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Autore: Noa    30/08/2021    2 recensioni
Storia che segue i primi due Libri della saga, fino alla fuga di Thorn dalle prigiorni nel libro "Gli scomparsi di Chiardiluna". Si incentra su una diversa problematica investigativa dei segreti degli spiriti famigliari e del misterioso Dio/Mille-facce.
Thorn fa ritorno a Polo pronto ad affrontare il suo processo, ma troverà una situazione davvero unica ed inattesa.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'incidente con Sir Henry ebbe i suoi contraccolpi. Lady Septima sfruttò ogni cavillo dei loro vasti regolamenti per cercare di bloccare gli Eruditi a Babel, cosa che costrinse Astarte ad uno scontro a muso duro con i Lord di Lux. Anche questo ebbe un costo per Ofelia, l'ira dell'Arbitrante aveva sempre un prezzo e di riflesso Ariane diventava intrattaibile e poco collaborativa. La pena fu il silenzio questa volta e stranamente fece male.
Assurdamente Ofelia sentiva di aver bisogno del rimprovero del suo maestro, l'Alchimista sentiva di averne bisogno. La Lettrice forse l'aveva fatta franca, ma il dissidio non aiutava, mai come in questo momento si sentiva spezzata nei suoi due esseri e mai come ora condividere i sogni ed i pensieri dell'Altro era un sintomono destabilizzante.
Eulalia ovviamente non tacque in tutto questo. Da quando aveva toccato e dormito sulle pagine datele da Thorn, la ragazza si ritrovava spesso persa in pensieri non suoi o a sognare ad occhi aperti. I bambini. I dannati bambini erano la chiave di tutto, ma le emozioni dell'Altro erano così intense e sconquassati, i ricordi così vividi e travolgenti da rendere impossibile per la Lettrice una chiara comprensione della situazione.
Negli stralci di rimembranze e negli scritti, Eulalia era troppe cose diverse. Una specie di istitutrice in un orfanotrofio, una maestra di vita, una scrittrice frustrata, una divinità. L'unico filo chiaro che non si intrecciava in troppe varianze erano le note del Portiere, e la sua paura. Il terrore estremo per uno degli infanti era la cosa più nitida.

"Fottuti ragazzini, e se da re del mondo ne divenissero despoti? Quel fottuto ragazzino, lui è diverso."

"Ci sarà una volta, fra non molto tempo, un mondo che vivrà finalmente in pace”.

Un mantra fastidioso ormai, con cui Eulalia la tormentava senza sosta. E c'era qualcosa di disperato nel concetto di pace che intendeva, come se fosse più qualcosa di simile ad un'ultima speranza che un mero augurio. Fu allora che la Lettrice ebbe un'epifania: Dio aveva creato i misteriosi bambini, ma evidentemente non aveva condiviso con l'Altro dove sarebbero potuti arrivare e come il portiere viveva corroso dalla paura, anche Eulalia era sfregiata dall'incertezza.
La mattina del terzo giorno, Ofelia riemerse dalle sue letture estenuanti decisa a dare una svolta all'impasse in cui si era cacciata. Aveva bisogno di leggere i fogli di Thorn, ma nel senso più classico del termine, senza emozioni, ricordi o visioni annesse, solo le parole, in modo da valutare di logica a cosa fosse di fronte, senza i sussuri molesti dell'Altro ad intrecciarle i pensieri.
Questo però richiedeva un aiuto esterno, e l'aiuto era complicato.

