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Autore: clairemonchelepausini    31/08/2021    0 recensioni
Le rimangono pochi mesi per finire il suo praticantato in una rivista giornalistica, l’ultimo tassello per raggiungere il suo sogno: diventare giornalista. Lo stesso sogno che viene messo a rischio dall’arrivo del nuovo direttore della rivista per cui lavora. Leonardo Morelli è uno dei giovani redattori che possiede più di una rivista e testata giornalistica, è abituato a stare al centro dell'attenzione, tutti lo applaudono per le sue capacità gestionali e manageriali mentre le riviste di gossip lo dipingono come lo scapolo d’oro che puntualmente si fa fotografare con una ragazza diversa ad ogni occasione. Un uomo cui non è mai capitato di trovare una donna che le tenesse testa, che non avesse paura di far sentire la sua voce. Una cosa è chiara, tra Rebecca e Leonardo non sembra correre buon sangue; lei è una spina nel fianco e lui un attraente arrogante, ma entrambi scopriranno di avere bisogno l’uno dell’altro. E col passare dei giorni, il rischio di infrangere promesse e piani fatti si fa sempre più concreto.
Saranno pronti a sostenere le conseguenze delle loro scelte, il peso dei pettegolezzi e lo stravolgimento delle loro vite?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ritrovo scrittori anonimi (s)bloccati

 
 
Capitolo 3

 
Rebecca arrivò a casa più tardi del previsto, salutò la nonna, si buttò sotto la doccia e crollò subito dopo sul letto, per quel giorno ne aveva abbastanza.
I suoi occhi si chiusero non appena tirò su le coperte, ma neanche quella notte avrebbe potuto dormire sonni tranquilli.

«Un giorno qualcuno lo scoprirà» disse semplicemente, con tono pacato, senza minaccia e con un timbro appena addolcito.
La superò lentamente, si voltò a guardarla e ritornò nel suo ufficio.
Rebecca rimase in quella posizione per un tempo che sembrò infinito, ma che in realtà racchiudeva solo pochi secondi.
Ogni cosa crollò; le sue certezze furono frantumate, la paura ritornò a tartassarla e il suo cuore prese a battere ai ritmi di un tempo.
Veloci, sempre più veloci quasi come a darle la sensazione che il cuore le esplodesse e potesse uscire dal petto, lasciandola priva di vita davanti agli occhi di tutti.

“Riprenditi” s’impose con freddezza.
“Nessuno sa chi sei. È impossibile che sappia” continuò la voce nella sua testa, ma quelle parole sembravano scivolarle addosso.
 
 
 Quel ricordo la fece svegliare di soprassalto, ancora una volta il suo passato tornava a tormentarla, ma scostandosi i capelli, alzandosi e poggiando la schiena sulla spalliera del letto si disse che era impossibile.


Iniziò a vagliare le possibilità, cercò di ricordare se le era sfuggito qualcosa, se avesse detto o fatto qualcosa per suscitare la curiosità del suo capo e poi ricordò.
«Dannazione!» esclamò arrabbiata, più di quanto il suo viso scuro non potesse mostrare.
Non poteva fare nulla, guardò la sveglia a forma di coniglietto rosa che i suoi le avevano regalato per Natale e che si trovava al suo fianco, segnava le 4.
No, era decisamente presto per buttare giù dal letto le sue amiche.
Scivolò di nuovo in basso, scostò le coperte e rimase ad ammirare il soffitto, nella speranza che il sonno sarebbe tornato a far da padrone.



 
+++++++



Si era già preparata la seconda tazza di caffè quando nonna Carla la raggiunse in cucina, le era bastato guardarla per capire.
«Ancora brutti sogni?» domandò cauta, pur conoscendo la risposta; la accarezzò mentre passava al suo fianco per preparare la colazione.
«No, nonna… stavolta penso che sia molto peggio» si lasciò sfuggire, parole che non passarono inosservate all’anziana.
«Che significa?» domandò subito dopo preoccupata e con un tono di voce allarmata.
«Penso che il mio capo abbia capito chi sono e conosce il mio passato» buttò di getto quelle parole, prive di ogni emozione con la rabbia che le montava dentro.
Era arrabbiata con se stessa, stava lottando per non annegare e per sopravvivere, ancora una volta.


