Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: _camus_    29/08/2021    3 recensioni
Sembri ancora lontana ed estranea, Sorella Morte, sovrasti come stella gelida al mio destino.
[Il viandante alla morte, Hermann Hesse]

Solitudini che si intrecciano all'ombra del Grande Tempio di Atene: il "prima" e il "dopo" la battaglia delle Dodici Case raccontati attraverso quattro diversi – ma collegati – punti di vista.
Storia completamente revisionata
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Virgo Shaka
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 15: aprile 1988. Maia

Capitolo 15: aprile 1988. Maia

 

 

 

 

 

Non si può misurare la perdita, il vuoto non ha confini.

Michele Ronchetti

 

 

 

 

 

La porta del salotto era chiusa, eppure le sentiva urlare come se si trovasse nella loro stessa stanza.

La mamma e la nonna non litigavano quasi mai, ma da qualche giorno sembrava non fossero capaci di fare altro.

«Pare che il Gran Sacerdote sia ormai prossimo alla morte e il Primo Consigliere non sta agendo con la sua abituale diplomazia. Le voci sono così varie e frammentate che neppure i vertici dell’organo di Coordinamento riescono a fornirci una versione univoca dell’accaduto. Però una cosa è certa: al Grande Tempio è successo qualcosa di terribile, mamma. L’intero Mondo Segreto è in subbuglio, dall’Africa alla Siberia, e io non ho alcuna intenzione di lasciarti portare Maia proprio nel bel mezzo del caos! Ha a malapena sette anni, per l’amor di Atena!»

«A Rodorio non si parla che del tradimento di Aiolos di Sagitter. La bambina è soltanto preoccupata per Aiolia, Eleni».

«È proprio questo il punto!» esclamò sua madre, inasprendo il tono «Nonostante siano trascorse quarantotto ore appena, il nome del Nono Custode è già diventato bestemmia; e tu vorresti accompagnare mia figlia da suo fratello? Sarebbe come esporci tutti alla gogna!»

Poi, abbassando la voce sino a ridurla a un sussurro, sospirò tristemente: «Mi piange il cuore ad ammetterlo, ma il destino di quella povera creatura è segnato per sempre; dal poco che so, sembra persino che nessuno voglia più fargli da maestro. No, anche ammesso che sopravviva, Aiolia non sarà mai cavaliere d’oro di Leo».

«Dovresti vederlo adesso, mamma: saresti felice di scoprire quanto ti sei sbagliata» pensò Maia, osservando il profilo di Aiolia stagliarsi magnifico nell’incerta luce del primo mattino; la stava aspettando appoggiato alla balaustra della terrazza panoramica di Rodorio, lo sguardo perso nel mare dinanzi a lui.

Oltre loro due, solo qualche gabbiano di passaggio. Si erano dati appuntamento lì e a quell’ora proprio con l’intento di non incontrare nessuno che potesse disturbarli: Maia non era ancora rientrata al Santuario e non voleva che confuse voci di corridoio precedessero il suo effettivo ritorno.

«Aiolia, sono qui».

«Lo so. Hai mantenuto la pessima abitudine di camminare trascinando i piedi».

Aiolia si voltò lentamente nella sua direzione, una mano stretta sulla ringhiera e gli occhi verdi dilatati come quelli di una fiera dubbiosa; Maia gli permise di studiarla senza fretta, quasi dovesse conquistarsi la fiducia di un gatto selvatico un po’ altezzoso, però era terrorizzata.

Si era ripromessa di accettare stoicamente qualunque trattamento avesse voluto riservarle, ma in quel momento realizzò che non sarebbe mai riuscita davvero a sopportare il disprezzo di ‘Lia.

«Perché ci hai messo tanto?» chiese infine quest’ultimo, dopo un tempo mostruosamente lungo.

«M-mi dispiace. Adesso abito ad Atene, e il primo autobus per Rodorio parte alle-»

«Perché ci hai messo tanto a decidere di farti viva

«Oh».