-Quindi pensate di aiutarmi oppure no?- spazientita Ofelia, non voleva giocare ad un logorante tira e molla dialettico con Mediana, aveva troppo poco tempo al momento.
-Dipende- disse lei con tono suadente e fastidioso al tempo stesso, - voi pensate di darmi Sir Henry come promesso?-
-Siete seria? Dopo quello che è successo non pensate che abbiamo scoperto qualcosa di importante per il nostro fallimentare piano?- ritorse l'Alchimista con quanta più determinazione le era possibile, il tono convincente e la postura ferma.
-Voi avete fatto un'idiozia, è innegabile, ma direi che possiamo aggirare le cose. Il piano è ancora in corso-
-Il piano è naufragato!- sbottò, brutto errore, -il vostro prezioso Sir di Lux è pieno di artefatti, non possiamo tentare ulteriori manovre, sto ancora pagando le precedenti ripecussioni- la voce saliva di tono e Ofelia fu certa che l'apprendista l'avrebbe registrato, doveva essere meno emotiva, meno appassionata, era un problema tattico non altro. Difficile.
Nella sua testa risuonava il mantra: non puoi toccare Thorn!
-Questo non è un mio problema, un accordo è un accordo. E io non ho ancora messo le mie mani su Sir Henry- suadente, volutamente tale, insinuante. Ofelia si ritrovò in imbarazzo, finendo per sentirsi una ragazzina sciocca.
Il suo rapporto con Thorn era tante cose, tutte molto platoniche e caste. Erano passati anni e si era interrogata anche su questo aspetto della sua disastrosa vita coniugale, Ariane aveva commentato ampiamente in proposito, ed in modo stranamente cauto anche Astarte aveva detto la sua.
La sua attrazione per il Drago era... ineffabile. Non definita.
-Non ho modo di aiutarvi, non al momento- tagliò cortì di botto la lettrice, mentre la sua mente vagava in concetti non utili alla situazione. Incrociò le braccia al petto e fissò Mediana.
-Pensate ad un modo e ci accorderemo meglio- non cedeva e ora sembrava anche più ostinata.
-Benissimo mi troverò qualcun altro- azzardò un bluff Ofelia, era alle corde, - infondo sappiamo tutte e due che il vostro sapere è nato da uno scambio, non da conoscenza realmente acquisita- pungolò con un che di perfido, alla Astarte. Tocca dove fa male.
-Se fosse così facile lo avreste già cercato- nascondeva l'incertezza, ma questo era un recupero.
-No, voi eravate la scelta più facile, salirò di livello, non mi lasciate scelta no?- ammiccò persino l'Alchimista, il suo mentore avrebbe potuto dirsi fiero. Thorn e l'imbarazzo accantonati da un lato e totale concentrazione sull'evento in corso.
Il tocco finale fu fare due passi laterali, come ad accennare il congedo prossimo.
-Vi darò un indizio- ruppe lo stallo Mediana, rabbiosa sottopelle per la quasi sconfitta, -non tutta la lettura, mostratemi la pagina. Una sola- perentorio l'appunto finale.
Ofelia capì subito che non avrebbe ottenuto altro e si limitò a mostrare la pergamena.
L'apprendista si sporse flessuosa, si prese un lungo momento per valutare cosa dirle, come ridurre all'osso l'indizio.
-Sono titoli e piccoli pezzi di sinossi. Testi di un certo E.D.-
-E.D.?-
-L'autore- tono derisorio.
-Simpatica, ma capite che è vagamente inutile tutto questo-
-Siete voi che mi avete dato questa pagina, non io- sogghignò l'altra, tronfia della stoccata inflitta.
La Lettrice sbuffò, poi si ricordò parte di uno dei sogni e mossa quasi da un'entità esterna indicò un rigo oltre la seconda metà.
-Questo, se proprio deve essere inutile, vediamo di capirne uno- riuscì a fingere una voce disinteressata, sconfitta magari, visto il fallimento nell'ottenere informazioni. L'ego di Mediana ne ebbe giovamento.
-Come volete, alchimista- sfottè sorridendo furbetta, sporgendosi. - direi, non il migliore della lista: l'Era dei Miracoli. È un racconto che descrive gli inizi del nuovo mondo, come progetto o come visione. Questo E. D. non era un autore molto originale da quel che leggo qui. Perché vi interessano i suoi libri?-
-I perchè non sono parte della nostra cooperazione, e qui continuiamo nell'inutile. Comunque va bene, mi ritiro, spero avremo un'occasione con sir Henry, ma non sono certa sarà fattibile- Ofelia volle ribadire gli impedimenti del tutto.
-Dovete – calcò, - trovare il modo-
-Per tutte le famiglie Apprendista! Perchè non provate a sedurlo come con alcuni degli altri- questa uscita fu più graffiante, esasperata persino, ma la ragazza rise.
-Perchè sir Henry non sembra essere umano. Non ha pulsioni o attrazioni, solo dedizione metodica-
Lo disse piattamente, come se fosse ovvio per tutti, ed era così al Memoriale, ma la cosa tragica è che la descrizione calzava tragicamente a pennello che fece male ad Ofelia. Thorn l'amava e sembrava attratto da lei, ma niente poteva invadere i suoi piani. Stupidamente si bloccò.
-Pensieri strani Alchimista?- sfottè di colpo Mediana.
-Solo irritati, è tutto più complicato. A presto allora- dovette congedarsi rapidamente o la facciata non avrebbe più tenuto. La Lettrice avrebbe sbottato in difesa di Thorn come un'adolescente infervorata per la sua prima cotta.
Nell'allontanarsi a spron battuto però, Ofelia si ritrovò a fare i conti con le sue emozioni. Nel suo animo si sentiva ragazzina e dopo gli anni passati ad Albedo, il senso di banalità di una prima cotta finita strana prendeva brutte pieghe nella sua mente, antri oscuri. Come se Thorn, a causa delle catastrofi che li avevano coinvolte, fosse diventato l'amore indiscusso che si imponeva di avere e non viceversa, che il suo amore fosse indiscusso anche nelle catastrofi.
Umiliante.

