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Autore: Europa91    30/08/2021    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Una volta lasciata la sede della Port Mafia, Dazai non aveva perso tempo e li aveva condotti verso quella che sembrava essere una zona boschiva. Odasaku ricordava di essersi recato da quelle parti in qualche occasione per conto dell’Agenzia, investigando su casi di sparizioni o rapimenti.

Erano poco distanti dal porto, tanto che rimanendo in silenzio, come stavano facendo da una decina di minuti, potevano ancora udire i gabbiani e i rumori delle navi mercantili in lontananza. Camminavano ormai da parecchio, quando Odasaku riprese improvvisamente a parlare;

«È vero ciò che hai detto poco fa?» aveva fatto una piccola pausa, fermandosi per osservare meglio il ragazzo, che a qualche metro da lui stava ancora avanzando e che se ne era rimasto in silenzio per tutto il tragitto.

Oda aveva usato un tono di voce abbastanza neutro, che non tradiva nessuna particolare emozione.

Non era solo curiosità, voleva davvero capire cosa stesse succedendo. Fu allora che Dazai si fermò, ma solo per lanciargli uno sguardo stanco, prima di ammettere;

«Gide, il leader della Mimic possiede la tua stessa Abilità per questo sei in pericolo» ripeté ancora una volta, più a se stesso che all’altro; mentre cercava di scacciare dalla sua mente i ricordi di quello scontro, l’espressione morente di Oda tra le sue braccia era un’immagine che si divertiva a tormentarlo.

L’uomo non disse nulla, si limitò a studiare l’espressione dell’amico.

Non aveva mai visto Dazai così preoccupato.

Era diverso dal solito e ogni minuto che passava ne stava sempre più ricevendo conferma.

Era da un paio di giorni che Dazai si comportava in modo strano, era iniziato tutto quando, svegliandosi dopo aver passato la notte sul divano dell’Agenzia, era corso ad abbracciarlo. In quell’occasione Oda non ci aveva dato molto peso ma riflettendoci meglio era da allora che le stranezze di Dazai erano iniziate.

«Voglio solo sapere che sta succedendo. Sto cercando di farmi un quadro della situazione»

A quelle parole, il moro piegò le labbra in una leggera smorfia. Sapeva che Oda non si sarebbe arreso, né accontentato di qualche scusa.

Decise di optare per una mezza verità, come sempre.

«Se ti dicessi che ho visto la tua morte mi crederesti?» Odasaku scoppiò a ridere. Dazai invece abbozzò un sorriso, in fondo si aspettava una reazione simile. Sembrava che avesse fatto una battuta di pessimo gusto.

«Pensi che sia così facile farmi fuori?» continuò Oda fingendosi offeso.

Il moro non rispose, decise di dargli le spalle, cercando di nascondere il suo stato d’animo.

La cosa importante in quel momento era mantenersi lucido.

Aveva un piano, sia per salvare quel nanerottolo di Chuuya che la vita di Odasaku, doveva solo seguirlo. Le sue strategie si erano sempre rivelate infallibili e sicuramente quella non avrebbe fatto eccezione.

Era ovvio che Odasaku non avrebbe creduto a quella strana confessione, erano parole assurde e prive di logica. Mondi alternativi, realtà parallele, erano concetti da libri e film di fantascienza, o almeno, lo erano stati fino a quando un’Abilità aveva permesso a Dazai di poter essere lì, di poter rivedere Odasaku, parlargli ancora una volta. Nel istante in cui aveva iniziato a nutrire qualche speranza di poterlo salvare aveva iniziato a credere che per una volta l’impossibile potesse diventare possibile.

A Dazai non importava di altro.

Ora che aveva ritrovato Oda aveva solo paura di poterlo perdere. Anche in quella realtà la Mimic era diventata una minaccia.

Erano così vicini alla fine di tutta quella storia. Se lo sentiva, doveva solo tenere duro un altro po'.

