché avevano ragione da vendere! Buona lettura.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Irè, se non esci immediatamente da quella stanza e non la smetti di lamentarti, io ti giuro su San Vito e su tutto il calendario al completo che strappo quei biglietti!" gridò Rocco, spazientito - per non dire furioso -,  in modo che il messaggio arrivasse forte e chiaro a sua moglie, partendo dal corridoio - dove si trovava lui - fino ad oltrepassare la porta della loro stanza, in cui era rinchiusa da almeno un'ora. Il motivo? Non riusciva a decidersi sull'abito da indossare per quella serata a teatro; di conseguenza, finché non l'avesse stabilito, non avrebbe neppure saputo quale tonalità di ombretto abbinare, né quali scarpe. L'unica certezza era la borsetta: nera, semplice ed elegante.
Come se non bastasse, poi, invece di sbrigarsi nelle sue operazioni bibliche, si stava lamentando da ore di alcune clienti impossibili, della stanchezza, del male ai piedi; del fatto che, sicuramente, dato che Agnese - anzi, come la soprannominavano in famiglia, la Generalessa - avrebbe badato ai bambini insieme ad Armando, e avrebbero cenato e dormito da loro, li avrebbero messi a letto tardi per il troppo giocare e, in più, appesantiti dai sopraffini manicaretti della nonna. E chi avrebbe mai potuto convincere Diego e Diana, il giorno dopo, a ritornare alle verdure lesse e grigliate, e alla minestrina, che facevano tanto bene alla salute, per quanto fossero sicuramente meno invitanti della cucina un po' più pesante di Agnese? Insomma, le faceva piacere che fossero i "suoceri" a prendersi cura dei suoi figli, ma tendevano a viziarli in modo, a suo avviso, discutibile; e aveva stabilito un momento decisamente inopportuno per riaprire l'argomento. Rocco sapeva bene quanto Irene tenesse ad assistere a quella rappresentazione de 'Il Lago dei Cigni', essendo peraltro la prima uscita da soli che si concedevano da settimane ... Anzi, probabilmente da due o tre mesi, dato che, tra i figli, il lavoro - per la precisione, lo stakanovismo incurabile e imperterrito della moglie - e le incombenze quotidiane, erano o troppo occupati, o sfiniti, e si accontentavano di serate tranquille a casa quando i bambini erano a letto, o di uscite collettive con i loro amici, anch'essi con pargoli al seguito: generalmente, Salvo e Sofia, Roberta e Marcello, o Stefania e Pietro. 

Insomma, per una volta in cui stavano cercando di prendersi un momento per sé stessi, lontani da casa, la signora Amato / ex signorina Cipriani stava rendendo a suo marito la vita impossibile.
Sul punto di esplodere, Rocco ripetè la minaccia.
"Ma sei impazzito? Ci sono volute settimane di anticipo per ottenerli, e ormai ho quasi fatto!"
"Quasi? Scommetto che devi ancora toglierti i bigodini e finire di truccarti! Sono serio, Irè: sto per fare questi biglietti in mille pezzettini. Una parte verrà gettata dalla finestra della cucina, e l'altra dalla porta-finestra del salotto" - che dava sul lato opposto dell'edificio - "così ci metterai ore per ricomporli, lo spettacolo a quel punto sarà finito, e forse, per una buona volta, IMPARERAI A SPICCIARTI E A NON LAMENTARTI" tuonò, esasperato.
"Mamma mia, sei di una pesantezza allucinante. Eccomi, ci sono quasi"
"Allora, cos'hai scelto? Posso vedere?"
"Eh, secondo te ti renderei la vita così facile, dicendotelo subito? Immagina ..."
"Puoi. Avà, Irè, è tardissimo!"
"E va bene, allora lo vedrai direttamente" rispose infine, uscendo dalla stanza.
Quell'abito lungo verde smeraldo, con un disegno semplicissimo e quasi nessuna decorazione, impreziosito da un collier d'oro giallo con bracciali e orecchini abbinati e completato da tacchi a spillo alti, anch'essi dorati, era la scelta perfetta, accompagnato da un trucco semplice ma espressivo che, ovviamente, aveva il suo punto forte nei suoi occhi verdi da gatta. Portava corti i suoi ricci biondi da sempre, e forse, con un'altra pettinatura non sarebbe stata la sua Irene. Splendida. 