...

Il giorno dell'incontro arrivò fin troppo rapidamente. Il quartiere residenziale abbandonato aveva un che di sinistro e l'ordine delle strade non aveva un senso logico, trovare il numero 23 Terzo in vicolo chiuso fu un giro dell'oca non da poco, tant'è che Ofelia si prese in pieno un acquazzone estivo che la ridusse in uno stato pietoso di pulcino infradiciato. Senza la divisa cremisi da Alchimista si sentiva più piccola persino.
L'abitazione fatidica accolse la ragazza con una gracchiante voce di radio, che la mise sul chi vive:
«DOPO LA PIOGGIA IL BEL TEMPO».
Ofelia scoprì da dove proveniva. Un manichino articolato era in piedi contro la parete, così rigido, sottile e immobile da fondersi gli appendiabiti e gli armadi. Più esattamente la voce gli proveniva dalla pancia, dotata di forellini, mentre la testa era priva di occhi, naso e bocca. Come unico abbigliamento indossava una specie di berretto da capostazione con la scritta “visita guidata” ricamata sopra. Un automa.
Non osò chiamare Thorn, limitandosi ad insinuarsi nell'abitazione, che all'interno mostrava molta più integrità e cosa strana, aveva dell'accogliente. Non era un delirio di cocci e decadenza, come se qualcuno si prendesse la briga del suo mantenimento.
Passando dall'ingresso ncrociò lo sguardo del suo riflesso su uno specchio rotto fissato direttamente al muro. Per un attimo si osservò gli occhiali colorati di un grigio depresso, l'aspetto disastrato dal temporale ed i capelli appiccicati al viso. Un impiastro.
-Siete in ritardo, sapete?-
La voce metodica dell'Intendente la raggiunse e per Ofelia fu un battito mancato. Di nuovo si sentì ragazzina impedita, trovandosi a farfugliare invece che dire qualcosa di fermo e sensato.
-Qualcuno vi ha seguito?-
La domanda le diede fastidio, o meglio diede fastidio all'Alchimista.
-Non che io sappia-
-Ottimo. Non saremo disturbati- nonostante tutto controllò che fuori, sotto la pioggia, non ci fosse nessuno.
Ofelia osservò circospetta il profilo ombroso di Thorn. Si era pettinato e rasato, e aveva elegantemente sistemato l’armatura della gamba con il pantalone, quasi a ridurre al minimo la visuale di questa. Non aveva l’aspetto di un uomo bistrattato preso solo da numeri e lavoro. Dentro di sè la ragazza apprezzò il tocco, ricordandosi subito dopo di essere grondante d'acqua.
-Vi accendo una stufa, venite- propose lui impacciato. Non gli veniva naturale essere premuroso, erano gesti costruiti, non fluidi.
La lettrice lo seguì verso un ampio divano, nei pressi della stufa. L'accensione di questa si stava predendo il ruolo di protagonista nella loro conversazione così lei si sentì in dovere di parlare.
-Venite spesso qui?-
-Non ultimamente- troncante, come sempre.
Ofelia continuò.
-E' molto pulito, per una casa abbandonata-
-L'automata è programmato per la manutenzione, fa tutto da solo-
-Anche se non siete il proprietario?- stranita, la curiosità da Erudita a volte usciva e schiacciava le emozioni incespicante della ragazzina dentro di lei. Quella che era ancora al Polo, con il cuore in gola.
-Parrebbe... la casa è il prorietario, per quanto possa avere senso-
Niente non si andava avanti, l'Intendente era incriccato con la stufa e si impediva di voltarsi a guardare Ofelia. Questa era davvero infreddolita e fu lieta delle vampate di aria calda, ma non aveva cambiato tre trasporti per un imbarazzato silenzio.
-Io...-
-Vi porto qualcosa con cui asciugarvi un po', scaldatevi- l'ancipitò lui in un pessimo incastro di tempistiche. Con passi ampi fu fuori dal salotto. La ragazza sospirò frustrata.
Alla fine si godette il calduccio e si sfilò la casacca e le scarpe, restando spartanamente in camicia e pantaloni. Stava lavorando sul rabboccarsi le maniche quando un tono acciaio dell'altro la bloccò.