Fu in quel momento che raggiunsero il casolare abbandonato che Dazai sapeva essere il loro quartier generale. C’erano uomini armati che sorvegliavano il perimetro ma niente di troppo impegnativo, potevano facilmente sbarazzarsene.

La prima volta che aveva visto quell’edificio si era trovato davanti una scia di cadaveri che lo avevano condotto verso il luogo in cui l’amico aveva combattuto e perso la sua ultima battaglia.

In quell’occasione, Dazai era arrabbiato con Mori per avergli fatto sprecare del tempo prezioso, furioso con Odasaku per essere andato da solo incontro alla morte ma soprattutto adirato con se stesso per non averlo fermato.

Non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.

«Ora mi dici come hai fatto a trovare questo posto?» Oda lo aveva seguito in silenzio ma ora pretendeva nuovamente delle spiegazioni. Aveva già estratto una delle sue pistole dalla fondina e fissava Dazai.

Si fidava di lui ma aveva bisogno di capire che stava succedendo, sentiva che l’amico gli stava nascondendo qualcosa d’importante, un qualcosa che in qualche modo lo riguardava.

Sapeva che Dazai aveva dei segreti, come tutti loro, però questa volta era diverso.

C’era qualcosa nel suo sguardo, una presenza oscura che prima di allora non aveva mai visto.

Erano amici da qualche tempo, ma per la prima volta gli sembrò di trovarsi accanto ad un estraneo. Era una sensazione che ultimamente gli capitava fin troppo spesso.

«Semplice intuito» il rosso storse il naso. Se era uno scherzo non era divertente.

«Perché non riesco a crederti?»

«Eppure è la verità. Ora ascoltami bene Odasaku, ci aspettano una ventina di uomini armati là dentro. Se le mie deduzioni sono corrette Chuuya e Gide si trovano all’ultimo piano. Ci staranno aspettando»

«E se non lo sono?» il sorriso sul volto di Dazai si allargò.

«Ho mai sbagliato?»

Oda lo seguì coprendogli le spalle. Ogni volta che premeva il grilletto non lo faceva per uccidere ma solo per disarmare il nemico.

Era Dazai che con cinismo, arrivava ad infliggere loro il colpo di grazia.

Odasaku si era più volte fermato ad osservare il compagno, era irriconoscibile.

Aveva uno sguardo vuoto, privo di qualsiasi sentimento o emozione. Dazai era simile a lui, lo aveva pensato dal primo momento in cui le loro strade si erano incrociate.

Era simile al ragazzo che un tempo era stato Oda Sakunosuke.

Sapeva che l’amico poteva essere spietato ma non lo credeva in grado di togliere così facilmente la vita a qualcuno.

Ogni volta che premeva il grilletto, Dazai desiderava uccidere.

Gli era bastato uno sguardo per capirlo. Puntava l’arma e sparava come un assassino professionista. Per un breve istante, Dazai gli ricordò i membri della Port Mafia.

«Cosa c’è Odasaku?» il moro si era voltato a fissarlo, porgendo quella domanda con l’innocenza di un bambino;

«Nulla» si limitò a rispondere «Non ti credevo così bravo ad uccidere»

Dazai ci mise qualche secondo a rispondere. Oda stava sicuramente sospettando qualcosa, stava iniziando a capire come lui non fosse il Detective con cui aveva lavorato fino ad un paio di giorni prima. Lui era un ex dirigente della Port Mafia. Aveva utilizzato un’Abilità per raggiungere quel mondo e salvargli la vita, ma in quel momento non poteva spiegarglielo né avrebbe saputo come fare.

Fu in quel istante che uno dei uomini ai suoi piedi si mosse afferrandogli una caviglia. Dazai non perse tempo, con un rapido movimento di polso portò l’arma in direzione della testa del soldato e fece fuoco. Poi incrociò lo sguardo di Oda.

«Sono nostri nemici. Sono pericolosi. Hanno rapito Chuuya» erano solo delle scuse, che non potevano certo giustificare il suo comportamento. Dazai lo sapeva eppure non riusciva a reggere lo sguardo che l’amico gli stava rivolgendo in quel momento. Odasaku, il suo Odasaku non lo aveva mai guardato in quel modo.