"Beh?" chiese, maliziosa, girando su di sé. "Che te ne pare? Ne è valsa la pena?".
Rocco deglutì, prendendo tempo. Dopo tutti quegli anni, e benché fosse bellissima sempre, vederla valorizzarsi in quel suo modo così personale, eppure efficace, lo sorprendeva ogni volta e lo estasiava. 
"Amunì, la prossima volta ci chiedo ai topini di Cenerentola di darti una mano" si schermì lui, sogghignando e porgendole il cappotto frettolosamente, per non darle la soddisfazione di trovarla irresistibile.
"Ah, ma bene; mi paragoni a una sguattera" finse di offendersi lei, accettando ciò che la mano di quel marito ingrato le porgeva. 
"Quannu mai, Irè: più che altro, somigli alla matrigna, sempre lì a dare ordini a tutti" sentenziò l'impunito, incapace di porre fine a quella serie di prese in giro esilaranti. Oramai, grazie a sua figlia Diana - o per colpa sua, a seconda dei punti di vista - conosceva a menadito quel cartone animato, così odiato dalla moglie peraltro, che non riusciva a persuadere la bimba del fatto che non fosse dignitoso pulire i pavimenti di casa propria, sottomessa a una vecchia megera, e che lei dovesse concentrarsi unicamente sulla parte del principe azzurro, bello e ricco ... Anche se, un giorno, l'aveva beccata nel dirle che, in realtà, fosse parecchio sopravvalutato. 

"Basta, sono io a dichiarare conclusa la serata, adesso. Niente 'Lago dei cigni'. So bene che non ti sto facendo poi questo gran torto; ti sei lamentato fin da quando ho acquistato i biglietti, credendo di farti una sorpresa gradita. Chissà chi mi avrà messo in testa il fatto che 'Tarzan' potesse scendere tra gli uomini" sentenziò, gelida, ripagandolo con la sua stessa moneta.
"No, no, chi stai riciennu ... Sono curioso di conoscere a questo Cia ... Ciacuschi ... Cianuri ..." 
"Sì, certo, Rocco: Tchaikovskij"
"Iddu. Allora, che facciamo? Andiamo?"
"E sia. Non metterti a russare a teatro, eh! Non farmi fare brutte figure, ti prego"
"A mia mi pari ca saremo invisibili, tra tutta chidda gente beneducata e in vista; ma comunque, stai tranquilla, farò il bravo". 



Sfidando le previsioni nefaste di Rocco, riuscirono sia a trovare parcheggio in breve tempo che a varcare la soglia del teatro con qualche minuto di anticipo, in modo da potersi accomodare con tutta calma in platea e godersi lo spettacolo. La sola idea di stare su uno di quei palchi "per ricconi" e, di conseguenza, dover ricorrere a quei "binocoli ridicoli" - come li definiva lui - per poter assistere davvero al balletto, lo faceva ridere a crepapelle; pertanto, si era accaparrato una posizione ottimale. 