-Cosa state facendo?- era sconcertato e allarmatissimo, la presa sul'asciugamano di spugna serrata.
-Chi? Cosa?- perplessa si guardì intorno come in certa di un intruso.
-Voi per il cielo, voi! Che fate?-
-Sono fradicia, spero che qualcosa si asciughi- la risposta uscì disinvolta, come era disinvolta a girare mezza svestita durante l'addestramento. Il pudore era cambiato e non era cambiato, dipendeva dalle situazioni.
Di colpo però fece mente locale allo sconvolgimento di Thorn quando gli aveva chiesto di togliersi la camicia e computò. Effettivamente la camicia bianca era trasparente e lasciava in bella vista cosa c'era sotto, non granchè a dire il vero, ma non era questo il problema al momento.
-Passatemi l'asciugamano per favore- disse infine coprendosi al meglio e porgendo la mano. Lui eseguì a distanza, come se stesse trattando con un qualche animale randagio.
-Meno male che siamo sposati- uscì da sola, sarcastica purtroppo, un commento tipico per l'Alchimista, non per la Fidanzata del Polo.
-Vi spogliate spesso con uomini nei paraggi?- la domanda era vibrante e gli occhi duri come l'acciaio.
-Secondo voi?- tono seccato, non voleva litigare, non voleva proprio.
La risposta era "si", ma con circostanza attenuanti, qualcosa che non poteva spiegare in un dialogo frontale con l'Intendente.
-Temo di non avere la risposta- insistette altero
-No, non mi spoglio con uomini in giro- rispose un po' con sufficienza, ma evitò toni troppo irritanti, non voleva una caduta libera in un litigio, non ora. Non dopo aver fallito con i documenti.
-Potete girarvi sono coperta- annunciò infine. L'ampia servietta si era fatta tipo un vestito, e così aveva potuto mettere la camicia ad asciugare per intero.
Thorn sembrò a disagio anche da questa manovra, ma non criticò, rigidamente si sedette all'altro capo del divano. Ci fu di nuovo uno strano silenzio.
-Lady Septima?- chiede lui per andare su qualcosa che sapeva gestire.
-Ancora in attesa di sentenze addizionali- rispose lei, delusa forse, ma questo era Thorn e il suo modo di gestire l'eccesso nelle emozioni.
-Capisco-
-Ho "letto" le pagine, per quanto possibile. Credo che ci siamo, ma i libri sono un problema, quale sia il libro davvero necessario è complesso, a quanto pare però avete tutti i titoli che vi servono, o tra quelli che avete vi è quello che vi serve- cedette al lato tattico del loro incontro, il tono meno depresso e più focalizzato. Con una mano intanto si strizzava e strigliava i capelli rossicci bagnati.
-Spiegatevi meglio- ecco il preciso Intendente deciso a districare l'inghippo, le emozioni impacciate di colpo svanite, si era persino girato verso Ofelia. Questa intanto aveva aperto la borsa e mostrato le pergamene.
-Ve le rendo- disse pacata, - il testo che vi serve è l'Era dei Miracoli, lo dico perchè parla della creazione del nuovo mondo e andando di logica è quello che definisce Dio e le famiglie, ma non ho modo di saperlo senza toccarlo. L'Altro però sembra molto legato al concetto- nonostante tutto cauta nel confessare di Eulalia, aveva sempre timore, nonostante si fidasse di Thorn.
-L'Era dei Miracoli- ripeté lui pensieroso, alzandosi un secondo per tornare con altri fogli e taccuini. Le si sedette ancora più vicino.
-Questo?- chiede vibrante, come ad un passo da una soluzione tanto cercata.
Aveva appena porto ad Ofelia una specie di disegno a tempere, che ritraeva la copertina del libro. Quello che sarebbe stato un libro per bambini con la copertina rosso porpora e il titolo in maiuscole d’oro:
CRONACHE DEL NUOVO MONDO
L’ERA DEI MIRACOLI
SCRITTO E STAMPATO NELLA CITTÀ-STATO DI BABEL
E. D.