«Tu non sei un assassino» a quelle parole si mise a ridere. Se solo avesse saputo quanto nero era il suo sangue, quante atrocità aveva commesso in passato.

Stai dalla parte di chi salva le persone.

Le parole del suo Odasaku gli tornarono alla mente.

Nei suoi ultimi istanti, Oda aveva cercato di trascinarlo fuori dall’oscurità in cui aveva vissuto, aveva provato a dargli una ragione di vita; qualcosa a cui aggrapparsi. Non poteva sapere però quanto la sua morte lo avesse segnato.

Nemmeno Dazai era preparato.

Era cambiato, non era più un dirigente della Port Mafia ma non era nemmeno pronto a vivere una vita virtuosa come avrebbe voluto il suo amico.

Si rese conto che anche il suo Odasaku avrebbe disapprovato quel comportamento.

Gli aveva promesso che avrebbe salvato le persone eppure aveva ucciso senza esitazione.

Non era facile cambiare le proprie abitudini, il proprio stile di vita, ma doveva comunque fare uno sforzo. Per salvare Odasaku era disposto a tutto.

Per un breve istante si era dimenticato di quella promessa, ricadendo in quel vortice d’oscurità.

Poteva inventarsi qualsiasi scusa, che lo aveva fatto per salvare il suo amico e per estensione anche Chuuya, ma ciò non cambiava la realtà dei fatti.

Aveva infranto la promessa.

«Scusa Odasaku» non sapeva se lo stesse dicendo all’uomo che gli stava di fronte oppure a quello che aveva perso. Si portò una mano sul volto, tirandosi indietro la frangia scomposta di capelli.

«Non ucciderò più» annunciò guardandolo negli occhi “ma farò il possibile per salvarti” Oda sorrise, credendo come sempre che l’altro stesse scherzando; giocando a fare il melodrammatico.

«Per prima cosa cerchiamo di salvare Chuuya» Dazai gli fece una linguaccia;

«Per colpa sua devo sempre faticare il doppio».

 

***

 

Dopo qualche minuto raggiunsero la sala dove nel suo mondo si era consumata la tragedia. L’ambiente era identico a come Dazai ricordava, a come lo rivedeva nei suoi incubi.

Gide era lì ad attenderli.

Chuuya invece era svenuto e legato ad una sedia.

«Quel tipo, come avrà fatto a mettere fuori gioco Chuuya?» Oda era perplesso, era la prima volta che vedeva il rosso in quello stato. Dazai alzò le spalle;

«Veleno. È il suo punto debole» rispose. Odasaku era sorpreso, non aveva mai sentito nulla al riguardo. Fu in quel momento che André Gide prese a parlare:

«Ho aspettato così tanto il tuo arrivo, Oda Sakunosuke sei il solo che mi può salvare»

Dazai ascoltava l’interminabile monologo del ex soldato, di come lui e i suoi compagni fossero stati traditi dal proprio Paese.

C’erano però parecchie cose che ancora non tornavano.

«Quindi perché hai rapito Chuuya?» si trovò a chiedere interrompendolo. Gide sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Dazai;

«Dovevo attirare Sakunosuke qui» di colpo tutti i tasselli del puzzle erano al loro posto.

In quella realtà Oda non aveva adottato nessun orfano, era un semplice detective. Per attirarlo in trappola sarebbe bastato rapire uno dei suoi colleghi. Il fatto che si fosse trattato di Chuuya era un caso, non vi era nessuno schema.

Esattamente come aveva ipotizzato.

La soluzione si era rivelata più semplice di qualsiasi altra ipotesi formulata da Dazai. Gide era uno psicopatico. Mori e Fukuzawa avevano tramato per farlo entrare nel Paese, sfruttandolo per i loro interessi e perversi giochi di potere.