«”Oh”? È tutto quello che hai da dire?!» dinanzi al suo commento spaesato, Aiolia serrò i pugni «Dacché te ne sei andata, io sono sempre stato l’unico sciocco a sperare di ricevere tue notizie. Hai idea di quanto ho aspettato un tuo messaggio, una tua lettera, un tuo qualsiasi cosa che mi assicurasse che stavi bene?»

«No, non ce l’hai» continuò poi, senza attendere repliche «Mi sono sforzato di non pressarti, come volevano gli altri, e tu mi hai ripagato con quasi due anni di assoluto silenzio. Quando Shaka – Shaka! – mi ha detto che volevi incontrarmi, stavo quasi per dirgli di mandarti al diavolo da parte mia. E ora ti presenti qui con i tuoi “Oh” e quei capelli… »

«L-li sto facendo ricrescere biondi. Ci vorrà del tempo, il rosso è un colore d-difficile da mandar via».

Maia era così annichilita da quello sfogo che non aveva trovato nulla di meglio con cui ribattere: in fondo, Aiolia aveva ragione.

Era stata lei ad andarsene, maledicendo tutti coloro che avevano cercato di trattenerla; poi, troppo presa dal proprio dolore per soffermarsi a riflettere sulla possibilità che anche loro soffrissero, non si era più fatta sentire. Si aspettava forse un comitato di “bentornata”?

«Quant’è vero. I miei ci hanno messo un bel po’ a perdere quella terribile tinta arancione, ti ricordi?»

L’inaspettata dolcezza con cui Leo aveva pronunciato quella frase spinse Maia ad alzare la testa per poterlo guardare in faccia: i suoi occhi si erano fatti più morbidi e lucidi, come se fosse sul punto di piangere.

«Dannazione, Maia,» sussurrò quindi il cavaliere, avvicinandosi e sollevandola tra le braccia prima che lei potesse rendersene conto «mi sei mancata terribilmente».

 

*

 

 Scultoreo e imponente come la più pregiata statua di bronzo, Aiolos di Sagitter era stato la perfetta personificazione dell’antico eroe greco: quello che, figlio degli uomini, aveva ricevuto gloria immortale soltanto per la prodezza delle sue gesta.

Neppure Saga aveva mai potuto competere con la terrena solidità del Nono Custode: la mistica bellezza di Gemini era sempre risultata troppo inavvicinabile perché qualcuno, foss’anche il più valoroso dei guerrieri, vi si potesse identificare.

Da piccolo Aiolia era andato smisuratamente orgoglioso della sua stupefacente somiglianza col fratello maggiore, tanto da cercare di accentuarla in ogni maniera possibile: non contento di rassomigliargli solo fisicamente il futuro Leo aveva addirittura provato ad acquisirne i modi, imitando di nascosto la sua camminata e scimmiottando senza successo il suo tono baritonale.

A seguito della Notte degli Inganni, però, gli sforzi del bambino avevano preso direzione opposta quasi di punto in bianco; superati i primi momenti di nera disperazione, infatti, Aiolia si era smarcato dalla figura ormai maledetta di Sagitter con una velocità tale da far pensare che fosse il primo a credere ciecamente nel suo tradimento.

I toni gentili da lui appresi con tanta solerzia avevano ben presto lasciato il posto a un atteggiamento ruvido e un po’ strafottente che diventava aggressivo al minimo scherno; in luogo del suo caldo sorriso si era calato in volto una maschera di serietà e abnegazione che, all’inizio, nemmeno Maia e Milo erano riusciti a scalfire.

Aveva anche iniziato a pretendere di essere chiamato “‘Lia” in luogo di “Aiolia” e posto un tabù assoluto su qualsiasi argomento che riguardasse il suo scomodo legame di sangue, la cui ossessione aveva continuato a perseguitarlo persino dopo la – insperata, eppure desideratissima – investitura a Gold saint.