A fine serata, passeggiando - con calma, finalmente - per raggiungere il parcheggio, a braccetto come erano soliti fare, mentre ironizzavano sul fatto che sembrassero un'anziana coppia, senza per questo abbandonare l'abitudine, si scambiavano le proprie impressioni in maniera rilassata. 
"Io te l'ho sempre detto, Irè, e continuerò a ripetertelo ancora: a mia, st'abitudine di far stare pure i masculi in calzamaglia mi pari ridicola. Avà, ho capito la modernizzazione ma qua sempre masculi e fimmine siamo"
"Ma che uomo evoluto! Quindi è solo questo aspetto e nessun altro che hai colto della serata? Complimenti, Rocco" lo rimbeccò Irene, pur ridendo di sottecchi. Sapeva benissimo che, oramai, si lasciava andare a certe affermazioni unicamente per fare lo scemo e tentare di mandarla su tutte le furie; ma ormai, non attaccava più.
"No, no: ho visto anche tutte quelle belle picciotte a cui si alzava la gonna di continuo mentre saltellavano per aria" aggiunse, dandosi un tono d'importanza, quasi fosse un'opinione da esperto, la sua.
A quel punto, però, i retaggi delle lezioni di danza classica che erano state impartite a Irene da piccola, per quanto le odiasse - mentre, in età adulta, da spettatrice, aveva riscoperto la passione per quel tipo di arte - riemersero inevitabilmente; dunque, non tardò nel correggerlo, acidamente: "Erano 'jeté', Rocco; alcuni 'grand jeté'. Dai, le basi"
"Ma che basi dovrei avere, Irè? Ripeto, sugnu masculo, io" sentenziò, trattenendo le risate; ora aveva sortito l'effetto sperato.
"Li hai visti anche tu, tutti quei ballerini, sul palco? Cos'erano, dei travestiti? 'Masculi erano', proprio come te" gli fece il verso, tornando all'atmosfera scherzosa di prima.
"E le 'belle picciotte' hanno dei costumi appositi, con delle mutande che nascondono qualunque cosa vi sia sotto, proprio per quando fanno quei 'saltelli' là"
"Sarà. Comunque, la mia preferita era quella che faceva il cigno nero. Mi sa che un pochetto ti somiglia, come carattere" proseguì lui, sull'onda della provocazione. 
"Ma che stai dicendo, scimunito!" protestò la moglie, dandogli una pacca sul braccio.
"Non è forse vero che pur di sottrarmi a Marina, a Maria e a tutta la fila di signorine che volevano accaparrarsi lo scapolo più ambito ... Beh, qua è difficile: da Partanna a Milano ... Insomma, il sottoscritto, ti sei finta buona, gentile e dal cuore d'oro?"
"Ma come ti permetti? A parte il fatto che c'erano giusto quelle due amebe in fila per te, e fortunatamente hanno capito da sole che dovevano smammare: una a Roma; l'altra s'è fatta suora, e ci siamo levati un pensiero, senza che io alzassi un dito. In secundis" - espressione che non lasciava più perplesso da tempo il suo Rocco - "io non ho finto proprio niente: SONO buona, gentile e dal cuore d'oro ... Raramente ..."
"Seh, avà, Irè: dopo tutti questi anni, ancora mi vorresti fare fesso? Lo sappiamo tutti, ma soprattutto io, che sei fatta di burro, tu. È solo che se, invece che a Odile, ti avessi paragonata a Odette, non mi avresti mai perdonato, perché idda è troppo moscia per i tuoi gusti; o forse mi sto sbagliando?" la sfidò suo marito, facendole l'occhiolino.
Irene rimase interdetta, quasi ammutolita. "Cioè, tu hai preso in giro per ore me e l'intera compagnia di ballo, ma conosci i nomi delle protagoniste della storia?"
"Nca ciertu. E conosco pure il nome del principe, anche se mi pare troppo simile a quello di Freud, e poi mi confondo. Chiddu scimunito, non la riconosce la zita sua?" sbottò, contrariato, ma sentendosi fiero di averla stupita. Era sempre stata l'unica a dargli credito fin dal primo momento, per quanto riguardava lo studio, ma data la sua scarsa propensione per tale genere di intrattenimento, non se l'aspettava proprio. 