Come era accaduto nel suo mondo, l’unica colpa di Odasaku era quella di possedere la sola Abilità in grado di fermare quel folle.

Questa volta però, non si sarebbe trovato a doverlo fronteggiare da solo, Dazai era al suo fianco e non avrebbe permesso alla storia di ripetersi.

«Odasaku devi fare molta attenzione. Farà il possibile per provocarti»

«Qualche suggerimento?»

«Possedete la stessa Abilità, una volta messi alle strette l’esito dello scontro dipenderà dalla vostra bravura con le armi»

«Dimmi qualcosa che già non so»

«Se tu riuscissi a distrarlo per qualche minuto io potrei raggiungere Chuuya. Se quel nanerottolo scatenasse la sua Abilità potremmo sbarazzarci di Gide senza problemi»

Sapeva che era un piano rischioso, che Oda poteva essere ferito o ucciso, però era l’unica soluzione percorribile. Scatenare la furia di Arahabaki per annientare Gide gli era parsa un’ottima idea.

«Quanto tempo ti serve?»

«Tutto quello che riuscirai a darmi. Non strafare e non farti colpire»

Così lo scontro ebbe inizio.

Gide non prestò molta attenzione al moro, sembrava desiderasse solo misurarsi con Oda, non aveva occhi che per lui.

Dazai aveva provato una sorta di fastidio quando quel uomo aveva chiamato il suo amico addirittura per nome.

Avrebbe tanto voluto poterlo uccidere con le sue mani, stringergli il collo fino a sentire le ossa rompersi. Bearsi della sua espressione mentre esalava l’ultimo respiro. Ma non poteva, non avrebbe mai più infranto la promessa fatta ad Odasaku, anche se si trattava del uomo che per primo lo aveva ucciso.

Non era vero che la vita e la morte per Dazai non avevano importanza, quando si trattava di Odasaku tutto cambiava.

Mentre cercava di raggiungere Chuuya ancora svenuto, l’ex mafioso cercava con la coda dell’occhio di tenere sotto controllo lo scontro con Gide. Se fosse stato possibile lo avrebbe toccato ed annullato con il suo potere ma l’Abilità che possedeva giocava a suo sfavore.

Combattere contro quel uomo era come combattere contro Odasaku ed era un’ipotesi che non aveva mai preso in considerazione; per questo affidarsi alla distruzione di Arahabaki era la soluzione migliore. Sperava solo che Chuuya fosse abbastanza in forze per farlo.

Fece un passo indietro evitando l’ennesimo proiettile diretto nella sua direzione.

Ci stava mettendo troppo, stavano sprecando minuti preziosi. Dazai non poteva sapere per quanto ancora Oda avrebbe retto.

Quando finalmente raggiunse il rosso iniziò a liberarlo per poi prenderlo a schiaffi.

«Dannazione Chibi ho bisogno di te svegliati» ma l’altro non dava segni di ripresa. Forse era stato drogato. Dazai continuava a schiaffeggiarlo, quando Gide finalmente si accorse di lui.

«Cosa stai cercando di fare ragazzino?»

Accadde tutto in una manciata di secondi.

Dazai vide l’uomo puntare la pistola verso di loro.

Era la fine.

Non avrebbe mai fatto in tempo, non poteva schivare quell’attacco. L’unico suo rimpianto era quello di morire insieme a quel antipatico di Chuuya, in un orrendo doppio suicidio.

Non fece in tempo a pensare ad altro che vide Odasaku, o meglio la sua schiena, frapporsi tra loro e Gide.

«Nooooo» ma ormai era troppo tardi.

Oda aveva fatto scudo con il proprio corpo e si era beccato una scarica di proiettili al torace. Tuttavia prima di cadere riuscì a sua volta a premere il grilletto, ferendo mortalmente Gide.

Dazai abbandonò Chuuya per soccorrere Odasaku.

Non c’era nulla che potesse fare, quelle ferite erano troppo gravi.

Gli era bastata una sola occhiata per capirlo. Iniziò a piangere senza ritegno.