«La cosa peggiore di tutte era guardare dentro lo specchio e accorgermi che, negli anni, la mia faccia si stava facendo sempre più simile alla sua: come se, nonostante tutti i miei sforzi, fossi comunque destinato a trasformarmi in lui. Finché un giorno, preso dalla rabbia, ruppi lo specchio in mille pezzi e decisi di… tingermi i capelli».

«Davvero lo facesti per questa ragione?» chiese Maia sbigottita, drizzando la schiena.

Erano seduti su una delle tante panchine che fiancheggiavano il camminamento, sotto i rami frastagliati di un vecchio albero spoglio: a quell’ora il sole d’aprile era ancora troppo dolce per dare fastidio.

A dispetto della gravità dell’argomento, Aiolia si lasciò sfuggire una risatina: «Esatto. Che stupido, vero?»

«No. Ma non mi aspettavo che dietro quel colpo di testa ci fosse un motivo così serio».

Si ricordava benissimo di quel pomeriggio, quando Aiolia era uscito dalla Quinta Casa con una nonchalance inversamente proporzionale alla vividezza della sua nuova tinta mandarancio.

«Beh? Che avete da guardare?»

«Mah, non saprei. O ti hanno rovesciato un otre di succo d’arancia in testa mentre dormivi, oppure i miei occhi hanno decisamente qualcosa che non va. Tu che ne dici, ‘Mus?»

«Dico che non sono affari nostri, Milo».

«Certo che lo sono! Non posso andare in giro con uno conciato così, ne va della mia reputazione! Maia, ti prego, supportami almeno tu!»

All’epoca Maia non era riuscita a trattenersi dallo scoppiare a ridere, bollando la cosa come un bizzarro moto di ribellione adolescenziale; se avesse avuto il minimo sentore del reale significato di quel gesto, la sua reazione sarebbe stata certamente diversa.

«Per questo sono rimasto così sconvolto, quando ti ho vista. Mi hai ricordato me stesso – e la mia disperazione» sussurrò Leo, afferrandole con delicatezza una ciocca di capelli «Trovo insopportabile pensare di non esserti stato accanto in un momento simile».

«Si può dire che io sia stata mossa da motivi totalmente opposti ai tuoi. Coll’andare del tempo, mi sono resa conto che il suo viso stava sbiadendo dalla mia memoria ogni giorno di più. Non… potevo permettere che accadesse».

«Ha funzionato?»

Maia scosse flebilmente la testa, lo sguardo basso: «No».

«Già. Neppure con me».

Dopo quell’amara constatazione i due rimasero in silenzio per un po’, cercando forse di mettere ordine nei rispettivi pensieri.

Se Maia guardava al passato, poteva affermare di aver sempre avuto un buon rapporto con Aiolia.

Il suo carattere nient’affatto impulsivo le aveva permesso di arginare gli scoppi d’ira dell’amico nella stragrande maggioranza dei casi, permettendole di rimanergli affianco anche quando a tutti gli altri risultava inavvicinabile; non se l’era mai presa troppo per i suoi modi bruschi, che sapeva essere soltanto il frutto più evidente di un dolore né accettato né sopito – un dolore troppo grande e radicato per guarire grazie al mero scorrere delle stagioni.

Al netto di questo, tuttavia, era altrettanto vero che stare vicino al Leone spesso le era risultato pesante: non di rado bastava una sola parola sbagliata a scatenarne la reazione, come fosse stato una bomba a orologeria perennemente in procinto di esplodere.

Ora, però, la costante tensione che aveva caratterizzato il fare di Aiolia per lunghissimi anni sembrava essersi dissolta.

Non era una cosa di cui ti accorgevi subito: bisognava prestare attenzione a dettagli apparentemente di poco conto, come il tono di voce o la postura che prima soleva adottare, e confrontarli con la quieta serenità che adesso promanava dalla sua figura; quasi che un enorme giogo gli fosse rotolato via dalle spalle, lasciandolo finalmente libero – libero da sospetti, senso di colpa, paura, risentimento.