"Vedo che Marcello esercita una buona influenza su di te" commentò Irene, compiaciuta e orgogliosa di lui.
"In che senso?"
"Roberta mi racconta spesso di come la aiutasse a studiare per gli esami, benché non si intendesse di una materia di Ingegneria che fosse una, naturalmente. Tuttora, se qualcosa cattura il suo interesse o le è utile per la sua carriera accademica, Marcello si informa sempre. Lei fa più fatica a ricambiare, per carattere, ma si sta impegnando parecchio. Tra noi due, invece, quella che attraversava il ponte dei nostri interessi differenti sono spesso stata io. Mi fa piacere vedere che ti sei incuriosito sulla storia del balletto"
"Le persone possono sempre cambiare, Irè, e tu lo sai meglio di chiunque altro. Anche se tante differenze le abbiamo colmate in due, avà; con quella testa dura che ti ritrovi e quel caratteraccio prepotente" sbuffò, per poi afferrarla improvvisamente e imprimerle uno di quei baci appassionati e voraci che si davano specialmente nei primi tempi del loro fidanzamento, ma tramite i quali, ogni tanto, gli faceva piacere rinfrescare a entrambi la memoria.
Non era da lui essere così esibizionista, ma d'altronde, se qualcuno avesse avuto obiezioni da fare, avrebbero potuto mostrare entrambi la fede; arrischiarsi a baciarsi in pubblico essendo entrambi sposati con altri sarebbe stato troppo, benché negli anni '70 esistesse il divorzio.
Quando, dopo un tempo indefinito, si staccarono, sorrise ripensando a come le domande di divorzio iniziarono a fioccare, quel 1 dicembre 1970, e a come, con tutta probabilità, il ragionier Cattaneo e la signora Silvia furono tra i primi a presentarla. Li conosceva abbastanza bene, li considerava brave persone ed era rimasto parecchio perplesso quando l'aveva scoperto, benché Armando gli avesse fatto una testa tanta sul diritto a cambiare idea, anche su un argomento così fondamentale - per entrambi - come il matrimonio ... Anche sua zia Agnese, naturalmente, ne sapeva qualcosa; ma raggiungere quel bel soggetto di suo zio Giuseppe in Germania era complicato.
Col tempo, dato che aveva seriamente rischiato di non poter stare con Irene, aveva capito che, se qualcosa o qualcuno davvero glielo avesse impedito, sarebbe uscito di senno; non sapeva se da lì a 10 anni avrebbe voluto stare ancora con lei, e forse non lo sapevano neppure Marcello, Salvo e tutti i suoi amici sposati, ma aveva una certezza: quello che avevano avuto e che avevano nel presente era impagabile, e non si sarebbe mai accontentato di una versione opaca e sbiadita di tutto ciò. 

Mentre lei gli accarezzava la nuca, non avendo ancora voglia di interrompere quel momento per percorrere l'ultimo pezzo di strada e salire in macchina - per quanto la prospettiva della casa deserta per la prima volta da anni fosse parecchio invitante - , ispirato dalle riflessioni appena fatte tra sé e sé, Rocco se ne uscì con una battuta che per qualunque altra sarebbe stata in qualche modo lusinghiera, ma che per Irene Cipriani-Amato significava sì, il fatto che nascondesse bene quel punto debole, ma anche vederselo rinfacciato a tradimento da quel marito temerario:
"Comunque, Irè, questa passione per il balletto non c'azzecca mica tanto con la tua natura selvaggia. Chi avrebbe mai detto che nascondi un animo romantico".
L'ira di Zeus quando inizia a scagliare fulmini e saette a tutto spiano non sarebbe neppure lontanamente paragonabile a ciò: "Romantica IO! Come ti permetti! Perché devi sempre rovinare tutto? Me ne vado"
"E dove, se rimandi sempre il giorno in cui inizierai a studiare per la patente?" replicò lui, sogghignando, sapendo benissimo di stare stuzzicando un altro nervo scoperto.
"Ma cosa vuoi saperne, tu, che sei uomo e fondamentalmente, a parte rari casi, ti appoggi a me in tutto e per tutto, cosa significhi badare contemporaneamente al lavoro, alla casa e ai figli! Chi ce l'ha il tempo per mettersi a studiare per prendere la patente; che tu avevi prima di ottenere la licenza elementare, alla faccia delle priorità" sbottò lei, furiosa e irritata non tanto perché Rocco le mettesse pressioni di alcun tipo, cosa che non aveva mai fatto e che non era lontanamente l'intenzione che si celava dietro alla sua battuta, bensì perché aveva ragione lui. Era molto impegnata, questa era la sacrosanta verità, ma non aveva neanche sufficiente forza di volontà; o chissà, forse per la seconda volta nella sua vita, aveva veramente paura di fallire in qualcosa/con qualcuno con cui si confrontava, perché ci teneva troppo.
Rocco inarcò un sopracciglio. "Grazie, Irè, per la precisazione. E poi, veramente, a mia mi pare di averti sempre aiutata"
"Sì, solo quando sono allo stremo delle forze e mi serve la gru per tirarmi su. Per il resto, per te è scontato che sia io a pulire e cucinare, e in più lavoro tutto il giorno" continuò la sua tirata, tipica di chi sente il bisogno di riversare frustrazioni e sensi di colpa su qualcun altro, esternando rabbia, dandosi a recriminazioni e lamentele che, in realtà, non sente e non pensa, perché il sovraccarico di tensione è eccessivo. 