Era completamente in balia delle proprie emozioni, dolore, rimpianto ma soprattutto rabbia.

Quella era la terza volta che Odasaku sarebbe morto tra le sue braccia, si chiese per quanto ancora avrebbe potuto sopportarlo, doveva esserci un limite al dolore.

Fu in quel momento che Oda allungò un braccio fino a sfiorargli il capo in un gesto simile a quello eseguito dal suo Odasaku nei suoi ultimi istanti.

«State bene?» chiese con un filo di voce.

«Sei un idiota Odasaku. Un completo idiota» gli aveva già rivolto quelle parole, in un altro mondo, un’altra realtà legata dal medesimo, tragico, epilogo.

«Dannazione. Perché devi sempre cercare di salvarmi?! Non merito di essere salvato» Oda ignorò quelle parole e si limitò a sorridere.

«Dazai ascoltami» la sua voce era ridotta ad un sussurro.

«So già cosa vuoi dirmi, cerca di risparmiare le forze. Puoi ancora farcela Odasaku»

«Sai benissimo che per me è finita. Almeno sono riuscito a salvarvi»

«Sono io che non sono riuscito a salvare te» ammise tra le lacrime.

Era troppo da sopportare.

Era un fottuto déjà-vu. Il respiro di Oda si faceva sempre più debole e il suo corpo più freddo.

Dazai cercò di farsi forza, lo sostenne fino all’ultimo. Solo quando Odasaku spirò si decise a lasciarlo andare, adagiandolo piano sul pavimento ormai ridotto ad un lago di sangue.

L’ex dirigente fissò per qualche secondo le proprie mani soffermandosi sui bendaggi sporchi di sangue, anche quella stava diventando una scena fin troppo familiare.

Era stanco, a cosa erano valsi tutti i suoi sforzi se alla fine l’epilogo era sempre lo stesso.

All’improvviso un oggetto finì con il catturare la sua attenzione.

Era una delle pistole di Odasaku, abbandonata sul pavimento a qualche metro da loro, il cui metallo luccicava colpito dagli ultimi raggi di sole, prima del crepuscolo. Dazai la raccolse e per qualche secondo se la rigirò tra le mani.

Aprì il caricatore. Era rimasto un unico colpo in canna, doveva essere un segno del destino.

Non perse altro tempo e se la puntò alla tempia.

Era stanco, stanco di tutto. Aveva assistito per tre volte alla morte di Odasaku non ce la faceva più.

Una parte di lui gli suggeriva di rinunciare, non era possibile cambiare il destino, stava combattendo una battaglia persa in partenza. Avrebbe potuto visitare tutte le realtà e i mondi che voleva, ma Oda sarebbe morto lo stesso, ancora e ancora.

C’era solo una soluzione, farla finita.

Era semplice, doveva solo premere il grilletto.

E lo fece ma non ottenne il risultato sperato.

Dopo un paio di secondi Dazai si accorse a malincuore di essere ancora vivo. Sbuffò contrariato per poi dirigere la propria attenzione verso la causa del suo malcontento.

Chuuya era accanto al corpo senza vita di Odasaku e lo fissava con uno sguardo altrettanto furente. Era stato lui a bloccare il proiettile, aveva utilizzato la sua Abilità.

«Si può sapere che stai facendo razza di deficiente?» non aveva finito di pronunciare quelle parole che subito si era diretto verso di lui e gli aveva tirato un pugno in pieno volto.

Dazai lo incassò, non provò nemmeno ad evitare l’attacco del rosso che aveva preso a colpirlo senza sosta.

«Mi stai facendo incazzare di brutto Dazai»

«Voglio morire» solo allora Chuuya si fermò, lasciando la presa e sedendosi accanto a lui.

«Vuoi dirmi che cazzo è successo qui dentro?»

Quando aveva ripreso i sensi aveva solo fatto in tempo a vedere il cadavere di Oda prima di salvare Dazai dall’ennesimo, stupido, tentativo di suicidio.