Lei continuava a ripensare a tutti i suoi movimenti, alle parole dette, alle chiamate ricevute, mentre la nonna pensierosa iniziò a sbattere le uova per preparare i pancake.
Nella stanza calò il silenzio, disturbato solo dai piccoli miagolii di Trilly che stava facendo di tutto per attirare la loro attenzione e, quando Rebecca la guardò, si alzò come un’autonoma e prese a darle un pugnetto di crocchette.
«Se dobbiamo trasferirci di nuovo, devi darmi il tempo di preparare tutto, di parlare con…», ma non fece in tempo a finire che la nipote la abbracciò forte, consapevole che dopotutto non era da sola.
«Devo sentire le ragazze e poi vediamo il da farsi» affermò Rebecca, con il cuore a pezzi e la speranza sotto i piedi.
Non di nuovo, non poteva succedere ancora.
Aveva appena messo in piedi la sua vita, stava riuscendo a realizzare il suo sogno e per la prima volta si era concessa di avere speranza, d’immaginarsi una vita diversa.
Quel mattino fecero colazione in silenzio, c’era pace e tranquillità, fin troppo si dissero, ma nessuno delle due aveva voglia di parlare e così consumarono i pancake pensando che tutto sarebbe cambiato.





Rebecca era appena uscita da casa quando il telefono prese a squillare e, destreggiandosi tra le mille cose che teneva in mano prese a rispondere e aprì contemporaneamente la macchina.
«Rebs siamo qui» affermarono all’unisono Ludovica e Melissa, rispettivamente dalle loro case e con una chiamata condivisa.
«Oh, ragazze!!» esclamò con voce rotta, sul punto quasi di mettersi a piangere.
«Che succede?» domandarono ancora una volta all’unisono; quelle ragazze avevano la capacità di essere in simbiosi anche ad infiniti chilometri di distanza.
Rebecca si sedette in macchina, chiuse la portiera e fece per accendere il quadro, sperando allo stesso tempo che il suo cuore smettesse di battere così forte; un secondo dopo cercò di spiegare il tutto, provando a trovare una soluzione plausibile che le permettesse di non mollare tutto e scappare.  



 
+++++++++



 
Non aveva mai lavorato così sotto tono, pur se in una piccolissima parte di sé aveva cercato di mantenere quella piccola speranza che le sue amiche le avevano dato.
Era difficile.
Il castello che si era creato si stava disintegrando davanti ai suoi occhi.

“Oh, beh, certo adesso facciamo anche la melodrammatica” le disse il suo io, ma non se ne curò e continuò a pensare a tutte le catastrofi.

Avrebbe dovuto alzare di più l’attenzione perché quando si trovò davanti a sé la figura di Leonardo Morelli, Rebecca non era preparata allo scontro che stava per arrivare improvvisamente.
«Le stavo volutamente dicendo che è buffo, troppo rosa, troppo femminile e troppo…», ma prima ancora di finire la guardò e sogghignò, contento di aver colpito nel segno.
Negli occhi chiari di Rebecca arrivò una vena di rosso.
Lui voleva vedere di che pasta fosse fatta.
«Posso aiutarla?» si trovò a chiedere di nuovo mordendosi la lingua e cercando di essere disponibile, gentile e tutte quelle qualità che aveva sempre avuto sul posto di lavoro.
«Sì, beh, se riesce a fare due cose contemporaneamente» lasciò la frase aperta perché si aspettasse che lei gli desse del filo da torcere, ma ancora nulla.
I suoi occhi alla fine si incastrarono in quelli di lui, non voleva dar tanto, ma era impossibile non notarlo. Leonardo Morelli incarnava perfettamente la figura di un uomo che avrebbe fatto felice qualsiasi donna e lui lo sapeva bene.
«Mi dica cosa le serve che farò il possibile per accontentarla» si affrettò a dire Rebecca, ma stavolta scelse le parole sbagliate perché vide il guizzo nei suoi occhi e capì che stavolta si trovavano su un altro sentiero.
Leonardo ammiccò, stava per ribattere e lo avrebbe fatto, ma stavolta nonostante essersi morsa la lingua, lo precedette.
«Potrà anche essersi fatto un’idea di me, ma si sbaglia se crede che sia quel tipo di persona, se crede che una donna non possa valere quanto un uomo, incapace di fare due cose contemporaneamente e… Sì, sono arrivata fin qui con dei sacrifici che lei non potrà mai capire né comprendere. Mi dica quindi, cosa posso fare per lei?» si trovò a ribattere con voce professionale ma dura; tuttavia lui era un Morelli e lei lo intrigava troppo per lasciarsi scappare questa possibilità.
«Lei sta giudicando un libro dalla sua copertina» disse, alzando lo sguardo su di lei appena in tempo per vederla accentuare un sorriso.
Quello scontro si stava facendo interessante, ma nessuno dei due sarebbe mai stato pronto per ciò che sarebbe successo.
«Vorrei fare un colloquio solo con lei, dopotutto ho avuto delle ottime referenze e diverse lettere sul perché tenerla ed io… beh, al momento vedo solo un bel faccino che ha fatto strada, ma non sono sicuro che non sia stato perché l’hanno facilitata» affermò serio lui, cogliendola alla sprovvista e non dandole il tempo di rispondere.
Leonardo Morelli se ne era già andato, ma la rabbia di Rebecca aveva appena iniziato a venir fuori e la sua fortuna fu proprio quella che lui non era davanti a sé.
Chiuse gli occhi, fece un respiro, cercò di calmare l’oceano in tempesta che aveva dentro, ricordò tutto quello che aveva da perdere e sospirò.
Non doveva lasciarsi abbattere.
Poteva farcela e… beh, Leonardo Morelli non sapeva contro chi stava giocando e, se avesse voluto una guerra, Rebecca sarebbe stata pronta ad affrontarla.
Leonardo 1- Rebecca 0.
Era solo l’inizio.