Non appena Ofelia toccò il fin troppo elegante disegno il libro fu li, direttamente tra le sue mani.
-Come è...-
-L'Altro- disse Thorn con un sospiro di vittoria, - lo sapevo che non era più in giro, non per tutti almeno-
-Che volete dire!- smarritissima di colpo Ofelia.
-Qualcuno di Terra d'Arco ha cambiato lo spazio del libro, ma non solo, lo ha fatto con un sistema di riconoscimento. L'Altro evidentemente è ammesso alla lettura- pensieroso, preoccupato forse, il viso teso in un'espressione severa.
Ofelia non riuscì a reprimere il leggero brivido che nonostante i guanti le passò sulle dita mentre apriva quel libro che aveva originato così tante bramosie e disgrazie. Individuò sul risguardo il timbro del Memoriale. Non era un’esperta di carta come la zia Roseline, ma fu affascinata dall’eccellente stato di conservazione. Era difficile credere che risalisse a prima della Lacerazione. Possedeva forse le stesse misteriose proprietà dello specchio sospeso all’interno del globo del Secretarium?
Scorrendo le prime righe, non si stupì di poterle recitare a memoria:

Ci sarà una volta, fra non molto tempo, un mondo che vivrà finalmente in pace.
Allora ci saranno nuovi uomini e ci saranno nuove donne.
Sarà l’era dei miracoli.


Voltò le pagine una dopo l’altra con un’incontrollabile sensazione di familiarità, come se in passato l’avesse sfogliato più volte. Non aveva bisogno di leggere la storia per ricordarsela. Le tornò in mente che era divisa in venti brevi novelle, e che ognuna di esse raccontava la nascita di una nuova famiglia: i signori degli oggetti, i signori delle menti, i signori degli animali, i signori del magnetismo, i signori del verde, i signori della trasmutazione, i signori dell’incanto, i signori della divinazione, i signori della folgore, i signori dei sensi, i signori delle acque calde, i signori dei fenomeni tellurici, i signori dei venti, i signori della massa, i signori della metamorfosi, i signori della temperatura, i signori dell’onirismo, i signori della fantomizzazione, i signori dell’empatia e i signori dello spazio. Venti famiglie, venti poteri.
Erano racconti, solo racconti, ma i nomi, i luoghi citati, tutto era fastidiosamente reale. Una volta accettata l’idea rivoluzionaria che E. D. fosse riuscito ad anticipare l’avvento del nuovo mondo in un’epoca in cui le arche ancora non esistevano, le storie in sé non avevano alcun interesse. Non c’erano le istruzioni per assurgere al rango di Dio.
-Solo storie? No, no... forse l’informazione che stiamo cercando è in codice, forse è solo... - panico frenetico, erano arrivati così vicini ed era solo un vicolo cieco?
Thorn però non rispose, era totalmente concentrato sulle pagine che fotografava con gli occhi facendole sfilare a tutta velocità fra le dita. Era davvero una macchina in questo. Arrivato alla fine rimase per un po’ curvo sul divano, poi rivolse lentamente, molto lentamente, il suo naso da aquila verso Ofelia, vicini che le loro braccia si toccavano ora.
-Credo che dovreste leggere attentamente la fine- le consigliò con una voce che lei non gli aveva mai sentito. Ofelia si aggiustò gli occhiali sul naso per guardare l’ultima pagina nella quale, da quanto l’inchiostro era sbiadito, non si era accorta di una nota scritta a mano:

In attesa di giorni migliori, cari figli. Eulalia Diyoh.