«Gide ti ha rapito per usarti come esca e attirare Odasaku. È sempre stato lui il suo obiettivo fin dall’inizio. Il mio piano era abbastanza semplice. Doveva fronteggiarlo il tempo necessario per salvarti. Poi avrei sfruttato la tua Abilità e ci saremmo sbarazzati di quello psicopatico»

«Cosa è andato storto?» chiese con una punta di timore.

«Gide mi ha visto. Ha puntato la pistola contro di noi. Se Odasaku non ci avesse fatto scudo coprendoci col proprio corpo a quest’ora ci sarebbero i nostri i cadaveri stesi a terra»

«Oda si è sacrificato per noi» concluse il rosso spostando lo sguardo dai resti dell’uomo a Dazai;

«E tu volevi ucciderti» non ottenne nessuna risposta.

Si. Dazai voleva uccidersi perché quella era la terza volta che vedeva la persona per lui più importante, morire davanti ai suoi occhi. Vivere faceva male, ogni respiro gli dilaniava il petto, non riusciva a sopportare tutti quei sentimenti che si stavano facendo largo dentro di lui.

Dazai era un assassino cinico e spietato.

Era stato il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia, le sue mani erano gronde di sangue, eppure la perdita di Odasaku lo aveva destabilizzato.

Già la prima volta il dolore era stato totalizzante, tanto che anche in quell’occasione era arrivato al punto di provare a togliersi la vita. Se non lo aveva fatto era stato solo per l’intervento di Ango e la soluzione che gli aveva offerto. Murray e la sua Abilità gli avevano donato una speranza, quella di salvare Odasaku.

Tuttavia Dazai continuava a fallire.

Non importava quanto ci provasse, in due realtà alternative visitate aveva solo finito per assistere impotente alla morte dell’amico.

«Si può sapere a che cazzo stavi pensando razza di stupido?»

«Odasaku è morto» fu tutto ciò che Dazai riuscì a dire.

Non pensava ad altro, solo al proprio fallimento.

«È morto per proteggerci, credi che avrebbe voluto vederti morire in questo modo? Vuoi vanificare il suo sacrificio?!» Chuuya aveva ragione, per quanto trovasse insopportabile il doverlo ammettere anche a se stesso.

Aveva promesso a Odasaku che sarebbe diventato un essere umano migliore, che sarebbe stato dalla parte di chi salvava le persone.

Non era ancora finita. Non si sarebbe arreso. Lo avrebbe salvato.

Lanciò un’ultima occhiata al cadavere dell’amico, giurando a se stesso che avrebbe mantenuto quella promessa.

Un giorno, Odasaku sarebbe stato fiero di lui.

 

***
 

Erano tornati in Agenzia.

Dopo una breve telefonata in cui Chuuya aveva provveduto ad avvisare il Presidente di quanto accaduto, avevano deciso di fare ritorno in ufficio. Dazai non era sicuro di reggere alla vista del coroner che si occupava delle spoglie di Odasaku. Per tutto il tempo il rosso era rimasto al suo fianco, senza dire una parola, osservando e rispettando il suo dolore, oltre che rispondere alle chiamate e messaggi dei loro colleghi.

«Tu lo amavi vero?» esordì all’improvviso.

Dazai era disteso sul divano, lo stesso in cui si era risvegliato in quel mondo. Aveva un braccio che gli copriva parzialmente il viso e si limitava a fissare il soffitto, ancora troppo scosso per fare altro. Le parole di Chuuya però lo riportarono alla realtà.

«Lo hai sempre amato. Penso che Oda fosse il solo a non averlo mai notato» Dazai ascoltava senza ribattere.

Non aveva senso negare ciò che ormai sarebbe stato evidente anche ad un cieco.

Come sempre Chuuya era in grado di leggerlo, anche questo era un dettaglio che continuava a ripetersi in ogni mondo o realtà.