 
++++++


 

Quella giornata sembrava non finire per Rebecca, tornò a casa appena in tempo per vedere la nonna rassettare.
Indossò il pantalone di una tuta ormai vecchio e sopra una maglia extralarge, più per comodità che per stile, così dopo aver pettinato i capelli, si stampò un finto sorriso sul viso e scese per cenare.
Ancora una volta nonna Carla le aveva preparato i suoi piatti preferiti, erano l’unico modo che aveva da piccola per essere felice.
Se lo ricordava ancora e con quel pensiero la abbracciò.
«Ti voglio bene» sussurrò al suo orecchio mentre continuava ad abbracciarla.
Si era appena buttata sul letto quando pensò a Mariani, quel giorno aveva fatto di tutto per non incontrarla o per non rimanere da solo con lei.
Si domandò cosa avesse in mente, quell’uomo per lei sarebbe rimasto sempre un enigma, ma adesso c’erano in gioco diverse cose e soprattutto il suo passato.
No, non poteva lasciar correre.
L’indomani sarebbe andata da lui e avrebbero parlato.
Si era appena messa a letto quando il suo telefono prese a squillare.
«Buona sera squinternata» disse con voce felice lei quando accettò la chiamata condivisa con Ludovica e Melissa.
«Ho fatto un giro di telefonate, puoi stare tranquilla perché nessuno ti ha menzionato e soprattutto sta parlando di te» affermò la sua amica avvocato che, grazie al suo lavoro si era creata un certo giro.
«Io però non riesco a capire» si trovò ad ammettere lei, perché il suo capo le aveva detto quella frase?
«Sai bene quanto detesto parlare con lui, ma l’ho fatto» e, a quelle parole, tutte furono sull'attenti mentre un senso di colpa attanagliò Rebecca.
Avrebbe dovuto saperlo.
«Melissa perché l’hai fatto? Non te lo avrei mai chiesto» disse dispiaciuta, conosceva la sua storia e sapeva quanto le era costato.

“Ecco un’altra cosa per cui sentirsi in colpa e per cui sarebbe stato meglio tagliare i ponti con tutti”, ma subito dopo averlo ammesso si disse che senza di loro e sua nonna non ci sarebbe stata nemmeno lei.

Venne portata alla realtà quando sentì uno schiarirsi di voce e la loro conversazione continuò.
Rebecca sperava di essersi sbagliata, ma quella sensazione, la stessa che aveva provato diverse volte non spariva e le parole dell’amica le dissero che doveva comunque guardarsi attorno.
La sua mente era un turbine di emozioni, sensazioni, ricordi, momenti e pensieri; tuttavia la stanchezza giocò a suo favore perché poco dopo aver chiuso con loro, cadde in un sonno profondo, sfinita di tutto ciò che provava.



 
++++++++++++



Era da fin troppo tempo che non dormiva così, non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta e si alzò sorridendo.
C’era una grande incognita, tuttavia pensò di cedere e credere che tutto sarebbe andato bene, doveva avere fiducia e speranza.

“Non ti riconosco quasi” le sussurrò il suo io, pronta a prenderla in giro.

Rebecca aveva appena indossato la sua mise di corsa quando sentì l’arrivo di un e-mail, strano considerata l'ora.
Gli bastò leggere il mittente per alzare gli occhi al cielo e sentire rimontare la rabbia.
«Che dannazione vuole Morelli?!» affermò digrignando i denti.
Aprì l’e-mail e rimase senza parole, incapace di capire il senso.