Libero di essere se stesso, né uguale né diverso da Aiolos di Sagitter.

«Come hai fatto?» gli chiese Maia all’improvviso, girando completamente il busto verso di lui «come hai fatto a sbarazzarti del rancore? Io ci sto provando disperatamente, ma è come se avessi uno spillo conficcato nel ventre. A volte punge tanto che non riesco a pensare ad altro».

La visita di Shaka aveva avuto l’indubbio merito di liberarla dalla teca di ghiaccio in cui da sola si era ibernata, ma tornare a sentire non era stato affatto indolore: in alcuni momenti il riaffiorare di certe immagini la colpiva così intensamente da paralizzarla, come se non fosse passato che un istante da quando, dopo essersi svegliata, Aiolia le aveva ricordato quanto accaduto durante la battaglia delle Dodici Case.

Quell’assurdo sentore di impotenza e ineluttabilità era l’emozione più terribile che avesse mai provato e rappresentava uno dei principali motivi per cui aveva lasciato il Grande Tempio; nonostante fossero trascorsi anni, dubitava di essere capace di fronteggiarlo senza lasciarsi sopraffare – ammesso, poi, che ci sarebbe mai riuscita davvero.

«Non me ne sono sbarazzato. È ancora qui dentro, sai» rispose il Leone, poggiandosi distrattamente una mano sul petto «solo che, come dire… morde con meno violenza. E meno spesso».

Poi abbassò lo sguardo su quello di lei, gli occhi carichi di consapevolezza e partecipazione: «Te lo dissi quel giorno, ricordi? Io so bene cosa significhi covare risentimento: l’ho fatto per quasi tutta la mia esistenza. Ci ho messo anni ad imparare come rimanere impassibile al cospetto del Gran Sacerdote, e altrettanti ne ho impiegati per sfilare accanto a Shura senza provare l’impulso di saltargli al collo; non puoi neanche immaginare quanto sia stato difficile resistere alla voglia di scoppiare, di cedere ai miei istinti peggiori – di diventare una bestia e ammazzarli tutti».

«Oh, sì che posso».

«Ovviamente, neppure Aiolos si salvava dalla mannaia del mio astio. Ma questo non diminuiva affatto l’odio che provavo per Capricorn, Arles e tutti i miei detrattori».

«”Provavi”?! Adesso che conosci la verità non è anche peggio?»

«Ti sembrerà strano, ma… no».

A quell’affermazione, la ragazza gli rivolse un’occhiata di sincero stupore: «In che senso?»

Prima di rispondere, il Leone dorato si prese un momento. 

«Scoprire che mio fratello non è morto nell’infamia del peccato mi ha dato un sollievo che non pensavo di essere in grado di provare» cominciò quindi, la voce rotta dall’emozione «Un sollievo tale da far scolorire tutto il resto. Io… »

Poi si interruppe, evidentemente sopraffatto.

«Va bene così, ‘Lia. Non serve che tu ti sforzi, credo di aver capito».

«Scusa: è difficile spiegarlo a parole. Però, è importante che la tua domanda trovi risposta. Mentirei, se ti dicessi che ho perdonato… ma la verità non è mai semplice come appare. Spesso la ragione non sta interamente da una sola parte: anche le azioni peggiori possono essere sorrette da motivi giustificabili».

«Peccato che saperlo non consoli» bisbigliò Maia, mordendosi l’incavo della guancia sino ad affogare il sapore di bile in quello del sangue «Anziché darmi pace, la consapevolezza non ha fatto altro che intorbidire ciò che avevo di più prezioso».

Dopo la scomparsa di Camus e il totale sgretolamento del suo personale universo, l’unica cosa che le aveva permesso di non naufragare del tutto era stata la purezza del sentimento che provava per Aquarius: nell’estremo tentativo di non affogare nella devastazione generale, si era aggrappata ad essa con la stessa tenacia di un religioso che protegga la reliquia più sacra dall’incendio della Cattedrale.