Ofelia era sconcertata e con lei l'alchimista, lesse e rilesse quelle poche parole fino a che ogni particella del suo essere ne fu impregnata.
Eulalia Diyoh.
Diyoh.
Dio.
Eulalia era Dio. O meglio, Dio era stato Eulalia in un’altra epoca, prima della Lacerazione. Una mediocre scrittrice col cognome pronunciato male.
Ofelia lasciò cadere il libro sul tappetto. Un tonfo sordo, attutito.
Thorn di contro sembrava molto più calmo, sollevato di questa Loro scoperta, insieme. Eppure meditabondo.
-Pensare che ci sono morti per questo dannato libro mi fa infuriare- confessò con frustrazione, anche se era più l'Alchimista ad essere adirata. La lettrice si beava del fatto che avesse risolto l'enigma con Thorn e non in competizione a lui, e le sue dita lunghe ed affusolate fossero sulla sua mano, carezzevoli, nel suo modo impacciato.
-I genealogisti potrebbero avere più informazioni di noi, ma dovremo attendere- disse calmo, gli occhi sul tappeto, non a guardare il libro, solo per evitarsi di fissare i ricci di Ofelia che stavano asciugando ribelli ricadendogli sulla spalla sinistra nuda. Per evitare l'intreccio non proprio preciso della veste/asciugamano, i loro corpi vicini.
-Non voglio che siate in dissidio con me- sbottò di colpo lui, dal nulla.
Ofelia trasalì e lo fissò. Non stavano più parlando del libro.
-Mi rifiuto di vivere con la sensazione continua di mettervi a disagio- disse di colpo in tono ruvido. -Se sono i miei artigli a turbarvi... sono consapevole di non essere molto attraente... la gamba non mi impedirà di...- ingolfato, bloccato, frustrato. Stava letteralmente attraversando un calvario grammaticale.
I genealogisti e le possibilità da questi offerte vennero eclissati immediatamente da Ofelia. Guardava Thorn con occhi scostanti e sconquassati, un brutto miscuglio di imbarazzo e non imbarazzo, ragazza e donna. Senza rendersene conto si sfilò i guanti da lettura e gli prese il viso tra le mani per costringerlo a guardarla.
Fluida nei movimenti, cosa strana per lei, si sporse verso di lui, persino suadente.
Thorn trasalì quando Ofelia gli appoggiò le mani nude su entrambi i lati del viso. Era un individuo spigoloso sia di corpo che di carattere, senza mai una frase amorevole, un gesto galante o una battuta scherzosa, uno che preferiva la compagnia dei numeri a quella degli uomini. Anche se l'animismo della Lettrice aveva fatto miracoli sulle sue cicatrici non aveva riscritto null'altro.
Lo guardò dritto negli occhi, quei meravigliosi abissi color dell'acciaio e poi socchiudendo i propri si sporge a baciarlo con enfasi e trasporto. Un trasporto che sconvolse l'Intendente, che tuttavia si ritrovò a ricambiare piuttosto che fuggire.
Mai Ofelia l’aveva visto così intimidito, nonostante lui si sforzasse di non lasciar trapelare niente.
Dopo un lungo bacio che parlava di disperazione data dalla distanza, l'attirò a sè con rude veemenza, facendo venir meno parte dell'asciugamano, lasciando che lei affondasse nella sua camicia, ritrovandosi poi a farla scivolare sul divano per torreggiare su di lei con occhi incandescenti. Puro desidero, non più tenuto a bada, non più autodominato.
Voleva Ofelia, in modo gretto e possessivo. Doveva essere sua, perchè non poteva gestire altrimenti la sua esistenza ormai. Non più. Non avrebbe compiuto questo passo da solo, si sarebbe controllato, come sempre. Ma lei aveva chiuso le distanze per lui.
Il mondo smise di essere parola per farsi pelle e respiri.

  
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