Quando si fermò e prese fiato, si rese immediatamente conto di aver esagerato. "Perdonami. Sono esausta e sopraffatta. So di essere stata ingiusta. Tu ci sei sempre per me; e quando è toccato a te studiare, benché lavorassi, ti sei sempre impegnato tanto, senza mai lamentarti"
"Anche perché ho sempre avuto il tuo sostegno, Irè. C'è da dire pure questo" la interruppe lui, accennando un mezzo sorriso di riconciliazione. Una scenata del genere, ipoteticamente, avrebbe potuto essere strumentalizzata come ragione di divorzio ... Ma Rocco sapeva dare peso alle cose che realmente contavano; inoltre, se c'era al mondo una materia in cui potesse considerarsi esperto, era proprio l'arte di leggere tra le righe delle sfuriate e dell'erigere barricate da parte della moglie; sfuriate che sapeva abilmente placare e barricate che sapeva abbattere con facilità.
Lei era l'unico enigma che gli piacesse sciogliere con impegno e dedizione, anche perché ogni gioco ha delle regole e ogni problema può risolversi tramite istruzioni precise: e lui le conosceva già tutte quante.
"Ecco, adesso mi sento ancora peggio per averti urlato addosso in quel modo. Tu mi ami troppo e io non me lo merito" sbuffò Irene, al culmine del senso di colpa.
"Non dire minchiate, picciò. Guardami. Irè, guardami, avà, non farti pregare" la esortò, stavolta sorridendo a pieno viso e sollevandole delicatamente il mento.
"Io lo so che stai nervosa e arrabbiata perché non riesci a trovare il tempo per studiare. So anche che hai paura che non ce la farai, picchì sei ... Com'è che dite voi del Nord? 'Perfezionista'. Ma se anche uno scimunito come me ha imparato a guidare, non sta scritto proprio da nessuna parte che tu non ce la puoi fare. E poi, lo sai che ti aiuterei volentieri; come ti ho insegnato a smontare il sifone del lavandino, a piantare i chiodi, a cambiare le lampadine ... C'ho dei difetti, però sono un maestro paziente" asserì, strizzandole l'occhio, in uno dei rari momenti di autocompiacimento che si concedeva, poiché di fondo era insicuro.
"È vero, saresti un bravo istruttore" confermò Irene, ridacchiando. "Come sei stato un bravo studente, e come sei ... Beh, un bravissimo papà e un marito stupendo" si concesse di dire, in uno dei rari momenti di dolcezza che le venivano spontanei: era di dominio pubblico quanto Rocco tenesse agli ultimi due ruoli da lei citati, più che a tutti gli altri; quando poteva, spesso in modo indiretto, dato che se lo meritava, Irene si premurava di rassicurarlo a riguardo.
"Allora, che facciamo, cominciamo ora?" la esortò, energico, per passare alla pratica.
"Adesso? Di notte, col buio pesto e dopo un serata quasi" - sottolineò, impertinente - "perfetta? No no, per carità, che non vorrei terminarla sfasciandoti l'auto, che tu e Armando tenete come un gioiellino!" protestò con vigore, paventando il peggio.
"Come vuoi tu ... Però, una di queste sere lasciamo di nuovo i bambini ai nonni, dopo il lavoro" - si affrettò a precisare - "ma pure in pausa pranzo se riusciamo, e iniziamo"
"E va bene, signor maestro. Però, poi sarà meglio che mi iscriva a scuola guida, eh" 
"Sissignora. Non vorrei mai che diventassi troppo brava e ci venissero dei sospetti"
"Ci sentiamo sicuri di noi, oggi, eh?"
"Sono sicuro di te, prima che di chiunque altro o di qualunque altra cosa al mondo".
   
 
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