A: Rebecca Ferrari
Da: Leonardo Morelli
Oggetto: Colloquio di lavoro


Buongiorno, 
nel caso in cui si fosse dimenticata, mi premeva ricordarle che oggi alle 15 pm  ci sarà il nostro colloquio e per l’occasione ci tenevo a dirle tutto quello che mi servirebbe avere:
- Il suo primo articolo
- Il suo primo articolo che è finito in prima pagina
- Il suo articolo su diverse tematiche quali: società, attualità, gossip, politica, sport e beh, se ne ha altri li porti pure
E poi, a sua scelta desidererei avere anche alcuni suoi articoli che lei pensa mi possano far capire chi è, come lavora, perché dovremmo tenerla e soprattutto perché vuole fare la giornalista.
Oh, beh, ovviamente non è finita perché sarei troppo magnanimo dato che questo è stato già scritto.
Durante il nostro colloquio vorrei che mi portasse un articolo da scrivere per me, partendo da questa frase di Christian Bobin: “Ciò che non può danzare sul bordo delle labbra va a urlare in fondo all’anima”.
Ovviamente per non mancarle di rispetto può scrivere un articolo di qualsiasi genere, purché questa frase non solo sia citata, ma soprattutto sia il fulcro di tutto l’articolo.

Leonardo Morelli


Era senza parole.
Rebecca dovette leggerla un paio di volte prima di renderesene davvero conto, mentre dentro di sé cercava davvero di rimanere calma e soprattutto di essere professionale.
Era impossibile.
Non aveva ancora preso le redini della redazione e stava già facendo la rivoluzione, ma ciò che le diede fastidio fu che:
1,  lei era già stata assunta,
2, non doveva dimostrare a lui e a nessun altro il suo lavoro e
3, per qualsiasi dubbio avrebbe potuto chiedere a Mariani.
Dopo aver indossato anche le scarpe, si passò una mano nei capelli che in quell’occasione aveva legato con una coda e pensò che nessun altro aveva avuto un colloquio con il grande capo.
Perché lei? Quella domanda le stava tartassando la testa, ma continuava a non capire e, non appena fece pochi passi, il suo telefono squillò di nuovo.
«Io lo uccido» disse tra i denti, stringendoli tanto da sentire quasi la mandibola scricchiolare.
Si apprestò a prendere l’oggetto tra le mani e quando aprì l’ennesima e-mail con mittente sempre Morelli, divenne rossa di rabbia.
Si stava prendendo gioco di lei, era chiaro e non sapeva se rispondere a modo o lasciar correre.
Quello che si palesò davanti ai suoi occhi furono diversi oggetti per la scrivania tutte rosa, c’erano alcune più sobrie, ma la maggior parte erano oggetti strani e buffi.
Provò a mantenere la calma, inspirò ed espirò diverse volte, ma perse ogni controllo quando raggiunse la fine dell’e-mail.

Le ho allegato diversi oggetti che potrebbero servirle e, dato che sono o meglio sarò un capo che si prende cura del personale, che sta attento alle loro esigenze e soprattutto preferenze, ho cercato tutto sul rosa così da essere in tono con il suo portapenne.
Mi faccia sapere cosa ordinare che lo farò e, non si preoccupi delle spese, se è ciò che le serve per trovare la concentrazione lo farò senza problemi.
Ah dimenticavo, una delle regole d’azienda è che non si possono avere relazioni sul lavoro e si vocifera che lei in redazione è alquanto richiesta dai suoi colleghi.
La ringrazio per la sua cortese attenzione e le chiedo gentilmente di trasmettermi un e-mail con ciò che le aggrada di più, così da fargliele avere il prima possibile.


Rebecca stava emettendo fumo dalla testa, dalle orecchie e da tutto il resto del corpo.
Quell’uomo aveva la capacità di farla innervosire in un nano secondo.
Decise di non rispondere, chiuse tutto e lanciò il telefono sul letto, prese le cuffie, se le mise e sparò la musica a tutto volume.
Doveva eliminare tutto, ogni singola fonte di emozione, soprattutto quando quegli occhi verdi non facevano che saltarle davanti o quel fisico scolpito e asciutto la destavano dai suoi sogni tranquilli.
Sapeva già che sarebbe stata una lotta continua.
Quell’uomo l’avrebbe sfinita, ma era pronta a fargli la guerra, anche se adesso era in netto svantaggio.
Leonardo 2- Rebecca 0.  
 
   
 
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