«Quando eri insieme lui eri diverso. Oda riusciva a esercitare una qualche influenza positiva su di te. Sono sempre stato geloso di lui» ammise;

«Geloso?» Dazai non capiva dove l’altro volesse andare a parare con quel discorso; se non che fosse simile a quello che aveva avuto con Odasaku alla tavola calda.

«Quando si è unito all’Agenzia non avevi occhi che per lui. Oda era una persona incredibile, forse volevo solo somigliargli, era un modello per tutti noi»

«Chuuya non potrebbe mai diventare come Odasaku nemmeno tra un milione di anni» concluse lapidario, per poi aggiungere;

«Tu sei tu e va bene così» il rosso fu colto di sorpresa; ma solo per un istante.

«Se fossi stato più attento, più forte, se non mi fossi lasciato catturare…»

«È inutile pensare a queste cose. Odasaku non tornerà magicamente in vita nemmeno se facessimo un elenco tutti i nostri errori. Ho sottovalutato la situazione. La morte di Odasaku non è stata colpa tua ma del sottoscritto, credevo di aver previsto tutti gli scenari possibili» Chuuya si avvicinò ma solo per mollargli un altro ceffone in pieno volto;

«Smettila. Non colpevolizzarti» Dazai alzò una mano ma solo per passarla sulla guancia lesa.

«Allora non farlo neanche tu» si sfidarono con lo sguardo.

«Sai che è colpa mia. Non provare a convincermi del contrario»

Si, una parte di Dazai avrebbe voluto dare la colpa a Chuuya, ma sapeva di non poterlo fare. Il rosso, come gli orfani del suo mondo, era stato scelto come ostaggio solo per far uscire Odasaku allo scoperto in modo che Gide potesse affrontarlo faccia a faccia.

Era inutile cercare di trovare un colpevole, tutti in qualche modo erano responsabili.

Dazai non avrebbe saputo prevedere il sacrificio di Oda o meglio non avrebbe mai voluto farlo. Nonostante tutto, i suoi sentimenti gli impedivano di ragionare con la solita lucidità.

«Oda Sakunosuke era il migliore di noi» concluse Chuuya sedendosi sul divano accanto al partner.

«Già, era quel tipo di persona sempre pronta a salvare gli altri. L’opposto di me»

«Cosa conti di fare?» chiese a bruciapelo. Dazai restò qualche minuto in silenzio.

Per prima cosa aveva bisogno di riposo, anche se dubitava sarebbe riuscito a chiudere occhio. Doveva anche farsi una doccia, levarsi quei vestiti e bendaggi ancora macchiati dal sangue di Oda. Poi avrebbe utilizzato la sua Abilità per tornare nella sua realtà e sarebbe ripartito verso il mondo successivo.

«Ho bisogno di dormire, ubriacarmi e fingere che l’ultima giornata non sia mai esistita» ammise.

«Lo amavi così tanto?» C’era una nota di delusione nella voce del rosso. Dazai la colse benissimo ma in quel momento non aveva la forza di negare.

Non si era mai interrogato davvero sui sentimenti che lo legavano al tuttofare della Port Mafia, sapeva solo che era un qualcosa che andava oltre la semplice amicizia.

Un legame talmente forte da portarlo ad affrontare quelle realtà alternative nella speranza di riuscire a salvarlo.

Sapeva che era un sentimento totalmente differente da ciò che provava nei confronti di Chuuya.

Il rosso e Odasaku erano sotto certi aspetti, diversi come il giorno e la notte, ma per altri erano fin troppo simili. Entrambi si preoccupavano per gli altri, cosa che a Dazai era sempre risultato difficile fare. Inoltre cercavano sempre di agire in modo corretto, in qualsiasi situazione, anche questo in opposizione al carattere calcolatore del moro.

«Si, penso di averlo amato» fu la conclusione a cui arrivò Dazai.

Chuuya incassò quel colpo in silenzio.

«Hai sempre avuto occhi solo per lui. Quando entrava in ufficio iniziavi ad orbitagli intorno come la Terra intorno al Sole»

«Perché mi sembra che questa cosa ti abbia dato fastidio?» Chuuya in quel momento desiderava solo ammazzare il proprio partner di botte.