Aveva creduto che nulla potesse infangare l’altare su cui brillava l’effige di Camus; nulla, tantomeno banale razionalità. E invece…

«Quando l’abbacinante dolore dei primi tempi ha cominciato ad attenuarsi, mi sono accorta di non riuscire più a pensare a Camus senza addossargli una parte di responsabilità. Il ricordo del suo volto, della sua voce, di quanto abbiamo vissuto insieme ha iniziato a mischiarsi sempre più c-coi terribili attimi all’Undicesimo Tempio, costringendomi ogni volta a domandarmi come sarebbe stato se… se solo si fosse fermato prima».

Un solitario refolo di vento le spinse i capelli sulla faccia, guizzo rossastro nell’aria chiara – «La fiamma sbiadita di ciò che è stato».

«Realizzare di come sia andato incontro alla morte pur sapendo di essere in torto mi ha fatto nascere il dubbio di averlo amato unidirezionalmente. Quale senso ha avuto la mia levata di scudi sulla sua memoria, se è stato proprio lui a scegliere di…?»

Maia sapeva che il suo era un discorso contorto e confuso, ma si sforzò comunque di continuare: desiderava ardentemente che Aiolia comprendesse. Che potesse darle il conforto cui tanto aspirava. 

«La verità è che mi sembra di aver sofferto – e di soffrire – per un sentimento che non è mai esistito. Eppure, nonostante questo, continuo a provare un malessere sordo che non mi dà tregua: ce l’ho nella testa, nello stomaco… dappertutto. Non riesco più a difendere Camus incondizionatamente e, al contempo, non sono ancora capace di rassegnarmi. C-cosa diavolo dovrei fare?»

«Shaka ci aveva visto giusto… incredibile!» mormorò Aiolia a quel punto, apparentemente perso nelle proprie riflessioni; poi, riscossosi, la strinse a sé con fare protettivo. Maia gli si acciambellò contro volentieri: aveva sempre trovato rassicurante la determinazione dell’amico, confortevole e calda come il colore ambrato della sua pelle.

«Il cordoglio non ha motivi né confini, Maia. Non saranno uno scopo, una fonte o una ragione a renderlo meno atroce: l’assenza di una persona importante fa male a prescindere. Puoi benissimo avercela con Camus e, allo stesso tempo, continuare a provare dolore per la sua scomparsa. Una cosa non esclude l’altra».

«Comunque,» proseguì poi, scrutandola dritto negli occhi «io non credo che lui non ti ricambiasse. Cam era solo… troppo attaccato ai propri ideali – tanto da morirne. La decisione che ha preso non ha nulla a che fare coi suoi sentimenti per te».

«”Tutto ciò è avvenuto per colpa della mia ostinazione”: è questo che mi ha detto, prima di morire. Faticava persino a respirare, ma il suo viso aveva un’espressione mai vista. Così… serena».

Fra la miriade di dettagli che ricordava di Camus, l’immagine del suo sguardo trasognato a pochi istanti dalla fine capeggiava indiscussa: era stato allora che aveva capito di averlo perso per sempre.

 «Maia, guarda quella luce… c’est si belle, n’est-ce pas?»

Non parlò del resto: non delle promesse, non di Milo. Le mancò la forza.

Aiolia, che la stava ancora fissando, sembrò percepire la sua reticenza; tuttavia, ebbe l’accortezza di non indagare.

«Credo di sapere il perché» disse invece, scandendo lentamente le parole «Probabilmente stava guardando Lei».   

«L-lei… »

«Sì, Lei» proseguì il Leone, la voce traboccante di adorazione ed orgoglio «Contrariamente a quanto credi, Atena ha tentato con ogni mezzo di salvare – anche – i nostri caduti. Ma essi Le erano troppo distanti: quando la Sua luce li ha raggiunti, le loro anime stavano già rispondendo al richiamo dell’Ade. Non è stato possibile riportarli indietro».

«Come fai a esserne certo?»

«L’abbiamo percepito».

Gli occhi di Aiolia, da soli, erano in grado dire molte cose: tutte, eccetto le menzogne.

In quel momento guardarli faceva un male terribile, eppure Maia non riusciva a smettere.

Voleva credergli e, allo stesso tempo, aveva timore di farlo.

«Quelli che affollano il tuo cuore sono dubbi troppo intensi perché io possa sperare di dissiparli, Maia. Nessuno di noi ne sarebbe capace. C’è solo una persona in grado di darti le risposte di cui hai bisogno».

All’affermazione, la ragazza sentì un brivido salirle lungo la spina dorsale.

«La Dea sa che oggi sono qui. Le ho parlato di te: desidera incontrarti».




 

Note dell’autore

Bentrovati!

Se dovessi assegnare una collocazione al presente aggiornamento, direi che esso rientra di diritto fra i classici capitoli di transizione; benché la trama di questa storia non sia esattamente delle più avvincenti (XD), ogni tanto è comunque necessario non far succedere praticamente nulla.

Nell’ambito di Sorella Morte, Aiolia è sempre stato il primo dei personaggi secondari: l’ho fatto comparire in quasi tutte le vicende messe in campo, spesso assegnandogli il ruolo di spalla (per Milo) o di “avversario” (per Shaka), ma non mi ci ero mai soffermata meglio.

Quando penso al cavaliere del Leone, la primissima cosa che mi viene in mente è un amico fidato; se Virgo si è dimostrato l’unico in grado di scuotere emotivamente Maia, nell’attuale stato dei fatti soltanto ad Aiolia ella avrebbe potuto confessare apertamente i propri dubbi – ancora troppo “umani” perché uno come Shaka potesse comprenderli e/o condividerli.

Spero che non abbiate trovato forzato il parallelismo fra la situazione di Maia e quella di Leo: a mio avviso, escludendo il cruciale dettaglino circa il torto o la ragione dei rispettivi cari estinti, entrambi sono vittime di eventi più grandi di loro, ed entrambi sono stati costretti ad avere a che fare con rancore e perdono.

Adesso, al solito, s’impone(?) qualche considerazione più mirata:

- "Il Gran Sacerdote è [...] e il Primo Consigliere [...] diplomazia" : siamo due giorni dopo la Notte degli Inganni. Saga, che ha già ucciso sia Shion che Aiolos, si sta "improvvisando" Primo Consigliere (eliminato a suo tempo) in attesa di inscenare la morte del Gran Sacerdote e prenderne definitivamente il posto. L’organo di Coordinamento citato dalla madre di Maia è un ente di mia invenzione, che vorrebbe fungere da raccordo tra il centro di potere del Santuario e i rappresentanti delle famiglie custodi;

-  «Quant’è vero. I miei ci hanno messo un bel po’ a perdere quella terribile tinta arancione, ti ricordi?» : isolata ed estemporanea citazione ad Episode G, dove Aiolia sfoggia dei capelli rossissimi. Mi sono divertita a immaginare che Leo si sia servito dell’Henné (più pratico e veloce della classica tinta): io – che ho i capelli un po’ più chiari di lui – l’ho usato una sola volta, ma ricordo ancora benissimo l’inquietante sfumatura arancione che è venuta fuori quando, dopo qualche lavaggio, ha cominciato a stingere;

-  «”Tutto ciò è avvenuto per colpa della mia ostinazione” e «Maia, guarda quella luce… c’est si belle, n’est-ce pas?» : frasi tratte dal capitolo 10, parte II;

- L’idea che Atena abbia cercato di riportare in vita anche i cavalieri d’oro caduti (e non soltanto i propri seguaci di bronzo raccomandati ) è frutto della mia fantasia: non so (o non ricordo) se corrisponda o meno a verità.

Ebbene, anche questo giro di giostra è andato; fatemi sapere che ne pensate, se vi va. Ne sarei felice!

Un abbraccio,

Irene

 

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: _camus_