Dazai invece sorrideva. Era irritante.

«Lo sai» ruggì a denti stretti il possessore di Arahabaki.

«No. Non ne ho proprio idea» Era più forte di lui, divertirsi a provocare Chuuya era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti.

Tuttavia quando il rosso lo afferrò per il colletto della camicia e fece collidere le loro labbra Dazai rimase per qualche secondo sorpreso.

Non era la prima volta che baciava Chuuya. Era accaduto anche nella prima realtà alternativa che aveva visitato, tuttavia sentiva che questa volta era diverso.

Era un bacio disperato, lo capiva da come il rosso cercava di stringersi a lui.

Sapeva di essere crudele ma decise di non allontanarlo e assecondare ogni suo movimento.

Dazai era masochista.

Si stava solo approfittando di Chuuya.

Sperava in quel modo di potersi liberare dalle immagini ancora fin troppo vivide della morte di Odasaku che gli affollavano la mente. Iniziarono piano a spogliarsi, levandosi le camicie.

«Sono un disastro» ammise Dazai tra un bacio e l’altro facendo riferimento alle sue bende ancora macchiate di sangue e ormai allentate.

«È stata una lunga giornata»

Ci sarebbero state tante, troppe cose da dire, pensieri che si formularono nella mente di Dazai ma che non avevano modo di essere tradotti a parole.

L’ex dirigente avrebbe voluto confessare che erano giorni, forse settimane che non riusciva a riposare bene e di conseguenza a ragionare con la solita lucidità. Effettivamente, non sapeva nemmeno quanto tempo fosse trascorso dalla scomparsa di Odasaku nel suo mondo.

Era stanco di soffrire.

Avrebbe tanto voluto possedere un interruttore per poter spegnere quei sentimenti che continuavano a tormentarlo.

Chuuya, che intanto era sceso a depositargli lievi baci all’altezza dell’addome si accorse che qualcosa non andava, Dazai fisicamente era lì ma la sua mente era altrove.

«Non possiamo farlo» disse prima di allontanarsi dal moro per andare a recuperare la propria camicia.

Dazai lo guardò spaesato. Non se lo aspettava.

«Oda è morto da poche ore. Non lo trovo giusto»

Fu la sola spiegazione che ricevette.

«Non ti stai approfittando di me. Siamo due adulti consenzienti Chibi»

«Tu stai ancora pensando e soffrendo per lui. Non voglio che la nostra prima volta sia così squallida»

«Come siamo sentimentali»

«Lo sto facendo anche per te. Non voglio che tu faccia qualcosa di cui poi un giorno potresti pentirti»

Come sempre Chuuya era stato in grado di leggerlo alla perfezione.

Dazai voleva solo dimenticare tutto quel dolore, sapeva che era sbagliato approfittarsi dei sentimenti del rosso. Lo sapeva benissimo, ma non aveva esitato.

Era più facile agire in quel modo che affrontare i propri sentimenti.

«Scusami Chibi» mormorò chinando il capo e cercando di sistemarsi le bende allentate sul suo torace.

Chissà cosa avrebbe pensato Odasaku se avesse visto il suo comportamento.

Nonostante i buoni propositi continuava a commettere errori.

La strada per diventare una persona migliore era tortuosa, ma non si sarebbe arreso.

«Io sono qui Dazai. Ti aspetterò fino a quando non sarai pronto ad accettare la morte di Oda» il moro annuì, finì di sistemarsi i bendaggi, si infilò la camicia e si diresse nei propri appartamenti.

Non poteva rassegnarsi né tanto meno accettare la morte di Odasaku, grazie all’Abilità di Murray, Dazai era certo che presto o tardi avrebbe raggiunto il proprio obiettivo.

Non si sarebbe arreso, non sarebbe caduto nello sconforto, avrebbe salvato Odasaku a qualunque costo.

  
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